Amore Immortale

 

parte VII

 

di Vikysweetgirl

 

 

 

…Occhi dolci ed una notte per innamorarsi…

(“Paura” di Cucciolo)

 

 

-Ritorno del passato-

 

 Svegliandosi si accorse di abbracciare il cuscino.

Sbadigliò e lanciò un’occhiata alla finestra. Il sole era già alto e ovviamente Andrea dormiva nella sua bara. Rabbrividì al pensiero e si alzò dal letto.

Spalancò le tende e il sole lo colpì in pieno, ferendogli gli occhi. Indietreggiò gemendo, coprendosi il viso con le braccia.

_Cazzo!

 

“Hai gli occhi sensibili. Quasi quanto i miei.”

 

Si voltò, cercando chi avesse parlato, ma la voce l’aveva sentita nella testa.

_Sei tu Andrea?_ domandò titubante, guardandosi attorno.

Non udì più niente e allora iniziò a prepararsi per la nuova giornata. Però l’episodio lo turbò per tutto il giorno.

 

Durante l’intervallo restò in classe, stava finendo di scrivere una poesia.

Improvvisamente gli era tornata una voglia assurda di scrivere, di liberarsi buttando giù qualche frase e senza neanche rendersene conto stava già creando un piccolo componimento.

_Il buio che hai intorno non è… opprimente… non è… tagliente….

_Demian?
Il rosso alzò la testa sentendosi chiamare.

_Ah, Diana. Che ci fai qui, non fai ricreazione?

La giovane portò le mani dietro la schiena; scosse le spalle.

_Pare di no._ disse semplicemente prima di avvicinarsi e posare lo sguardo sul foglio dove stava scrivendo il ragazzo_ Cosa scrivi?

Il rossino tirò subito via il foglio.

_N-niente.

_Ma come… dai fammi vedere.

_No, non è niente davvero._ le disse frettolosamente, alzandosi_ Scusami devo… devo uscire un attimo.

_Ok… ci vediamo dopo.

Demian uscì velocemente accennando un sorriso forzato.

Non poteva mostrarle la sua poesia, tenendo conto poi dell’argomento che trattava. Mai aveva esibito ad altri i suoi versi, sapendo perfettamente che non sarebbero stati capiti, che anzi, avrebbero contribuito ad aumentare la sua fama di sfigato. Non si vergognava di ciò che scriveva, ma nonostante fosse stato sempre solo, temeva la solitudine.

Entrò in bagno e vi si chiuse. Perchè reagiva così? Si sentiva continuamente in pericolo. Probabilmente il motivo era che aveva legami anche abbastanza intimi con un vampiro, che non voleva più essere trattato come un emarginato, come una nullità.

Ma in fondo non gliene era mai importato, perché farsi scrupoli ora?

 Si diresse verso il lavandino, poggiò il foglio con la poesia e iniziò a far scorrere l’acqua. Si sciacquò il viso e senza asciugarsi alzò la testa per guardarsi nello specchio. Trasalì scorgendo un volto accanto alla sua figura riflessa e si voltò gemendo, poggiandosi coi palmi al bordo del lavandino, il sudore freddo sulla pelle.

Lì non c’era nessuno tranne lui e le sue paure.

Scosse la testa, portandosi una mano alla fronte. Aveva la frangia bagnata.
Cosa c’era che non andava? Era guardingo, timoroso, per niente tranquillo. Sospirò e fece per riprendere il foglio, ma questo non c’era più. Si guardò attorno, ma non lo trovò da nessuna parte. Dove era finito? La finestra era chiusa non poteva di certo essere volato via.

Suonò la campanella di fine intervallo; doveva tornare in classe. Indugiò ancora un istante poi uscì dal bagno. Dopotutto era solo cartaccia.

 

L’autobus stava tardando e faceva freddo; si strinse nel cappotto. Aveva sempre sofferto il freddo, lo odiava, gli gelava il cuore e le ossa.

Finalmente il bus arrivò e lui vi salì di corsa, andandosi a sedere agli ultimi posti. Si raggomitolò su sé stesso e si appoggiò con la fronte al finestrino. Il suo respiro appannava il vetro e con un dito andò a disegnarci sopra un cerchio imperfetto.

Un presentimento lo costrinse a voltarsi si di scatto. Al suo fianco sedeva un ragazzo che lo guardava perplesso. Sospirò e tornò a guardare fuori, con il respiro pesante. Si sbottonò il cappotto. Sentiva caldo ora. Al minimo rumore sussultava, quasi gemendo. Aveva la gola secca, desiderava un po’ d’acqua.

Fu sollevato quando arrivò a destinazione. Non sopportava più di stare su quel mezzo pieno di persone da cui sentiva spaventato. Era troppo strano, non era come al solito.

 

Aveva paura.

 

Si sbrigò a tornare a casa e a chiudersi in camera. Accostò le tende e si sedette sul pavimento, con la schiena poggiata al letto. Iniziò a giocherellare con le dita sui propri jeans. Temeva ciò che lo circondava: il miagolio di un gatto che gironzolava in giardino, lo scricchiolio dei mobili in legno, le ombre che riempivano la stanza, come quando era ancora un bambino.

Si alzò, e lentamente e titubante, si diresse dove sapeva di non dover andare. Oltrepassò quei corridoi e scese quelle scale che la prima volta lo avevano così tanto spaventato. Si fermò davanti alla piccola porta in ferro e la toccò con una mano. Cosa poteva succedere? Sapeva già cosa avrebbe trovato all’interno di quella stanza, non doveva suggestionarsi. Provò ad aprire la porta ma non vi riuscì: evidentemente il vampiro aveva chiuso dall’interno stavolta. Il ragazzo si guardò intorno, cercando qualcosa che gli permettesse di entrare, ma un rumore freddo lo paralizzò. La porta si stava aprendo da sola. Egli sgranò gli occhi, indietreggiando di qualche passo. I suoi muscoli si tesero, smise persino di respirare. Strinse forte i pugni, pronto a uno scontro, in silenzio, come a voler percepire il minimo rumore sospetto. Era convinto che da un momento all’altro avrebbe visto spuntare uno scheletro da qualche parte o avrebbe sentito mani viscide ghermirlo. Immaginazioni degne di un film horror.

Anche se quello che era accaduto era più che anormale, entrò di corsa nella stanza buia, inciampando su una bara. Trasalì alzandosi di scatto, barcollando. I suoi occhi si erano abituati al buio. Si inginocchiò e si appoggiò alla cassa. Sapeva che la prima vicino alla porta era quella dove giaceva Andrea durante il suo profondo sonno diurno. Posò una guancia sul freddo legno e dell’ancor più gelido oro. Si rannicchiò, stringendo forte le palpebre. Quel luogo lo ripugnava, sapeva di morte. Eppure sapeva che solo lì si sarebbe sentito al sicuro, solo lì dove sapeva che anche in stato comatoso c’era Andrea.

 

Battiti. Battiti forti, intensi, ritmatici. Sapeva di che si trattava, era un suono inconfondibile, un suono che lo rapiva ogni notte da più di mille anni.

Un cuore umano.

 

Aprì di scatto gli occhi. Iridescenti, freddi, colmi di una luce azzurra che divenne immediatamente cremisi.

Sentiva le membra intorpidite. Sì, era ancora giorno, non poteva uscire. Qualcuno tentava di profanare il suo rifugio? Chi era ad osare tanto?

 

No.


Era davvero lui?

 

Demian là fuori, stretto al suo feretro, impaurito e infreddolito.

Cosa temeva il suo piccolo angelo? Perché era lì nonostante il ribrezzo che quel posto gli incuteva?

Non poteva ancora ridestarsi, poteva solo stare lì ad ascoltare i battiti del suo cuore e vegliare su di lui in silenzio.

 

Aprì gli occhi lentamente. Alzò un braccio e spostò il coperchio con facilità.

Demian si staccò dalla bara sgranando gli occhi. Andrea si mise a sedere lentamente, guardando un punto indefinito davanti a sé.

Dio, era bianco come una statua di marmo, con gli occhi azzurri che possedevano una luce accesa e le vesti nere, che esaltavano ancora di più il suo candore. Il vampiro volse la testa verso di lui. Il suo volto era serio, statuario, magnifico. Uscì elegantemente dalla cassa, senza emettere il minimo rumore. Il ragazzo lo guardò dal basso, aggrappandosi disperato alle sue gambe.

_Cosa c’è Demian?_ gli chiese il vampiro con voce dolce, calma.

_C’è… c’è qualcosa che non va… oggi io non ho… è tutto il giorno che mi pare di essere osservato, di avere mille occhi addosso. Ho paura…_ Il moro si inginocchio davanti a lui e gli posò una mano sulla testa. All’improvviso la sua espressione cambiò._ Che succede Andrea?!

Egli si alzò in piedi, volgendo la testa verso l’uscita della stanza. Improvvisamente si chinò, con movimenti repentini, afferrò Demian per le braccia e lo tirò su.

_Stammi vicino, è…

Senza nemmeno lasciargli il tempo di finire la frase, un vortice improvviso di vento investì la stanza, scaraventando via ogni cosa. Demian sentiva che i piedi scivolavano sul liscio pavimento, sentì che stava per essere trascinato via dall’intensità dell’inspiegabile vento. Andò a sbattere contro Andrea che lo afferrò per le spalle, impedendo al turbine impetuoso di trascinarlo via.

Con velocità subitanea, il vampiro attraversò il forte vento ed arrivò nella sala da pranzo, stringendo il ragazzo tra le sue braccia, coprendolo col lungo mantello.

_COSA STA SUCCEDENDO?!_ Urlò il ragazzo tentando inutilmente di sovrastare l’assordante rumore provocato dal vento, che non accennava a placarsi. Andrea non rispose, s’inginocchiò dietro una colonna e strinse ancora più forte il ragazzo, facendogli quasi male. Finalmente il fragore cessò e così pure il vento assassino. Il moro riaprì gli occhi, che fino a quel momento aveva tenuto chiusi e scoprì il volto di Demian, accertandosi che stesse bene. Il rossino alzò le palpebre, tenendole però socchiuse e si appoggiò ad Andrea, guardandosi attorno stravolto. Il tavolo era rovesciato, i quadri a terra, fogli e oggetti sparsi ovunque, le tende distrutte sul pavimento._ Cosa diavolo è stato?!_ esclamò il giovane singhiozzando, la voce inevitabilmente affievolita dallo spavento.

_E’ tornato!

_Chi?!?!_ domandò Demian esasperato.

_Mmmmh… temo di aver esagerato. Non volevo ridurre in questo stato la mia vecchia, cara dimora.

Solo ascoltare quella voce fece impietrire Andrea. Il moro sospirò e si alzò in piedi, portandosi dietro la schiena il ragazzo, usando poca grazia.

_Non mi sarei mai aspettato di rivederti. Non ricordavo che fossi così poco elegante durante le tue visite… Melìt.

_Melìt?_ Ripeté il rossino incerto, mentre si sporgeva sopra la spalla dell’altro.
La persona che vide gli fece sgranare gli occhi dallo stupore. Dall’altra parte della stanza, la figura di un uomo dai lineamenti eleganti, alta e luminescente, si stagliava sullo sfondo buio come un santo del Caravaggio. Intorno a lui vi era come un sottile ma intenso riverbero che avvolgeva tutta la sua pelle. La bianchezza di quel viso lo lasciarono attonito e atterrito. Sembrava fatta di opalino quella pelle, bianca e luminosa ma anche trasparente, tanto che piccole vene azzurre si intravedevano sotto di essa. I suoi occhi bucavano l’anima, erano tinti di un blu intenso. Quello sguardo era conturbante, forse perché regnava un po’ di viola in esso, mescolando il blu del mare con il peccato del porpora. Indossava abiti antichi, come quelli dei nobili romani, pieni di pieghe e strati di stoffe. I suoi capelli biondi era lunghi fino alla base del collo, lisci come nient’altro al mondo, perfetti e brillanti come i raggi del sole al mattino. La sua bellezza era accecante come quella di un dio, terrificante come quella di un demone.

Accanto a lui stava un ragazzo più giovane di Demian e molto più basso di Melìt, con i capelli castani arruffati, tagliati evidentemente di corsa, e grandi occhi freddi e spauriti, come quelli di un cerbiatto. Non si capiva chiaramente di che colore fossero, perché erano troppo chiari per essere azzurri, ma non erano né grigi né verdi. Forse si avvicinavano di più al vetro lucente. Un colore insolito, che rendeva i suoi occhi simili a due grandi biglie traslucide. C’era qualcosa di strano in quel giovane, qualcosa che aveva a che fare con la sua pelle, col suo sguardo vitreo… Era anche lui una creatura della notte?

_Non fissare me e il mio piccolo a quel modo, ragazzo._ Disse il vampiro dai capelli biondi con voce calma, sicura; gli occhi bassi, le mani che rigiravano tra le dita un anello con una pietra verde incastonata nella fascia. Il rosso sussultò, stringendo fra le dita la stoffa del mantello di Andrea._ Non è educato._ Concluse saccente, alzando gli occhi sul giovane. Sorrideva.

_Che cosa vuoi Melìt?_ Gli domandò Andrea irritato, deciso a mettere fine a quell’incontro il più presto possibile.

_Che cosa voglio?_ Il biondo rise di gusto._ Non ti ho accolto in questo modo quando tornasti da me tremante, piangendo come il cielo in autunno.

_Andrea che cosa… non te n’eri andato via da lui?_ Chiese il rossino cercando lo sguardo del moro.

_Sì. Ma tornai, esattamente come lui aveva previsto.

_Ma bene, il ragazzino sa tutto? Regola numero uno, Andrea, mai rivelarci agli esseri umani. E tu… gli hai addirittura raccontato la tua storia! Sconvolgente! E’ per questo che ti adoro, mio caro figlio, la creatura più perfetta che abbia mai creato. Ma guardati_ Una nota di nostalgia nella voce._ sei bello esattamente come quando ti ho visto l’ultima volta, dopo averti donato la mia casa, ottenuta con immensa fatica.

_Stai indietro Demian, non venirmi davanti!_ Gli ordinò il vampiro, spingendolo indietro, dopo che il ragazzo ebbe mosso qualche passo in avanti.

_Cosa c’è, temi per lui? Che vampiro dolce. Non ti sei mai sbarazzato della tua anima umana, non è così?_ Melìt sorrideva, scrutando in quegli occhi che per anni erano stati il suo rifugio._ Dove l’hai raccolto questo bel gattino? Te lo tieni come spuntino di emergenza?

Demian tremò a quelle parole e si strinse nelle spalle. Andrea se lo prese tra le braccia, stringendolo in maniera possessiva.

_Lui non esiste per te. Non devi mai, mai assolutamente toccarlo! So che sei capace di tutto, ma lui no, non ti deve riguardare!

_Ehi, ehi, calma ragazzo. Non ho nessuna intenzione di torcere un capello al tuo protetto. Oh, non ti ho ancora presentato la mia ultima creatura._ Il biondo passò un braccio intorno alle spalle del ragazzino vicino a lui, incoraggiandolo a fare qualche passo in avanti._ Non è una piccola meraviglia? Si chiama Alex. Aveva solo tredici anni quando l’ho creato. Aveva uno sguardo così maturo per un ragazzino della sua età. E’ molto giovane, cede ancora agli impulsi…_ Scoccò uno sguardo a Demian piegando la testa di lato._ Non sa ancora controllarsi._ Sorrise in modo canzonatorio, riducendo gli occhi a due fessure taglienti, dando al suo viso un aspetto maligno.

Andrea assunse un’espressione adirata, il suo volto divenne una maschera di rabbia.

_Beh, allora portalo via da qui!_ Esclamò concitato.

_Sei senza cuore Andrea… oh… scusami_ Sorrise._ Non volevo… ma non vedi com’è piccolo?_ Melìt afferrò il mento del ragazzino accanto a lui, facendogli riversare la testa all’indietro, baciando la sua gola._ Il suo collo era così tenero quando l’ho morso, il suo nettare così dolce!_ Il ragazzino teneva le palpebre semichiuse, sin dall’inizio non aveva mai cambiato espressione.

_Sei un cane._ Ringhiò Andrea a bassa voce, turbato; strinse i pugni.

Demian tra le sue braccia non osava nemmeno muoversi. La situazione in cui si trovava era assurda e molto, molto pericolosa. Era in una stanza con tre vampiri, lontano da qualunque aiuto, sempre che qualcuno fosse in grado di darglielo. Melìt sentiva la sua paura e ne godeva fin nelle viscere.

_Se non ti sei ancora cibato di un così succulento bocconcino significa che hai altro in mente per lui._ Commentò il vampiro. Il rossino lo guardò, poi guardò Andrea, senza capire._ Hai intenzione di trasformarlo, vero?
Il rosso non riusciva a credere a quelle parole. Volse il capo verso il moro e l’altro ricambiò il suo sguardo.

_E’ vero quello che sta dicendo? Tu vuoi…_ Iniziò Demian incredulo.

_No Demian! Non lasciarti impaurire da quell’essere spregevole. Sta tentando di spaventarti non capisci?! E ci sta riuscendo.

Il biondo vampiro rise ad alta voce, coprendosi la bocca con la mano ingioiellata.

_Che scenetta divertente! Sbaglio o il vostro legame manca di fiducia? Andrea, non puoi legarti ad un essere umano. Li hai sempre amati, ma non potrà mai trionfare l’amore tra un vampiro e un essere umano, tra cacciatore e preda. Sembri un lupo che stringe affamato un coniglietto tra le zampe, ma non vuole fargli del male. Anche se sa che prima o poi lo mangerà, volente o nolente.

_BASTA!_ Urlò il moro al limite della sopportazione. Stava tremando._ Sei tornato per tormentarmi?!_ Il suo tono di voce era rabbioso, aggressivo, così diverso dal dolce e profondo suono che Demian conosceva._ Vuoi distruggermi come hai distrutto la mia vita mortale? Se credi che ti permetterò di farlo ti sbagli di grosso. Prendi la tua creatura e vattene! La tua presenza qui non è gradita.  

_A quanto pare no._ Confermò il biondo vampiro stringendo a sé il ragazzino che non aveva detto nemmeno una parola, e dopo che ebbe fatto un gesto repentino con la mano venne avvolto da un denso vapore bianco che li nascose alla vista.

Quando la fitta nebbia si dissolse i due non c’erano più. Andrea si rilassò visibilmente, attenuando la stretta sul ragazzo e emettendo un lieve sospiro.

Demian aveva i nervi tesi. Perché si trovava sempre in situazioni del genere? Alzò la testa per guardare Andrea; il vampiro teneva lo sguardo fisso di fronte a sé, nel punto in cui un attimo prima c’era stato Melìt. Il rossino voleva poter guardare nei suoi occhi, anche solo per un istante. Si sarebbe sentito al sicuro annegando in quello sguardo ipnotico, quello sguardo che ogni volta che si posava su di lui sapeva rassicurarlo e farlo sentire bene. Sospirò pesantemente e afferrò la maglia dell’altro, tirandola. Il vampiro abbassò la testa per guardarlo. Demian mosse la bocca per parlare ma non riuscì a dire nulla, quindi la richiuse rassegnato.

_Sta tranquillo. Nessuno ti farà del male finché io ti sarò vicino._ Si abbassò di più, sfiorando il viso dell’altro col proprio respiro._ E d’ora in poi io ti starò vicinissimo, anche quando andrai in bagno.

Demian sgranò gli occhi staccandosi da lui.

_Che cosa?! Ma sei tutto matto!_ Esclamò il ragazzo allontanandosi di qualche passo. Andrea lo seguì.

_E’ pericoloso. Demian, devi stare molto attento con lui nei dintorni. Non so cosa voglia, ma sicuramente niente di buono! Non sai di cosa è capace…_ Il moro era agitato, come Demian non lo aveva mai visto.

_Per quanto sia forte non può uscire alla luce del sole no?_ Domandò il ragazzo sforzandosi di apparire sicuro di sé, anche se non lo era.

_Sì, ma mi hai detto che oggi ti sentivi strano. Osservato.

_Già… credi che fosse a causa sua?

_Indubbiamente. Demian,_ Il vampiro gli posò le mani sulle spalle, guardando nella profondità dei suoi occhi. Quando faceva così il rossino si sentiva violato dentro, disorientato._ lui è più vecchio di qualsiasi altro vampiro che io conosca. Forse è davvero il più antico della nostra specie. Io…_ Accarezzo in maniera urgente i capelli dell’altro, stringendo il suo volto tra le mani, non riuscendo a nascondere timore, insicurezza, emozioni che il rosso non gli aveva mai visto in volto e che ora invece si leggevano chiaramente. Trasparivano dai suoi occhi divenuti estremamente umani, lucidi, dalla linea delle labbra divenuta dura, dalle dita frementi che spasmodicamente stringevano il suo capo._ Temo per te! Potrebbe farti qualunque cosa. Oh, sei così vulnerabile…

_Mi fai male!

Andrea si allontanò di qualche passo lasciandolo libero e rise dissimulando la preoccupazione.

_Ti faccio male!_ Esclamò ironico_ Se solo potessi immaginare quanto io sia delicato quando ti tocco! Lui no, lui non lo sarebbe. Ti ho raccontato quello che mi ha fatto prima di farmi diventare ciò che sono.

_Ti prego smettila. Mi stai spaventando.

Il moro era davvero fuori di sé. La sua fronte bianca si era ricoperta di un sottile strato di sudore rossastro e stringeva i pugni, ferendosi le mani. Rivoli di sangue rosso intenso gocciolavano sul pavimento.

_Non devo… non voglio perderti.

_Andrea!_ Il ragazzo corse verso l’altro, afferrando le sue mani, inducendolo a calmarsi._ Ti prego smettila. Ti fai male._ Sussurrò. Il vampiro si asciugò il sudore dalla fronte col dorso della mano e si leccò una mano ferita. Demian tremò a quella vista_ Va meglio?

Andrea guardò il ragazzo e accennò a un sorriso.

_Perdonami, non volevo spaventarti. E’ che…

Demian scosse la testa.

_Non scusarti. Sai, nessuno si è mai preso tanta pena per me.

Il moro accarezzò il volto di Demian con le nocche e allargò il suo sorriso.

_Tu promettimi di stare attento.

_Te lo prometto.

Il vampiro si chinò per posargli un bacio sulle labbra che il rossino non rifiutò, ma arrossì leggermente e una volta separate le loro labbra abbassò lo sguardo.

_Cosa c’è?_ Gli chiese il moro.

Il giovani continuava a tenere lo sguardo a terra e con la mano sinistra si afferrò il braccio destro. Spostò il peso del corpo sulla gamba destra.

_E’ che… sono super agitato quando mi baci… quando ci baciamo._ Si corresse._ Però è sempre tanto bello.

Il vampiro sorrise mostrando i denti scintillanti.

_Beh penso che sia una cosa buona, no? Non dite così voi essere umani?

_Ma io sono un uomo… è strano. Mi sento strano e in imbarazzo._ Demian alzò lo sguardo sull’altro.

In quel momento il ragazzo parve molto giovane ad Andrea, tenero come solo gli adolescenti umani sanno essere. Tese un braccio e con un dito accarezzò il suo nasino, gentilmente.

_Mi piace il tuo imbarazzo. Mi piace ogni emozione che ti passa sul viso. Demian distolse lo sguardo, stropicciandosi la maglia con la mano, improvvisamente nervoso. Andrea restò per un istante a guardare i suoi occhi poi si voltò e si mise ad osservare la casa._ Guarda che disastro. Quell’incivile._ Commentò il vampiro, e si voltò con la testa per sorridere al ragazzo che era rimasto fermo dietro di lui.

Poi tornò a guardare davanti a sé e chiuse gli occhi, abbassando la testa in un gesto solenne. Demian avvertì come una scossa lungo le braccia e gemé. Andrea sembrava investito da un dolce vento che soffiava solo su di lui; non appena il vampiro allungò un braccio di fronte a sé, il vento cambiò direzione, spostandosi in avanti rapidamente, andando a sfiorare i punti che il moro indicava con l’indice. Gli oggetti a terra si mossero, tutti, prima lentamente poi più velocemente, fino a che d’un tratto, di colpo, tutti si alzarono dal pavimento e volarono improvvisamente in direzioni differenti, a velocità moderata. I libri tornarono al loro posto sugli scaffali, i quadri si riappesero al muro, oggetti e sedie tornarono dove dovevano essere. Demian era sbalordito; il copri divano che stava calpestando con un piede tirava per liberarsi. Alzò la gamba sorpreso e vide la stoffa di velluto verde tornare al proprio posto, sistemarsi e stendersi, perfetta. Il rossino sorrise, gli occhi che erano diventati enormi mentre guardava quella meraviglia, quel piccolo miracolo compiuto davanti ai suoi occhi, a cui gli era stato concesso di assistere.

_E’ magico!

Il vampiro si voltò per potergli sorridere, ostentando quei suoi canini acuminati, la prova del suo peccato.

 

La volta celeste risplendeva di piccoli diamanti che si nascondono di giorno per mostrarsi solo la notte, e brillare sovrastando ogni altra cosa, esibendo il loro splendore, il loro fascino misterioso, la  loro alchimia. Come vampiri del cielo.

Demian si stava appoggiando a un grosso blocco di marmo nel parco della casa, unico pezzo rimasto di un gruppo scultoreo che doveva essere stato enorme, risalente ad un periodo dove il bello trionfava su tutto e dove si poteva trovare rifugio nell’arte, nella preghiera quando le cose andavano male e tutto sembrava perduto in un mare di sofferenza. In un mondo corrotto l’arte salva, indipendentemente dal periodo storico in cui viene esercitata.

Si passò le dita tra i capelli, il vento li stava scompigliando sfacciato, scoprendo la sua fronte, accarezzando la sua pelle serica, troppo morbida e bella per essere quella di un ragazzo.

_Quali pensieri ti assillano, dolce mortale?_ la voce di Andrea lo costrinse, come se l’avesse accalappiato con una corda, a voltarsi.

Il vampiro si era cambiato, ora indossava pantaloni neri di buon taglio, che cadevano perfettamente su quelle cosce muscolose e una giacca elegante dello stesso colore. Sotto quella Andrea non indossava nulla, se non la sua naturale lucentezza.

 

Oh, può essere così seducente un torace maschile?

 

Quella pelle sembrava fatta d’avorio, tanto era perfetto quel biancore, perfette le linee sinuose che lo formavano, come se un abile maestro l’avesse scolpito lavorando il marmo più pregiato.

Sì, sembrava essere stato creato quell’essere di fronte ai suoi occhi, non creato da mani umane. Quel viso luminoso ed etereo era troppo bello, troppo ben fatto, disegnato dalla mano di un innamorato, in un momento di folle passione. Perché quel viso era voluttà, era magia, mistero, bellezza, un dogma vero e proprio.

Lui non aveva mai creduto in niente. Da bambino non aspettava Babbo Natale come tutti gli altri bambini della sua età, perché nessuno gli aveva mai permesso di crederci. Non era mai stato in una chiesa, semplicemente perché sua madre gli aveva sempre detto che non esisteva alcun Dio da pregare. Così gli era stato negato il conforto derivante dal pregare qualcosa in cui si crede, di parlare silenziosamente con qualcuno nel cuore della notte, sfogarsi della rabbia e del timore. Così con Babbo Natale, così con Dio. Non aveva mai provato in entrambi i casi la delusione di scoprire che ciò che si credeva vero in realtà era solo una menzogna. Però così facendo era sempre rimasto freddo davanti a tutto, riuscendo a controllare meccanicamente ogni situazione, perché tanto non esisteva niente in cui credere, e con la delusione probabilmente gli era stata negata una maturità di tipo diverso o più semplicemente una gioia infantile e immatura, l’emozione più intensa e sconvolgente, quella che ogni essere umano prova.
Lui aveva saltato delle fasi piombando subito nell’età adulta, pur rimanendo nella profondità del suo cuore un inguaribile sognatore, senza ammetterlo con nessuno e a volte nemmeno con sé stesso. Tanti anni addietro disegnava la natura. Alberi e stelle erano i suoi soggetti preferiti. Le stelle di quella notte gli avevano fatto ricordare quegli schizzi fatti col pennarello giallo, perché sì, le stelle erano la sola cosa in cui aveva creduto sin dall’infanzia. Esse sono così in alto, superiori a tutto il resto, sanno ogni cosa, conoscono ogni segreto e sono di una bellezza sconfinata e indescrivibile. La loro essenza era la purezza.

_Tutto bene?_ la voce del vampiro lo riportò alla realtà, in quel magnifico giardino.

_... sì._ rispose flebilmente.

Il moro si mosse verso di lui, arrivandogli davanti. L’altro alzò la testa, per poterlo guardare negli occhi.

_Sei di una bellezza incomparabile mentre sei assorto nei tuoi pensieri._ gli disse semplicemente in maniera spontanea l’altro.

Il rossino abbassò la testa e sorridendo si passò la lingua sulle labbra; chiuse gli occhi.

_Sono solo un comune essere umano, sommo vampiro.

L’altro inarcò un sopracciglio, osservandolo con interesse.

_Non potrai mai capire quanto sei meraviglioso, piccolo umano. Io riesco a vedere la tua vera bellezza. Saresti splendido anche coperto di cicatrici.

Demian rise.

_Hai uno strano concetto della bellezza._ disse iniziando a fare qualche passo a destra, per poi tornare indietro ed andare a sinistra, a braccia conserte.

_Vuoi farmi credere che pensi alla bellezza solo nei termini che usa la gente comune?

_Intendi guardare solo con gli occhi, sentire solo con le orecchie… parli di questo?

_Esatto._ il vampiro sorrise malizioso._ La tua domanda è una risposta.

Demian si fermò improvvisamente, trovandosi davanti a lui.

_Mi valuti molto vero?

_Tantissimo. Sei una piccola, preziosa pietra grezza._ il rossino distolse lo sguardo per puntarlo verso la volta nera del mondo. Una stella cadde giù, facendo piangere il cielo. Il ragazzo velocemente chiuse gli occhi, stringendo tra loro le labbra_ Che desiderio hai espresso?_ chiese il vampiro sorridendo.

Il ragazzo riaprì gli occhi, strizzandone uno in direzione dell’altro.

_Non te lo dico._ disse portando le mani dietro la schiena.
Il moro incrociò le braccia sul petto.

_Ragazzino dispettoso.

_Non si avvera più se te lo dico.

_Mi sorprende che tu creda a questa storia delle stelle cadenti.

_Ci credo perché una volta il mio desiderio è stato veramente esaudito._ spiegò il giovane.

_Quale?

Il rosso abbassò lo sguardo, addolcendolo.

_Quello di avere un fratellino o una sorellina.

Il vampiro dopo un istante si avvicinò al ragazzo, afferrando la sua testa con il braccio e attirandolo contro di sé, in una goffa stretta di possessione.

_Dormi con me stanotte.

Il ragazzino avvampò e tentò di parlare, la sua voce soffocata dal petto dell'altro.

_Ma… sono cose da chiedere così queste?!_ esclamò emozionato.

_Sei un ragazzino._ rise.

_Non lo sono.

_Sì che lo sei.

_No.

_Sì._ concluse Andrea perentoriamente. Il vento freddo della notte iniziò a soffiare su di loro e Andrea avvolse l’altro con entrambe le braccia, posandole mollemente sulle sue spalle._ Andiamo,_ disse sorridendo._ ci aspettano un letto caldo e tante coccole.

 

Il respiro di Demian riempiva tutta la stanza, spezzando il silenzio della notte. Il buio li avvolgeva, come a nascondere timidi amanti che non vogliono farsi scorgere.

Andrea gli stava accarezzando il petto nudo, le mani che si muovevano calme e buone sul suo torace. Bastava questo tocco a farlo impazzire. Percepire le carezze di quelle dita, lo sfioramento delle sue unghie affilate, lo facevano sentire senza difese, prigioniero. Si vergognò a pensare quanto ciò fosse eccitante.

_Mmmh… come sei bravo coi massaggi._ gli disse con voce roca Demian, sorridendo placidamente.

Gli occhi li teneva chiusi, per assaporare meglio il momento, per perdersi nei sensi e non guardare gli occhi dell’altro, perché essi splendevano azzurri e immensi, conturbanti.

Il vampiro lo guardava mentre era steso su un fianco, intento nella sua lunga carezza; gli occhi socchiusi, i sensi più sviluppati del solito. Non aveva mangiato e sentiva il corpo dell’altro, il suo calore, il suo piacere, il suo sangue ancora più intensamente.  

_Sono bravo perché mi piace farteli. Voglio farti star bene.

Dopo aver ascoltato queste parole, Demian si sottrasse alla mano dell’altro e gli salì sopra, una gamba su ogni lato incrociando le braccia sul petto.

_Anche io voglio farti star bene._ proruppe l’altro deciso.

_Ma lo fai già._ rispose tranquillamente Andrea, come se fosse la cosa più ovvia del mondo._ Il solo starti vicino per me è la più grande delle fortune e degli onori. Mi è stato concesso il tuo affetto, mi è stato concesso di averti e questo è tutto ciò che voglio.

Il rossino poggiò la guancia sul petto dell’altro. Provò un forte desiderio di sentir battere un cuore in lui, di sentire la vita scorrergli dentro, di avvertire concretamente il suo desiderio. Sapeva che quello non era possibile, sapeva che questo non gli sarebbe mai stato consentito.

Sentì la mano dell’altro sui suoi capelli e questo lo fece risvegliare dai suoi pensieri. Preso da una strana frenesia afferrò quella mano e strizzando gli occhi iniziò a baciarla ripetutamente.

_Andrea… Andrea…_ gemette, quasi piangendo.

Che cosa gli stava accadendo? Perché era così turbato? Perché si sentiva così legato a lui e temeva una loro ipotetica separazione, fino a tremare così?

Il moro lo strinse a sé, affondando la testa nel suo collo.

_Non fare così. Non dipendere così tanto da me. Io non merito tanto.

_Non lasciarmi. Ti prego non lasciarmi, non ho mai avuto così paura di perdere qualcosa, io…_ il vampiro interruppe quelle suppliche struggenti con un dolce bacio. Stretti l’uno tra le braccia dell’altro passarono la notte, beandosi di un amore di cui forse entrambi, anche Andrea, non riuscivano a capire la portata. Due occhi violetti splendettero al di là della finestra. Andrea sbarrò gli occhi e si fermò dal coccolare l’altro._ Che c’è?_ chiese il rossino a bassa voce, pigolando come un uccellino.

_... niente.

_Sicuro?

Demian tornò ad essere l’obiettivo dello sguardo dell’altro.
_Certo._ e lo baciò ancora, spegnendo qualsiasi pensiero l’altro avesse in mente, qualsiasi parola che avrebbe potuto pronunciare, togliendo un senso a tutto e dandogliene un altro, molto più confuso ma anche molto più bello.

 

Quando si risvegliò si trovava nel letto di Andrea, come ogni volta. Si riscoprì nudo sotto le coperte. Era diventato un bel pervertito non c’era che dire.

_Cazzo!_ imprecò Demian che si era completamente dimenticato di fare i compiti.

Il professor Lamini l’avrebbe fucilato se lo sentiva!

Si vestì, di malumore come non mai, e si diresse alla fermata dell’autobus. Nel mezzo di trasporto tentò di fare qualche esercizio di aritmetica, senza però concludere niente. La matematica e tutte le sue diramazioni inutili non le avrebbe mai capite. Sbuffò e infilò malamente il quaderno nello zaino, prendendosi la testa fra le mani.

Novembre infine era arrivato, vestito elegantemente di rosso e marrone e con sé aveva portato il vero freddo. In quel maledettissimo autobus si gelava. Ma il riscaldamento no, eh? Il suo culo si sarebbe presto congelato se non faceva qualcosa. Si strinse nel cappotto e nelle spalle e si avvolse per bene la sciarpa intorno alla bocca, provando sollievo nel sentire il proprio respiro infrangersi contro la lana e sbattere sul suo viso.

Diana era lì, al solito posto accanto l’albero vicino al cancello e sembrava aspettare proprio lui, perché non appena lo vide arrivare sorrise energicamente e gli andò incontro.

_Buongiorno Demian! Freddo eh?_ iniziò la giovane con voce giuliva.

_Sì decisamente.

La ragazza era avvolta in un cappotto rosso troppo grande per lei e indossava un paio di guanti neri. Sotto doveva portare una gonna più corta del cappotto perché le si vedevano le gambe snelle coperte da calze scure e stivali alti fino al ginocchio. Erano stivali pieni di lacci, che le stavano molto bene, notò Demian. I suoi capelli erano sciolti sulle spalle e sulla sciarpa rosa pallido, ed erano scompigliati dal vento. Era veramente carina. I suoi occhi erano gioiosi, tipici di una ragazza felice di vivere e che non ha nessun problema al mondo e per questo provò un po’ d’invidia.

Quella ragazzina così diversa da lui gli piaceva da matti. Poteva vederla respirare, perché il suo fiato caldo si tramutava istantaneamente in nuvolette di vapore. Non poteva non sorriderle, non poteva ignorarla. Era una boccata di aria fresca in quella scuola.

 

Durante tutte le sei ore, il rossino pensò a Melìt, cosa che non aveva avuto il tempo di fare la notte prima per via della passione con cui Andrea lo aveva investito. Perché quel tipo si era fatto vivo di nuovo? Cosa voleva da Andrea? Gli avrebbe fatto del male? Dopo tutto stando al racconto del moro, egli era molto più vecchio di lui. In più c’era quel giovane vampiro dallo sguardo spento che non lo convinceva per niente… no, quella situazione non gli piaceva affatto. Stare in quella stanza piena di vampiri poi. Per la prima volta aveva sentito intensamente il desiderio su di sé, desiderio che Andrea riusciva a controllare ma che il ragazzo chiamato Alex e il suo Creatore non riuscivano o non si preoccupavano di nascondere.

 

A fine lezione Demian fece per dirigersi alla fermata dell’autobus ma venne richiamato da una voce.

_Demian.

Perché quella voce pronunciava il suo nome così dolcemente?

Si voltò e vide Diana raggiungerlo a lunghi passi; la sua sciarpa era messa male e il cappottino tutto slacciato. Ora si poteva vedere che indossava una gonna lunga quasi fino al ginocchio, dello stesso colore del cappotto e un maglioncino blu spento.

_Dimmi.

_Ecco… hai… hai da fare?

_Adesso?

_No… sì! Sì sì, adesso. Volevo chiederti… se ti andava di andare a mangiare qualcosa… insieme._ il viso della ragazza era improvvisamente avvampato di colore.

_Beh, io…

_Hai da fare?

_No… in verità no.

 

Seduti al tavolino del Mc Donald’s, Demian mangiava patatine con ketchup e Diana un hamburger troppo grande per la sua piccola bocca, che infatti apriva all’inverosimile per tentare di morderlo come si deve. Lì dentro c’era un piacevole tepore e un intenso odore di fritto.

Il rossino si guardò intorno. Non era abituato a stare in mezzo a troppa gente in luoghi chiusi, di solito li evitava. Ma stava bene con Diana, a mangiare tranquillamente con una ragazza così diversa dalle sue coetanee tutte trucco e scarpette. Anche trovandosi in un luogo così comune, a fare una cosa tanto semplice come mangiare, non riusciva a stare tranquillo. Dal giorno prima non faceva che sentirsi inquieto. Era solo colpa di Melìt? La presenza di quell’eccentrico vampiro che riposava chissà dove nascosto nel buio, non lo faceva stare tranquillo e sentiva di aver acquisito un sesto senso. Sapeva riconoscere i vampiri? La sua mente divenne buia; smise di mangiare. Si guardò attorno. Una miriade di ragazze e ragazzi affamati riempiva il luogo. Il vociare della gente si era attutito, tutto era andato in secondo piano. C’era qualcuno lì? Chi…

_E’ tutto a posto Demian?_ Diana lo guardò preoccupata, dopo aver visto l’espressione dell’altro.

_Ah… sì. Sì…

_Avevi un’espressione terribile. Non ti senti bene?
_No, è tutto ok._ si rituffò nel piatto di patatine e sorrise alla giovane._ Ho una fame da lupi.

La ragazza dall’altra parte del tavolo ricambiò il sorriso, non del tutto convinta.

_Dimmi Demian hai fratelli o sorelle?

_Ho una sorella più piccola.

_Davvero? Sei un fratello maggiore allora. Ti ci vedo proprio!_ esclamò la brunetta socchiudendo gli occhi._ Il ragazzo inarcò le sopracciglia e bevve la sua Coca Cola_ Che tipo è la tua sorellina?

_E’ un tipo sveglio._ Diana iniziò a ridere di gusto._ Cos’ho detto?

_Che modo strano di definire la propria sorella!_ riuscì a dire asciugandosi le lacrime dalle ciglia.

_Era così strano?_ chiese il rossino corrugando le sopracciglia.

_Avevi una faccia buffa.

Demian sbatté le palpebre e ridacchiò. Della senape sgocciolò sulla maglia di Diana.

_Ti sei sporcata._ le fece notare Demian indicando il punto.

_Ah! Oh, no, spero che venga via._ si alzò dalla sedia._ Aspettami un momento, torno subito, provo a toglierla con dell’acqua.

Il rosso vide la ragazza allontanarsi e poggiò il viso sul palmo della mano. All’improvviso una forte scossa gli attraversò la testa, da una tempia all’atra, internamente, strappandogli un intenso gemito. Insieme al dolore un immagine lo attraversò.

 

Cos’è? Un lago?

 

E’ rosso…


Un lago di sangue?!

 

Il dolore lo fece contorcere e piegare in due; si portò le mani alla testa respirando affannosamente. Lentamente il dolore divenne più sopportabile fino a scomparire del tutto.

Cos’era stato quel dolore? Quel sangue…

Si alzò in piedi disgustato, raggiungendo il bagno. Si sciacquò il viso, riprendendosi.
_LASCIAMI!

Il rosso si voltò verso la direzione dove aveva sentito provenire quel grido. Veniva dal bagno delle donne.

_Diana?

 

_Sei tutta sporca. Vuoi che ti aiuti?_ le chiese un ragazzo sulla ventina, lascivamente.
_No! Lasciami stare, vattene!

L’altro aveva bloccato la bruna al muro e tentava di alzarle il maglione. Diana opponeva resistenza, ma aveva paura.
_E su, non fare la timida. Fammi solo toccare un po’, lo so che ti piace.

_Giù le mani.

Il tipo si voltò verso Demian che si trovava ritto davanti la porta del bagno delle ragazze.

_E tu che cazzo vuoi? Sparisci, ti conviene.

_Ti ho detto di non toccarla. Sei sordo?

_Piccolo bastardo._ il ragazzo si avvicinò paurosamente a Demian che gli sferrò un pugno nello stomaco che l’altro non riuscì a prevedere_ Ca… rogna…

_Andiamo via._ disse rivoltò a Diana, che si stringeva contro il muro.

_Ah… mh._ annuì la giovane, ma la mano del teppista l’afferrò per un polso_ Ahia! Cosa… lasciami!

_Ho deciso che questa bambolina starà un po’ con me, perciò sparisci._ aveva la voce ancora rotta dal dolore.

_Vedo che non capisci l’italiano._ Demian, impulsivo com’era, iniziò a scaldarsi._ Ti ho detto…_ fece per aggredire nuovamente l’altro ma qualcuno agì prima di lui.

Il rosso riuscì a vedere solo il colpo sferrato da un braccio velocissimo colpire in pieno viso l’aggressore e questo cadere a terra scioccato.
Diana era caduta in ginocchio e dal suo sguardo si capiva che non era riuscita a capire del tutto cosa fosse successo. Guardò oltre le spalle del rossino, così anche Demian si decise a voltarsi. Dapprima vide solo un petto maschile, poi alzando lo sguardo scorse il viso di un ragazzo sulla soglia dei trent’anni ma con un bel viso di quelli che anche oltre i quaranta ne dimostreranno sempre venti.

I capelli color arancio dorato erano corti, con ciuffi ribelli a mo’ di cresta. Gli occhi erano limpidi, celesti contornati di blu, il suo sguardo leale e coraggioso, buono; la sua pelle era lievemente dorata, tipica del sole del sud. Sorrise quando incrociò lo sguardo indagatore di Demian. Infilò le mani nelle tasche del lungo cappotto retrò e gli diede le spalle, però girando la testa in modo da poterlo guardare.

­_Cosa c’è? Ti ho tolto il divertimento?_ il suo tono di voce vivace e deciso, di chi non ha peli sulla lingua colpì Demian. Un gesto del genere compiuto da un ragazzo così… libero e semplice?

_Libero e semplice? Nessuno mi aveva mai definito così._ l’uomo misterioso ammiccò e portò il dito indice davanti il proprio naso._ L’aspetto esteriore può ingannare, sai?_ e si allontanò tranquillo, facendo sbattere piano la porta del bagno.

Demian era rimasto lì impalato, incapace di trovare una risposta alla domanda che scorazzava libera nella sua mente.

Come aveva potuto sentire quello che aveva pensato?! Che fosse anche lui un vampiro? No, non poteva essere. Quell’uomo aveva la pelle abbronzata e non aveva visto la minima traccia di canini nella sua bocca quando aveva sorriso stirando le labbra. E soprattutto era giorno, cioè l’arco di tempo in cui per un vampiro è impossibile andarsene in giro a prendere la gente a pugni. No, quello era un essere umano come lui. Ma allora?

_De… Demian.
Si voltò, ricordandosi della ragazza.
_Va tutto bene Diana?_ le chiese dolcemente.

_Sì... mi sono solo spaventata tanto._ sorrise al suo amico._ Sei stato… molto coraggioso. Non hai esitato un attimo ad aiutarmi.

_L’avrebbe fatto chiunque.

La ragazza si alzò in piedi e si avvicinò all’altro, guardandolo con ammirazione.

_Non è vero._ prese la mano del rossino tra le sue._ Grazie davvero.

Il rosso ricambiò il sorriso, ma i suoi pensieri erano altrove.

 

Passò tutto il pomeriggio con Diana, come in un vero appuntamento.

Era un appuntamento?!

Ci pensò un po’ su. Dopo la brutta scena nel bagno del Mc era stato a passeggiare con lei per le vie più rinomate di Roma, a guardare le vetrine, a chiacchierare del più e del meno, dei fatti di scuola, dei reciproci interessi, scoprendo di amare entrambi la poesia.

_Che autori ti piacciono Demi?

Demi?

_Mmh… non sono più un lettore assiduo, ma i miei preferiti sono Baudelaire e Prevert.

_Oh, due poeti unici! Charles Baudelaire, considerato da molti il precursore della poesia moderna. Lo adoro anch’io. C’è una sua poesia che preferisci?

Demian ci pensò su. Fino a un paio di mesi prima avrebbe risposto L’uomo e il mare.
_La mendicante rossa.

_Triste.

_Tutte le sue poesie sono tristi.

_Già. Ma questa parla di una ragazza povera che pur essendolo, nella sua povertà è splendida. Se lei fosse una dama ricoperta di velluto avrebbe il mondo ai suoi piedi. La gente guarda solo le apparenze non trovi? Non si sforza, non si spinge mai oltre.

_Bisogna farci l’abitudine. Nessuno ti guarda mai veramente dentro.

Diana abbassò lo sguardo sorridendo tristemente.
_A volte nemmeno la bellezza viene notata.
_Solo se non valorizzata.

La ragazza si fermò imitata subito dopo dall’altro e lo guardò negli occhi.

_Sì. Solo se valorizzata._ Demian le sorrise, capendo che il discorso la rendeva pensierosa e un po’ triste._ Non è così importante farci capire dagli altri. L’importante è avere valore agli occhi di chi amiamo._ non capendo bene perché ripensò alla chiacchierata della sera prima con Andrea._ Ci sono però persone che tengono lo stesso a sembrare quello che non sono solo per avere l’approvazione degli altri. Fingere di essere qualcuno che non si è, mettersi in mostra a tutti i costi. Non pensi che sia peggiore chi fa questo che chi si ferma alle apparenze?

_Forse sì. Ma Demian, a volte si accetta di diventare qualcuno di diverso da se stesso per amore. Non pensi che questa sia un’ottima ragione per tutto?

_No, non per tutto. Ci sono cose che non vanno fatte nemmeno per amore. Esistono cose chiamate orgoglio e morale.

I due ripresero a camminare; fu Demian il primo a farlo. La ragazza teneva la testa bassa.

_Per me quando si ama ci si dimentica di tutte queste cose.

Demian non rispose. Non c’era nessuno oltre lui che avesse dell’amore un’idea più romantica. Ma sapeva che non avrebbe mai tradito i suoi principi per un sentimento così crudelmente effimero.

Arrivarono di fronte ad un palazzo di quatto piani, vecchio ma apparentemente resistente.

_Io abito qui._ lo informò la ragazza girandosi verso di lui, sorridendo._ Grazie per la bella giornata. Sono stata bene.

_Sì, anch’io.

Diana si avvicinò al ragazzo, in attesa del saluto di rito con bacio sulla guancia, che però non arrivava. A disagio la giovane arretrò di qualche passo, dissimulando l’imbarazzo con un mezzo sorriso. Solo allora il rossino capì, infatti le si avvicinò e posandole una mano sulla spalla la baciò sulla guancia sinistra. Diana  non riuscì a dire nulla. Rimase coi grandi occhi castani spalancati e le labbra semiaperte. Quel bacio era stato così dolce e delicato che avvampò senza potersi trattenere. Era stata travolta dalla dolcezza, cosa che non si sarebbe mai aspettata da quel ragazzo così taciturno, che stava sempre sulle sue. Serena, sorrise dolcemente.

_Eh… v-vado. Ci vediamo Lunedì.

_Sì, a lunedì._ dopo averla salutata Demian si allontanò infilando le mani nelle tasche del cappotto e Diana iniziò a salire le scale di casa. Velocemente.

 

Il sole era prossimo a calare. Non aveva fame e nemmeno così tanto freddo, così decise di continuare la lunga passeggiata iniziata con Diana. Gli piaceva camminare per Roma, attraversare le strade che sapevano di storia, su quei marciapiedi corrosi dal tempo, guardando i maestosi muri antichi sfigurati dalle scritte di qualche ragazzino annoiato, i parchi disseminati qua e là, le chiesette nascoste che spesso erano più ricche e maestose di quelle più famose; una città ricca di tutto, che mai sarebbe morta nonostante il trascorrere del tempo.

La Città Eterna.

Il cielo si stava scurendo, il sole era appena tramontato. Le strade si svuotavano pian piano, la cena attendeva ogni famiglia e nell’aria si sentiva persino odore di carne, profumino invitante che arrivava da un’abitazione lì vicino. Il suo stomaco iniziò a brontolare; forse era ora di rientrare. Si voltò per incamminarsi nella direzione opposta ma urtò il corpo di qualcuno che era come comparso dal nulla.

_Oh, scusami ragazzo, dimentico sempre di essere meno silenzioso. Sai com’è, l’abitudine.

Demian indietreggiò repentinamente alla vista del vampiro Melìt. Il biondo indossava abiti moderni ma con dettagli arcaici: una camicia bianca coi polsini merlettati, jeans chiari e stretti, lucide scarpe nere e dai suoi lobi pendevano orecchini a goccia, in oro con al centro una perla nera.

_Cosa… cosa ci fai qui?! Il sole è appena tramontato, c’è… c’è la luce._ constatò Demian balbettando, capendo di trovarsi in una situazione per niente sicura.

Il vampiro si passò una mano tra i capelli, con aria tranquilla, e gli sorrise caloroso.
_A cosa mi servirebbe essere così vecchio se non potessi nemmeno godere di qualche privilegio? Il tempo mi ha donato potere e questi ultimi raggi non fanno che scottarmi un po’. In effetti non è piacevole._ ammise il vampiro con una smorfia velata. Il ragazzo trattenne il respiro, provando paura suo malgrado. Il biondo vampiro mosse qualche passo verso di lui, disinvolto._ Ah, dimenticavo,_ infilò una mano nella tasca posteriore dei jeans, estraendone un foglietto ripiegato più volte._ credo che questa sia tua._ spiegò il foglio di carta, iniziando a leggerne il contenuto._ Nel lasso di una notte un immortale sei diventato, il tuo corpo solo il riflesso di quello umano, nell’oblio della notte vivi, la dolce agonia del nutrimento aneli…

Dire che Demian si sbalordì sarebbe minimizzare. Quel mostro stava leggendo la sua poesia! Quella che non aveva più trovato.
_Dove… dove l’hai presa?!_ riuscì a chiedere il rossino deglutendo più volte.

Melìt assunse una finta espressione innocente e alzò le spalle, prendendo a passeggiare sul marciapiede.

_L’ho trovata.

_Sì, nel bagno della mia scuola dove l’avevo poggiata un attimo. Ma… come diavolo hai fatto?! Era giorno, dovresti essere stato tutto il tempo rinchiuso in una polverosa bara!

_Che ragazzino pungente!_ esclamò il vampiro in tutta risposta._ Ho le mie risorse. Ciò che conta è che ora io ne sia in possesso no?

_Ridammela!_ senza potersi trattenere, il ragazzo si scagliò contro il vampiro, tentando di riprendersi la poesia.

Ma il biondo vampiro fu ovviamente più veloce e in un attimo scomparve, come nebbia che si dissolve, per poi riapparire un secondo dopo alle spalle di Demian che lo stava cercando, disorientato da quell’improvvisa sparizione.

Melìt scosse la testa e toccò la spalla del ragazzo, che si voltò trattenendo a stento un grido.

_Ehi, non agitarti tesoro._ Melìt si sventolò usando il foglio di carta con su la poesia del rossino, la cui rabbia aveva iniziato a dominarlo. Egli infatti strinse i pugni e digrignò i denti._ Su, non fare quella faccia. E’ una bella poesia._ tornò a leggere i versi, simulando interesse in maniera molto poco convincente._ E’ un desiderio sensuale e assoluto… oh, sì che lo è mio caro._ disse abbassando improvvisamente la voce, rendendola più gutturale, dandogli un tono minaccioso che fece rabbrividire Demian.

Melìt si stava avvicinando al ragazzo, muovendosi lentamente, come se invece di camminare scivolasse, senza produrre nemmeno un rumore. Il giovane rossino non ebbe nemmeno il tempo di aver paura, rimase immobile, come paralizzato, pietrificato di fronte a quell’antico immortale dalla potenza sconfinata e ancora sconosciuta, e dai dubbi fini. Il biondo tese una mano per accarezzare la guancia del ragazzo. Sfiorò la giovane pelle del rossino terrorizzandolo, agghiacciandolo con il freddo delle sue dita millenarie.

Quasi senza nemmeno rendersene conto il vampiro finì a terra, colpito da una forte raffica di quello che sembrava essere vento nero. Demian rimase immobile al suo posto, guardando fisso davanti a sé, non riuscendo nemmeno a distogliere lo sguardo. I minacciosi occhi violetti di Melìt l’avevano disarmato della volontà, la sua aura elettrica e densa disgustato, e quel gelo innaturale messo la firma nel contratto scritto dalla sua paura. Si lasciò sfuggire un grido quando forti braccia strinsero la sua vita, facendolo aderire contro un petto di marmo.
_Demian.

La voce di Andrea lo riscosse dall’oscura magia che l’aveva pietrificato, e il rossino girò la testa, incontrando il viso di colui che gli fece tirare un sospiro di sollievo.

_Andrea!

Sentendosi chiamare in maniera così disperata, il vampiro dai capelli neri strinse di più a sé il suo giovane protetto, poggiando il mento sulla sua spalla sinistra.

_Possibile che tu ti metta sempre nei guai? Scusa il ritardo, sono venuto il prima possibile.
_Andrea!_ ripete Demian, stavolta con un tono sollevato, quasi felice. Si rigirò tra le braccia del vampiro e gli gettò le braccia al collo, stringendolo forte._ Meno male che sei qui.

Andrea lo abbracciò forte a sua volta, godendo segretamente di quel calore, di quella vicinanza che gli dava forza.
_Hai avuto paura non è vero?_ gli sussurrò piano, cullandolo con la voce, calmandolo._ Adesso stai tranquillo, ci sono io con te, non potrà più toccarti con quelle mani indegne.

_Ti sembra modo di rivolgerti al tuo Creatore, figlio ingrato?_ chiese Melìt sarcastico, dopo essersi rialzato da terra. Si spolverò i vestiti con la mano, senza scomporsi._ Accidenti, li ho pagati tantissimo questi abiti lo sai, maleducato? Avrei dovuto insegnarti l’educazione molti anni fa.

_Tu non sei mio padre Melìt._ lo fulminò Andrea con un odio con cui forse non lo aveva mai guardato.

L’altro rispose allo sguardo astioso con un sorriso che poteva sembrare quasi dolce a chi non conosceva bene il vampiro Melìt.

_Ti sei innamorato di un umano. Non imparerai mai, anche quando avrai il triplo degli anni che hai ora. Non puoi amare un mortale. Siete luce ed ombra, calore e gelo! Non senti com’è caldo, com’è indifeso e fragile tra le tue braccia? Non avverti la differenza lampante che c’è tra voi?

Andrea strinse più forte Demian, che gemette all’intensità di quell’abbraccio perchè stava diventando troppo stretto.

_Non riuscirai a ferirmi. L’hai già fatto troppe volte. Non sono più un novellino sopraffatto dalla paura e dal dolore. Non dipendo più da te.

Melìt sorrise placido e quasi dolce, come se nulla potesse spaventarlo o ferirlo, come se sapesse ogni cosa di lui, come se avesse le rispose dell’universo in mano, e forse era davvero così.

_Quel ragazzino ti ha cambiato._ disse l’antico tendendo una mano in avanti, stringendola a pugno per poi riaprila subito dopo.

Ora la sua mano era accesa di un fuoco giallo il cui calore si avvertiva a distanza.

Forse era arrivato il momento di porre fine a una guerra psicologica durata troppi anni.

Forse era ora di combattere sul serio.

 

 

 

Continua…