AND THE GROVES ARE STILL SINGING... 
By Su(k)

CAPITOLO SECONDO. ECHI LONTANI NELL'ARIA LEGGERA. Parte uno.

Era passata poco più di una settimana, e ancora re Satoru non aveva fatto sapere nulla della sua decisione. Dopo quel consiglio aveva convocato Hanamichi per approfondire alcuni punti del suo rapporto, e dopo un paio d'ore di spiegazioni dettagliate lo aveva congedato, facendogli sapere che nel giro di qualche giorno lo avrebbe nuovamente chiamato per ulteriori disposizioni.

Il giovane cavaliere aveva atteso con ansia per un paio di giorni, ben sapendo che il tono che il re aveva usato non presagiva nulla di buono, ma quando la convocazione aveva tardato ad arrivare si era messo il cuore in pace, decidendo di godersi quei pochi giorni che sapeva gli restavano prima di una nuova missione. Era sempre così. Ogni volta che c'era un problema da risolvere, ogni volta che bisognava intraprendere un viaggio o svolgere qualche tipo di missione, il primo ad essere chiamato era sempre lui. Da un lato si sentiva onorato dalla fiducia che il re riponeva in lui, ma dall'altro un po' di tranquillità non sarebbe stata malvista. Ma dopotutto era quella la vita che aveva sempre voluto.

Anche se i suoi due fratelli avevano ereditato la marca, i possedimenti di suo padre erano abbastanza ampi da permettergli di occuparsi di parte di essi.

Ma non era la vita da nobile quella che Hanamichi aveva sempre desiderato.

Già da piccolo la sua propensione a cacciarsi nei guai e scatenare innumerevoli risse aveva fatto capire ai suoi genitori che quella piccola ed irruente peste dai capelli di fuoco non si addiceva alla vita nobiliare, così piena di rigidi schemi e ipocrisie.

Ed Hanamichi odiava gli schemi.

L'aria estiva gli sussurrava parole arcane, promesse di gloria ed inimmaginabili avventure. In ogni alito di vento sentiva cozzare di spade e ruggiti di draghi, in ogni polla d'acqua scorgeva riflessi i mille bagliori di lucide armature e tesori senza fine.

Come poteva il suo destino non essere segnato con tali presagi a guidarne il cammino?

Senza nemmeno accorgersene, guidato dai propri pensieri era giunto nei pressi del parco che si trovava poco lontano dalle cucine. Stringendosi maggiormente nel mantello Hanamichi entrò nei giardini.

Amava quel luogo. Per quanto avesse viaggiato e contemplato di quali miracoli la natura fosse capace, quel piccolo giardino nascosto tra le alte mura del castello gli aveva rapito il cuore.

Un silenzioso paradiso sommerso d'oro.

Uno dei cespugli piantati anni addietro si arrampicava inselvatichito lungo il muro di cinta, e le sue foglie color dell'ocra si confondevano nella calda luce del pomeriggio; l'aria era piena dell'odore di foglie macerate dalla pioggia, e un soffice tappeto di muschio avvolgeva le pietre consunte che sbucavano dal terreno. Il ciliegio dai rami neri si ergeva alto contro il muro, cercando in qualche modo di raggiungere con i suoi lunghi rami quel cielo lontano che non sarebbe mai stato in grado di toccare.

Mille foglie d'oro danzavano mosse dal vento al suono di silenziose e seducenti melodie, quasi a voler consacrare con la loro frenesia l'eterea bellezza di quel luogo.

La luce del sole illuminava le poche fredde panchine di pietra poste ai lati dello stretto viale che divideva il giardino in due, infrangendosi tra i rami e andando a creare mille frammenti di luce e d'ombra.

Giunto al limitare di un bosco di biancospino, Hanamichi si sedette coprendosi con il mantello pesante. Il sole era particolarmente splendente, ma il vento freddo che spirava senza sosta entrava nelle ossa, insinuandosi in ogni piega del mantello.

Stava quasi per assopirsi nonostante il freddo pungente, quando sentì dei passi leggeri sulle foglie bagnate che coprivano l'intero giardino.

"Do'aho" proferì una voce "Non te l'ha insegnato nessuno che a stare seduti sulla roccia fredda vengono le emorroidi?"

Hanamichi aprì gli occhi di scatto, ritrovandosi di fronte un Kaede con un espressione indecifrabile sul volto.

"Kitsune" rispose sarcastico "anche a me fa piacere vederti."

Il moretto alzò un sopracciglio, dopodiché si sedette accanto ad Hanamichi.

Restarono seduti in silenzio per qualche minuto, Kaede con le gambe stese davanti a sè, gli occhi chiusi e il respiro lento, tanto che ad un certo punto Hanamichi temette che si fosse addormentato. Certo non poteva biasimarlo. Quel luogo era talmente tranquillo... e anche lui fino a qualche istante prima si era sentito avvolgere dalle calde braccia di Morfeo.

Un sottile vento freddo scostava le foglie a terra, mentre lo stormire delle fronde ormai quasi del tutto spoglie si alzava nell'aria come un leggero canto composto da un'unica ed eterna tonalità.

"Perché ti sei offerto volontario?" chiese d'un tratto Kaede, gli occhi ancora chiusi e il respiro lento.

"C... cosa?" esclamò Hanamichi sorpreso che fosse stato l'altro a cominciare una conversazione.

"Perché ti sei offerto volontario per quella missione in Codowal, tre mesi fa? Hai spiazzato tutti. Se c'era una cosa che non ci saremmo mai aspettati da te era che partissi per una missione da solo. Cosa ti ha spinto a farlo?"

"Kits... kitsune!" esclamò Hanamichi facendosi d'un tratto teso "co... come mai questa domanda?"

"Mmh..." riprese il moretto aprendo gli occhi e fissando un punto indistinto di fronte a sè.

"Per quanto molte persone pensino il contrario io e te siamo amici. Magari in un modo leggermente anticonvenzionale, ma siamo amici. Sarà anche il fatto che siamo praticamente cresciuti insieme. Ti conosco fin troppo bene, Hanamichi, e so ormai prevedere quasi del tutto le tue reazioni. Ma quella decisione... come se qualcosa ti avesse costretto ad allontanarti da questo posto, il più in fretta possibile. E adesso sei tornato... ma la sensazione che ci sia qualcosa che ti tormenta è rimasta."

Il silenzio che seguì si fece quasi opprimente col passare degli istanti.

Scure nubi sospinte dal vento che in quei pochi attimi era cresciuto d'intensità stavano coprendo il cielo, e un remoto sentore di ozono preannunciava una tempesta lontana.

"E pensare" osservò malinconico Hanamichi "che si preannunciava una così bella giornata... sai" continuò poi girandosi verso il giovane principe "forse in parte hai ragione. Forse qualcosa mi ha spinto a prendere quella decisione che ora ammetto essere stata avventata... ma finché io per primo non avrò fatto chiarezza nella mia testa... beh..."

Una solitaria goccia di pioggia cadde in quel momento dal cielo ormai plumbeo, posandosi senza suono alcuno sul viso del rossino.

"Sta cominciando a piovere..."

Sussurrando piano, quasi parlando a sè stesso, Hanamichi si alzò, e tendendo una mano al moro gli sorrise.

"Certo che questi repentini cambi di clima... Che ne dici di tornare a casa?"

Per un istante infinito Kaede rimase immobile a fissare quella calda mano protesa verso di lui, come se quel semplice gesto e quelle parole pronunciate quasi con rimpianto nascondessero ben altri significati, per poi stringerla con forza senza esitazioni, alzandosi e seguendo Hanamichi nel freddo castello.




"Dove diavolo sono finiti quei due?!" si lamentò il generale Akagi facendo avanti e indietro per lo studio privato del re, la pesante spada legata al fianco che si muoveva ad ogni suo passo.

"Sono quasi venti minuti che Vostro figlio è andato a cercare quella testa calda, e non è ancora tornato! Dovevo aspettarmelo, Sakuragi è capace di mettere sulla cattiva strada chiunque!"

"Suvvia generale" intervenne il re che seduto all'ampia scrivania di legno pregiato stava controllando alcuni documenti "Hanamichi non potrebbe mai mettere sulla cattiva strada Kaede, visto soprattutto che nonostante la quasi idillica visione che avete di lui, mio figlio è spesso il primo a cacciarsi nei guai. Certo, se c'è Hanamichi nei paraggi... E comunque non abbiamo fretta, anche se i ragazzi ritardano un po' non c'è problema..."

"Qui non si tratta dell'urgenza della situazione" riprese Akagi "ma del rispetto che il principe e uno dei Vostri migliori soldati dovrebbero portarVi!"

"Akagi, perché vi preoccupate tanto? Quando mai quei due hanno risposto tempestivamente a una mia convocazione?"

"Beh, dovrebbero cominciare a farlo. Non mi permetterei mai di criticare le Vostre decisioni Sire, ma ritengo siate troppo indulgente."

"Chi sarebbe troppo indulgente?" chiese qualcuno dalla porta dello studio, facendo sì che sia il generale che il re si volgessero in quella direzione.

Hanamichi era appoggiato allo stipite della porta, mentre un sorriso furbo illuminava il suo volto perennemente abbronzato.

"Sakuragi!" esclamò in quel momento Akagi ergendosi in tutta la sua persona "Ti abbiamo mandato a chiamare più di venti minuti fa! Per una tale mancanza di rispetto nei confronti del tuo re una notte nelle segrete non te la leva nessuno!"

"Andiamo generale" si intromise il re che fino a quel momento aveva assistito alla scena in silenzio "ne abbiamo appena parlato. Nessuno finirà nelle segrete stanotte" poi, rivolgendosi a suo figlio "e comunque, Kaede, potrei sapere perché ci hai messo così tanto?"

Il moretto che si trovava accanto ad Hanamichi alzò le spalle con un gesto indifferente, andandosi poi a sedere in una delle ampie poltrone che si trovavano di fronte al camino acceso.

"Certo, ovvio" riprese il re dopo aver seguito con sguardo quasi malinconico il silenzioso figlio.

Nel frattempo anche Hanamichi si era andato a sedere, e con una punta di impazienza si era rivolto al re.

"Allora" disse "a quale conclusione siete giunti? Avete trovato una soluzione per il problema Takato?"

Il re non gli rispose subito. Dando le spalle al giovane cavaliere si diresse verso una delle ampie finestre che davano sul mare, osservando il cielo divenuto scuro e la pioggia che cadeva copiosa.

Dopo un tempo che parve lunghissimo si girò verso l'interno della stanza, mentre il suo sguardo per un istante si posava sull'imponente generale.

"I buoni strateghi" disse poi con voce ferma "approfittano delle opportunità. I grandi strateghi se le creano. Non possiamo permetterci di aspettare che Takato si sia impadronito dei Magli. Si tratta di un'arma troppo potente per finire nelle mani di quel pazzo. L'unica soluzione a questo problema è far sì che i suoi tirapiedi non possano in alcun modo trovare i Magli."

"Sì, beh" osservò Hanamichi "sono d'accordo... però... come facciamo ad impedire agli uomini di Takato di trovarli? Potremmo sempre ucciderli o imprigionarli, ma il re del Codowal troverebbe sicuramente altri con cui rimpiazzarli..."

"Ed è qui" si intromise il generale Akagi "che entrate in scena voi."

Kaede, che fino a quel momento aveva ascoltato la conversazione senza particolare interesse, alzò un sopracciglio, volgendo così una muta domanda all'alto generale che fissava alternativamente lui e Hanamichi.

"Come ha detto Sakuragi" proseguì l'immenso Cherel "cercare di eliminare i seguaci di Takato è un inutile sforzo. Ma esiste un altro modo per far sì che il nostro nemico non trovi i Magli."

"E sarebbe?" volle sapere il rossino.

"Trovarli prima di lui."

Lo sguardo che sia Kaede che Hanamichi lanciarono al generale Akagi esprimeva tutta la loro sorpresa.

"T... trovarli prima di lui?" chiese Hanamichi con gli occhi sgranati "C... come facciamo a trovarli prima di lui? Voglio dire... ultimamente Takato si è dato molto da fare per trovare i Magli. Ha una squadra apposta, e avrà sicuramente fatto delle ricerche!"

"Oh" gli rispose il re sorridendo "se è per questo che ti preoccupi non c'è problema. Vedi, prima ancora che tu ci informassi dei piani di Takato, del fatto che cercasse i Magli, anche i nostri ricercatori si stavano dando da fare per trovare l'ubicazione di quell'antico artefatto. A dire la verità è da quando è terminata la Grande Guerra che tutti fanno ricerche sui Magli. Un'arma sì oscura, ma dotata del più grande potere mai concepito. Chiunque abbastanza ambizioso la vorrebbe per sè..."

"Ma" riprese Hanamichi perplesso "che utilità potrebbe avere schierare un'arma che solo un dio è in grado di brandire? Posso capire Takato, dopotutto è un folle, ma Voi?"

"Non ho mai detto di voler utilizzare i Magli" gli rispose il re sedendosi " voglio solo impedire che Takato se ne impossessi. E siccome in tempo di guerra raramente vince chi risparmia le proprie truppe migliori, voglio che siate tu e Kaede a trovarli."

L'occhiata che gli rivolsero i due giovani esprimeva così chiaramente i loro pensieri che il re sorrise. Gli occhi di Hanamichi tradivano soddisfazione e stupore, mentre quelli di Kaede sospetto e incredulità.

"Cioè" intervenne il rossino mentre un sorriso compiaciuto gli si dipingeva in volto "questo significa che sono il migliore?"

"No, do'aho" lo apostrofò Kaede "solo che sei sacrificabile."

"Antipatico. Sempre ad infrangere i miei sogni di gloria... d'accordo, ammettiamo il caso che riusciamo a trovare i Magli... Takato lo verrà sicuramente a sapere. Come pensate di tenerli lontano da lui?"

"Non devi preoccuparti di questo" gli rispose Akagi "la missione a voi affidata è quella di trovare i Magli e portarli a Mitar. Al resto penserà la congrega."

"Mi... Mitar!?" esclamò Hanamichi alzandosi di scatto in piedi e posando gli occhi sgomenti sul re "ma... ma...si trova sull'altro capo del mondo! Ci vorranno dei mesi solo per arrivarci..."

"Sakuragi!" intervenne il generale Akagi con una nota furente nella voce "osi forse mettere in dubbio le decisioni del tuo re?"

"No, no..." riprese il rossino "non si tratta di questo... è solo... è solo che sono appena tornato... ci sono cose... posti in cui dovrei andare... persone... è... beh, è che non mi sono ancora abituato all'idea di essere tornato a casa, che già devo ripartire."

"Hn..." intervenne a quel punto Kaede "perché non la finisci di raccontare balle e non ci dici una buona volta la verità? Non se le beve nessuno le tue stronzate sulla 'nostalgia di casa'! Non hai fatto una piega quando mio padre ti ha annunciato che saresti presto partito per un'altra missione! Ma appena senti parlare di Mitar cominci a tirare fuori scuse assurde... cosa c'è in quel posto che ti spaventa così tanto?"

"Non... nono sono cose che ti riguardino, kitsune!" gli sibilò Hanamichi arrossendo per la rabbia.

"Mi dispiace, Sakuragi" intervenne in quel momento il re "ma è assolutamente necessario che qualora riusciste a trovate i Magli gli portiate a Mitar. Ora, per evitare altre tristi e spiacevoli discussioni, preferirei cambiare argomento. A proposito del ballo..."

"Di male in peggio..." borbottò Hanamichi lasciandosi pesantemente cadere su una delle poltrone presenti nel salotto "E' proprio necessario che vi partecipi anche io? Capisco la kitsune, qui... dopotutto si tratta del principe ereditario... ma io? Sono un semplice cavaliere, e per quanto mio padre sia da sempre uno dei Vostri migliori sudditi non è certo per i suoi meriti che mi volete a corte... davvero, non riesco a capire."

"Ah, Hanamichi" gli rispose re Satoru con un sorriso tranquillo sul volto "il motivo per cui dovrai partecipare al ballo non ha nulla a che vedere con le tue doti di spadaccino o con il tuo rango. Voglio che tu sia presente al ricevimento per tenere compagnia a Kaede."

"C... cosa?!" sbottò indignato il rossino "Dovrei fare da dama di compagnia a questa sottospecie di... di..."

"Dama da compagnia?" chiese perplesso il re "No, no. Quello che volevo dire è che se si presentasse da solo al ballo, senza qualcuno con cui potersi sfogare, Kaede finirebbe per isolarsi come suo solito, ed è l'ultima cosa che voglio. Con te accanto invece sarebbe sicuramente più disteso."

"Hn" intervenne in quel momento il moretto "Ho una soluzione migliore e più vantaggiosa per tutti quanti. Io non vado al ballo, Sakuragi non va al ballo. Fine della storia."

"Kaede!" lo riprese il re "La principessa Charlotte verrà dal lontano Kashue solo per incontrarti! Questo ballo è anche in suo onore! Tu verrai, ed Hanamichi con te. Fine della storia."

Ancora una volta Hanamichi si sorprese a pensare quanto fossero simili Kaede e suo padre. Nonostante il moretto fosse taciturno ed introverso, mentre suo padre aveva grandi doti di oratore, il loro carattere era estremamente rassomigliante. La stessa ferrea forza di volontà, lo stesso desiderio di giustizia, la stessa tenacia.

"La principessa Charlotte?" chiese per spezzare la tensione che si era creata tra padre e figlio "Come mai un ballo in onore della figlia di re Seren?"

"Charlotte ha espressamente chiesto di conoscere Kaede" rispose il re "ha da poco raggiunto l'età per sposarsi, e vuole personalmente incontrare tutti i possibili candidati per un eventuale matrimonio."

"Matrimonio?" chiese Hanamichi sorpreso "e da quando in qua la kitsune pensa al matrimonio?"

"Ormai ha l'età giusta" riprese il re "e la principessa Charlotte è un ottimo partito. Nonostante Kashue sia un piccolo regno, la sua è una delle flotte più grandi e potenti. Un alleato del genere sarebbe quanto di meglio potremmo trovare per fermare un'ipotetica invasione da parte di Takato."

"Ma... ma..." riprese Hanamichi sempre più confuso "ma..."

"...ma ti sei incantato?" lo apostrofò Kaede tornando a fissare con sguardo truce il padre "Mi sembrava di averti già detto che non ho intenzione di sposarmi con quella stupida di Charlotte, nè tantomeno con ogni altra donna mi metterai davanti. Le alleanze possono essere strette anche senza matrimonio, e quando verrà il momento di sposarmi sarò io a scegliere."
Hanamichi non sapeva più da che parte guardare. Era raro sentire il moretto parlare per più di qualche istante, e un tale trasporto era qualcosa a cui Hanamichi non era abituato. D'altra parte la furia che bruciava negli occhi del re era di certo presagio di lotta, e per esperienza personale il rossino sapeva che la faccenda non sarebbe finita lì.

"Ah! Basta!" disse alzandosi e dirigendosi verso la porta "La faccenda non mi riguarda. Se dovete litigare fatelo dopo che sarò uscito! E per quanto riguarda il ballo... beh, credo di non avere scelta, giusto?"

Lo sguardo furbo che gli lanciò il re fu più eloquente di mille parole.

"Beh" riprese il rossino aprendo la porta "meglio che vada. Vostra Altezza. Mio principe."

E con un inchino e un sorriso ironico sul volto lasciò la sala.