É un racconto che ho scritto per il corso
di scrittura creativa... un esercizio su una tecnica particolare (non stiamo
qui a fare lezione ^_^) nel quale non ho resistito alla tentazione di
ficcare i gayucci pucci... questo è il primo, ma poi ne ho fatti altri "a
tema"... ^______^
Spero che vi piaccia!!
Anche i gay hanno un cuore
di Fiorediloto
«Che
cosa vuoi fare, Danny?»
La voce di Lewis trema leggermente, incerta. Ma io ho già capito. Quella
pistola puntata contro il suo petto può significare una sola cosa.
«Che… che vuoi fare?» ripete Lewis. Trema da capo a piedi, e non so dargli
torto. Tremo anch’io.
«Non farlo, Danny» sussurro, senza fiato. Stringo forte il cuscino tra le
braccia. Ho smesso di respirare. «Non farlo.»
Se lo fa, se preme il grilletto, è la fine. «Non farlo!» strillo, quando
l’indice si stringe più saldo su quell’interruttore di morte. Ma Danny non
mi sente.
Il loro primo bacio? Lo ricordo come fosse il mio. Si trovavano nello
scantinato buio della scuola. Timidissimo come suo solito, sfoggiando anzi
un coraggio immenso, Lewis gli si era avvicinato e gli aveva mormorato
dolcemente: «Danny…»
«Sì…?»
«Ti a…»
«A…?»
«… ha mai detto nessuno che certi shampoo fanno miracoli contro la forfora?»
Danny l’aveva steso con una testata offesa. E poi, approfittando di averlo
tra le braccia, muto e incosciente, l’aveva baciato.
Comico? Oh, no. Era stato il momento più bello di tutti.
«Ragiona» esalo, in tono supplichevole. «Ragiona, cazzo! Vuoi buttare tutto
all’aria? Così? Per una nottata brava al night? Era ubriaco, Danny! Era
ubriaco…!» Sto piangendo, ma Danny non mi ascolta. Gli istanti passano
mentre Lewis, senza più parlare, fissa il compagno con aria spaventata. Non
tenta neanche di difendersi.
E poi vedo quel dito, quell’indice, stringersi ancora più forte intorno al
grilletto e tremo… e urlo più forte che posso, mentre un fiume di lacrime mi
appanna la vista.
Li conobbi quando iniziai a frequentare le superiori. Erano bellissimi.
Lewis aveva l’incarnato pallido, e lunghi fili di seta d’oro gli ricadevano
sugli occhi azzurri. Vestiva semplice e di colori solari. Come non
scambiarlo per un angelo?
Ma se Lewis pareva un angelo, Danny sembrava essere sbucato fuori dal più
profondo degli inferni. Una cascata di riccioli nerissimi era tenuta lontana
dagli occhi, neri anch’essi, da un paio di occhiali scuri da motociclista.
Giacca di pelle, borchie e anfibi completavano il quadro, già per nulla
rassicurante.
Aveva una moto, Danny, e non vi faceva salire mai nessuno, non una delle
oche che gli sbavavano e starnazzavano intorno, e ciò non era strano, ma
neanche Tom Darrel, il suo migliore amico, e ciò era strano. Nessuno saliva
sulla moto di Danny, tantomeno senza permesso – in tal caso era morte
assicurata.
Mi credereste se dicessi che io sapevo – sapevo – che a Lewis questo
permesso sarebbe stato dato?
Ho sempre avuto fiuto per queste cose.
Quella mattina, quella che avrebbe segnato la svolta, prima ancora del bacio
nello scantinato, me la sentivo nella pelle, la tensione. E sì che non ne
avrei avuto motivo. Ma, ve l’ho detto, ho sempre avuto fiuto per queste
cose. Quando Danny si voltò, avrei detto che guardasse me. Avevamo una certa
confidenza, dopotutto… dopo mesi che seguivo ogni sua mossa, sapete com’è.
Ma non mi aspettavo certo che rimanesse lì a fissarmi, come invece mi parve.
Ma poi sorrise. E lì seppi che il sorriso non era per me. Del resto, Danny
Marlow non sorrideva mai. Brutta situazione, brutta famiglia… Danny Marlow
aveva davvero pochi motivi per sorridere. Ma lì sorrise. E spostando lo
sguardo capii che sorrideva a Lewis Lenton, l’angioletto della scuola,
l’onnipresente biancovestito che camminava, avvolto nella sua pace eterea,
con i libri immacolati stretti al petto.
«Uno strappo, Lent?» sogghignò Danny.
Lewis scrollò le spalle. «Perché no.»
Salì sulla moto e lo strinse alla vita – un po’ più del dovuto, notai. Sono
sempre stata una grande osservatrice. Poi partirono con una sonora sgommata,
lasciandomi lì, a consumarmi nel dubbio se Danny avrebbe mai ammesso a se
stesso ciò che Lewis sapeva già da tempo.
«Non sono un frocio!» urlava Danny Marlow, non più tardi di un giorno, di
fronte a un Lewis color del fuoco.
«Frocio sarà tuo nonno!» ribatté, gridando, sì: fu la prima e ultima volta
che lo sentii gridare. «Dici gay, dici omosessuale, ma non azzardarti a…»
«Frocio!»
Lewis gli assestò un pugno da capogiro sulla mandibola, dimostrando che
l’apparenza spesso inganna, e se ne andò mentre tutta la scuola, allibita,
contemplava l’insolito spettacolo di Danny Marlow messo a tappeto.
«Non è possibile, non devi, non puoi trattarlo così!» dissi a Danny quella
volta, tremando di rabbia. «Sei un insensibile!»
Danny, come al solito, non mi ascoltò.
Ma l’amore era destinato a trionfare, e trionfò. Ebbene sì. Mi sento
partecipe di questo perché ne fui la prima e più fervida sostenitrice. Fu
dopo un mese circa di rancori, silenzi e confusione, di paziente
sopportazione per Lewis, di angoscia per me, che si ruppero le acque, per
così dire, e Danny Marlow riuscì a venire al mondo nella piena
consapevolezza di se stesso. Una liberazione, credetemi. E ci fu quel famoso
bacio nello scantinato della scuola.
Fu dopo l’ultima provocazione che era sfociata in rissa: provocazione di
Danny, ovviamente, che Lewis aveva insolitamente raccolto assestandogli un
altro, ancor più forte pugno nello stomaco. Il professore di arte gliela
affibbiò come punizione, a tutti e due: dopo le lezioni, sarebbero rimasti a
dare una mano a ripulire il porcile che si era accumulato là sotto.
Sapevo per esperienza che ne avrebbero avuto per ore… be’, ore ben spese, mi
dissi poi. Vi ho già parlato del mio infallibile intuito?
Così sbocciò il loro amore, ed io che l’avevo visto nascere, lo vidi anche
crescere e maturare. Ero felice per loro, davvero felice. Tutto andava per
il meglio. Erano così carini, insieme!
E poi ci fu il fattaccio, quello che rovinò ogni cosa. Siete uomini di
mondo, lo sapete come vanno le cose, no? Lewis era il compagno più fedele
del mondo, non a caso si era guadagnato la fama di “angioletto”, ma una sera
più triste del solito si lasciò convincere da Tom Darrel a fare un salto al
night… e un bicchiere chiama l’altro, Lewis era depresso perché Danny era
partito, e lì una sanguisuga gli si avvicina, e come ti chiami, e io studio
legge e tu, e lo sai che sei proprio carino, scopiamo?
Era ubriaco fradicio. Lewis Lenton sobrio non avrebbe mai fatto una cosa del
genere.
«Laura!» grida mia madre al piano di sopra. Lei non sa niente di ciò che si
sta consumando qui sotto, ha sentito solo il mio urlo disperato.
«Come hai potuto…» rantola Danny, incurante. La mano che regge la pistola
trema vistosamente. Gli guardo il viso. Sta piangendo anche lui, come Lewis,
come me. «Perché? Anzi no, non voglio saperlo. Non ha più importanza…»
E con un moto deciso se la accosta alla tempia.
«No!» urla Lewis, tentando un passo, ma Danny lo blocca con un gesto.
«Se tu non mi ami non voglio più vivere.»
«Non fare pazzie!» urlo io.
«Laura!» strilla mia madre.
«Ma io ti amo!» grida Lewis. «Ero ubriaco… ti giuro…»
«Non voglio sentire più niente» mormora Danny. «Non voglio più vivere…»
«Danny, no! Non farlo!»
«LAURA, SPEGNI QUELLA CAZZO DI TELEVISIONE!»
Un secondo, è solo un secondo, e poi svengo. Ma nello svenire ho ancora
davanti agli occhi l’immagine orribile su cui si è chiuso lo schermo.
“ANCHE I GAY HANNO UN CUORE – IL SEGUITO NELLA PROSSIMA PUNTATA”
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