I personaggi appartengono a Yoko Matsushita, autrice di Yami no Matsuei. La mia fanfic è ambientata nel momento subito successivo all'attacco di Touda, voluto da Tsuzuki.
Rating: NC-17
Pairing: Muraki/Oriya
Commento: ho ritenuto doveroso scrivere in un modo abbastanza crudo, data la situazione che precede i fatti che descrivo...



 


 

 

Amnesia

 

 

di Kyra_xx89

 



Non aveva la minima idea di come fosse riuscito a salvarsi da quell’inferno di fuoco e fiamme… Probabilmente era stato solo un banale colpo di fortuna, in ogni caso, non faceva che ringraziare infinitamente la buona stella di Muraki che gli aveva impedito di perire in quel momento… Già, ma a quale prezzo, però… La pelle morbida e candida del dottore, così delicata al tatto da sembrare seta, era completamente coperta di gravi ustioni ed era quasi irriconoscibile… La protesi oculare era orribilmente in fuori, come se una forza dall’interno la spingesse, rendendo il volto raccapricciante.
Grazie alle sue conoscenze erboristiche, aveva cosparso il corpo di Muraki di essenze, poi lo aveva fasciato completamente con delle garze ed in seguito con un telo di lino.
Ogni giorno ripeteva la delicata operazione di apporre altre essenze e cambiare bende, nella speranza di una guarigione più o meno completa…
In quel periodo aveva anche chiuso l’accesso del kokakurou al pubblico, perché Kazutaka avesse tutta la tranquillità di cui necessitava.

Stava sonnecchiando, quando un colpo violento lo fece sobbalzare. Si precipitò nella stanza destinata al suo ospite e rimase paralizzato sull’entrata.
<PERCHE’? PERCHE’ NON SONO MORTO? IO SONO UN ESSERE MALEDETTO ED ERO STATO AVVOLTO DALLE FIAMME DELL’INFERNO! CHI E’ CHE MI HA SOTTRATTO AL FUOCO INFERNALE?!>
Si era strappato le bende talmente violentemente che dal suo corpo pendevano brandelli di pelle, non ancora rimarginata. Girava come un animale in gabbia, distruggendo tutto ciò che trovava davanti a sé. Era completamente impazzito.
<M-Muraki…?>
Si voltò verso di lui, la protesi che roteava febbrilmente. Con orrore esaminava ciò che lo circondava, provando solo il desiderio di disintegrare ogni cosa. Appena riconobbe Oriya davanti a sé, gli si avventò contro e, con una furia fuori dal normale, lo immobilizzò contro la parete.
<UCCIDIMI! NON VEDI COME SONO RIDOTTO?!> Lo scosse più volte, fino a quando il moro non divenne che un peso morto fra le sue braccia.
<Sono solo un mostro… un reietto… Perché non mi hai ucciso quando mi hai visto? Perché? Spiegamelo… ti prego… perché io non riesco a capire…> Si lasciò cadere a terra, facendosi avvolgere dal dolore del suo corpo ustionato a contatto con il legno del pavimento, fino a che perse i sensi.

Quando si riprese, avvertì un tepore rassicurante che lo circondava.
<Strano…> Mormorò. <Le Fiamme Infernali le ricordavo più violente e dolorose… E’ così piacevole questo calore… come un abbraccio…>
Qualcosa di umido e delicato incontrò il suo viso. Sollevò lentamente gli occhi e venne travolto da un inebriante aroma di essenze profumate. Due pozzi profondi e neri come la pece lo osservavano dolcemente preoccupati.
<Io… sono morto… E tu sei… un angelo dalle ali nere… che porta la mia anima via con sé… Non è vero?>
Vide due lacrime sgorgare da quegli occhi infinitamente dolci e si stupì, domandando con curiosità infantile: <Perché piangi? Non devi, sai? Dopo la morte si può essere solo felici… si devono abbandonare tutte le preoccupazioni…> Rise. <E’ strano che un angelo come te non lo sappia!>
Con le dita raggrinzite raccolse le piccole e luminose gocce di rugiada, portandosele alle labbra. <Sei troppo bello per piangere… Non ti preoccupare, prenderò io la tua parte di sofferenza… così tu sorriderai di nuovo!> Un sorriso gli illuminò il volto martoriato. <Io devo soffrire… è la mia punizione per non essere stato in grado di trovare un rimedio contro la morte… Sono stato tanto cattivo, lo sai? Ma con te sarò buono e gentile, perché tu sei il mio angelo nero…> Lo abbracciò, tuffando il viso tra i lunghi capelli corvini di Oriya ed inspirando il loro profumo di fiori.
<Kazutaka…>
<E’ il mio nome…> Sussurrò stupito, senza allentare l’abbraccio. <Il tuo qual è?>
<Chiamami soltanto… Angelo… veglierò sempre su di te…>

Era incantato ad osservare il rincorrersi giocoso delle farfalle alla prima luce del sole. Le sue ferite cominciavano a rimarginarsi lentamente, ma ancora non riusciva a sopportare il calore dei raggi solari.
Oriya gli si avvicinò silenziosamente, non voleva distoglierlo dalla sua contemplazione estasiata ma, evidentemente, doveva averlo udito arrivare, perché si voltò verso di lui e lo accolse con un gran sorriso.
<Garda!> Esclamò, quando una farfalla gli si posò sulle mani aperte a coppa. <E’ bellissima!> In un sospiro d’ali, però, l’insetto volò via. <Che peccato… Era davvero meravigliosa!>
<Kazutaka, è ora di rientrare…> Lo avvisò dolcemente l’uomo.
<Ma mai quanto te!> Con uno slancio passò le braccia dietro al collo del moro, tra i suoi folti capelli, poi gli scoccò un bacio affettuoso sulla guancia.
Oriya si trovò completamente spiazzato, non ancora avvezzo alle improvvise ed intense dimostrazioni d’affetto da parte del dottore. In quelle ultime due settimane si era trovato più volte a coccolarlo, a raccontargli fiabe, a rimboccargli le coperte… Ma era un lato di Muraki che lo terrorizzava: e se il suo animo fosse rimasto per sempre quello di un bambino? Come avrebbe potuto difenderlo dal mondo esterno? Come avrebbe potuto confessargli i suoi sentimenti che in quel periodo sentiva incredibilmente intensificati? E poi, una volta scoperto il suo aspetto ripugnante, come avrebbe reagito un’anima così pura ed infantile? L’uomo si era premurato di eliminare ogni specchio esistente nel kokakurou, in modo che Kazutaka non rimanesse scioccato vedendosi in quelle condizioni disumane.
Questi quesiti avevano creato delle profonde rughe sulla sua fronte che Muraki si divertiva a far rilassare con movimenti concentrici e delicati dei polpastrelli.

Era immerso nella schiuma, come del resto lo era anche il bagno e lui stesso! Kazutaka non smetteva di lanciare la schiuma per ogni dove, divertendosi poi ad osservare il lento volteggiare delle bolle di sapone ed il loro schiocco sommesso. Una galleggiò a lungo nell’aria, intrisa di vapore caldo, per poi scoppiare con un delicato “plop” sul naso di Oriya.
Muraki rise. Una risata cristallina e pura come acqua di sorgente e sincera e spontanea come solo quella di un bambino può essere.
Lo osservò, intenerito. Lo aveva pregato di fare il bagno insieme e, quando aveva acconsentito, l’esplosione di felicità era stata solo lontanamente paragonabile all’esplosione di furia che avrebbero avuto le domestiche, una volta visto il disastro che stavano combinando!
Un brivido lo percorse lungo la spina dorsale: il dottore gli stava lentamente massaggiando la schiena nuda con le mani insaponate che, piano piano, scendevano. Le fermò, prima di perdere totalmente il controllo. Si voltò verso il dottore, ma la sua espressione mortificata disintegrò i propri propositi.
<Facciamo un po’ per uno! Adesso tocca a me insaponarti!> Esclamò, cercando di aggiustare la situazione. Infatti, Muraki si voltò obbediente.
La sua pelle si stava cicatrizzando ed era tornata morbida e pallida come sempre. La sfiorò, la toccò, la massaggiò, mai sazio di quel contatto. Kazutaka si appoggiò al suo petto, cominciando a coprirgli il collo di baci umidi. Le sue mani gli pettinavano i lunghi capelli, accarezzandoli infinite volte. Nascose il volto nell’incavo del suo collo, quando la mano di Oriya raggiunse i riccioli scuri del pube, giocherellandovi tra le dita. Venne travolto da violenti brividi.
<A-Angelo…> Sospirò. <Non smettere… ti prego…>
Oriya abbandonò il bacino di Muraki che emise un gemito scontento, subito soffocato da un bacio focoso e passionale dell’uomo. Kazutaka si voltò verso di lui, allacciandogli i fianchi con le gambe e facendo scontrare entrambi i sessi eccitati.
Si staccarono uno dall’altro, ansanti.

Muraki si stava leccando sensualmente le labbra, inconsapevole delle reazioni che quel semplice movimento potesse scatenare nel suo Angelo, nonostante il suo desiderio fosse stato ampiamente soddisfatto dall’amplesso nella vasca da bagno.
Oriya rabbrividì involontariamente, finendo di asciugarlo.
<Ho tanto sonno… E’ faticoso fare il bagno con te…> Sorrise, mentre le palpebre cominciavano a chiuderglisi. <Ma dovremmo farlo più spesso…mi è piaciuto molto…> Mormorò con voce impastata, accasciandosi poi sul petto del moro, addormentato.
L’uomo fece un lungo sospiro, poi lo sollevò di peso e lo adagiò sul letto, coprendolo accuratamente.
Quando fece per allontanarsi, però, le braccia del dottore lo trattennero ed il suo viso, nel sonno, si contrasse in una smorfia.

Era tutto buio di fronte a sé, ma riconobbe due figure in quell’oscurità infinita: un angelo dalle ali nere, circondato da un’aura dorata e un angelo dalle ali candide dal quale si sprigionava un’aura purpurea.
Li fissò a lungo, cercando di distinguere i loro volti, ma invano, perché un’improvvisa cascata di petali carmini lo avvolse in un abbraccio gelido ed umido.
Improvvisamente si trovò circondato da una serie interminabile di bisbigli inintelligibili. Cominciò a correre con le mani sulle orecchie, nel tentativo di sfuggire a quei sibili, ma più fuggiva, più essi si intensificavano, fino a quando il brusio divenne assordante.
“E’ morto, dottore, non c’è più niente da fare…”
“Perdonatemi, ho fatto tutto il possibile per salvarlo, ma è stato tutto inutile…”
“Lei è solo uno sporco assassino! Se non fosse per lei, sarebbe ancora vivo!”
“Assassino, incapace!”
“Se ne è andato…tra le mie braccia…io sono un essere completamente inutile… inutile…”
“Giuro che riuscirò a trovare il segreto della vita e nessuno morirà più per causa mia!”
Abbassò lo sguardo, appannato dalle lacrime, sulle sue mani e le vide rosse, come i petali… Rosse e sporche…Rosse e colpevoli…Rosse e maledette…
Un urlo straziante e disperato si liberò dalla sua bocca verso il cielo, implorando la pioggia, colei che purifica e che si porta via ogni male ed ogni peccato.
Un petalo gli si posò sulle labbra. Era bollente e, sotto la sua delicata pressione, la pelle sfrigolò, ustionandosi e chiudendo per sempre la sua bocca…

Si svegliò di soprassalto, facendo sobbalzare Oriya e facendogli cadere dalla mani un bicchiere che andò a frantumarsi per terra, ai suoi piedi.
<A-Angelo…?> Lo chiamò con voce insicura e tremante.
L’uomo gli si avvicinò e lo avvolse in un caldo e rassicurante abbraccio. <Era solo un incubo, non preoccuparti… Ora va tutto bene…>
<Ho uno strano sapore in bocca…>
Il moro l’osservò: evidentemente, mentre dormiva si era morsicato le labbra e la lingua fino a farle sanguinare ed ora la sua bocca era pregna di quel liquido scarlatto dal particolare sapore metallico.
Con un bacio gli leccò via ogni goccia di sangue, poi gli sorrise. <E’ normale… è solo sangue… fa parte di noi…>
Kazutaka gli sorrise di rimando. <Allora, adesso che tu hai assaggiato il mio, io faccio parte di te… Mi piace come idea… Sai, in fondo, non credo che fosse così brutto quel sogno, dato che non me lo ricordo più…> Lo fissò a lungo, pensoso. <Angelo…ma tu sai chi sono io…?> Mormorò confuso.

FINE