Ancora una volta con me

di Gyh


 

Tu non mi ami. Lo so benissimo, non pensare che io possa mai illudermi su questo. Sono l’unica persona al mondo che ti conosce abbastanza bene per sapere che non provi niente per me, se non un vago affetto legato alla fiducia che riponi in me.

Io non ti tradirò mai, lo sai bene. Ogni tanto, però, me lo chiedi. Mi guardi con quegli occhi grigi e profondi, con un sorrisetto quasi irrisorio e, mentre inarchi un sopracciglio, una ventata gelida e posata di parole esce dalle tue labbra perfette, infrangendosi contro di me.

-         Mi tradiresti, Oriya?

In un certo senso fa quasi male che tu me lo chieda. So bene che hai fiducia in me, altrimenti il nostro rapporto non avrebbe senso. I miei sentimenti nei tuoi confronti sono fin troppo chiari perché tu possa temere qualsiasi cosa da te. Io vivo per te, Kazutaka. Ma quando me lo chiedi… la tua è derisione. Perché quest’ennesima sconfitta, quest’umiliazione marchiata dal dolore? E fa ancora più male guardarti negli occhi e risponderti.

-         No. Mai.

A volte mi chiedo perché ti sei innamorato di Tsuzuki. Perché lo so benissimo che lo ami. Ma il tuo modo di amare è distorto. È colpa di tua madre, del tuo fratellastro… una volta credevo davvero che avrei potuto “guarirti”. Sì, dopo aver fatto l’amore per le prime volte – ti ricordi?, eravamo ancora all’università – tu ti voltavi dall’altra parte, mi davi la schiena e io abbracciavo il cuscino, sospirando, dicendomi che un giorno saresti stato tu ad abbracciarmi.

Ma quel giorno non arriverà mai.

Ti ricordi della prima volta che abbiamo fatto l’amore? beh, certo “fare l’amore” non è un termine molto adatto. Semplicemente avevi voglia di fare un po’ di sesso e sapevi che ti amavo e che non mi sarei rifiutato. Punto. Mi chiedo perché tu sia stato così delicato, quella volta, la prima per me. Forse perché se mi avessi fatto male in futuro mi sarei rifiutato. È questo che pensavi? Ma ti sbagliavi. Potevi anche violentarmi, prendermi con tanta forza da farmi sanguinare per settimane, legarmi, picchiarmi. Qualsiasi cosa tu faccia io sarò sempre accanto a te. La mia maledizione. È peggio del marchio che hai posto su Hisoka, il mio amore per te. Se tu morissi, quel ragazzino sarebbe liberato. Io non potrei mai. Semplicemente mi verrebbe tolta la possibilità di annullare la mia essenza, la mia ragione tra le tue braccia.

Ho smesso presto di illudermi, comunque. In fondo ti conosco troppo bene. Credo di avere sempre saputo che non mi ricambierai mai. Per molto tempo ho pensato di non essere nulla più che un passatempo, per te. Però l’altra sera mi hai proprio stupito. Mi hai chiamato per chiedermi se stavo bene perché non ci sentivamo da un po’. E poi sei venuto a trovarmi e siamo andati al ristorante insieme e poi abbiamo fatto l’amore. E questa è stata la prima volta che sei stato davvero dolce, con me. Come se stessimo davvero insieme, come se fossimo una coppia innamorata. Oh, naturalmente non mi illudo nemmeno adesso. So benissimo che la tua era una semplice prova, un piccolo esperimento sul “Chissà com’è fare questo o quello”. Però mi ha fatto piacere ugualmente. Sai qual è stato il momento più bello?

Stavi entrando dentro di me, lentamente, come non hai mai fatto e poi ti sei fermato e… hai scostato una ciocca di capelli dalla mia fronte e vi hai posato un bacio. Leggero, delicato. Mi sono quasi messo a piangere, scommetto che te ne sei accorto So bene che mi vuoi bene, a modo tuo. Per questo di solito non lo fai mai capire. Sei fatto così. Sei un po’ strano, un bel po’ bizzarro. Ma non siamo noi a decidere chi amare. Prendi Tsuzuki, il tuo diavolo dallo sguardo da angelo… lui di certo sarebbe stato meglio con un uomo dolce e tenero, goloso come lui e invece eccolo invischiato in una relazione con quel segretario sadico con gli occhiali. L’amore è proprio cieco, eh? Altrimenti non sarei ancora qui a farmi usare da te.

Però ogni tanto, dopo aver fatto l’amore, tu non volti la schiena. A volte ti appoggi a me, quasi per comodità e con noncuranza, però lo fai. E una volta che ho avuto la febbre ti sei rifiutato di fare l’amore, perché ti preoccupavi. Il tuo commento è stato “Non voglio scopare una bambola ammalata, potrebbe rompersi e non potrei più usarla”. L’hai detto con tono freddo e distaccato. Ma quando ho replicato con un sorriso hai abbassato lo sguardo. Mi vuoi bene, ti conosco. Me lo farò bastare.

E poi mi ricordo di quando un cliente del mio albergo ha cominciato a provarci. Come l’hai guardato! Certo trovo che ucciderlo sia stato eccessivo… non mi piace quando lo fai. Vorrei che le tue mani smettessero di grondare sangue. Sarò lì con te a pulirle e a lavarle con lacrime e baci. Ma accetto tutto di te, dalla crudeltà alla freddezza. Tutto. Amo anche quello.

Anche questa sera dovremmo uscire. Da qualche tempo ti sei fatto più gentile. Dev’essere stato lo shock subito quando Tsuzuki si è messo col segretario dell’Enmacho. Mi è dispiaciuto molto, davvero. Eri così triste… sei venuto da me e abbiamo fatto l’amore con frenesia. E la frenesia per te è disperazione.

Vorrei che tu piangessi. Se tu lo facessi forse potresti sfogarti, dimenticare il tuo passato doloroso. Ma se non piangi come potrai dimenticare? Io sono qui. Asciugherò le tue lacrime, il tuo sangue, berrò il tuo dolore, il senso della mia vita è la tua voce. Vorrei che tu ti fidassi al punto di lasciarti andare anche con me. Non lo farai.

Devo ammettere che in un certo senso sei molto inquietante. In molti sensi. Ma l’altra sera, a casa tua… lì sì che mi hai fatto – quasi – spaventare! Ho sempre saputo della tua passione per le bambole di porcellana, ne compri almeno una o due al mese. Quella che ti ho regalato io quando eravamo all’università l’avevi guardata con freddezza e l’avevi gettata quasi con noncuranza sul tuo letto, in mezzo alle altre. Ci ero rimasto davvero male! Poi però ieri sera l’ho vista, l’ho riconosciuta. Era in bella vista, in un posto d’onore su una mensola riservata alle tue preferite. Dicevo, l’altra sera la cosa che mi ha inquietato è stata la bambola che mi somiglia. Sì, dai, quella con i capelli lunghissimi e il kimono. Mi somiglia tantissimo, non fare finta di niente. Ti conosco. Mi vuoi bene. Forse comprarla è stato un altro modo di dire che sono una bambola nelle tue mani. Ma anche quella era in posto d’onore. Mi vuoi bene.

In un certo senso fa male, il tuo affetto. Se continui a comportarti in questo modo continuerò a farmi delle illusioni. Non voglio più farmene. Non sai quanto ho pianto quando, il primo S. Valentino che abbiamo passato insieme, hai regalato la cioccolata che ti avevo fatto ad un ragazzo che volevi portarti a letto. Più avanti ho capito che è una difesa, la tua. Sei così fragile che detesti darlo a vedere. Ti amo anche per questo. Vorrei poterti racchiudere in una bolla di calore e dolcezza in cui nessuno può farti del male. Te ne hanno fatto così tanto, Kazutaka… non voglio che qualcun altro te ne faccia.

Suona il campanello. Devi essere tu.

Vado ad aprire la porta e so che puoi sentire la gioia che provo nell’averti con me un’altra volta.