AUTORE: Gojyina-chan
SERIE: Slam Dunk
PARTE: 1/1
PAIRING:RuHana
RATING:R
DISCLAMER: I personaggi sono di T. Inoue.
Al solito, mandate le critiche carine a me e gli insulti, al mio analista.
( Se scrivo assurdità è solo colpa sua!!!>_<)
ARCHIVIO: YSAL
NOTE:Questa, in ordine cronologico, è la seconda fic che ho scritto. Anche
lei, risale a un millennio fa!
Miiii come passa il tempoooo! O.O
Improvvisamente, mi sento molto, molto, molto vecchia…ç____ç
American
Dream
di
Gojyina-chan
Istituto superiore Shohoku – Palestra.
Gli allenamenti procedevano serrati. Di lì ad un paio di mesi. Sarebbe
ricominciato il Torneo Interscolastico ed i ragazzi volevano assolutamente
riapprodare alle Nazionali.
Come al solito, Rukawa era arrivato due ore prima dei compagni, ma quel
giorno era più strano del solito.
Sembrava una furia scatenata! Si avventava su ogni palla come se stesse
giocando una finale!
I suoi compagni non ne comprendevano il motivo, ma nessuno gli disse niente.
In realtà, tanti pensieri e sentimenti contrastanti tra loro, attanagliavano
l’ anima del bel volpino.
La settimana prima era stato l’ anniversario della morte di sua madre,
nonché il proprio compleanno, e come al solito, suo padre non era riuscito a
tornare da uno dei suoi continui viaggi d’ affari. Gli aveva mandato un
biglietto di auguri, probabilmente scritto dalla segretaria, chiedendo alla
tata di preparargli la solita torta gigantesca, che puntualmente finiva a
marcire nel frigorifero.
Ma era un altro, il motivo del suo stato di eccitazione.
Quella mattina, in presidenza, aveva incontrato un talent scout giapponese,
Akira Yamane, che da anni lavorava per alcune tra le più prestigiose
Università americane, il quale gli aveva fatto la proposta che Kaede
attendeva da anni.
Finito il liceo, sarebbe andato a giocare in America!!!
Il tizio aveva accennato al fatto che avrebbe fatto una proposta analoga ad
altri studenti, probabilmente quelli del club di Volley. Ma questo, poco gli
importava. Ciò che contava era che lui ce l’avesse fatta!
Una risata inconfondibile, lo riportò con i piedi per terra.
Il Doha’o per eccellenza, stava facendo lo scemo con l’insignificante
sorella del gorilla.
Giustificò la fitta allo stomaco, dicendosi che era infastidito da quell’elemento
in squadra, che, con la sua distrazione, avrebbe rallentato anche i suoi
allenamenti.
Ma, la verità, era che moriva di gelosia, notando il modo in cui il rosso
guardava quella gallinella che,
ironia del destino, aveva occhi solo per lui!
Stava per tirare all’ idiota una pallonata in testa, quando Anzai interruppe
il gioco.
Rukawa riconobbe il signore accanto al Mister.
Yamane lo salutò con un cenno del capo e, con sommo stupore del volpino, si
avvicinò a Sakuragi prendendolo sottobraccio ed uscendo insieme a lui dalla
palestra.
No…non era possibile…Il Doha’o in America!?
Quel malato di mente, orgoglio dei manicomi, che giocava a Basket da appena
cinque mesi, aveva ottenuto il suo stesso risultato, raggiunto dopo anni di
duro lavoro!?
Decisamente, la cosa gli rodeva.Ma ad infastidirlo maggiormente, era
l’eccitazione che aveva provato, al pensiero di poter giocare ancora con
lui.
Stava davvero impazzendo!
Che il rosso gli facesse un certo effetto, lo aveva capito, accettato e
metabolizzato da tempo, ma dopo la vittoria contro il Sannoh, i suoi
desideri, così a lungo celati, si ripresentarono in lui, con la violenza di
un uragano…..Ed era sempre più difficile, farli tacere.
Poco prima che finissero gli allenamenti, ritornò Sakuragi.
Aveva il volto pallido come un cencio ed in quegli occhi sbarrati, Rukawa
scorse un angoscia che non capiva.
Certo, uno che non faceva altro che vivere alla giornata, sicuramente non
aveva mai pensato al proprio futuro…ma quella, era pur sempre una reazione
strana.
Non sembrava piacevolmente scioccato per una notizia che avrebbe fatto
andare in orbita qualunque sportivo sano di mente.
Era terrorizzato!
Qualcosa non andava.
I sospetti di Rukawa divennero una certezza nei giorni successivi, quando,
cioè, Hanamichi non si fece vedere né a scuola, né in palestra.
Una delle cose che proprio non sopportava del rosso era che, non solo
sprecava tempo ed energie in sciocchezze, come risse o spacconerie inutili,
ma non sfruttava neanche a pieno il suo enorme potenziale!
Nonostante ciò, era riuscito a staccare un biglietto per gli State!
Quello che lasciava allibito Kaede era che il Doha’o, avuta la notizia, non
era corso da lui a sbeffeggiarlo soddisfatto, vantandosi della sua genialità
e balle simili.
Sakuragi lo aveva completamene ignorato
e questo non lo poteva sopportare!
Tre giorni dopo, il rosso tornò a scuola. In classe si comportò come al
solito. O quasi.
Hanamichi non perdeva occasione, ora che erano nella stessa classe, per
lanciare qualche battuta salace all’ indirizzo del volpino, durante le
lezioni. Invece, niente.
Non lo guardò in faccia nemmeno una volta!
Da grande osservatore qual’era, Rukawa si rese conto che anche Mito era
preoccupato per l’atteggiamento dell’amico. Di tanto in tanto, lo vedeva
guardare attentamente il rosso, cercando una risposta ai propri dubbi.
All’intervallo si recò sulla terrazza per il solito pisolino, ma la trovò
occupata.
Ciò che vide, lo lasciò esterrefatto.
Sakuragi era seduto, spalle contro la ringhiera, mentre i suoi quattro
amici, poco distanti da lui, mangiavano come se nulla fosse, fingendo
palesemente che tutto andasse bene.
A sconvolgere Rukawa fu vedere cosa il rosso tenesse in bocca.
Dannazione! Stava fumando e di certo
non era una sigaretta!
Mito fu il primo a notare la sua presenza, tuttavia non gli disse nulla, ma
abbassò lo sguardo, sconsolato.
Il volpino si precipitò dal Doha’o senza pensarci due volte.
“Che cazzo stai facendo, imbecille?”tuonò adirato.
“Mmh?” Sakuragi si voltò verso di lui, guardandolo come se non lo
riconoscesse, o non fosse così importante per degnarlo di una risposta.
“Cos’è ‘sta novità? Butta quella porcheria, tra poco dobbiamo andare in
palestra, Doha’o!Yamane potrebbe venire a guardarci!” urlò il volpino
trattenendo a stento l’impulso di picchiarlo.
“Oooh!Adesso capisco! Non è per
me che sei così preoccupato.Ti stai
fottendo di paura per te stesso,
vero? – all’ espressione confusa del Kitsune, proseguì – Ma come, non lo
sai? Il tizio americano, ci vuole in
coppia! Quindi, se io
rinuncio agli State, non ci andrai nemmeno
tu, non stavolta, almeno!” sorrise, ma senza divertimento negli
occhi.
“ Ti faccio la tua stessa domanda. Da quando te ne frega di me? Non credo
che tu sia così scemo da rinunciare all’occasione della vita per farmi un
puerile dispetto, o sbaglio?” domandò Rukawa, mostrando una freddezza che
era ben lungi dal provare.
Gli prudevano le mani. E parecchio, anche!
“ Io…non… - balbettò confuso il rosso, passandosi una mano sugli occhi
arrossati – Tu non sai niente di me! Di ciò che voglio o di quello che
considero importante! Continua pure a vivere nel tuo piccolo mondo,
ristretto al perimetro di un campo! La vita reale, Kitsune, è tutta quella
che sta al di fuori della palestra! – gli urlò in faccia Hanamichi – Sarai
anche il Dio del Basket, ma nel
mondo vero, non vali che un po’ più di niente!”
Così dicendo, andò via barcollando, seguito a ruota dai suoi compagni.
Solo Mito rimase per un attimo, commentando sottovoce “Non lo capisco
più…Neanche quando è morto suo padre, l’ho visto in questo stato…”
Detto ciò, raggiunse i suoi amici, lasciando Rukawa da solo, ancora
frastornato per le parole del rossino.
Costretto da Yoei, Hanamichi si presentò agli allenamenti del pomeriggio.
Anzai organizzò una partitella tre contro tre, sfruttando la presenza di
Akagi e Kogure che stavano preparandosi per gli esami universitari ma spesso
e volentieri passavano, con una scusa o un’ altra, a trovare gli ex
compagni.
Akagi, Mitsui e Miyagi contro Rukawa, Kogure e Sakuragi.
Ma mentre Rukawa dava l’anima e il quattrocchi giocava con entusiasmo ed una
punta di nostalgia, il rosso era l’ ombra di se stesso.
Più di una volta, trovandosi con la palla in mano sotto canestro, rimaneva
imbambolato, guardandosi attorno come se non capisse perché si trovasse lì.
Miyagi , allora, gli rubava la palla, mandando Mitsui a canestro.
Alla quinta palla persa, Akagi lo rimproverò violentemente ed Anzai preferì
sostituirlo.
Sakuragi si accomodò in panchina senza fiatare, gettando la palestra nel
silenzio più totale.
Ryota guardò l’ attonito gorilla, come a dirgli
“In che casino mi hai lasciato , capitano!”
Finiti gli allenamenti quotidiani, Rukawa rimase con Anzai, per un extra, in
vista degli imminenti impegni sportivi.
Prima di andar via, l’anziano signore disse al ragazzo”Capita di passar la
vita accanto ad una persona e non conoscerla affatto…Sono lezioni che si
imparano dopo quarant’anni di matrimonio! – sorrise bonariamente – Stai
tranquillo, andrà tutto per il meglio!” gli diede una pacca sulla spalla, ed
andò via sereno.
Kaede sperò con tutto se stesso, che il Mister avesse ragione.
Mentre faceva ritorno a casa, il volpino si imbatté in Mito che correva come
se avesse il Diavolo alle calcagna.
Maledizione! Quella giornataccia non ne voleva proprio sapere di finire!
Senza riflettere, lo seguì fino al parchetto che era lì vicino.
Sentirono un urlo femminile familiare che li portò entrambi dalla Akagi,
seduta su una panchina accanto ad una grande fontana.La ragazza guardava
terrorizzata i corpi svenuti di sei ragazzi, mentre Hanamichi, coperto di
graffi e lividi, non ne voleva sapere di lasciare l’ ultimo teppista, ormai
privo di sensi.
Yoei tentò in tutti i modi di calmarlo, ma il rosso proprio non ci sentiva.
Rukawa gli andò dietro, afferrandolo per le spalle, mentre Mito allontanava
il povero disgraziato.
“Guardati le mani! – gli sussurrò il volpino all’ orecchio – Devi stare
attento. Già fai schifo normalmente, figuriamoci con delle ferite! Cos’ è,
vuoi avere una scusa per il tuo modo di giocare scadente?” lo provocò.
Hanamichi si voltò verso di lui e lo guardò confuso “G…giocare?! A che?!”.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Il Kitsune gli diede un cazzotto alla bocca dello stomaco, così forte da
farlo svenire e se lo caricò sulle spalle.
“Dove abita questo caso umano?” chiese imperioso a Mito.
Arrivato nell’appartamento del rosso, lo mise a letto e si sedette accanto a
lui.Puzzava di alcol da far schifo ed era coperto di polvere e sangue.
Andò in cucina a bagnare uno straccio con dell’ acqua fredda,ma prima di
tornare dal relitto, si guardò
intorno.
La casa era un bilocale,soggiorno con angolo cottura, una camera da letto ed
un bagno,in cui regnava il più totale disordine.
Evidentemente la madre di Sakuragi doveva lavorare molto…
Scosse la testa, entrando in camera ed iniziando a pulire il rosso con
delicatezza, per evitare di svegliarlo.
Non che lui fosse un esperto in materia, ma quale donna vivrebbe mai in un
posto così caotico ed impolverato?!
Fu svegliato dal suono di un campanello.Guardandosi attorno confuso, si rese
conto di essere ancora a casa di Hanamichi.Si era addormentato accanto a
lui, che nel sonno lo aveva abbracciato, stringendolo a sé.
A malincuore, si alzò andando ad aprire.
Si trovò di fronte ad un uomo paffuto, sui cinquanta, che lo fissava
sbigottito.
“Ehm, scusa…c’è Saku? Sono passato a vedere se sta bene. Ieri sera non è
venuto al cantiere, così…Sai, è la prima volta in due anni che succede, di
solito avverte sempre.Temevo che gli fosse successo qualcosa…”
Cantiere!? Le sorprese non finivano
proprio mai!
“E’…influenzato! Si è sentito poco bene all’improvviso, perciò non ha fatto
in tempo ad avvisarla!” spiegò Kaede, un po’ imbarazzato.
L’ uomo sospirò di sollievo e lo salutò chiedendo di riferire al rosso di
guarire in tutta calma e di non preoccuparsi d’ altro.
Tornò in casa, rimuginando su quanto appena appreso. Probabilmente, dava una
mano a sua madre facendo un lavoro part-time…
Le parole di Anzai, gli tornarono alla mente.
Pochi minuti dopo, Hanamichi si svegliò frastornato.Appena lo vide seduto
sul letto, scattò a sedere agitato.
“Co…cosa ci fai tu qui?!Io… c’è un po’ di casino ma…Ecco, è meglio che vada
a dare una pulita o chi la sente mia madre!”.
Sembrava più preoccupato del fatto di avere qualcuno in casa, piuttosto che
notare chi ci fosse.
Il Doha’o tentò di alzarsi, ma la stanza prese a girare attorno a lui e fu
costretto a stendersi di nuovo, imprecando sonoramente.
“Ieri sera ti sei sbronzato e hai fatto a botte davanti alla tua donzella,
non lo ricordi?” gli disse il volpino, con una punta di sarcasmo.
“Ah, è vero! Le avevano fatto delle battute pesanti…il resto non lo ricordo
bene…- si voltò verso di lui, come se lo notasse solo in quel momento – Tu
cosa ci fai qui?!” chiese stupito.
“Ti ho portato a casa e t’ ho cantato la ninna nanna. Doha’o !!! Se qualcuno
della squadra viene beccato a fare a pugni, ci andiamo tutti di mezzo!!!” lo
rimproverò.
“Ah, già. La squadra.”
“Allora te la ricordi! Bene! Credevo che ti fossi fumato anche quel po’ di
cervello che avevi!”
Invece di rispondergli a tono, come si aspettava, il rosso lo guardò negli
occhi così intensamente da farlo rabbrividire.
“Ti ringrazio, Kitsune. Però ora vai via, ti prego!” mormorò girandosi
dall’altra parte, impedendogli così di vedere la sua espressione.
“Aspetta un maledetto secondo! Mi dici che intenzioni hai, una buona
volta!”gli domandò Rukawa facendolo voltare verso di lui.
“Kuso! Kitsune, io…non sono come te! Lo capisci! Non so che diavolo fare
della mia vita! L’ultimo dei miei pensieri è andare in quella cazzo d’
America!!!” gli urlò contro.
Il volpino intuì che c’era dell’altro, ma preferì non ribattere. Si alzò in
silenzio, ed uscì di casa.
Una volta chiusa la porta dell’ ingresso, Rukawa si ritrovò faccia a faccia
con Mito.
Il volpino gli spiegò velocemente delle condizioni di Sakuragi e gli riferì
del messaggio del tizio del cantiere.
“Io me ne torno a casa, diglielo tu al Doha’o.”
“Aspetta un momento, Rukawa! Di chi diavolo stai parlando! Hanamichi non ha
mai lavorato in vita sua! - commentò il ragazzo, ridendo di gusto, un attimo
dopo, ritornò serio – Ti ringrazio per quello che stai facendo per lui. Non
mi interessa il perché. Grazie e basta – si passò una mano tra i capelli –
Mi sembra di essere tornati allo scorso anno, quando faceva casino di sera e
lottava contro le sbronze il mattino dopo…Vivacchiava di qua e di là,.
Quando ha iniziato a giocare a Basket, ero convinto che avesse finalmente
trovato uno scopo per vivere..sai, dopo la storia del padre…Invece siamo
punto e a capo!” scosse la testa, incredulo.
“ Non capisco perché sia rimasto così traumatizzato dall’ idea di andare in
America!” Rukawa, si lasciò sfuggire quel commento, senza rendersene conto.
Non voleva che qualcuno si accorgesse di ciò che provava per il rossino.
“ America?! – Mito sembrava
sinceramente allibito – Di che diavolo parli?!”
Il volpino andò in palestra, ma non riuscì a concentrarsi a dovere.
Qualcosa non quadrava e il mistero lo stava facendo letteralmente impazzire.
Ripensò al comportamento di Sakuragi, alle parole del Mister e allo scambio
di battute con Yoei.
Un pensiero terribile, prese forma nella mente del Kitsune.
Non aspettò la fine degli allenamenti e, un attimo prima di andar via,
guardò Anzai, che gli rivolse un sorriso comprensivo.
Hanamichi per fortuna era ancora in casa! Rukawa, vide Mito uscire
dall’appartamento. Evidentemente era rimasto col rosso per tutto il giorno.
Il volpino, sapendo che il Doha’o lasciava spesso la porta aperta, entrò
senza far troppi complimenti.
Lo trovò in piedi, nell’ingresso. Era al telefono e gli dava le spalle, così
non si accorse della sua presenza.
“Sì, sì, la ringrazio. Pronto, zia? Sono io…- attimo di imbarazzo – Come
chi?! Hanamichi! – ancora silenzio – Sì, lo capisco, ma… avrei bisogno di
parlare con mamma. Mi dovrebbe firmare una cosa e… – la voce iniziò a
tremare leggermente – Non sono in galera! Le devo solo dire una cosa che…-
il respiro divenne più affrettato – Che significa che ho fatto abbastanza?!
Zia…zia?…ZIA?!” riattaccò
sospirando.
Si mise entrambe le mani sugli occhi, cadendo in ginocchio, come se non
potesse più sopportare il peso del proprio corpo.
Per Rukawa fu troppo.
Gli andò vicino abbracciandolo forte.
Il rosso, con volto rigato di lacrime, lo guardò per un istante ma, miracolo
dei miracoli, non lo scacciò via. Anzi, si aggrappò alla maglietta del
Kitsune, chiedendogli tacitamente aiuto e sostegno, mentre le lacrime
continuavano a scendere, copiose.
Kaede si rese presto conto che anche le sue guance erano umide di pianto.
Non gli era mai capitato in vita sua, ma in quel preciso istante non trovò
un posto migliore di quello per poter finalmente dar libero sfogo ai suoi
sentimenti repressi.
Piansero a lungo, abbracciati così stretti da non poter quasi muoversi, ma
in fondo, nessuno dei due aveva un posto vero e proprio in cui fare ritorno
e quello era il migliore che potessero desiderare.
Rukawa iniziò a deporre teneri baci sulla guancia del rossino. Il suo
intento era stato quello di calmarlo almeno un po’, ma appena assaporata
quella pelle salata, il conforto ci mise un attimo a trasformarsi in pura
passione.
Lo baciò sulle labbra tentando di trattenersi il più possibile.
Sapeva che, in condizioni normali, Sakuragi lo avrebbe preso a pugni! Forse,
data la situazione, avrebbe dovuto separarsi da lui, magari scusandosi. Il
rossino, invece, lo abbracciò ancora più forte e Rukawa perse completamente
la testa.
Lo fece stendere sulla schiena ed iniziarono a spogliarsi frettolosamente a
vicenda.
Il corpo di Sakuragi era così tenero e consenziente, che Kaede fu preso
dalla brama di affondare in lui senza riserve.
In qualche modo, il rosso dovette percepire i desideri del compagno perché,
all’ improvviso, lo afferrò per le spalle allargando le gambe quanto più gli
era possibile.
Si amarono sul pavimento del soggiorno, ancora e ancora. Come se al mondo ci
fossero solo loro due.
Si addormentarono alle prime luci dell’ alba, l’uno tra le braccia
dell’altro.
Il mattino seguente, Kaede si svegliò felice come mai prima di allora. Si
rese conto di avere una familiare testa purpurea sul proprio petto e sorrise
al ricordo della notte precedente.
D’ improvviso, però, fu preso dal panico, temendo la reazione violenta di
Sakuragi, che stava per svegliarsi.
Lo avrebbe pestato, forse addirittura ucciso, ma…Diavolo!
Si dovrà pur morire per qualcosa, a questo mondo, no?
Hanamichi si stiracchiò emettendo un suono strano, che gli ricordò le fusa
di un gatto.
Lo vide sollevarsi su un gomito e guardarlo negli occhi stupito.
“ OH – MIO - DIO!” disse, notando i loro corpi nudi allacciati in un
abbraccio sensuale.
Appoggiò nuovamente la testa sul petto di Rukawa, tentando di nasconde il
viso, rosso per l’ imbarazzo.
Non lo aveva ammazzato e per Kaede fu un motivo di grande sollievo.
Mosso da questo sentimento, gli cinse le spalle con le sue braccia, tentando
nuovamente la sorte.
“Se non ti va di parlarne, non importa. – lo rassicurò il volpino – Ti
chiedo solo una cosa e se non mi vorrai rispondere, per me non ci saranno
problemi. Sono il re della riservatezza!” tentò di farlo sorridere e ci
riuscì.
“Ti ascolto.” disse il rosso, senza alzare il capo.
“Tu abiti da solo, vero? Tua madre se n’è andata via.” trattenne il respiro,
aspettando la sua reazione.
“D…dice che è colpa mia se papà è morto. E’ da più di un anno che abita da
sua sorella, che mi odia per lo stesso motivo…- gli occhi nuovamente umidi –
Di sera lavoro in un cantiere qui vicino per pagare l’affitto…Per fortuna
c’è la mensa, a scuola… Tutti credono che mangi tanto per via degli
allenamenti, ma in realtà, ho fame…”quelle ultime parole, le sussurrò con un
filo di voce.
Kaede pensò al suo frigorifero, perennemente pieno di roba che la tata,
puntualmente, buttava ancora sigillata, poiché scaduta, e provò vergogna di
se stesso.
“Dio, aiutami!” sospirò Hanamichi, affondando ancora di più nel suo corpo
caldo.
Rukawa lo strinse forte a sé “Non so cosa significhi vivere in povertà, è
vero, ma…Per quanto riguarda la famiglia, capisco bene ciò che provi. Mia
madre è morta dandomi alla luce. Una sera, avrò avuto cinque anni, ho
sentito mio padre parlare con un suo amico, dicendogli che se avesse potuto
scegliere, avrebbe preferito che fossi morto io, al suo posto...” .
Confessare per la prima volta in vita sua quel dramma, non fu difficile come
aveva sempre immaginato, anzi.
Rukawa provò un sollievo incredibile, soprattutto quando vide Sakuragi
sollevare la testa per guardarlo negli occhi e, accarezzandogli il viso,
sporgersi a baciarlo teneramente.
La voglia tornò prepotentemente in entrambi. Bastò un solo tocco della
lingua di Kaede, per far gemere forte il rosso, che parve sciogliersi
letteralmente tra le sue braccia.
“Non così in fretta, bellezza! - gli disse il volpino, sdraiandosi sopra di
lui – Con Harukina cara come la
mettiamo, eh?” chiese facendogli il verso.
“Chi?! – domandò confuso l’ altro – Oh, sì. Haruko…Beh, vedi…è difficile da
spiegare…”
“Provaci lo stesso!” gli disse perentorio.
“Ho chiesto a tante ragazze di mettersi con me…”
“Cinquanta, mi pare.” lo interruppe il volpino, trattenendo un sorriso.
“Grazie per avermelo ricordato! – Hanamichi si finse risentito – In realtà,
credo solo che cercassi una specie di figura materna e Haruko non mi ha mai
respinto. Si è sempre mostrata molto gentile con me…Ma, in realtà… - la voce
divenne più bassa e vellutata – La persona su cui volevo mettere le mani,
non era di certo lei…” si sollevò sui gomiti, sfiorandogli le labbra.
Il Kitsune sorrise, soddisfatto della spiegazione.
“Forza, vestiti che dobbiamo andare!” gli disse, alzandosi di scatto, per
evitare di cadere in tentazione.
“Andare dove?! – domandò il rossino, perplesso – io… credevo che…”
Rukawa lo attirò a sé, mormorando sulle sue labbra “Prima il dovere e poi il
piacere, bellezza! Non te lo ha mai insegnato nessuno?”.
Un’ora dopo, stavano prendendo il tè in casa del signor Anzai.
Su suggerimento della moglie, aveva telefonato al suo avvocato, che
tranquillizzò tutti.
Ci avrebbe pensato lui stesso a far firmare alla vedova Sakuragi, il
contratto del figlio, permettendogli così di andare in America, altrimenti
si sarebbe vista arrivare una denuncia per abbandono di minore.
Mentre i coniugi Anzai e Rukawa furono sollevati dalla notizia, Hanamichi
parve inquieto, quasi risentito.
“ Nonno, ti ringrazio per l’interessamento, ma… non voglio che si sappia in
giro perché mia madre se ne sia andata via, e soprattutto, il modo in cui
vivo, chiaro?” così dicendo si alzò ed uscì dalla stanza in fretta e furia.
Kaede rivolse all’ allenatore uno sguardo imbarazzato, ma l’uomo gli
sorrise, sereno come sempre.
“E’ difficile, sai, accettare il fatto di non essere più da soli,
soprattutto, dopo aver passato molto tempo senza aver ricevuto amore…”
commentò l’uomo, allusivo.
Rukawa annuì, capendo cosa fare.
Trovò Hanamichi seduto sul patio, con le spalle incassate e lo sguardo perso
nel vuoto.
In silenzio si inginocchiò dietro di lui, stringendolo a sé, accarezzandogli
la guancia con la punta del naso.
“ Non sopporto di essere compatito!“ sbottò il rossino.
“Dimmi cosa vuoi. Seriamente! Cos’è che ti piace?”domandò Rukawa a brucia
pelo.
“Giocare a Basket! – rispose il Doha’o senza esitazioni – Ma…non voglio che
l’intera scuola, sappia dei miei problemi…Sono il clown dello Shohoku! Che
figura ci farei!” tentò di scherzare.
“Anche a me importa di giocare, ma vorrei farlo in America e, soprattutto,
voglio che ci sia tu accanto a me!” gli sussurrò all’orecchio, mentre le
mani si insinuavano sotto la maglietta di Sakuragi.
“K…Kitsune! Che diavolo fai!? Il nonno…” iniziò ad ansimare.
“Non verrà nessuno. Il Mister è più sveglio di quanto sembri.” una mano
scese fin sotto l’ ombellico del rossino.
“Tua madre firmerà quei documenti, e se così non fosse, Anzai è disposto ad
adottarti o a farti da tutore legale fino alla tua maggior età! La gente
parla, sempre e comunque. Tu non sei tipo da prestare attenzione
all’opinione altrui. Mi sbaglio, forse?”
“Se…mi tocchi…così…non riesco più…a pensare…molto bene… - ansimò Hanamichi –
Non mi piace ricevere l’ elemosina…”.
“Nessuno, qui, ti sta facendo la carità, pezzo di Doha’o! Aiutare le persone
a noi care, non è un opera di bene, ma una dimostrazione
d’ amore!” lo rimproverò il volpino.
“Amore…” il rosso mormorò quella parola, come se la sentisse per la prima
volta in vita sua.
“Già, idiota! Si chiama amore, ed è quello che ho intenzione di darti finché
sarò in grado di respirare! Qui, in America o in
Lapponia, non me ne frega niente!”
disse esasperato Kaede.
Hanamichi si voltò verso di lui, sorridendo dolcemente, con le guance
arrossate.
“Amore…” mormorò accarezzandogli il viso candido.
Si baciarono a lungo, con passione e quando infine si separarono, Sakuragi
trasse un profondo sospiro, appoggiando la testa sul petto del suo Kitsune.
“E’ andata! America, stiamo arrivando!!! Mmh… dici che quel Paese sarà in
grado di sopportare entrambi? Non sanno cosa li aspetta!” scherzò, felice.
“Beh, in effetti, non credo proprio!” sorrise Rukawa.
“Peggio per loro!”.
*fine*
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