Finalmente riesco a postare il capitolo
9! Gli impegni mi sommergono, spero di essere più veloce col prossimo, ma
non prometto niente
.
Spero che commenterete e che questo capitolo vi piaccia.
Amore Immortale
parte
IX
di
Vikysweetgirl
I demoni si amano scambievolmente?
Bene, ora so, indipendentemente dal fatto che io creda o no nell'inferno,
che tra vampiri può esistere l'amore,
e che pur essendo dediti al male non si smette di amare."
(“Scelti dalle tenebre” di Anne Rice)
- Amori insani -
Gli sembrava un incubo, un incubo terribile.
Era trascinato da mani rudi e straordinariamente forti, senza poter fare nulla
per liberarsi.
Melìt gli impediva la fuga tenendogli stretti il braccio destro e il polso
sinistro, camminando svelto, facendolo quasi inciampare mentre Demian era
costretto, davanti a lui, a stare al suo passo.
Aveva continuato ad urlare da quando era stato portato via dal luogo dello
scontro fino a quel momento, invano, tentando di colpire quel demonio,
ottenendo gli stessi identici risultati delle sue minacce.
Il vampiro, volando, lo aveva portato in un castello dall’aspetto spettrale.
Il ragazzo non aveva mai visto manieri del genere se non sui libri: con quelle
guglie appuntite, enormi finestre sormontate da archi a sesto acuto e rosoni
formati da vetri azzurri e viola, in un perfetto stile gotico che aveva sempre
amato ma che ora si ritrovava a temere. Come le cattedrali gotiche erano state
costruite, un tempo, per innalzare al cielo il loro grido di fede, quel
castello scuro sembrava inneggiare, incoraggiato dai tuoni in lontananza, la
brutalità di quel bevitore di sangue e i pericoli che da quel momento in
avanti il giovane avrebbe dovuto affrontare.
Melìt lo aveva trascinato dentro, per lunghi corridoi atri, senza rivolgergli
nemmeno una parola, anche se lui lo aveva insultato, minacciato, gridato
contro con tutta la rabbia che sentiva. Gli era stato chiaro sin dall’inizio
che lui, da solo, non avrebbe potuto nulla contro di lui.
_Maledetto, dannato bastardo, lasciami andare! Non puoi trattarmi in questo
modo! Riportami subito indietro. Subito!
_Santo cielo, che lingua lunga hai!_ proruppe il biondo esasperato_ Sarebbe
sensato tagliartela.
Demian ammutolì, spaventato. Avrebbe davvero avuto il coraggio di farlo, un
mostro crudele che uccideva esseri umani ogni notte?
La risposta era insita nel suo stesso ragionamento.
Puntò i piedi, smettendo di camminare ma il vampiro non si fece molti problemi
a spingerlo e a farglieli strusciare per terra, trasportandolo di forza.
Il rossino si agitava senza sosta, aveva contratto ogni muscolo, opponendo una
ferma quanto inutile resistenza. Quel corpo non era solo freddo e bianco come
una statua di marmo ma anche pesante e irremovibile, esattamente come lo era
Andrea.
Quei lunghi anditi sembravano non finire mai. Erano freddi, illuminati da
torce appese alle mura che dipingevano di arancio dorato le pareti con il
riverbero delle loro fiamme, facendo danzare su di esse ombre alte e scure,
che toccavano persino l’alta volta.
Impegnato a strepitare e a urlare insulti il ragazzo non si accorse nemmeno
che erano arrivati alla sommità di una lunga scalinata che s’immergeva
nell’oscurità. Rabbrividì. Da laggiù provenivano spifferi gelati.
Melìt poggiò i palmi delle mani sulla schiena del rossino e lo spinse,
silenzioso. Demian cadde in avanti rendendosi conto di cosa stava succedendo
solo nell’istante in cui avveniva. Non ebbe il tempo di provare paura o di
fare qualunque cosa. Prima che potesse ribaltarsi e rompersi l’osso del collo
venne sorretto, qualche gradino più in basso, da un altro vampiro di statura
molto più piccola rispetto a lui. Era Alex. Demian si aggrappò alle sue
braccia, stringendo forte, il cuore che aveva preso a martellargli furioso nel
petto, il respiro che scivolava fuori attraverso i denti serrati, gli occhi
sbarrati a fissare il vuoto, il viso contratto dall’ansia e dallo spavento.
_Portalo nelle segrete._ Il biondo si rivolse con tono gentile alla sua
creatura, ma quella frase non poteva essere scambiata con nient’altro che un
ordine.
Il giovane vampiro annuì e si voltò, tenendo sopra una spalla il loro
prigioniero e scendendo tranquillo le scale, come se il suo peso non
significasse nulla per lui.
Demian continuò a lottare, più debolmente stavolta, fiaccato dallo spavento.
Aveva sentito l’aria gelida sferzargli il viso e niente a cui potersi
aggrappare. In quella situazione poteva solo cadere o volare. E nelle sue
condizioni di misero umano la prima era l’unica fine che gli fosse concessa.
_Lasciami! Lasciami, lasciami!_ continuava a ripetere, senza venire
minimamente ascoltato.
Afferrò tra le dita i capelli color nocciola dell’altro e iniziò a tirare.
Strappò vari ciuffi ma l’altro non diede segno nemmeno di accorgersene.
Arrivati in fondo alle scale attraversarono un corridoio, varcarono una porta
fatta di legno e sbarre di ferro, e arrivarono fatalmente nelle prigioni. Il
vampiro camminò lentamente, passando di fronte alle varie celle, fermandosi
davanti l’ultima che incontrò; i cancelli arrugginiti vennero aperti e Demian
fu scagliato al suo interno. Batté la testa per terra, così forte che la vista
gli si annebbiò. Il dolore divenne luce accecante sotto le palpebre chiuse,
mettendo in secondo piano qualsiasi altra cosa. Il grosso cancello venne
richiuso con decisione e il cigolio sinistro che produsse sembrò un infinito,
stridente lamento. Si rimise in piedi, lanciandosi contro le sbarre di ferro
freddo. _Apri! Apri immediatamente!! Mi senti moccioso?!_ gli urlò contro
pieno d’ira.
Il vampiro, che stava già tornando indietro, si bloccò e si voltò per
guardarlo. Lo sguardo vitreo sembrò non fissarsi su di lui ma su un punto
lontano, indefinibile, oltrepassare la sua anima e condannarlo.
No, con lui non sarebbe riuscito a ragionare. Non sapeva se fosse più incline
alla pietà quel ragazzino che sembrava privo di intelletto e volontà o Melìt,
servo di una crudele follia.
Sì guardò attorno. Quel luogo era sudicio e freddo. Goggioline d’acqua
trasudavano dal soffitto fatto di assi di legno e pietra. Ad un angolo c’era
della paglia, i cui fili dorati erano sparsi un po’ ovunque. C’erano dei
sacchi di stoffa e di plastica per terra, polvere e pietre bianche; la stanza
ne era piena. Attaccati al muro vi erano anelli e catene. Non vi erano
finestre in quella prigione, né qualsiasi altra fonte di luce se non quella
che proveniva dalle torce, nella direzione delle scale. C’erano solo lui, la
sporcizia, mosche fastidiose ovunque e quell’indistinto materiale lattiginoso.
Sentì dei passi. Qualcuno stava scendendo le scale. Si allontano allora di
qualche passo dalle sbarre, pronto a lottare. Era Melìt. Adesso indossava una
lunga tunica di velluto scuro e un mantello nero che strusciava per terra ad
ogni suo passo. Il vampiro sorrise poco rassicurante, avvicinandosi alle
sbarre.
_Ti piace il tuo alloggio?_ chiese non curandosi di velare il sarcasmo della
domanda.
_Oh, è meraviglioso, ma non ci resterò per molto. Pretendo di essere
liberato!_ disse Demian deciso, stringendo i pugni.
Melìt allargò il suo sorriso, che divenne ferino.
_Temo che non verrai accontentato. Visto che ti piace così tanto la tua nuova
sistemazione perché andarsene così alla svelta.
Demian a quel punto afferrò una di quelle pietre bianche e la lanciò con
rabbia contro il vampiro.
_Piantala con le cazzate e tirami fuori di qui!!_ gli gridò il ragazzo
sbattendo i piedi per terra, senza però osare muoversi di un passo_ Che cosa
vuoi da me?! Vuoi uccidermi?! Torturarmi? O è per fare dispetto ad Andrea?!
Non mi interessa, voglio che mi tiri fuori da qui, è chiaro?! C’è… c’è una
puzza terribile…!_ notò Demian sentendo che la testa iniziava a pulsare e il
respiro a mancargli. L’aria lì era putrida, pesante, soffocante.
Melìt mosse qualche passo lateralmente, accarezzando mesto le sbarre della
prigione, guardando il giovane con sguardo malizioso e un ghigno malefico
steso sulle labbra.
_Sarà divertente passare qui tanto tempo, vedrai. Tra le ossa e le ceneri di
chi ti ha preceduto.
Dopo qualche secondo di incomprensione Demian schiuse le labbra. Il suo viso
divenne lentamente pallido e la sua espressione irata una maschera di terrore.
La voce aveva deciso di non uscirgli più dalla gola.
_... c… cosa…?_ chiese in un sibilo, non osando muoversi, non osando nemmeno
spostare gli occhi dalla figura divertita del vampiro.
_Sì, almeno non sarai solo, no? Fai amicizia con i cadaveri delle mie
vittime._ detto questo Melìt si chinò e introducendo un braccio oltre le
sbarre infilò una mano in uno dei tanti sacchi che vi giacevano. Nn appena lo
aprì una grossa quantità di mosche ne fuoriuscì, infastidendolo. Con sommo
terrore di Demian il biondo vampiro estrasse velocemente dal sacco un braccio
umano tagliato fino al gomito.
Il rossino lanciò un grido acuto, indietreggiando velocemente contro la parete
di fondo. Non sapeva dove mettere le mani, tenne le braccia tese lungo i
fianchi. Il suo corpo venne scosso dai fremiti, i suoi occhi sbarrati non
potevano staccarsi dalla scena che si era presentata a lui così
improvvisamente. Si portò il dorso della mano sulla bocca, le dita piegate che
non riuscivano a fermare i propri tremori, lo stomaco che iniziava a dolere
per le contrazioni muscolari.
Il vampiro biondo proruppe in una gustosa risata che gli fece riversare la
testa all’indietro. Del sangue colava dal livido pezzo di carne nella sua
mano. Lanciò l’arto con decisione, colpendo Demian al petto e il ragazzino non
poté che urlare e scostarsi maldestramente, inciampando su quello stesso
elemento di orrore. Rimase prono a terra, al centro della cella, le braccia
strette sullo stomaco e la fronte sulle gelide pietre della pavimentazione.
Tremava convulsamente. Quell’odore fetido era odore di morte, di carne in
putrefazione. La sua gola venne inondata dal disgusto che gli saliva dallo
stomaco dolorante e allora vomitò senza nemmeno pensare di trattenersi.
Rigettò fino all’ultima goccia di ripugnanza, senza muoversi, sporcandosi il
viso, e tutto il rigurgito del suo orrore si mescolò alle sue lacrime.
La risata di Melìt si alternò ai suoi conati e lentamente essa si affievolì,
segno che il vampiro si stava allontanando.
Demian si tirò su lentamente, coprendosi la bocca. La consapevolezza di
trovarsi in un mattatoio, circondato da sacchi pieni di resti umani e ossa lo
colpì con violenza, strappandogli altri rigurgiti incontrollati.
Quando si riprese anche dagli ultimi conati, si sforzò di rimettersi in piedi
camminando, senza osar posare lo sguardo da nessuna parte, verso le sbarre
della prigione. Strinse forte quelle aste di ferro tra le dita, per non
perdere il senno, per usarle come l’unica ancora in quel mare di ripugnanza e
paura. Si lasciò cadere a terra e sentì con precisione la sua guancia sfregare
contro le sbarre; si voltò e si appoggiò con le spalle alle aste fredde, con
le ginocchia al petto e la faccia coperta dalle braccia, con solo gli occhi
scoperti per indagare, seppur con ribrezzo, quella prigione in cui gli
sembrava quasi di sentire le grida disperate di chi vi aveva trovato la morte.
Notò sangue scuro incrostato un po’ ovunque che prima non aveva riconosciuto,
scambiandolo per fango. Si coprì improvvisamente anche gli occhi, immergendosi
nel rassicurante nido delle sue braccia, non potendo far nulla per bloccare i
tremori, martoriandosi le labbra con i denti, aspettando la liberazione o la
morte.
Le torce delle scale si spensero e lui rimase nel buio più assoluto. Sospirò
rumorosamente e il suo ansito vibrò. Non riusciva a vedere niente, ma era
meglio così. Non voleva vedere, non voleva più sentire quel fetido odore, non
voleva nemmeno pensare a dove si trovava. Il solo pensiero di ciò che lo
circondava lo inondava di nausea e gelo. Si sentì male, come quando si ha la
febbre, e aveva freddo, tanto freddo. Sentiva il corpo gelato e le tempie gli
pulsavano forte, promettendo di non calmarsi tanto presto.
Pensò ad Andrea.
Nessuna luna poteva illuminare quella angusta, squallida e maleodorante cella,
nessuna stella poteva fargli compagnia, proteggendolo dagli orrori in cui si
trovava letteralmente immerso.
Oh stelle, amate stelle, possibile che non possiate raggiungermi ora?
Pensò. E pensò anche che avrebbe voluto trovarsi nella stanza di Andrea in
quel momento, fra le sue lenzuola, fra le sue braccia, lontano da ogni timore
e ricoperto solo dal suo desiderio e dal suo amore.
Amore…
Perché amore? Che gli era saltato in mente? Come poteva un vampiro amarlo
nella maniera in cui un essere umano intende l’amore? Poteva provare, una
creatura del genere, quel tipo di sentimento per un ragazzino come lui?
Questo lui non lo sapeva, però sapeva che il modo in cui egli lo trattava gli
piaceva. E come se gli piaceva.
Si aggrappò alle sbarre, come riscossosi improvvisamente. Non appena aveva
smesso di seguire il pensiero dell’immortale, era piombato di nuovo tra le
gelide braccia della paura. Scoppiò in lacrime, tendendo ogni muscolo del
corpo, facendosi male talmente era intensa la stretta che aveva imposto a
quelle sbarre. Aveva paura che presto avrebbe ascoltato voci tetre di fantasmi
inquieti, di venire toccato da qualcosa di viscido, di vedere uno spettro che
lo avrebbe fatto morire di paura.
Andrea. Andrea non era lì, non poteva proteggerlo, non poteva abbracciarlo e
baciarlo, o rassicurarlo. Forse non sapeva nemmeno dov’era e non l’avrebbe mai
più ritrovato. Il solo pensiero lo fece tremare. Non poteva restare lì, chissà
cosa gli avrebbero fatto, cosa avrebbe passato… anche solo restare in quella
cella era la peggiore delle torture! Andrea poteva leggergli nella mente anche
se era molto distante da lui? Provò a rilassarsi, a svuotare la mente. Lo
cercava, cercava quel fastidioso fischio che avvertiva tutte le volte che
l’altro provava a scrutargli nella testa.
_Non può leggerti, siamo troppo lontani da lui.
Il rossino sussultò gemendo rumorosamente e si scostò dalle sbarre scattando.
Urtò qualcosa con il piede e senza prima accertarsi di cosa fosse, lanciò un
breve grido e si tappò le orecchie con le mani.
_Dio, Dio, Dio, Dio…_ ripeté in una bassa cantilena.
_Qui non c’è nessun Dio che possa aiutarti, Demian.
_Chi sei?! Chi sei?!!_ chiese il rosso come impazzito, sgranando gli occhi e
dirugginendo i denti.
Una luce improvvisa lo investì in pieno viso e lui strizzò forte gli occhi. Li
riaprì appena e vide la sagoma di una persona con in mano una torcia
elettrica.
_Mh, decisamente meglio. Non mi sono mai piaciute quelle fiaccole da vampiro
medievale!
La voce di quell’uomo era vivace, piacevole addirittura.
_... chi sei?_ ripeté il rossino.
_Mi chiamo Nicola. Puoi chiamarmi Nicki.
_Sei… un vampiro?_ chiese con voce incerta e stanca.
_No.
_Non dire stronzate, mi hai letto nella mente poco fa!
_Oh, sei lucido allora, bene.
_Rispondimi!_ insisté Demian avvicinandosi di più verso la fonte di luce,
barcollando.
_Sei coraggioso. Proprio come quel giorno.
_Di cosa stai parlando? Tirami fuori di qui! Sei complice di quel lurido
essere?
_Non ricordi al Mc? Non hai esitato un attimo a lanciarti contro quel colosso,
per aiutare quella ragazzina.
Demian tentò di capirci qualcosa. Il Mc Donald’s… c’era andato con Diana. Sì,
e aveva fermato il tipaccio che l’aveva aggredita. O meglio lo aveva fermato…
Sgranò gli occhi, comprendendo. Il tipo davanti a lui sorrise mostrando i
denti e diresse il fascio di luce sul proprio volto. Quei capelli chiari,
quegli occhi azzurri, quel viso eternamente giovane… Era lui, il tipo che era
intervenuto per aiutarli quel giorno.
_Sei… sei quello lì!
_Beh, grazie della considerazione!_ esclamò egli sorridendo_ E’ l’alba adesso,
i vampiri cattivi sono ormai a fare la nanna. Sarà meglio che dia una ripulita
a questo postaccio. Un bambino come te non resisterà ancora per molto in
queste condizioni._ Demian indietreggiò spaventato quando l’altro si apprestò
ad aprire il pesante cancello. L’uomo entrò nella cella, facendoglisi di
fronte, serio, scrutandolo senza però ombra di malignità sul viso._ Sei più
basso di quel che sembrava. Sembri un normalissimo ragazzino. Sì, certo,
grazioso, ma non capisco perché gli interessi tanto…
_Parli di Melìt?
_Parlo di Andrea.
Demian si accigliò e strinse le labbra. Quel tipo non gli piaceva per niente.
Perché usava quel tono di sufficienza con lui?
_Sei umano vero?
_Ovviamente.
_Dove sono? Non siamo più a Roma vero?
_No, siamo in Inghilterra mio caro.
_In Inghilterra???_ esclamò il rossino allibito.
_Sì e precisamente a Londra.
_Oddio…
Demian chinò la testa e socchiuse gli occhi. Le ginocchia gli cedettero. Il
ragazzo dai capelli dorati lo sorresse, stringendolo al suo petto quando cadde
contro di lui.
_Ehi, ehi che combini?_ gli chiese sostenendolo.
Il rossino gemette.
_Non… sto…
_Forse è stato troppo. Non imparerà mai.
Cosa stava dicendo quel tizio?
Non gli importava ora, sentiva che doveva chiudere gli occhi, lasciarsi andare
e non svegliarsi più, mai più…
… finché Andrea non fosse venuto da lui.
Sapeva che era lì.
Dove altro poteva averlo portato se non nella sua amata Parigi? Malgrado ciò
non poteva averne la certezza. E se non era lì? E se si fosse già nutrito di
lui? Il pensiero gli fece provare una fitta nello stomaco. No, non poteva
andare a finire così. Non con lui! Conosceva la crudeltà di quel vampiro e
sapeva che avrebbe potuto torturarlo, fargli ogni male possibile per un essere
umano. Si sentì improvvisamente debole e stanco.
_No, non proprio adesso, non il mattino!
Con rabbia colpì un vaso scaraventandolo per terra e il rumore dei cocci rotti
lo riportò alla calma insieme al silenzio. Si diresse verso le scale che
conducevano ai sotterranei, le discese ed entrò nella sua tomba dorata. Chiuse
per bene la porta d’acciaio e con lentezza spostò il coperchio del suo feretro
diurno. Vi entrò dentro con indolenza e vi si stese, osservando la luce
intensa e bianca del lampadario sopra di lui prima di chiudersi nel buio più
totale. Sapeva che ormai il sole aveva già iniziato il suo viaggio presso la
sommità del cielo. I suoi sensi si indebolirono e la sonnolenza s’impadronì di
lui. In quel lungo istante prima che il sonno soverchiante lo sopraffacesse
pensò ai suoi occhi di bosco e al suo viso di ragazzino; e si ritrovò a
pregare qualcosa di molto simile a un Dio, affinché non gli accadesse nulla di
male prima che lui fosse arrivato per proteggerlo.
Una goccia d’acqua gelata gli cadde sulla palpebra sinistra.
Si svegliò di soprassalto e una seconda grossa goccia gli finì sul collo,
strappandogli un profondo sospiro. Si mise a sedere. Si trovava nella stessa
cella ma essa era stata ripulita a dovere. I sacchi, la sporcizia e le ossa
non c’erano più e nemmeno le tracce di sangue rappreso e secco. Quello
rimaneva sempre un luogo d’orrore, ma almeno adesso non gli dava più la nausea
iniziale e si sentiva decisamente meglio di… quanto tempo era passato? E chi
era stato a…
_Sei sveglio? Non farmi più prendere simili spaventi. Se ci lasci le penne
Melìt sarà di cattivo umore! E credimi, di solito non gli serve molto per
esserlo. Non credo che voglia ucciderti… non così presto almeno.
Era stato quel Nicola a parlare. Si trovava oltre le sbarre, con una torcia in
una mano e un cestino nell’altra.
_Stai tentando di spaventarmi?_ chiese Demian indispettito. Si accorse di
avere una coperta addosso; rivolse di nuovo lo sguardo verso il suo
interlocutore_ Sei stato tu?
_Vedi qualcun altro?
_Non ti aspettare ringraziamenti, mi stai tenendo prigioniero anche tu. Stai
solo cercando di rendere più sopportabile il mio “soggiorno” qui. Fai gli
interessi di quel vampiro mentre fa il suo sonnellino diurno, no?
_Che lingua tagliente moscerino! Non agitarti tanto, probabile che tu debba
restare qui per molto e non so quanto il mio signore sarà gentile con te.
Forse dovresti trattare con più rispetto quello che tenterà di alleviarti le
sofferenze._ Demian non rispose. Un senso opprimente d’angoscia lo assalì,
spegnendo in lui qualsiasi entusiasmo o moto di ribellione. Era prigioniero e
con il calare del sole sicuramente gli sarebbe stato fatto del male. Abbassò
gli occhi e il suo sguardo accigliato divenne preoccupato. Nicola sospirò
rumorosamente; aprì il cancello facendo risuonare lo stridere dell’acciaio
arrugginito su per la tromba delle scale. Entrò nella cella, rischiarata dalle
fiaccole lontane e dalla sua torcia; si avvicinò al prigioniero seduto sulla
paglia. Demian alzò la testa per guardarlo, le sopracciglia aggrottate in uno
sguardo aggressivo. Combattivo come sempre. Il ragazzo dai capelli
arancio-dorati poggiò davanti a lui il cestino che teneva in mano._ Non
guardarlo come se dentro ci fosse qualcosa pronto a morderti. C’è del cibo,
mangia.
_Non lo voglio.
Nicki incrociò le braccia sul petto e spostò tutto il peso del suo corpo sulla
gamba sinistra, per far battere a terra la pianta del piede destro,
lentamente.
Demian lo guardò in tralice. Quel tipo indossava jeans logori e una
semplicissima maglia bianca. Appariva un po’ trasandato eppure un profumo
seducente proveniva da lui: la fragranza intensa e prettamente maschile di un
dopobarba costoso. Gli venne da sorridere di scherno ma non lo fece.
_Dovresti approfittarne finché puoi moccioso._ Il tipo si chinò avvicinando il
viso a quello del rossino, che si scostò._ Mangia._ disse con nonchalance e
con mano veloce gli scompigliò i capelli.
Demian sobbalzò all’indietro guardandolo in cagnesco. L’altro gli sorrise e
uscì dalla cella risalendo le scale, ma lasciò le torce accese e Demian gliene
fu grato. Sarebbe impazzito se fosse rimasto di nuovo nel buio che aveva
sperimentato la notte prima. Raccolse le gambe contro il petto, stringendosi
nelle spalle e poggiò la guancia sulle ginocchia; chiuse gli occhi.
Rabbrividì. Quella cella orrenda probabilmente era piena di anime dannate che
mai avrebbero raggiunto il cielo.
Mugolò e si maledisse per i pensieri poco rassicuranti che gli venivano in
mente in occasioni come quelle.
_Su Demian, le hai passate tutte, non lasciarti andare adesso._ si disse ad
alta voce, per non perdere la testa e per infondersi coraggio.
Si alzò lentamente da terra e si guardò attorno. Stava decisamente meglio
adesso. Se non respirava con il naso poteva persino dimenticare il fetido
odore della decomposizione che ancora aleggiava in tutta la cella. Si avvicinò
al cancello e iniziò a scuoterlo con forza. Niente, in quel modo faceva solo
un sacco di chiasso ma non si sarebbe mai liberato. Mosse qualche passo nella
prigione, senza sapere cosa fare e il suo sguardo si posò di nuovo sul
cancello; si avvicinò ad esso e toccò la serratura con la punta delle dita.
Velocemente si avvicinò al cestino che quell’uomo gli aveva portato e dal suo
interno estrasse un coltello. Un pensiero pericoloso si fece strada in lui.
Repentinamente tornò di fronte al cancello e infilò la lama nella toppa che
avrebbe potuto significare la sua libertà. Iniziò a muovere il coltello dal
basso verso l’alto, cercando di non produrre rumori sospetti, anche se era
pressoché impossibile, quel metallo non faceva che stridere al minimo
movimento. Maledisse la ruggine e spinse la lama più a fondo. Spazientito e
desideroso di uscire da quella cella mosse scompostamente il coltello, senza
ragionare, usando tutta la sua forza. Lanciò uno sguardo fuori, assicurandosi
che quel tipo non tornasse e iniziò a provare tutte le combinazioni possibili
per poter far scattare la serratura. Gli vennero in mente scene di film in cui
bambini aprivano porte utilizzando forcine. Ringhiò con rabbia e utilizzò
tutta la violenza di cui era capace, facendo più rumore di quanto avesse
previsto. Il clangore della lama del coltello che affrontava il cancello gli
riempì le orecchie, impedendogli di udire qualunque altro suono. Preso com’era
dalle sue visioni di libertà prestò poca attenzione al suo operato e la lama
sfuggì al suo controllo.
_Ahia!!_ gemette ritirando le mani.
Lasciò cadere il coltello a terra e si guardò la mano sinistra. Per poco non
si mozzava un dito. Il sangue scuro iniziò a sgorgare copioso, tanto da
produrre lo stesso suono dell’acqua mentre abbondante gocciolava a terra.
Sferrò un calcio contro la parete, rabbioso, facendosi male ad un piede; più
male del previsto, tanto che dovette chinarsi per tenerselo tra le mani. Due
lacrime indignate indugiarono tra le sue palpebre strette, rifiutandosi di
cadere. Sentì dei passi. Scattò all’indietro, rimanendo immobile, incapace
persino di pensare. Cosa gli avrebbe fatto?
Il volto dorato di quell’uomo comparve oltre le pietre del muro e assunse una
strana espressione dopo averlo visto.
Demian avvicinò le sopracciglia l’una all’altra e strinse i pugni, pronto alla
lotta. Gemette ancora, perché non poteva muovere il dito medio senza provare
un dolore lancinante.
L’uomo oltre le sbarre sbuffò e si grattò la testa. Posò a terra la torcia
elettrica che portava sempre con sé in quell’antro buio e si apprestò ad
entrare.
Il rossino indietreggiò. No, non si sarebbe lasciato sopraffare ancora,
avrebbe lottato.
Quando lo vide arretrare Nicola di fermò, osservandolo con attenzione. Poi
posò lo sguardo sul coltello che giaceva tristemente a terra.
_Hai combinato un bel disastro. Melìt lo scoprirà e per te non sarà piacevole.
Cazzo, non ti si può lasciare solo per cinque minuti che tenti di ammazzarti!
_Ovviamente non stavo tentando di uccidermi! Ti avverto, se osi avvicinarti
ancora non rispondo più di me.
Nicola, dopo un istante che gli servì per assimilare il concetto proprio di
quelle parole, si mise a ridere di gusto e la sua voce frizzante risuonò per
tutte le mura delle segrete.
_Sei un coniglietto nella tana del lupo eppure hai coraggioso. Ti ammiro.
Tutti gli altri non fanno che frignare e implorare la liberazione.
_Ti rendi conto di quel che stai dicendo?! Stai parlando di vite umane!_
esclamò il rossino, i muscoli del volto tesi nel tentativo di non mostrare il
dolore che quella ferita gli stava facendo provare.
Il bruno fece un paio di passi in avanti, dopodiché si sedette a terra con la
schiena contro il muro. Tenne gli occhi chiusi per qualche secondo, come
meditando su ciò che stava per dire, poi girò la testa per guardare l’altro.
_Vuoi dirmi che t’importa qualcosa di loro? Delle loro vite? Ora che sei tu
stesso in una situazione pericolosa? Gli esseri umani sono così ipocriti.
_Non sei tu stesso un essere umano?_ chiese il rossino in una domanda
retorica.
L’altro socchiuse gli occhi, che divennero taglienti come lame in un giorno di
battaglia.
_Per quanto io abbia pregato, per quanto io abbia supplicato affinché fossi
liberato da questa mia patetica, inutile condizione, le mie richieste, le mie
grida, nulla è valso a smuoverlo._ disse il ragazzo, iniziando un discorso che
Demian non riusciva a capire.
_Di cosa stai parlando?_ gli chiese il giovane corrugando la fronte_ Non sei
riuscito a smuovere chi?_ Il volto di Demian si stese improvvisamente, come se
avesse scorto un segreto d’eternità._ Vuoi che lui ti trasformi non è così?!
Vuoi che ti faccia diventare un vampiro!_ proferì spalancando i luminosi occhi
verdi.
Nicola sorrise, un sorriso triste e compassionevole.
_Non puoi capire, vero? Come potresti. Sei solo un ragazzino nel pieno
dell’adolescenza, cosa vuoi saperne di amore e di eternità?_ Demian rimase in
silenzio, attendendo che l’altro continuasse._ Lo amo. Capisci? Lo amo più
della vita stessa, più di tutto ciò che abbia potuto amare mai. Lo amo e il
pensiero di essere così piccolo rispetto a lui, così inadeguato e vulnerabile,
un peso…!_ L’uomo strinse gli occhi insieme ai pugni, conficcandosi quasi le
unghie nelle mani._ Lo perderò un giorno. E se non sarà a causa della mia
morte sarà per quella del suo affetto per me.
_Come… come puoi provare… a…
_AMORE!_ Quella parola tuonò tra le pietre come una minaccia._ Tsk, sciocco
moccioso!_ disse con rabbia_ Vivi con quell’immortale perché ne sei
affascinato. Perché ti attrae, perché ti eccita! Sei la sua puttanella, vero?
Lo tieni legato a te con il sangue o con quei tuoi occhioni?_ Scosse la
testa._ Non giudicarmi mai. Non tu.
Demian digrignò i denti e si gettò con rabbia sull’altro, afferrandolo per il
bavero del cappotto che indossava.
_Come osi?! Mi conosci forse? Sei tu che non devi giudicare me! Io non tengo
legato nessuno, né con il mio sangue né con altro. Se sto con lui c’è una
ragione. E ce l’ha sicuramente anche lui. E quella ragione non è una mia
voluta seduzione, è chiaro?!
Le parole uscivano dalle sue labbra incisive e sicure, come raramente gli era
capitato. La stizza aveva accesso le sue corde vocali di un fuoco di polvere
da sparo. I suoi occhi guardavano l’altro con odio.
Nicki lo guardò fisso negli occhi, sorpreso da tanta veemenza. Schiuse le
labbra stupito quando l’altro gemette improvvisamente e lo lasciò andare,
indietreggiando. Lo vide tenersi la mano sinistra e un’espressione di dolore
stanziarsi sul suo viso. Si sporse e prese il tovagliolo che si trovava nel
cestino che aveva portato al ragazzo. Ne strappò un lembo e tese una mano
verso il rossino.
_Vieni, non puoi rimanere così. Il sangue è un tabù qua dentro.
Il ragazzo, dopo qualche secondo di esitazione, si diresse verso l’altro e
s’inginocchiò di fronte a lui, porgendogli il dito ferito. Nicola gli fasciò
la ferita e strinse forte il nodo. Il rossino guardò la fasciatura sul proprio
dito e socchiuse gli occhi.
_Perchè sai leggere nella mente?
L’altro non parlò subito, interdetto da quell’improvviso cambiamento di
discorso.
_Succede quando bevi in parecchie dosi il sangue vampiresco.
Demian corrugò la fronte, guardandolo sconcertato.
_Fammi capire, tu… bevi sangue vampiresco? Bevi sangue!? Come uno di loro?
Nicki sospirò e poggiò la testa al muro, distogliendo lo sguardo dai suoi
occhi indagatori.
_In questo modo posso essere legato a lui. In forma diversa da una vera
trasformazione, ma è quello che lui ha deciso di concedermi._ La sua voce
s’incrinò sulle ultime parole, a causa della forte emozione provata parlando
di quell’argomento._ Mi tocca, mi lascia bere da lui, beve da me… ma il suo
amore non fa che lambirmi senza mai appartenermi. Non mi concede mai ciò che
voglio. Sapessi quante volte l’ho tentato; quante volte mi sono quasi ucciso
per ubriacarlo del mio sangue, ma non mi ha mai voluto rendere come lui._
Poggiò la fronte sul palmo della mano, chiudendo gli occhi. Sul suo viso passò
l’amore che sentiva e Demian lo riconobbe pur non avendolo mai provato. Voleva
dire questo amare qualcuno? Rischiare la vita, eclissare se stessi? Vide
quell’uomo che sembrava indistruttibile, crollare sotto l’oppressione di un
sentimento. Il giovane riaprì gli occhi; le sue ciglia ombrarono gli zigomi
alti, la densità del suo sguardo aveva dato una certa serietà alla sua
espressione. Il rossino non gliel’aveva mai vista in viso e se ne stupì.
Corrucciò lo sguardo e lo osservò sfacciatamente. Come se avvertisse la
pressione dello sguardo dell’altro, Nicola voltò la testa nella sua direzione
e si alzò._ Mangia finché puoi._ Poi si chinò e raccolse il coltello ancora
sporco di sangue e tornò a guardare Demian sorridendo._ Dovrai rinunciare alla
comodità delle posate.
_Non mangerò.
Nichi rispose estraendo dalla cesta una forchetta.
_Fossi in te ci ripenserei.
Detto questo uscì dalla cella, non prima di aver strizzato l’occhio in
direzione del rossino, come a suggellare un segreto.
La debole luce di una o due torce lontane gli colorava d’arancio le guance.
Rannicchiato sulla paglia aveva affondato il viso in essa, per inalarne il
profumo e dimenticare il tanfo di morte che il detersivo utilizzato da Nicola
non riusciva a coprire. Aprì appena gli occhi ed osservò le sbarre in
controluce che si stagliavano sull’altro lato della prigione. Tirò
maggiormente le ginocchia al petto e si strinse nelle braccia, rabbrividendo.
Lì dentro era così freddo che le mani avevano perso sensibilità. Chiuse ancora
le palpebre, tentando di estraniarsi a tutto, alla situazione e a quel luogo.
Non riusciva a dormire nonostante la stanchezza; i suoi bioritmi erano stati
scombussolati da quando Andrea era entrato nella sua vita.
In quel buio freddo pensò a lui.
In quel momento stava sicuramente dormendo nella sua bara di legno e oro,
probabilmente in pensiero per lui. Il brontolio poco delicato del suo stomaco
lo fece infuriare. Detestava essere così debole in certe situazioni. Non
avrebbe mangiato mai, sarebbe morto di fame piuttosto! Nonostante fosse
giorno, lì dentro il trascorrere del tempo aveva poca importanza. Era sempre
notte.
Sbadigliò e allora fu come se avesse finalmente aperto la porta al sonno che
bussava. Sentì gli occhi umidi e il suo respiro si fece lentamente regolare,
cullandolo.
Il suo sonno non fu disturbato, stranamente, da alcun sogno o incubo che
fosse. Però esso non lo fece riposare affatto e quando riaprì gli occhi lì
sentì bruciare, pesanti come palline da biliardo. Sentì immediatamente un
profumo caldo ed invitante di carne e di fritto. Si drizzò a sedere; davanti a
lui c’era un piatto con sopra una fetta di carne e un uovo fritto. Deglutì.
Quel profumo aveva inevitabilmente stuzzicato la sua fame. Distolse lo sguardo
e serrò le labbra. Non doveva lasciarsi vincere. Tornò a posare gli occhi su
quel piatto tentatore e senza pensare si passò la lingua sulle labbra.
Gattonando si avvicinò a quel cibo e vi si tuffò. Mangiò con le mani e più
ingoiava i bocconi più sentiva i morsi della fame. Ingurgitò tutto, masticando
a malapena, le mani ormai unte di olio. Una risatina lo fece bloccare.
_Avevi davvero fame!_ constatò Nicki continuando a sorridere, le braccia
incrociate sul petto, la schiena appoggiata alle sbarre; non l’aveva neanche
sentito entrare. Demian non rispose. Tentò di pulirsi la bocca con il dorso
della mano, peggiorando la situazione. La sua bocca era oleosa e colorata di
un rosso sfumato e una gocciolina d’olio scendeva fino sotto il mento. Nicola
gli si avvicinò e dopo essersi chinato con il pollice pulì quella scia
indecorosa con un gesto sicuro e divertito. Il carceriere si stupì per un
istante di come quegli occhi dalle pupille grandi e assonnate lo guardassero
fisse, e di come i suoi occhi fossero grandi e profondi. Riuscì a capire
perché un vampiro millenario potesse provare un’attrazione irresistibile verso
quel giovane mortale: la spiegazione era nella sua bellezza, difficile da
definire. Aveva lineamenti giovani, delicati e spigolosi, da ragazzino, eppure
le sue guance apparivano straordinariamente morbide e vellutate; i suoi occhi
sembravano spalancarsi innocenti e vergini al mondo, come la bella di notte
d’estate, pronta ad irradiare la sua purezza, la sua beltà, traendo sguardi di
ammirazione dal mondo; quelle labbra carnose erano voluttuose oltre ogni dire,
avrebbero potuto competere con quelle di una donna. Bello, indubbiamente, di
una bellezza eterea ma umana. Nulla, comunque, in confronto al fascino che
possedeva un vampiro, nulla in confronto alla bellezza radiosa e cupa di Melìt._
C’è ancora il cibo di stamane nel cesto. Se vuoi..._ Demian guardò in
direzione del cestino che gli era stato portato poche ore prima. Lo afferrò
bruscamente e ne estrasse la fetta di carne che addentò con lissa._ Urca, eri
davvero affamato!
_Non posso fare nulla a stomaco vuoto. E non ho tempo da perdere!_ biascicò il
ragazzo con la bocca piena.
Nicki si raddrizzò e lo guardò dall’alto, divertito. D’improvviso un pensiero
curioso gli passò per la mente.
_Hai qualche bisogno impellente da sbrigare?
Demian si fermò dal suo divorare e guardò l’altro senza capire.
_Che?
Nicki alzò gli occhi al cielo dopodiché si spiegò.
_Devi pisciare?
Il rossino sgranò gli occhi e imbronciò la bocca.
_No._ rispose secco.
Quel tipo di linguaggio lo aveva sempre infastidito.
_Non puoi trattenerla per sempre.
Il tipo si chinò e lo afferrò per un gomito, tirandolo su di peso.
_Ehi, che fai?!_ L’altro non rispose, si limitò a trascinarlo fuori dalla
cella. Venne condotto in una piccola stanza di pietra, che a dispetto
dell’aspetto arcaico, conteneva i sanitari principali. Nicola spinse Demian in
avanti, di fronte al water e Demian si voltò lanciandogli uno sguardo
tagliente._ Che cazzo vuoi??
_Avanti, fai pure con comodo.
Il rossino strinse i pugni e le sue guance si colorirono un poco.
_E dovrei farla mentre sei lì che mi guardi?!
_Mi credi così ingenuo da lasciarti solo anche solo per un istante? Sei un
diavoletto, saresti capace di distruggere il bagno pur di trovare un buco dal
qual squagliartela.
_Non la farò davanti a te!_ ribadì Demian con decisione.
_Allora dovrai trattenerla o fartela addosso.
Il più giovane digrignò i denti e incrociò le braccia, voltando la testa.
Passò qualche minuto e Demian strinse un po’ le gambe tra loro. Quando ci
viene ricordato qualcosa alla quale fino a poco prima non pensavamo affatto,
da quel momento non possiamo far altro che fissarci solo su quello.
Il rossino socchiuse le palpebre e avvicinò l’una all’altra le sopracciglia.
Si morse il labbro inferiore.
Nicki lo fissò, dopodiché si voltò ed uscì dalla stanza. Gli parlò da fuori.
_Sbrigati.
Demian si aprì frettolosamente la cerniera dei jeans e si liberò con un fioco
sospiro.
Da fuori, dato che c’era la porta aperta, Nicola ascoltò il rumore di quella
sua liberazione e ne sorrise. Poco dopo Demian lo raggiunse e si fermò al di
lui fianco, senza guardarlo. Nicola lo afferrò gentile per un braccio e lo
ricondusse nella sua prigione.
A passo deciso percorreva i corridoi del castello. Aveva lasciato il
prigioniero solo nella sua cella, dopo averlo visto avvolgersi nella coperta
di feltro che gli aveva dato. Che cosa aveva in mente di fargli, Melìt? Non
sarebbe stato felice di una sua eventuale morte. Quel ragazzo in un certo
senso gli piaceva, era troppo giovane e innocente per subire le torture per
cui il biondo vampiro era famoso tra i non morti. Salì una rampa di scale,
ascoltando l’ipnotico rumore prodotto dai suoi stivaletti col tacco squadrato.
Il sole stava calando e lo sapeva perché teneva sotto controllo il suo
orologio da polso, non per la visione del sole morente. Quel castello era
solitamente buio e il sole non vi penetrava che in rare occasioni, nelle poche
stanze che raramente erano spalancate al cielo. Come ogni volta il suo cuore
aumentò leggermente i battiti.
Il suo signore stava per risvegliarsi.
Entrò nell’ala riservata esclusivamente al suo padrone, dove solo lui e Nicki
potevano aggirarsi e dove nemmeno al neonato Alex era permesso entrare. Quel
lato del palazzo era riccamente decorato, a dispetto dell’austerità e
dell’essenzialità di tutto il complesso: i muri erano laccati d’oro e quadri
dalle vistose cornici barocche vi riposavano silenziosi e stranamente
inquietanti; ve n’erano del Rinascimento, del Seicento e del Romanticismo:
Andrea Mantegna, Michelangelo Buonarroti, Sandro Botticelli, Correggio,
Caravaggio, Artemisia Gentileschi, Théodore Géricault, sembravano essersi
riuniti, un giorno, e aver deciso di dare ognuno il proprio contributo per
rendere quelle pareti un tesoro inestimabile. Nicola non aveva mai apprezzato
l’arte. Non aveva ricevuto un’educazione tale da riuscire a provare commozione
di fronte a un dipinto. A volte si soffermava a guardarli, i santi tristi del
Mantegna e i sorrisi beffardi dei personaggi di Michelangelo Merisi, e sempre
provava una certa antipatia per quei volti fermi e belli, per quegli angeli
che lo guardavano come se conoscessero ogni segreto nascosto nel suo cuore.
Allora lui voltava la testa seccato e continuava a camminare. Odiava pensare
che l’arte conoscesse più di quanto lui avrebbe mai conosciuto.
Arrivò di fronte alla porta dai pomelli ridenti, d’oro e dalla forma a
mezzaluna. Vi posò sopra le mani, con fare solenne, e le storse, facendo
divenire il loro ghigno una smorfia di tristezza ed entrò. Si diresse verso le
enormi finestre laterali ed aprì con decisione le lunghe e pesanti tende di
broccato rosso; le loro pieghe erano calde e rassicuranti. Con calma aprì
anche le moderne imposte di ferro che mal si addicevano a un ambiente tanto
elegante e sfarzoso, ma che erano necessarie. La luce della luna illuminò la
stanza senza angoli, che brillò tutta di una fioca luce azzurrina. L’ampio
letto rotondo presentava una protuberanza proprio al centro, fatta di coperte
e stoffe goffamente avviluppate. Niki si avvicinò al bordo del letto e osservò
silenzioso l’uomo che vi giaceva, sotto tutte quelle coperte. Il suo viso
perlaceo affondava nei morbidi cuscini di piume, i suoi capelli sparsi
rilucevano come se fossero esposti al sole di mezzogiorno, brillando come fili
d’oro; una mano spuntava dalle lenzuola, ornata di unghie brillanti come
piccoli cristalli. Le palpebre chiuse davano un’aria tranquilla a quel volto
austero; le sopracciglia sempre tese, le labbra sempre serrate, anche in quel
sonno profondo.
Lo guardò e schiuse le labbra, desideroso di baciare le sue.
Le sue fantasticherie si bloccarono quando il vampiro aprì gli occhi di
scattò, come se avesse solo finto di dormire. Egli si mise a sedere senza
guardarlo; si alzò e Nicola si affrettò a raggiungerlo e ad aiutarlo ad
infilare una vestaglia di seta blu. Il vampiro lanciò uno sguardo verso la
finestra. Senza scambiarsi una parola i due uscirono dalla stanza. Nicki
appena dietro di lui, camminava silenziosamente, guardandolo insistentemente.
Le sue spalle ampie, la schiena dritta, il profilo duro; poteva guardare la
piccola curva viola-trasparente dei suoi occhi, la luce che faceva rifulgere
la sua pelle gessata. Tanta ostentata eleganza e assoluta bellezza
appartenevano a un essere capace di qualunque mostruosità.
Uscirono da quell’ala, attraversarono alcuni corridoi, dopodiché il vampiro
posò le mani sulle due maniglie della grande porta arcuata che si trovò di
fronte; spalancando le braccia l’aprì. La stanza si accese subito della luce
di molte candele e un caminetto prese ad ardere. Gli angoli di ogni mobile, i
lati di ogni cornice, sembrano addolcirsi alla carezza di quella luce calda.
La stanza era un salone dove l’occhio si perdeva. In lontananza, in linea
retta all’entrata, c’era un seggio di grandi dimensioni, risalente
probabilmente al XVIII secolo, di evidente fattura barocca, in legno scolpito
e dorato; volute lo decoravano, attorcigliandosi una dopo l’altra. Lo
schienale era foderato di pelliccia di volpe rossa. Sulle lunghe pareti vi
erano altri quadri dalle cornici realizzate con lo stesso stile ridondante,
rigorosamente in oro, e gli angoli ospitavano statue di angeli dalle sembianze
di adolescenti nel pieno delle loro forze, dalle membra aggraziate, labbra
carnose e grandi occhi che sembravano davvero emanare luce. In alto, un
lampadario di Murano padroneggiava su tutta quella sontuosità e faceva da
prezioso ornamento ad una volta affrescata alla maniera tipica del Settecento
veneziano. Dietro il trono si apriva un magnifico affresco del Seicento.
L’opera rappresentava un uomo nel pieno della maturità, virilmente bello,
vigoroso, i cui muscoli denotavano forza, che ammantava un ragazzo dalle forme
esili e il viso da ragazza. Il giovane sfiorava i propri capelli ricoperti di
oro e perle, e a labbra chiuse sorrideva appena, gli occhi socchiusi,
imbarazzato e lusingato insieme. L’uomo lo guardava con dolcezza, ma il suo
sguardo non tradiva alcuna debolezza. La contestualizzazione della scena era
rinascimentale, come si deduceva dagli abiti che i due indossavano, e lo
sfondo scuro non permetteva di vedere altro se non i due personaggi e le
ricchezze di cui il più giovane veniva ricoperto. Solo le loro figure erano
illuminate di una luce tagliente, molto simile a quella che è presente nei
quadri del Caravaggio.
Melìt si mosse verso il seggio, facendo strusciare a terra la preziosa veste
di seta, producendo l’unico rumore che riempiva la sala, il fruscio della
stoffa sul pavimento di marmo rosa. Si sedette, poggiando gli avambracci sui
braccioli e appoggiandosi allo schienale; si accomodò muovendo le spalle.
Nicki si avvicinò, i suoi passi risuonarono nell’alta volta abitata dagli
angeli. Si fermò a qualche metro di distanza dal trono, s’inginocchiò a terra
con entrambe le ginocchia, abbassando la testa rispettosamente.
Melìt accavallò elegantemente le gambe e poggiò la guancia sul pugno destro,
il gomito puntato sul bracciolo del trono. Guardò il suo fedele con occhi
tranquilli, calmi, come se stesse pensando a un sogno che aveva fatto. Dopo un
tempo interminabilmente lungo si decise a parlare, utilizzando un tono privo
di emozione, calmo ma deciso.
_Ti sei preso cura del nostro ospite?
_Sì, mio signore… potete leggermi nella mente, se lo desiderate, sapete che
non opporrò la minima resistenza.
Melìt accavallò l’altra gamba, utilizzando l’altro braccio come appoggio.
_Sei sempre stato impeccabile e mi sei sempre stato fedele. Non ho alcun
motivo per profanarti.
_Mi onorate, signore.
Il biondo si alzò dal seggio e gli si avvicinò. Nicki poté solo sentire i suoi
passi, perché non alzò lo sguardo su di lui. Il vampiro posò delicatamente una
mano sulla sua testa, in segno di sottomissione ma anche di protezione.
Nicki fremette a quel contatto ed alzò lo sguardo, posandolo su quella mano
candida, che nel frattempo era scesa ad accarezzargli la guancia dolcemente.
L’afferrò senza veemenza e ci posò sopra le labbra, in un bacio di passione e
fedeltà. L’anello dalla pietra rossa del suo signore era duro sotto le sue
labbra, ma non freddo come la sua carne.
_Puoi farlo._ gli disse il vampiro dai capelli biondi con voce inespressiva.
Nicki allora sgranò gli occhi e si alzò di scatto, allacciandogli le braccia
al collo, come avrebbe potuto fare con un suo pari. Si strinse a lui,
ricercando un contatto maggiore, più intimo e intenso, prese a baciargli la
guancia, il collo, ad accarezzare il suo viso di marmo levigato, i suoi
capelli freschi e odorosi di gelsomino. Strinse le palpebre, assaporando con
struggente emozione quell’istante che gli veniva concesso, regalato come pegno
per i suoi servigi. Non per amore.
La sua tristezza sfociò in un gemito prolungato che sperò il suo signore
scambiasse per piacere, nel caso stesse davvero rispettando la privacy della
sua mente.
Il vampiro gli cinse la vita, lasciando che rimanesse così, a godersi quegli
istanti di pura gioia. La sua mano gli massaggiò la schiena, in un moto
calmante.
_Mio signore…_ sospirò Nicki.
_Mi servi bene e fedelmente. Non deludermi mai.
Il giovane lo strinse di più.
_No, mai, mai._ assicurò disperatamente.
_Bravo il mio Nicki.
Melìt si staccò gentilmente da lui, che oppose una flebile resistenza. Sarebbe
rimasto stretto a lui per sempre. Il biondo lo oltrepassò, blandendo il
pavimento.
_Cosa… posso chiedervi cosa avete intenzione di fare con quel ragazzo?_ chiese
Nicki con voce incerta. Sembrava aver perso ogni sicurezza, tutta la sua
energia.
Il vampiro si fermò senza voltarsi.
_Come ti è sembrato?
_Sinceramente? Un normalissimo diciassettenne. Non capisco perché tanto
interesse per lui.
Melìt volse la testa, sorridendo.
_Non essere geloso, Nicki.
Nicola avvampò, imbarazzato per aver espresso, senza volere, le sue emozioni
più profonde, senza che egli avesse dovuto leggerlo.
_Non… non lo sono affatto mio signore. Solo… mi chiedevo come mai un vampiro
del livello di Andrea, quale voi mi dite, possa provare un interesse così
smodato per un ragazzino come quello.
Melìt distolse nuovamente lo sguardo.
_E’ quello che voglio capire. Portami i miei abiti migliori.
Uno starnuto ruppe l’inquietante calma delle segrete, rimbombando tra le
pietre umide.
Demian temette di avere la febbre. Si posò una mano sulla fronte, ma non
riuscì a capire se la sua temperatura fosse nella norma o meno. Si sentiva
debole, aveva sonno e freddo, avvertiva l’umidità della cella gocciolante fin
nelle ossa. La coperta non gli bastava più, aveva le mani e il naso gelati.
Desiderava ardentemente qualcosa di caldo. Pensò a una tazza fumante di
cioccolata calda, densa, ricoperta di panna riccamente zuccherata, piena di
promesse di piacere. Si passò la lingua sulle labbra e chiuse gli occhi.
Vapore denso usciva dalla sua bocca ad ogni respiro. Stare così fermo non gli
dava alcun sollievo dal freddo, ma non riusciva a trovare la volontà di
muoversi, di camminare nervosamente per la cella come aveva già fatto, di
gridare e scuotere le sbarre. Cosa avrebbe ottenuto? Sentì qualcuno scendere
le scale che portavano alle prigioni, infatti poco dopo Nicki stava aprendo la
sua cella. Una volta entrato egli gli si avvicinò velocemente.
_Cosa c’è?_ gli chiese Demian teso._ Nicki lo guardò in silenzio e gli fece
cenno di seguirlo. Demian si alzò e un passo dopo l’altro lo raggiunse. Le sue
mani vennero legate ad una corda e fu condotto su per le scale. Nicki non lo
strattonò, né gli mise fretta, stette al passo che Demian decise di tenere._
Dove mi stai portando?_ chiese sospettoso.
_Melìt ti vuole incontrare. Vedi di fare il bravo._ Demian si tese e sentì la
paura montargli dentro. Il momento era giunto, dunque. Quella notte si sarebbe
deciso il suo destino. Venne condotto in una zona del castello molto più
lussuosa rispetto alla parte che lui aveva potuto vedere. Vi dimorava l’arte e
la ricchezza, e per un attimo gli sembrò di essere tornato al palazzo di Roma.
Dopo che ebbero attraversato alcuni corridoi, Nicola aprì una grande porta ed
insieme entrarono nell’enorme sala di marmo._ Andiamo._ lo incitò Nicki.
Mentre camminava non faceva che guardarsi attorno. Amava tutta quella
profusione di arte e belle cose. Amava il lusso, anche se lo imbarazzava
ammetterlo. Alzò la testa e un sospiro di piacere fuoriuscì dalla fessura tra
le sue labbra guardando la chiarezza e la dolcezza degli affreschi sulla
volta. Angeli e creature delicate popolavano quel paradiso fatto di colori, e
allora quel luogo non sembrava più essere pieno degli orrori che Demian vi
aveva trovato, ma solo un luogo di calore e bellezza. Lo sguardo gli cadde su
una statua dalle forme giovani e levigate, che rappresentava un ragazzo nel
fiore degli anni, di una bellezza classica, quella cantata dai greci. Quella
statua lo fece pensare ad Andrea. Si sentì strattonare dalla corda. Si volse a
guardare Nicki, che lo osservava severo; poi egli si voltò e tornò a guidarlo.
Il rossino guardò davanti a sé e finalmente vide Melìt. Sedeva comodamente sul
suo trono e quando incontrò gli occhi del ragazzo sorrise. Quando furono a
pochi metri di distanza da lui, Nicola lo tirò in avanti e così Demian si
ritrovò faccia a faccia con colui che l’aveva rapito. Appoggiato al trono con
la schiena, seduto a terra, c’era il giovane vampiro che aveva cercato di
azzannarlo la notte precedente. Teneva una gamba tesa a terra, facendo
ondeggiare il piede da destra a sinistra, le dita giocherellavano tra loro,
sfiorando il pavimento tra le sue gambe aperte, lo sguardo tranquillo e
inespressivo sul suo movimento di dita. Demian tornò a puntare lo sguardo su
Melìt, ma non appena alzò gli occhi si trovò il viso del vampiro in questione
a pochi millimetri da lui. Scattò all’indietro, preso alla sprovvista;
corrucciò la fronte.
_Bu!_ sibilò il vampiro, prima di raddrizzarsi e sorridere, mostrando la
dentatura candida. Demian sentì il proprio respiro sbattere contro i suoi
denti, veloce. Brutto segno, era spaventato._ Sembri proprio un cucciolo
indifeso. _ La voce alta di Melìt gli fece gelare il sangue nelle vene. I suoi
occhi erano pieni di una luce crudele e la sua bocca atteggiata nel suo
caratteristico sorriso beffardo. Il vampiro si mosse verso di lui, gettandolo
nel panico; si avvicinò a lui con tanta celerità e decisione che Demian
indietreggiò senza staccare gli occhi da lui._ Agitarsi non è il modo migliore
per tenere a distanza un vampiro._ Il biondo chiuse gli occhi, come se
ascoltasse una musica irresistibile._ Sento distintamente i tuoi battiti
veloci e ravvicinati scuoterti il cuore, farlo pulsare con esagerata
intensità. Sai, a noi piace molto…
Il rossino sospirò rumorosamente e serrò le labbra. Non avrebbe fatto il suo
gioco, non doveva avere paura.
_Finalmente ti degni di farti vedere, vampiro di terza categoria.
Sapeva che provocarlo era una mossa decisamente stupida ma il suo temperamento
lo spinse a farlo. Voleva insultarlo, sfogarsi, gettargli contro il suo odio.
Melìt sorrise paziente e gli si avvicinò ulteriormente, alzando una mano per
toccarlo. Demian tese i muscoli e sgranò leggermente gli occhi mentre l’altro
gli posava la mano sulla guancia. Tentare di sottrarsi al suo tocco sarebbe
stato inutile. Melìt lo guardava serio, intensamente, mentre il rossino aveva
ridotto gli occhi a due fessure, osservando quella mano che avrebbe potuto
distruggerlo solo per un capriccio. La mano scese lentamente sul suo collo,
procurandogli piccoli brividi, un po’ per paura, un po’ per il gelo che quell’arto
sprigionava. Demian, lentamente, alzò di nuovo gli occhi sulla figura che in
quel momento aveva un viso austero, freddo, come le statue che decoravano la
sua sala.
_Perchè lui ti ama?
Demian schiuse le labbra e increspò le sopracciglia.
_Come…
_E’ forse per la tua giovane bellezza?_ lo interruppe_ Eppure lo conosco
abbastanza per sapere che non può amarti solo per questi lineamenti dolci, per
i tuoi grandi occhi pieni di caparbietà o per le tue labbra, lamponi da
mangiare._ La sua mano si mosse verso sinistra, accarezzandogli il mento con
le lunghe dita; con il pollice toccò il suo labbro inferiore, costringendolo a
schiudersi e a liberare un sospiro. Improvvisamente quella stessa mano scese
violentemente in basso, afferrando il bordo della sua maglia,
strappandogliela.
Demian gemette e saltò, camminando all’indietro.
_No... io… credo che sia ora di smetterla adesso!
Melìt lo raggiunse con uno scatto veloce e lo spinse a terra.
Demian urlò quando la sua testa batté violentemente contro il marmo del
pavimento. La vista gli si appannò improvvisamente, una coltre bianca si
interpose tra lui e il soffitto affrescato con maestria. Sentì il suo respiro
divenire rumoroso e strani versi di dolore scaturirgli dalla gola.
Melìt posò una mano sul suo petto, che si abbassava ed alzava con movimenti
profondi, ma lentamente; accarezzò quella pelle con precisione, con assoluta
calma, avvertendo ogni piccolo pendio sotto le dita, ogni insenatura, ogni
breve salita e ogni discesa, percependo il contrarsi lieve dei muscoli sotto
il sottile strato di pelle, il calore del sangue che scorreva inafferrabile in
lui, l’essenza di ciò che era. Era sangue e quindi era vita; ai suoi occhi più
che mai.
Demian sbatté più volte le palpebre, riacquistando la capacità di vedere
chiaramente, scacciando le nubi dense che avevano offuscato il suo sguardo. Si
sporse con la testa sopra al proprio corpo e si tese nel vedere, nel sentire
che il vampiro lo accarezzava con così tanta attenzione.
_Hai un bel corpo. Di quelli che avrebbero fatto impazzire un uomo del periodo
ellenistico. Nel pieno del vigore, giovane, fresco. La tua pelle è chiara come
quella di un bimbo appena nato, vellutata come quella di una ragazza e hai
un’età che fa innamorare chi ti guarda. Tutti amano gli adolescenti. Citando
una frase di Jim Morrison, amo gli adolescenti perché tutto quello che fanno,
lo fanno per la prima volta; per l’inconsapevole ingenuità, per la speranza
che si portano dentro. Che vi portate dentro.
Demian girò la testa di lato.
_Io ho smesso di sperare da tempo._ disse il giovane a bassa voce.
Melìt, a una distanza spaventosamente ravvicinata, fissò i suoi occhi.
_Ok, sei interessante. Ma non ho ancora trovato il punto. Perché tiene a te in
quel modo che ho potuto vedere? Santo Dio, quando ti ha visto tra le mie
braccia ha assunto di nuovo quell’espressione, l’espressione di quando era un
ragazzo umano ed era terrorizzato. Vorrei sapere…
S’interruppe per posare le labbra gelide sul collo del ragazzo, che sembrava
aver scoperto la gola con l’intenzione di tentarlo. Era incauto indubbiamente!
Demian sospirò a quel tocco. Un vampiro lo stava baciando sul collo! Un
vampiro che non era Andrea. Chiuse gli occhi stretti e tese i muscoli,
incontrando la resistenza delle braccia di Melìt, del suo corpo, della sua
forza. Pensò a come sarebbe stata la morte. Ricordò quando Andrea lo aveva
morso e il pensiero di provare ancora quella sensazione lo spaventò più del
ricordo del dolore. Sentirsi succhiar via la sola cosa che ci tiene in vita
può turbare parecchio. Non avvertì alcuna puntura e si azzardò ad aprire gli
occhi. Vide una testa bionda abbandonata sul suo collo, immobile.
Nicki osservava la scena da lontano, non lasciando trasparire alcuna emozione.
Sperava di non dover assistere a un altro bagno di sangue. Proprio quando
arrivava a pensare che ormai vi era abituato, quando succedeva ancora sentiva
lo stomaco chiudersi con violenza e una lama venuta dall’inferno lacerare la
sua anima, o quello che ne rimaneva. Lui stesso, spesso, procurava le vittime
al suo padrone e sempre lui le trattava come egli desiderava che venissero
trattate, anche se delle torture corporali si occupava esclusivamente il suo
signore. Osservò colui per il quale provava un amore atipico e sconfinato
sottomettere un ragazzino che per lui non significava nulla. Avrebbe dato
tutto pur di avere le attenzioni che ora quel Demian stava avendo, pur senza
volerle.
Melìt lo trattava sempre gentilmente. Anche quando beveva da lui non usava mai
violenza e quando lasciava che Nicola leccasse e bevesse il suo sangue antico
non si muoveva e aveva infinita pazienza con lui che lappava avidamente ma
goffamente. Il sangue di Melìt non era come quello che assaggiava quando si
feriva le labbra. Era estremamente più dolce e gustoso, come uno speciale
miele del colore dei rubini. A questo modo provava un’intimità ancora più
profonda di quella che avrebbe provato attraverso un rapporto sessuale,
effimero e subdolo. Nicki sapeva perché il suo padrone si comportava in
maniera tanto delicata verso di lui. Sapeva di non rappresentare nulla o quasi
per il suo signore, non suscitava in lui la minima traccia d’amore. Avrebbe
dato qualunque cosa pur di poter avere per sé anche solo un milionesimo del
sentimento che egli provava per Andrea.
Andrea. Andrea, Andrea, sempre Andrea! Non esisteva altro per lui e Nicki lo
sapeva benissimo. Strinse i pugni e guardò fisso un punto del pavimento. Cosa
provava l’altro per lui? Compassione per la sua condizione? Pena per lo stato
in cui era quando l’aveva trovato? Poteva anche solo sperare che provasse
dell’affetto, debole, meschino simulatore del grande sentimento che
desiderava, per lui? Il suo sguardo divenne immensamente triste, addolcendo i
suoi lineamenti magri e duri, rendendolo in un certo senso più bello. Cosa
voleva da Melìt?
Voleva amore.
Quel sentimento che fa compiere follie, che fa impazzire letteralmente,
fratello fedele della gelosia, dell’abnegazione e del desiderio.
Lo desiderava, lo desiderava sempre, sentirlo, toccarlo, respirare il suo
respiro. Il suo sangue di miele, la sua bocca irresistibile.
Strinse gli occhi vergognandosi, come sempre gli accadeva. Amava un mostro
divoratore di innocenti, un vampiro, il nemico dell’uomo per eccellenza, il
vertice della catena alimentare.
La colpa per quel suo ignobile, impuro sentimento lo avrebbe accompagnato per
tutta la vita, quale fosse stata la sua durata. Ma valeva la pena portare i
peccati del mondo sulle spalle per avere un suo sguardo.
Melìt si staccò dal suo collo e ascoltò attentamente il respiro spezzato del
ragazzo, sintomo della paura malcelata. I suoi occhi si muovevano scattosi,
per darsi la vana illusione di avere la situazione sotto controllo. Il vampiro
si alzò sulle braccia e continuò a guardarlo serio. Quello sguardo grintoso
era ammaliante. Iniziava a capire, almeno in parte, perché Andrea fosse tanto
attratto da lui. La bellezza è pericolosa e questa sua pericolosità, questo
lato nascosto che si cela dietro la sua facciata di perfezione non cambia da
umano a vampiro. Entrambi sono deboli di fronte ad essa, si lasciano stregare,
ammaliare, accarezzare dalle sue dita delicate e allo stesso modo, un umano e
un vampiro, si innamorano della bellezza. Però gli immortali hanno una
debolezza in più, a cui non possono sfuggire: la bellezza degli esseri umani
stessi. Essi possono soggiogare i vampiri solo per il fatto di essere umani. E
cioè fragili, pieni di dubbi, paure e angosce; vivono una vita breve
rincorrendo sogni irraggiungibili, sfidando il tempo e la morte, anche sapendo
di non poterli sconfiggere mai. Ah, farfalle dai colori incantevoli, volano
nel cielo con tanta ingenua grazia, ma per poco tempo.
Il biondo vampiro si rialzò tirando su Demian, e spingendolo senza fatica
contro la parete gli si appoggiò contro, avvicinando il viso al suo,
mostrandogli il suo sorriso sghembo e terrificante. I suoi occhi possedevano
una luce distorta da malvagie intenzioni, da idee malsane; erano occhi che
avevano visto i peggiori orrori.
Era invidia quella che lo corrodeva? Con quale altro nome poteva essere
chiamato il bruciore delle sue viscere al pensiero che gli abbracci disperati
che un tempo erano stati suoi potessero appartenere a qualcun altro? Non si
trattava solo di paura e bisogno, di solitudine o follia, di brama o necessità
di sentirsi ancora una volta vivo, ma bensì di puro desiderio limitato a sé
stesso, di amore incondizionato, senza pretese.
Quel ragazzino aveva l’amore che lui non aveva mai avuto. Che Andrea non gli
aveva mai dato.
_Chissà come reagirà il nostro caro vampiro, quando saprà come avrai trascorso
la tua permanenza qui… Questa insana passione deve essere punita.
Continua…
|