Disclaimers: I personaggi di SD appartengono ad Inoue-sensei, mentre quelli di GB (I'LL) sono di Asada-sama!
Note: Dedicato a tutti quelli che apprezzano questa storia.(vi ringrazio, visto che fa proprio schifo!)


Angel

parte IV

di Akira14


Sendoh arrivò giusto in tempo, seguito da un ancora furente Koshino.
Il quale, colta la situazione in cui il rookie n°1 della prefettura si trovava, si mise le mani tra i capelli.
Stava per venire tutto a galla, a causa delle reazioni eccessivamente permalose di Rukawa?

La fortuna, che troppe volte era stata loro avversa, quel giorno sembrava aver sorprendentemente deciso di stare dalla loro parte.

Vedendo arrivare il padre, infatti, Angel si era voltata, agitando gioiosa le sue piccole braccia verso il suo adorato papà.
Intanto, un calabrone era entrato nella cucina e sembrava aver scelto la piccola Sendoh come sua vittima.
Ma una mano, partita con ben altri intenti, l'aveva preso e schiacciato sul tavolo.
Quattro paio d'occhi, escluso quello di Angel che vagava divertito tra suo padre e la drag-queen, erano incollati su Rukawa, e sembravano alquanto sbigottiti.
Chiunque avrebbe gridato dal dolore, in quella circostanza.
Chiunque ma non Kaede, le cui corde vocali non avrebbero in ogni caso retto al colpo, disabituate al movimento com'erano.
Quindi il moro si limitò a una smorfia, o meglio dire a un lieve movimento delle labbra, che poteva essere interpretata come tale.

Sakuragi lo aveva influenzato, sia positivamente sia negativamente, in molti dei suoi atteggiamenti, ma non tanto da farlo diventare una scimmia urlatrice come lui!
Per un cambiamento simile, non sarebbe bastato nemmeno un trapianto di cervello.

Però, siccome il dolore non accennava a diminuire, Rukawa si alzò e trascinandosi dietro un recalcitrante Koshino.
Akira tirò un sospiro di sollievo. Il peggio doveva ancora venire, ma per ora erano stati in grado di arginare i danni in modo piuttosto soddisfacente.

"Famiglia movimentata la sua, eh, Signor Sendoh?" disse Takaiwa con tono accondiscendente.

"Assomiglia terribilmente, alla mia, sa?" aggiunse Yamazaki con un sospiro che valeva più di mille parole, pregno della stanchezza accumulata a badare a quelle pesti che dei suoi fratelli e sorelline.
Detestava essere così duro nel giudicare le persone, ma era il suo lavoro a richiederlo.
La ragione per cui aveva deciso di intraprendere quella professione, d'altronde era che così aveva più probabilità che il suo incubo rimanesse tale.
Quante volte si era svegliato nel bel mezzo della notte, temendo che i servizi sociali gli avessero portato via la sua famiglia! 
E poi, se avesse lavorato come dio comanda, presto avrebbe guadagnato il necessario per traslocare in una dimora più adeguata alle loro esigenze. Detestava dover dipendere dai suoi genitori, che già facevano tanta fatica tra il lavoro e il tirare su cinque figli. 
Satoru notò la sua espressione accigliata, e da sotto il tavolo gli strinse la mano.
Si sentiva così inutile, in quel momento. Stupido, inutile e inetto.
Chissà come avrebbe reagito quel povero ragazzo che avevano di fronte, se avesse saputo che l'esaminatore, in realtà, era Yoshiki. 
Lui era lì solo per sostenerlo, e addolcirlo se necessario.
Credeva che fosse un po' troppo inflessibile, nell'esercizio della sua professione.
Beh.Era comprensibile. Dopotutto al termine delle superiori aveva dovuto rinunciare per sempre al basket, mentre lui, il suo migliore amico, era diventato una star a livello nazionale.
Si sentiva così in colpa nei confronti di Yama.Stare lì con lui, era il minimo che potesse fare!

Anche se lo spaventava vedere quei suoi occhi castani, solitamente così calmi e irresistibilmente accoglienti, fiammeggiare l'ira, o peggio, diventare freddi come il ghiaccio.
EHI! ASPETTA UN ATTIMO!
Aveva appena pensato che gli occhi di Yamachan fossero irresistibili?

No, no.Doveva esserci un errore! Lui era Satoru Takaiwa, l'idolo di ogni ragazza giapponese!
Stava confondendo l'amicizia con l'amore!
Yocchan non era altro che un amico..
Perché mai avrebbe dovuto innamorarsi dell'unico essere sulla faccia della terra che non poteva ricambiarlo?
Non che considerasse l'essere omosessuale come un difetto.Come poteva, vista la dimostrazione vivente di Hiragi e Tachibana, ai quali, l'amore sviluppatosi tra loro non aveva tolto niente, anzi gli aveva dato moltissimo?

Hitonari e Akane litigavano spesso, ma chiunque osservando il modo in cui si guardavano (anche durante una partita), avrebbe compreso la profondità del sentimento che li legava.
Questo, però, non doveva illuderlo.Anche se Yamazaki accettava di buon grado il rapporto tra Tachibana e Hiragi, questo non significava che si sarebbe gettato fra le sue braccia!
Ahhhh.Com'è difficile la vita!

Si sarebbe accontentato di quelle piccole gentilezze che gli riservava, essendo uno dei suoi più cari amici.

An, nel frattempo, non aveva smesso di reclamare l'abbraccio del suo paparino. Questi non si tirò indietro e sollevo la sua bimba con facilità, facendola volteggiare gioiosamente per la cucina.
E a casa si riempi delle risa di Angel.
Perfino Kosh, che nel bagno era intento a medicare la mano di Rukawa con un'espressione non proprio felice, si lasciò scappare un sorriso, contagiato dalla risata argentina della figlia del suo koibito.
Sperava che venisse su come suo padre, bella, altruista e solare.
Alla mano, priva di qualsiasi sentimento di superiorità, simile a quello che aleggiava intorno a Rukawa.
Sarebbe diventata la più ricercata della prefettura, ed in molti avrebbero fatto a gara per ottenere anche solo una fugace attenzione da parte sua.
A pensarci, si sentiva già geloso di quella piccola creatura.

Beh.L'unica certezza nel futuro di Akira Angel Sendoh era che presto avrebbe avuto a che fare con la sua una famiglia più che allargata.
Ai limiti dello sconfinato!
Roba che lui aveva sentito accennare solo nei racconti di Sakuragi e Sendoh.
La madre di Sakuragi se n'era andata di casa, quando lui era ancora piccolo.Nei suoi viaggi, però, si era data parecchio da fare!
Ogni volta che la vedeva, il rossino, si sentiva come Benjamin Malaussene. Quella donna non tornava mai senza un ingombrante pancione. Con la differenza che, fortunatamente Hanamichi non aveva dovuto crescere i suoi fratelli, i quali erano prontamente lasciati sul groppone dei loro padri.
Quindi il rosso vedeva spuntare fratelli dai luoghi più impensati, dal nulla, come funghi.
Lui però era il migliore.
L'unico e l'insostituibile Hanamichi Sakuragi.
E ci teneva a dimostrarlo.
Da qui la sua irritante arroganza, e il suo stratosferico egocentrismo che Rukawa aveva imparato ad amare.(se lo subiva in piccole dosi - mica è masochista NdA14)
Questo non aveva affatto modificato l'immenso amore che la signora aveva per il suo primogenito, e nonostante tutto Hanamichi era cresciuto sereno.

La madre e il padre di Akira, invece venivano entrambi da famiglie numerosissime, che tra separazioni, divorzi, figli inaspettati che apparivano dalle nebbie di gioventù dimenticate, ed episodi che andavano al di là di ogni umana immaginazione si erano allargate sempre di più.
Non era raro che un perfetto sconosciuto si avvicinasse ad Akira e gli dicesse "Ti ricordi di me? Sono tuo cugino Tal dei Tali.Ma come, non lo sai che abbiamo una parentela del trentacinquesimo grado?" Per questo anche quando si erano lasciati, Kaede amava trascorrere il Natale a casa Sendoh.
Sebbene Akira fosse figlio unico, la quota dei parenti stretti (se avessero dovuto invitare tutti avrebbero avuto bisogno di un castello!) raggiungeva almeno la cinquantina.
Considerato che Kacchan si portava dietro il suo do 'hao, e che questi, come Koshino, pretendesse di auto-invitare tutta la sua famiglia, le persone presenti al cenone erano pressappoco un centinaio.
L'ex rookie dello Shohoku si era affezionato in particolare a Sumire, la madre di Akira.
Fisicamente molto simile al figlio, alta e slanciata come lui, con fluenti capelli corvini, il naso piccolo e diritto e le labbra sempre pronte a schiudersi in un sorriso carico di sottintesi.Aki le assomigliava perfino caratterialmente.Anzi, quel porcospino poteva quasi definirsi l'evoluzione della specie degli svagati totali. Sumire, infatti, racchiudeva tutto ciò che lui non sopportava del suo ex-ragazzo. Chiacchierona, invadente, inconcludente e con una perenne allegria che rasentava i limiti della sopportazione.
Era, però, così naturale e spontanea.Ingenua e pura come una bambina.
Era impossibile andare a trovarla e non ritrovarsi a parlare con lei per ore ed ore, e confidarle tutti i propri problemi.
Riusciva a metterti a tuo agio anche nelle situazioni più spinose e raramente capitava che non uscissi da casa sua, completamente dimentico delle tue preoccupazioni, con un senso di pace nel cuore.
Rukawa non aveva mai saputo cosa fosse esattamente una madre, giacché i suoi genitori non facevano altro che viaggiare da un capo all'altro del mondo da quando era nato.
Però s'immaginava che fosse come la signora Sendoh.
Dolce, comprensiva, sempre attenta alle necessità di suo figlio.Lei era così, almeno fino a qualche tempo fa. Kaede era rimasto piuttosto scosso dal fatto che avesse potuto sbatterlo fuori di casa a quel modo.
Ok, aveva le sue ragioni.
Il fatto che si sentisse delusa dal suo Aki-chan, che si era dimostrato così immaturo ed irresponsabile da ritrovarsi a ventun anni con una figlia a carico.Che avesse abbandonato l'università per occuparsene, compromettendo il suo futuro. 
Ma vista la giovane età di lei, che non sembrava avere più di quaranta- quaruntun anni, come poteva aspettarsi di venir presa sul serio?
Lui, essendone completamente avulso sentimentalmente, capiva che Sumire volesse evitare al figlio gli stessi sacrifici che lei stessa aveva dovuto patire per crescerlo.
Non voleva che anche il suo adorato Acchan perdesse gli anni migliori della sua vita, perdendosi dietro a una mocciosa. 
Desiderava la vita migliore possibile per il suo piccolo, e fintanto che Akira aveva seguito la strada che lei aveva prestabilito, tutto era andato alla perfezione.
Ma ora che il suo bambino stava diventando un uomo, si assumeva le sue responsabilità rendendola consapevole di quanto fosse cresciuto, e camminava fuori del sentiero, costruendosi con le sue mani il suo avvenire.Sumire non aveva retto, ed aveva cercato di fuggire di fronte alla realtà, scacciando l'oggetto delle sue ansie.

Era semplice vedere che amava Akira con tutta se stessa. Ma lui sembrava non capire, o non volerlo per niente.
Sebbene i loro caratteri fossero sempre stati pressoché sulla medesima lunghezza d'onda, ogni volta che si rivolgevano la parola, le loro discussioni si facevano subito accese, e terminavano sempre con musi lunghi e sguardi feriti.
I segreti che Sendoh celava dentro di sé, probabilmente le ragioni del suo comportamento ineccepibilmente gentile e amichevole e della sua finta allegria perenne; erano stati una delle tante cause della loro rottura.
Ancora oggi, a distanza di quasi quattro anni, Sendoh non aveva fatto trapelare niente.

Il momento di serenità fu interrotto da Yamazaki, che pose al porcospino una domanda che fece gelare il sangue nelle vene perfino ad Hiroaki, che pensava di conoscere Sendoh perfino più di Akira stesso.

"Lei è affetto da distimia bipolare, psicosi che la porta ad alternare momenti di apparente sanità mentale a crisi depressive o ad un'incontrollabile e deleteria euforia. Ora, noto che lei sta attraversando un periodo di transizione, che la rende quasi del tutto normale.
Cosa farebbe, nel caso che la malattia si aggravasse? 
Ritiene di essere in grado di crescere una bambina, se non riesce nemmeno a badare a sé stesso? Risponda francamente."

Akira esitò.
Dentro di lui era montata una tale rabbia, per le rivelazioni che quell'uomo aveva fatto senza il suo permesso, che stava per avere una crisi isterica. Cosa che non gli capitava da almeno sei o sette anni e che il suo inconscio aveva, evidentemente, rimosso. Si ricordò la prima volta che lo psichiatra emise il suo giudizio: nevrotico paranoico.
Suonava come una condanna a morte, per lui che viveva benissimo in un mondo tutto suo.
Come se, all'improvviso gli avessero detto che era nato deforme, perché dotato di un carattere che lo portava ad escludere gli altri dalla sua vita.
Era una persona strana, questo lo doveva ammettere. Non sopportava le smancerie, eppure avrebbe passato l'intera giornata nel caldo abbraccio di Hiroaki. Nascondeva le sue fobie dietro quel sorriso, facendo sì che nessuno s'interrogasse sulla sua salute e la sua ossessione di essere al centro dell'attenzione era ampiamente soddisfatta dal basket ma soprattutto da Angel. Era egocentrico, eppure aveva paura di venir giudicato. Era arrogante in campo, eppure nella vita viveva l'Angoscia.
Le scelte lo terrorizzavano, detestava essere messo alle strette e dover optare per la cosa migliore da farsi. (sono pazzo ç_ç NdS Beh. Almeno sei un buona compagnia -àio sono una psicopatica ^o^ NdA14) I farmaci e la sua forza volontà, che svariate volte lo avevano trattenuto dal rompere la sedia in testa al suo psichiatra, avevano apportato un notevole miglioramento alle sue condizioni psichiche.
N'era la prova che era riuscito ad aprirsi e a mostrarsi per ciò che era veramente: un ragazzo dolce e sensibile, ben diverso dal hentai che tutti credevano che fosse, riservato e devoto alle persone che amava.
Chi amava maggiormente, erano naturalmente le persone che l'avevano accettato così com'era: Kaede, Hanamichi e Hiroaki.
Oh.Hiroaki.Quanto amava il suo orgoglioso ragazzo, che gli aveva offerto la sua fiducia ed il suo affetto incondizionatamente. Era veramente una persona meravigliosa, ed il solo pensare che aveva scelto lui lo faceva sentire l'uomo più fortunato del mondo.

Lo sforzo di fingere che tutto andasse per il meglio, la sua facciata di felicità preconfezionata, lo stava distruggendo e stava mandando all'aria tutti gli sforzi compiuti fino ad allora.
Per ora, era tutto a posto.
Sì, ma per quanto?
Per quanto ancora la sua psiche avrebbe retto?

La depressione aleggiava intorno a lui, e non sapeva se sarebbe riuscito ancora a lungo a non lasciarsi prendere dallo sconforto.
Ancora più sconfortante era la prospettiva di farsi qualche settimana di ricovero al CIM di Kanagawa. (CIM= Centro di Igiene Mentale) Se ciò fosse successo avrebbe dovuto abbandonare il basket, e tutti i suoi amici.
NO!
Mai e poi mai si sarebbe arreso di fronte alla sua malattia, mai avrebbe lasciato che questa gli rovinasse la vita.
E non avrebbe mollato lo sport che lo aveva salvato. Avrebbe giocato finché ne fosse stato in grado.
Ciò che più lo preoccupava ora, era la reazione che i suoi amici avrebbero potuti avere.

Rukawa, Sakuragi (che era giusto entrato in quel momento per portare dei documenti falsi a Kaede, quasi a dimostrare che le disgrazie non vengono mai da sole) ma soprattutto il suo Kosh.
Più volte l'aveva sorpreso a prendere psicofarmaci, ma lui li aveva spacciati per vitamine, e Koshino non aveva indagato oltre. 
Come avrebbero potuto perdonare le menzogne che, per anni, aveva loro rifilato?
Avrebbe voluto sparire, ma per amore di sua figlia, che avrebbe pagato il prezzo della sua codardia, si fece coraggio e si sforzò di rispondere.

"Potremmo affrontare quest'argomento più tardi? Solo Miyuki, in questa casa, è a conoscenza delle mie condizioni. Non voglio parlarne ora che, come avrete notato, ho ospiti a casa." Rispose indicando Hanamichi, che proprio in quell'istante aveva fatto capolino nella cucina, per accertarsi di chi ci fosse lì dentro.

Gli fu rifilata Angel, che ricominciò a piangere come un'ossessa sia perché era stata privata del suo amato papà e secondo perché questi aveva una faccia così triste.Non avrebbe disinserito la modalità serena, fino a quando non si fosse trovata nuovamente tra le braccia del padre.
Lei, di quei discorsi, capiva ben poco, ma aveva un'unica lampante certezza: lei voleva bene al suo papà, e niente e NESSUNO l'avrebbe divisa da lui.
E sapeva di non essere l'unica. Qualunque cosa affiggesse il suo paparino, non sarebbe mai stato solo, e non era poco.

Assecondando le sue richieste Takaiwa passò ad altri quesiti. 

Intanto nel soggiorno Hanamichi, passato il primo momento di confusione, rideva sguaiatamente.
Si era appena accorto dell'abbigliamento della sua kitsune, e di quel ridicolo trucco che indossava e non riusciva più a frenare il suo attacco d'ilarità.
Kaede, dal canto suo, gli aveva dato pan per focaccia e aveva iniziato a picchiarlo e da lì era cominciata la loro rissa giornaliera.(Ru e Hana avevano almeno un furioso litigio al giorno) Koshino aveva preso in braccio Angel. Quello non era uno spettacolo adatto ad una bambina di pochi mesi.
Angel seppur continuando a piangere e gridare, invece, aveva l'occhio interessato, e si godeva la scena comodamente appoggiata alla spalla di Hiro-kun. Quest'ultimo era visibilmente preoccupato per il suo koibito.
Tirare fuori i propri scheletri dall'armadio non era piacevole, mai, per nessuno.
In effetti, aveva già avuto il sospetto che dietro quell'apparenza euforica, Akira celasse qualche problema, e siccome si era accorto che Sendoh faceva uso di psicofarmaci.Non ci voleva molto a fare due più due.
Si era trattenuto dal fargli domande; sapeva che Aki aveva tutto sotto controllo. Anche se era il tipo che si vergognava nel chiedere aiuto, era certo che al loro grado d'intimità, il suo compagno non si sarebbe fatto problemi a confidargli le sue ansie. Non sapeva quando si sarebbe deciso a farlo, visto che aveva qualche problema nel riconoscere i suoi limiti.
Comunque, se per ora se la cavava da solo, significava che la situazione non era ancora irrimediabilmente compromessa. 
Era invece il rapporto tra Sendoh e i suoi genitori a spaventarlo.
Nelle sue condizioni, Akira aveva bisogno di tutto il sostegno possibile.
Figlio unico, orgoglio della famiglia per i suoi meriti sportivi, e per questo servito e riverito da tutti; non poteva vedere i suoi genitori.
Questi, essendo molto giovani, fin da piccolo l'avevano lasciato alle cure della nonna materna.
Purtroppo, era venuta a mancare due anni prima, e Sendoh si era ritrovato a dover passare molto più tempo con sua madre e suo padre.
L'anziana signora l'aveva iniziato alla difficile arte di nascondere sé stessi dietro una maschera di ipocrita perfezione.
Tardi, troppo tardi Sumire e Shoji, il "padre" di Akira, avevano scoperto quali inaspettati e terribili segreti potessero nascondersi dietro il suo sorriso.

Koshino non conosceva per filo e per segno la storia familiare di Sendoh, ma era cosciente che questa era stata di fondamentale importanza.
Qualcosa che lo aveva reso la persona piena di contraddizioni che era ora, ed aveva indubbiamente influenzato la sua scelta di andarsene di casa e di crescere Angel, a dispetto di tutto e tutti.

All'improvviso si sentì alquanto umidiccio, e si risvegliò dalle sue seghe mentali.

"EHI! TU! Non pisciarmi addosso!" gridò come una donnina isterica il moretto.

Spaventata dal tono minaccioso nella voce di Kosh, Angel si mise ad urlare così forte che Hanamichi, che ancora stava lottando contro il refrigeratore umano ad un lato della stanza, si alzò di scatto e prese lo spigolo della finestra in testa.

"AHIA!!! Che dolore! Ammettilo kitsune, era uno dei tuoi sporchi trucchi, per uccidere il Tensai! Ed è anche stato un completo fallimento! D'altronde un campione è sempre pieno di nemici! Ahahahahahahahaha!" Nel pieno della risata di Hana, uscì un duplice "Do' hao", per essere poi zittito da un lungo, caldo e passionale bacio di Kaede. Perso nella dolcezza del suo amato, si ridestò non appena notò il volto pensieroso di Hiro.

"Qui c'è il bisogno impellente di un genio come il sottoscritto!" proclamò Sakuragi, spingendo via Hiroaki con l'impeto dell'entusiasmo che lo animava.

Atteggiandosi a generale dell'esercito, Hanamichi mandò in avanscoperta Ru e Kosh, alla ricerca di pannolini (che parevano essere finiti) mentre lui appoggiava la capricciosa poppante sul fasciatoio.
Pulendola con cura,dirigeva gli altri e intanto, allargando i padiglioni auricolari e aguzzando la vista, cercava di cogliere il succo del discorso che impegnava Akira a tal punto che, quest'ultimo, aveva il volto serio e tirato.
Stavano senz'altro parlando di soldi.
Hana sapeva che non era un argomento felice.
Anche lui odiava doverne discutere. Pochi giorni prima era andato in banca, a chiedere un prestito per mettere su casa con Kacchan. Ok, il suo ragazzo i soldi ce li aveva per tutti e due, ma a lui non andava di dipendere da qualcun altro.Era una questione di principio! Naturalmente, manco a dirlo, siccome la sua condizione di studente universitario, disoccupato ma soprattutto gay, non apportava le necessarie garanzie, gli avevano sbattuto la porta in faccia.

Sendoh lavorava, ma i suoi erano solo impieghi saltuari o part-time, i quali, certo non gli assicuravano una vita agiata. Per impegnarsi appieno, aveva addirittura mollato l'università, proprio quando avrebbe perlomeno potuto conseguire la laurea breve. Da quello che aveva sentito dire in giro, era stata questa la causa scatenante il putiferio in casa Sendo e ciò che aveva portato Shoji Sendoh a perdere le staffe e buttare fuori di casa il suo figliastro. Pensava di poter raggiungere un compromesso, ma le loro speranze si sono sgretolate di fronte alla cocciutaggine di Akira.
Quando era venuto a sapere di Angel, dopo le prime spropositate reazioni, con urla furiose che si mischiavano con le grida isteriche della moglie, aveva cercato di convincerlo a ragionare.
L'avrebbero perdonato, a condizione che dimenticasse l'accaduto e continuasse i suoi studi con serietà.
Al colpo di testa di Aki, che aveva lasciato l'università non presentandosi più nemmeno agli esami, Shoji non aveva retto e, spazientito, l'aveva messo alla porta.

Non per questo, Hanamichi considerava i genitori dell'amico degli insensibili.
Lo facevano perché lo amavano.

Ed era certo che Kosh, testardo ed orgoglioso com'era, non avesse deciso di tornare dal porcospino di sua spontanea volontà, ma piuttosto c'era stato mandato da quei due illusi, che tentavano di convincere Akira a ritornare sui suoi passi, stavolta in modo alquanto spregevole.
Avevano sottovalutato il fascino del loro pargolo, che era riuscito, con il suo charme, a far dimenticare al giovane playmaker tutti i suoi intenti.

Per questo, Hanamichi era gelosissimo di Kaede. Capitava anche a lui di essere stregato dai rari sorrisi SINCERI che Sendoh regalava a sua figlia e a Hiroaki. Quindi perché non avrebbero potuto causare nel volpino un ritorno di fiamma?

Risvegliatosi dai suoi pensieri, si rese conto che i suoi adepti non avevano avuto fortuna nella loro ricerca, e quindi se la cavo alla bell'è meglio con un lenzuolo.
La piccola però, non accennava a calmarsi. Più impetuosa e rabbiosa dello stesso Tensai, sembrava avercela con il mondo intero. Aveva forse fame? No. Aveva appena pranzato. Sete? Possibile. Ma come entrare nella cucina e cercare qualcosa da bere, senza disturbare Akira e i due ragazzi che si trovavano nella cucina?
Difficile.
Beh, un Tensai era capace di tutto, non aveva limiti di alcun genere. In quel momento nella sua mente si insinuò il dubbio che quella che stava per affrontare fosse una missione impossibile. Poi scomparve, lasciandolo nella certezza di potercela fare.

Presa Angel, e seguito da due inquietanti persone, dalla faccia scura, che quasi parevano le sue guardie del corpo (aka Koshino&Rukawa) si diresse verso la cucina.

Ci entrò a grandi passi , con arroganza, come se fosse stata casa sua.
Gli altri si erano piazzati agli stipiti della porta, come facessero da palo.
O come buttafuori.Dipendeva con che spirito li guardavi.

"Mi scusi, ma lei chi è, e cosa ci fa qui?" chiese Takaiwa.

Hanamichi non rispose. Passò oltre, rovistando fra le ante più remote della cucina.
Stimolò la curiosità dei due assistenti, cosicché Sendoh ebbe un attimo di respiro.
Il suo sempai gli sussurrò un "grazie", e si accasciò sulla sedia.

Tirò fuori un biberon, e mise a scaldare del latte, con Angel che ancora piagnucolava e gli altri che lo guardavano come se fosse un alieno.

"Che c'è? Mai visto un genio prima d'ora?" disse quasi urlando, mentre fulminava tutti con lo sguardo, ed Angel gli elargiva un grugnito d'approvazione.

Intimoriti, i due tornarono a tormentare Akira, indagando e svelando inaspettati scheletri nell'armadio del giovane. Il ragazzo dai capelli a spazzola, cercava di rispondere a quelle domande così personali con delle mezze verità, ma aveva l'impressione di non essere creduto.
Recitava abilmente, nella speranza che il tutto si esaurisse quanto prima.

Intanto, finita la preparazione del latte per la piccola, Sakuragi cercò di placare la sua sete, ma invano. Infatti, vedendo l'oggetto dei suoi desideri a portata di mano, la sua smania era cresciuta, e nemmeno quel biberon fino a pochi attimi prima così invitante, poteva distrarla.
Sotto lo sguardo divertito di Rukawa e Kosh, il rossino tentò in ogni modo far collidere il recipiente con la bocca di Angel che, birichina e dispettosa, in tutti i modi cercava di evitarlo. Questo buffo spettacolosi protrasse finché Yamazaki, spazientito da tutto quel caos (che gli ricordava casa sua, e per questo gli procurava una terribile emicrania) si voltò verso Sakuragi e con voce secca e dura gli chiese: "Ma chi si crede di essere lei, per venire a disturbare delle persone nel bel mezzo del loro lavoro? E come mai in questa casa tutti si prendono cura di Angel, tranne i suoi genitori? Ok, signorina Rukawa.
La bimba non è figlia sua, ma se questo è l'atteggiamento che lei intende avere verso la bambina.
E' talmente irresponsabile, che a lei, io non lascerei nemmeno il mio cane!" "Stia zitto! Non le permetto di insultare una persona che lei non conosce nemmeno da mezza giornata!" rispose irato Sakuragi, capendo che le ultime frasi erano dirette al suo volpino.

"Chiuditi quel cesso, rossoscimmia!" aggiunse ancora Yama "sei veramente un idiota, se non riesci a resistere alla tentazione d'immischiarti in questioni che non ti riguardano!" Tutto questo con tono gelido, quasi cattivo ma privo di rabbia, quasi pronunciando la Verità universale.
Era questa sua convinzione di essere nel giusto che fece arrabbiare il rosso a tal punto che la sua mente era incapace di formulare una risposta sensata.
Perciò decise di prendere la mano di Kaede e trascinarlo verso l'uscita, non prima di avere depositato Angel tra le braccia di Kosh. Non poteva sopportare che qualcuno avesse pregiudizi sul suo itoshi. Quando si era accorto di che persona straordinaria fosse Kaede, e quanta magia e dolcezza si nascondesse nei suoi silenzi, si era talmente vergognato, così tanto imbarazzato di come l'aveva maltrattato a causa di quella gallinaccia querula, degna sorella del gorilla, che si era autoproclamato suo avvocato difensore.

Sorprendentemente fu Satoru a rispondere al posto di Sakuragi.

"Smettila!La vuoi smettere di giudicare tutti così duramente, come se il tuo metro di giudizio fosse perfetto! Alcune persone possono comportarsi in modo diverso dal tuo, in modo che tu consideri immorale, ma questo non ti dà il diritto di condannare tutto quello che non rientra nei tuoi fottutissimi canoni di normalità! Questa bambina ha un mucchio di gente che le vuole bene, questo non basta? Deve essere per forza la famiglia perfetta che tu non hai avuto? Quando la smetterai d'imporre agli altri le tue idee? Quando ti toglierai quella maschera di sprezzo verso il mondo? Non sei più lo Yamazaki di cui mi sono innamorato!" Ecco, l'aveva detto.
Non era nemmeno certo, ma gliel'aveva spiattellato in faccia. Però si sentiva decisamente meglio.Il peso che aveva sul cuore da ormai troppo tempo era scomparso.

Yoshiki era sconvolto a dir poco.
Non pensava che avrebbe mai visto Takaiwa arrabbiato. Era un ragazzo così pacifico e alla mano, che con quel viso congestionato dalla rabbia non sembrava nemmeno lui. I suoi splendidi capelli biondi gli scendevano disordinatamente lungo i lineamenti sfigurati dall'ira, che non perdevano comunque il loro fascino.
Era troppo scioccato per rispondere. 

Hiroaki scosse la testa.
Era finita.
Era troppo pesante mandare avanti quella farsa.
Per tutti.

Lo sapeva anche Sendoh, che si alzò dicendo

 "Kaede, Hanamichi, Hiro-kun. Avete fatto del vostro meglio. Ma la nostra recita è finita. E' tempo di mostrarci per ciò che siamo,e smetterla di nasconderci dietro le menzogne. E' l'ora di svelare la verità."

OWARI PARTE 4
 


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