DISCLAIMERS:
I personaggi sono disgraziatamente del grande
Asada, ma in segreto sono anche I miei amanti! Contando che in effetti io
sono Akane…(scherzo!) NOTE: POV di Hitonari. Ad un certo punto parlo di una cantante, ascoltavo Skin al pc per cui la donna può essere sul suo stampo. Baci Akane(Tachibana!)
A moon appeared in the nightsky capitolo II - Con quelle scarpe di Akane
/solo un addio/
- non cedete!- "Due parole. Le ultime da capitano. Capitano. Rimbombano nel silenzio quasi mortale della palestra. Il quintetto base del Kouzu, il primo serio quintetto della storia di questa scuola, esegue l'ultimo abbraccio da squadra. Una squadra che ha saputo vincere e crescere dal nulla. Un abbraccio che si scioglie e con esso anche la carica di Capitano di Yamazaki e di Vice di Kanemoto. Loro non sono più del Kouzu Basket Club. Un messaggio muto con gli occhi ad ognuno. L'ho percepito come immagino tutti. Le braccia di Akane da una parte e di Harumoto dall'altra hanno cercato di infondermi coraggio per l'importanza inevitabile che assumerò da qui. Non importa. Sono abituato a portare pesi, ma ormai non sono più solo. Ora ci sono i ricordi di cui devo occuparmi. Ricordi di allenamenti, di incontri, di partite, di esercizi, ritiri, sacrifici, litigate, pazzie e gioie. Ne abbiamo passate tante, eh? - mi raccomando la squadra!- la sua voce composta e pacata, matura, mi arriva ancora dal silenzio generale. Nessuno riesce a reagire e dire nulla. Li guardano uno di fianco all'altro, davanti a noi con la luce alle spalle e una penombra pomeridiana estiva che non ci crea sollievo. Sospiro impercettibilmente. La vostra squadra non tramonterà mai, almeno finchè ci sarò io nelle sue fila. È una promessa, non solo un dovere. Hanno dato tanto questi due, tutto, ma non esistono ancora parole per salutarli degnamente. C'è chi piange, chi fa il volto triste, chi invece ha l'aria serafica e concentrata come la mia e quella di Tachibana. Eppure deve esserci qualcosa che dimostri la nostra gratitudine, il rispetto, la stima, l'immensità di ciò che ci hanno insegnato. Potremo fare veramente a meno di loro? In realtà c'è. È solo un piccolo ed insignificante gesto che solo a lui poteva venire in mente, perché è solo da lui. Non so se è una casualità o meno ma è in mezzo a tutti noi messi in fila che guardiamo le loro spalle che si allontanano. E lui fa l'inchino di saluto che mostra profondo rispetto visto l'angolo che arriva a 90°. Non 45 come viene normale e comune, no. Quello riservato alle persone importanti. Sta così per alcuni minuti senza mostrare segni o espressioni. Ma io le sento le sue espressioni. Dentro ha qualcosa che non sa nemmeno come esprimere. Quello stupidotto...è solo un idiota... / stupide scarpe/ Di quell'allenamento ricordo solo che voleva che io mettessi una delle maglie che dimentica sempre a casa mia. Si, aveva detto che se lui metteva le mie scarpe come gli avevo suggerito ed io la sua maglia, avremmo vinto di sicuro. Il collegamento non lo so, ma ero certo che le mie scarpe sui suoi piedi potessero funzionare per farlo saltare meglio, la sua maglia addosso a me non ero molto convinto potesse farmi muovere in modo più preciso! Poi per il resto il solito allenamento dove dopo eravamo andati a mangiare qualcosa insieme con la squadra, ovvero lui ad ingozzarsi e gli altri a mangiare normalmente. In serata invece si era trattenuto con me a casa mia. Non era ne teso ne nulla per la partita che era alle porte, solo un po' moscio per l'assenza definitiva del capitano e del vice...ormai non più tali, ma semplicemente Yama e Kanemoto...me ne aveva parlato un po', ma non c'era stato bisogno di spiegazioni, era la medesima cosa che provavo io. Era stata la vicinanza sua per me e la mia per lui a rilassarci e a darci la carica. Poi avevamo finito come al solito per fare l'amore. Ora mentre lo aspetto qua in stazione col resto della squadra non so perché mi ricordo esattamente le parole a proposito di quelle mie scarpe delle quali lui si è appropriato! Associate ad esse una sensazione. Cos'è? Stiamo giocando e quell'idiota non è ancora arrivato. La Minefuji ha detto che la Yoshikawa ha telefonato dicendo che Tachibana era tornato indietro per prendere le scarpe che aveva dimenticato...quelle nuove! È facile per me capire che sono le mie e che le aveva dimenticate, ma visto che era già tardi perché diavolo non le ha lasciate perdere? Quello scimmiotto è troppo attaccato alle cose simboliche a volte. Dovrebbe essere più cinico e realista quando serve! Ora mi tocca far tutto da solo...ok che ci siamo rafforzati molto dopo il campionato, ma se ci fosse stato lui...un ultima occhiata alla porta per vedere se si apre facendolo entrare...e le pupille mi si dilatano mentre un battito del cuore viene a meno...il respiro torna dopo che non mi ero nemmeno accorto essersene andato. Dopo questo attimo in cui mi fermo senza seguire il gioco vedo agitazione nella panchina e la Minefuji che corre fuori dalla palestra indicando alla manager di rimanere lì. /la luna non splende/ Palpiti. Stupidi palpiti cardiaci che non accennano ad andare più piano. Così non mi fanno sentire quel che dice. - cosa gli è successo...?- la mia voce trema e capisco che è meglio non parlare. Sto sudando non per la corsa o la partita appena finita. Questo è sudore freddo. La Yoshikawa piange e sembra disperata, Hori invece è molto agitata ma Hatumto supera tutti...sono dettagli, cose, persone, situazioni che non colgo, che non vedo. Le so ma non le vedo. Io voglio sapere. Ansia. È dall'inizio della giornata che mi attanagliava. C'era qualcosa in questo sole che non mi permetteva di essere rilassato. Respiro a fatica e ascolto...ascolto quel che spero sia solo illusione. - la gamba sinistra si è fratturata all'altezza del femore...- sento questo. Poi altre parole, ancora dettagli, precisioni ed imprecisioni, incertezze. Le vene alle tempie cominciano a battere sempre più forte. Non sento, per un momento il mondo si oscura. Sono impietrito e gelido. Cosa dico, cosa faccio...cosa farò se...? -...qualora subentrasse un infezione...ripercussioni per tutta la vita...oltre la possibilità di giocare a basket...in un caso del genere la sua gamba sinistra...verrebbe amputata!- sudo copiosamente e ascolto il discorso solo a tratti. Mi avvicino alla porta semiaperta della sua camera, lui è lì disteso che dorme con un volto contratto dal dolore. È anestetizzato ma soffre...quanto vorrei capire...sentire quello che sente lui...ma ora sento solo il mio di dolore. Mi fa male, impressione, vederlo così...i-io...non...no...non ci credo...merda...quello non è Akane... - no...- tremo ancora, più di prima, la mia voce è lontana e ovattata. Non capisco se mantengo la mia piega fredda, il suo stampo naturale...oppure se...se cosa? - ...- cosa penso? Cosa faccio? Cosa dico? - non può essere vero...- sento i miei muscoli facciali assumere un espressione, finalmente. Le gocce di sudore arrivano sugli occhi che mi bruciano. Si. Mi bruciano per quelle, per il sudore...non per...quello che...vedo... -Tachibana...- lo dico io oppure è qualcun altro? Respiro...devo respirare....se respiro io forse riesco a trasmettergli la voglia di farlo anche a lui. Lui è lì disteso in un letto d'ospedale, addormentato con smorfie di dolore sul volto pieno di lividi...e una gamba che rischia di essere amputata...lui è lì e forse non potrà più saltare con me, per me...potrebbe cambiare per sempre...e tutto...per...delle scarpe...le mie scarpe...le nike...no...mi rifiuto di crederci. È lui quello che non accetta la realtà, non io. Io accetto, prendo subito atto e porto il peso dei miei sentimenti e delle responsabilità di tutti. Cazzo. Cosa faccio? Svegliati che non capisco nulla. E loro parlano sul dafarsi, su organizzare i turni per andare a trovarlo, su cosa dirgli, su come comportarsi, sulle possibilità che aspettano ora Tachibana...su chi porta a casa lei, lui e quell'altro...pensano a queste cose loro...io non ci riesco. Sto solo in un angolo e anche quando tornano a casa sto indietro rispetto a tutti. Guardo in basso, non riesco ad alzare lo sguardo. L'ultima cosa che ho visto è stato il viso di Tachibana addormentato, non voglio guardare altro. Impresso nella mia mente. Impresso...cosa c'è? Mi fermo. Mi sono fermato? - Hiragi...- la voce di Harumoto mi pare lontana, mi chiama, credo sia preoccupato per la mia espressione inespressiva. Mi giro. Non do retta a nessuno, lui mi aspetta mentre gli altri avanzano. Almeno mi pare. Alzo lo sguardo. Cerco Akane...lo cerco in cielo...la luna non c'è, è tutto nero e buio. Come la finestra della sua camera d'ospedale. Nelle orecchie musica da lontano, da un locale notturno che manda a tutto volume note azzeccate per una serata simile. Una donna con la voce tipica di quelle di colore canta arrivando ad acuti con quel suo timbro speciale....pian piano recupero i particolari...ma mi sembra triste anche lei. Forse sono i miei sensi che vedono tutto così. Cosa posso fare io per lui? - io vado....ci vediamo, Harumoto...- credo di dire così prima di iniziare camminare come un automa. Seguo la voce di quella cantante e giungo senza accorgermene in un locale dove fanno live music. Non è molto grande ed è per questo che la musica si sente bene anche da fuori. Entro e ammetto che c'è poca gente. È una serata qualunque senza luna con un caldo che non soffoca e non raffredda. Mi appoggio alla parete in fondo alla sala e guardo in direzione della cantante. Era come immaginavo di colore, ha neri capelli corti con del gel che le stanno in su, sono rasati ai lati, un taglio da punk, credo, non lo so. Vedo ancora particolari, ascolto dettagli e lento riprendo possesso del mio corpo, di me stesso...e la mia mente quando torna a me? Lei è brava, canta bene, deve essere sulla trentina, non ne ho mai sentita una cantare così bene. Arriva a picchi altissimi e riesce ad imprimere una malinconia e disperazione alla sua voce che non credo di aver mai sentito. Anche se io la musica comunque non l'ascolto. Sento anche il mio respiro tornato regolare. E i battiti del cuore sono calmi. Ora i pensieri fluiscono in me chiari e netti, freddi e pacati. Cambia canzone e mentre lei si sfoga cantando io penso a come mi dovrei sfogare...non lo so. Ma voglio fare qualcosa per lui. Cosa posso fare? Tutti hanno organizzato un po' i turni per stare con lui in modo di non lasciarlo mai solo, stanno pensando a come parlargli, come trattarlo...pensano a queste cose, ma io non riesco. Non riesco ora. Mi riempio gli orecchi della voce e della musica così forte mentre la chitarra elettrica esplode facendo tremare i vetri e lei sfumata e delicata ma decisa e graffiante riesce ad ammutolire tutti che la guardano silenziosi ed ammirati. Particolari che non sono miei. Ho bisogno di non pensare. Giuro che da domani lo faccio. Mi sfogo e penso a qualcosa di concreto per lui. Ora...ora...Dio, non ce la faccio. Vorrei sfogarmi e piangere, o correre, o giocare a basket...o qualunque cosa, ma non mi viene nulla se non spaccarmi i timpani. Solo adesso vedo che ho le casse amplificatorie accanto agli orecchi e la gente mi fissa perché mantengo aria e volto lontano, distante. Una statua di marmo scolpita da un artista del rinascimento che adora la bellezza sopraffina e sovrannaturale. Una tristezza intangibile sulla pelle di ghiaccio levigato. Non me ne importa. Questa musica non deve farmi attivare ancora la mente. Ancora per stanotte. /concretizzazione/ È l'alba. Sono tornato a casa, mi sono cambiato e sono uscito subito. Fuori piove ed era quello che desideravo. Non ce l'avrei mai fatta a vedere il sole. Nemmeno la luna questa notte c'è stata. Mi sono messo una tuta nera e tirato su il cappuccio ho iniziato a correre. Correre. Correre e basta. L'unica cosa che riesco a fare. Non piango, non vado da nessuna parte. Corro. E penso. Finalmente ce la faccio a reggere il peso dei miei pensieri. E dei miei sentimenti. Lui ha aperto gli occhi. Lo sento. È così. La pioggia cade non molto forte ma basta per bagnarmi del tutto subito, le scarpe...le mie scarpe...fanno rumore sulle pozzanghere che calpesto, schizzi si aprono al mio passaggio. Così mi riapproprio del mio corpo. Sfogo. Posso magari chiamarlo tale, ma non credo. Non è mio. Non mi sento sollevato, non mi aiuta. Corro più forte di prima, sempre più forte, in una meta sconosciuta, lontana dalla città, dall'ospedale. Non voglio più vederlo in quel modo. Non lo aiuterei, non serve. Devo mettere da parte me stesso, gli egoismi e le emozioni. Devo pensare a lui. Cosa posso fare io ai fatti per aiutarlo? Non credo che cose banali come una visita gli faccia bene. Sul momento ok, ma poi? Devo pensare più avanti. Più grande. Di più. Perché nessuno si è preoccupato per lui in questo modo. Come fare per lui? Lui non accetterà mai di non tornare a giocare a basket. Io senza di lui nel campo per sempre. Non devo essere egoista ma se penso a quello che sto per fare si riduce tutto a questo...egoismo. Lo faccio perché lui stia bene e se lui sta bene poi sto bene anche io, quindi lo faccio per me. È la natura umana. Il fiato mi viene sempre meno e corro più veloce. Lui sta male e non accetterà mai la sua situazione. Devo accettarla io per lui e per tutti e far si che...che lui...possa andarsene e guarire. Se non gli rendo la situazione tale che lui senza rimpianti se ne vada...devo dargli quella sicurezza che a lui manca. Lui non lo mostrerà mai ma gli mancherà, ne sono certo. La devo avere io per lui. Non mostro apertamente quello che voglio fare, non mi spiego. Perché dovrei? Se lui va da quell'amico di mio padre e guarisce se ne va da qua per molto tempo. Se non gli presento le condizioni adatte lui non se ne andrà. Io voglio che vada perché guarisca. Non mi basta che la gamba riprenda a farlo camminare. Voglio che torni a giocare a basket, a saltare, a correre...a volare... e se non fa così non ce la farà. Io voglio tutto. Non mi importa quando. Lui non deve rinunciare. Io lo aiuterò come posso. Le uniche cose che posso fare sono queste. L'unica...non ho tempo per me, per altro. Affinché lui guarisca con ogni sua volontà, che se ne vada, che ce la metta tutta, che ci creda, che lo voglia veramente io devo rafforzare il Kouzu. Devo farlo diventare così forte che l'assenza di Tachibana non peserà. Solo io ci posso riuscire. Solo così lo posso aiutare. Devo parlare con mio padre." FINE CAPITOLO II
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