SERIE: slamdunk
PARTE: 10/10
DISCLAIMER: Qs personaggi non sono miei e bla bla bla....




Amato nemico

di Ki-chan


Il sole stava ormai tramontando alle sue spalle, un vento caldo soffiava, accarezzandogli il volto e arruffandogli i capelli. Aveva passato un pomeriggio magnifico ma in quel momento gli sembrava di sprofondare nel fango nero di una palude e tutto quello a causa della persona che amava come nulla al mondo.
Una lacrima furtiva rotolò fuori dai suoi occhi, solcando il volto che assumeva il colore rosso del sole che tramontava.

Camminava lentamente con lo sguardo fisso sull'asfalto senza accorgersi di quello che gli succedeva di fianco.
Raggiunse la strada che costeggiava la spiaggia e il profumo d’acqua marina gli invase le narici, rapendolo per qualche istante dai suoi tristi pensieri. Si voltò verso il mare, era stupendo nella sua immensità, i caldi raggi rossi del sole riflettevano sulla superficie.

Pensò che farsi una bella nuotata sarebbe stata una bella idea e sicuramente lo avrebbe rilassato e alleviato la calura. Nella borsa doveva avere il costume. Nuotò per una paio di ore e quando uscì era esausto.
Il sole era orami totalmente tramontato e le prime stelle aveva fatto la loro timida apparizione.
Si coricò sulla sabbia fresca ad ascoltare il ritmico e tranquillizzante suono delle onde che si infrangevano sulla spiaggia.

La rabbia era svanita come se si fosse disciolta nel mare. In quel momento rimaneva solo la tristezza, ma tuttavia a quella era abituato. Era da quando era piccolo che la tristezza era la sua unica compagna.

Chiuse gl’occhi. Gli pizzicavano, forse per l’acqua salata, forse per il vento o forse erano lacrime.
Strinse forte le palpebre e si concentro esclusivamente sul ritmico rumore delle onde che morivano sulla sabbia.

*** ***

“ finalmente se ne sono andati!! … ma c’era proprio bisogno di venire qui a consolarmi per la partita? …
volevo rimanere ancora un po’ con Rukawa!! Uffa!! … … che strano però quando è uscito aveva un’aria così triste e allo stesso tempo sembrava arrabbiato! Mahhh… magari era solo un po’ scocciato perché sono piombati qui … si sa che non gli piace tanto la compagnia … a dir la verità, però, sembrava arrabbiato anche prima che arrivassero … quando mi sono svegliato aveva una faccia stranissima … basta Hanamichi! Piantala con questi pensieri, è o non è stato il giorno più bello della tua breve vita? E allora cosa continui! Meglio se vado a dormire mi fa male dovunque … soprattutto lì! Beh con tutto il piacere … e non solo fisico … che ho provato posso anche sopportare un po’ di dolore … dopotutto io sono il grande Sakuragi!!!!!!  Mi faccio una bella doccia e poi mi ‘spalmo’ sul letto … quel letto!! … ha ancora il suo profumo!! ”

Hanamichi era al settimo cielo, era felice e non sentiva più quel macigno pesantissimo che gli opprimeva il cuore … era felice perché sapeva di essere amato e di amare e soprattutto perché sapeva che adesso accanto a lui ci sarebbe stato il SUO Rukawa.
 
*** ***

tornò a casa, aprì la porta d’ingresso, si tolse le scarpe, percorse il lungo corridoio e poi le scale fino alla sua camera, si spogliò lentamente e si sdraiò sul letto. Un susseguirsi di azioni senza senso, senza importanza, solo stupidissime azioni ripetitiva che compiva da quando era piccolo. Il suo corpo si era trascinato  a casa ma la sua mente dov’era? In quale misteriosa dimensione si era rifugiata? In un luogo buio, senza dimensione, senza tempo, senza nulla, senza ricordi, sensazioni o emozioni … nulla. Coricato sul letto, il corpo abbandonato sulle lenzuola, immobile con gl’occhi fissi sul soffitto.
Voltò il capo e vide che l’orologio segnava le tre di notte, una notte che non aveva stelle per il cielo di Rukawa, solo buio.

Il corpo gli doleva, ogni singolo muscolo, ogni singola cellula, ma al suo cervello giungeva solo il ritmo accelerato del suo cuore.
I battiti che si susseguivano rapidi e incalzanti, riecheggiavano nella stanza che aveva perso dimensione.
Aveva paura e nemmeno lui sapeva di cosa. Sentiva una nebbia fredda avvolgerlo lentamente, inesorabilmente.
Gli mancava il respiro, il suo cuore pulsava impaurito da qualcosa che non capiva ma percepiva perfettamente.

Quello che aveva tanto temuto che accadesse, era successo, stava soffrendo, ancora una volta e tutto per uno stupido e insignificante compagno di squadra che lo aveva ingannato e poi tradito calpestando i suoi sentimenti. Non avrebbe dovuto fidarsi di lui. 
Avrebbe preferito non sfiorare, percepire per un attimo, cos’era il paradiso per poi sprofondare nell’abisso dell’inferno. Meglio il limbo senza emozioni. Meglio l’apatia. 

*** ***

la notte trascorse velocemente e finalmente serena.
Dopo tanto tempo poteva affermare di aver dormito bene … soprattutto di aver dormito … quel bellissimo vizio che gli essere umani si concedono ogni notte. Perdersi nella tranquillità e nel torpore, allontanarsi e dimenticare le difficoltà della vita.
Si svegliò con il sorriso sulle labbra ancora prima che la madre entrasse in camera sua per svegliarlo.
Era raggiante e felice e si sentiva pronto a scalare anche le montagne più alte, a fare tutto quello che da chiunque era ritenuto difficile e impervio, e tutto perché c’era lui accanto che lo sorreggeva, almeno questo era quello che pensava Hanamichi.
Non vedeva l’ora d’andare a scuola per vederlo, incontrarlo, parlargli, sfiorarlo, abbracciarlo, baciarlo, sussurrargli quanto gli volesse bene.

*** ***

il suono della sveglia proruppe nella sua mente, gli occhi ancora fissi sul soffitto si voltarono verso la fonte di quell’odioso suono. Erano le sei, un nuovo giorno stava per cominciare.
Cosa gli avrebbe portato la fortuna?
La spense con una mano e si alzò.

Inizialmente voleva rimanere a letto e saltare la scuola me si convinse presto che era una pessima idea, doveva reagire e al più presto, non doveva lasciare che il dolore lo soprafacesse. Anche questo doveva scivolargli addosso senza nemmeno sfioralo.

*** ***
la campanella che segnava l’inizio delle lezioni stava suonando mentre Hanamichi un po’ deluso si dirigeva verso la sua classe pensando al fatto che se quell’idiota di Rukawa non fosse stato come al solito in ritardo avrebbe potuto vederlo prima che le lezioni cominciassero. Che seccatura essere in due classi differenti, avrebbe voluto passare tutta la mattina a guardarlo dormire sul banco.

*** ***

le lezioni erano passate tra un pisolino e l’altro.
L’ultimo filo che lo legava al mondo si era spezzato ed ora nulla lo legava agli altri. Ogni sensazione, emozione, situazione gli passava accanto senza nemmeno sfiorarlo. Aveva lasciato che l’amore lo sfiorasse e le conseguenze le aveva sperimentate sulla sua pelle.
Nulla poteva più toccarlo, non lo avrebbe mai permesso, a nessuno, tanto meno a lui.

*** ***

Si ritirò sulla terrazza a mangiare il pranzo che aveva comprato al bar vicino l’istituto. Non aveva fame ma doveva tenersi in forze per giocare a basket…
la sua vita, l’unica cosa per cui non valesse la pena sperare d’addormentarsi e non risvegliarsi mai più. E in quel giorno più che mai aveva bisogno di avere uno scopo nella vita, qualcosa per cui lottare e per vincere.

*** ***

l’amore lo stava veramente facendo impazzire, non si sarebbe mai immaginato di ritrovarsi davanti alla classe di Rukawa ad aspettarlo per pranzare e addirittura aveva trovato il coraggio di chiedere a un compagno di classe se per caso sapesse dove fosse Rukawa. Il ragazzo dopo avergli lanciato uno sguardo carico di stupore gli disse che lo aveva visto dirigersi verso il terrazzo.
Hanamichi corse verso le scale che portavano al terrazzo con il cuore che pulsava veloce. Non resisteva più, doveva vederlo stringerlo e farsi stringere fra le braccia. Corse veloce e fece gli scalini tre alla volta.

*** ***

Sentì la porta alle sue spalle aprirsi e richiudersi.
Non si voltò neppure, non gli interessava nulla chi fosse venuto sul terrazzo, chiunque fosse per lui non esisteva. Sentì dei passi ma la sua mente era già lontana per accorgersi che quei passi si stavano dirigendo verso di lui, da lui. Due braccia che gli avvolgevano la vita e un corpo caldo contro la sua schiena la riportò bruscamente alla realtà. Chi poteva essere se non lui.

Kaede si divincolò allontanandolo malamente con il braccio e si voltò. Hanamichi era lì davanti a lui, in piedi, stupito per il suo inaspettato comportamento. 
“ davvero non lo immagini il perché della mia freddezza? Stupido, pensi veramente che io mi lasci usare così da te? Mi credi davvero così stupido? Non posso negare d’amarti ma non per questo mi lascerò usare da te. Se credi di poterti divertire con me quando la tua cara Haruko ti rifiuta, mi dispiace ma hai capito molto male! Io non sono il sostituto di nessuno tanto meno il suo!”

Rukawa fu il primo a parlare.con il suo tono freddo e con la voce bassa e cupa incominciò la sua commedia.
« vedi di starmi lontano … non ti permettere mai più di abbracciarmi! … non ti sarei montato la testa per quello che è successo ieri pomeriggio … ahh … chiariamo le cose, avevo voglia di sbattermi qualcuno e il caso ha voluto che fossi tu. Tutto qua, quindi vedi di non rompere troppo le palle! Se ti eri illuso che io provassi qualcosa per te, ti devo dare una brutta notizia.» 

Hanamichi era attonito, non capiva, non sapeva come ribattere, cosa dire. C’era qualcosa da dire? No! Aveva già detto tutto Rukawa. Si era spiegato fin troppo bene.
Le parole del compagno continuavano a rimbombargli nella testa fino a fargli male, un dolore insopportabile.
Kaede se ne andò subito dopo, abbandonando Hanamichi che rimaneva immobile al centro del terrazzo.  

*** ***

cosa stava succedendo? Non doveva andare così! … non …non… non … poteva essere vero!
Hanamichi si accasciò al suolo senza forze. Aveva sentito bene?!
Non riusciva a fare nulla tanto quelle parole lo avevano stordito. Le stesse parole che gli continuavano a rimbombargli nella mente mentre il cuore sembrava voler scoppiare da tanto si stava contorcendo nel petto.

*** ***

Scese le scale, scalino dopo scalino, appoggiando una mano allo corrimano per non cadere. Gli girava leggermente la testa e il cuore era diventato sempre più pesante. Lo aveva definitivamente allontanato da lui. Lo aveva cacciato graffiandogli il cuore. Poteva percepire il dolore che usciva dalle ferite di Hanamichi, dolore che era anche il suo.
Aveva reagito come una tigre ferita.

*** ***

voleva rimanere lì finché quell’assurdo incubo non fosse finito. Desiderava e pregava d’udire la voce della madre che con la sua solita “grazia” lo svegliava … voleva potersi svegliare e accorgersi che tutto quello era solo un brutto incubo … peccato che non lo fosse affatto.
Si diresse distrattamente in palestra per gli allenamenti rivivendo ogni singolo istante di quell’assurda vicenda, le parole di Rukawa, il suo volto, la sua espressione gelida e indifferente. Gli pizzicavano gl’occhi e voleva gridare per il dolore.
Era distratto e non si accorse nemmeno di Haruko che gli parlava. Non si fermò neppure ad ascoltare cosa volesse da lui, in quel momento era troppo stanco per poter recitare la sua parte, non aveva la forza di tenere la maschera sul viso.

*** ***

gli allenamenti erano appena cominciati e Rukawa sedeva mesto sulla panchina ad osservare i compagni mentre disputavano la solita partita d’allenamento. 
Akagi, infatti, gli aveva proibito categoricamente di giocare a causa del suo ginocchio. Rukawa aveva tentato di spiegargli che ora non gli faceva più male e che doveva allenarsi ma è molto difficile far cambiare idea ad un gorilla.
Era arrivato anche l’allenatore Anzai e si era seduto al suo fianco, suggerendogli di stare attento al gioco dei compagni e dicendogli che in questo modo avrebbe potuto imparare molto. Rukawa non aveva replicato ma lo trovava una perdita di tempo, pensandoci bene però avrebbe evitato d’addormentarsi.
Si susseguivano passaggi veloci e tiri precisi.
Stavano giocando molto bene, la sconfitta del giorno prima li aveva spronati a dare il meglio, un giocatore però sembrava non riuscire proprio a entrare in partita. Hanamichi rimaneva ai bordi del campo come imbambolato, con lo sguardo fisso nel nulla. Aveva toccato palla un paio di volte ma con pessimi risultati.

« HANAMICHI!!!!!!!!!!»
Ryota aveva tentato di avvertire il compagno che gli aveva passato la palla e che si stava velocemente dirigendo verso il suo volto ma Hanamichi non lo sentì. Il colpo fu violento, la palla gli finì in pieno volto facendolo cadere a terra. Ormai erano abituati al fatto che Hanamichi non prendesse i passaggi e che la palla gli finisse sempre, inesorabilmente in faccia. Vedendo però che non si rialzava si avvicinarono preoccupati.
Aveva la faccia tutta rossa per il colpo ricevuto, ma quello che stupì tutti erano gli occhi rossi e gonfi dal pianto da cui scaturivano incessanti le lacrime.
Il corpo immobile era scosso da tremiti e sembrava fosse solo un corpo senza anima.

Il signor Anzai cercò più volte di attirare la sua attenzione chiamandolo ma senza avere alcuna risposta.
Erano tutti preoccupati ma più di tutti lo era Rukawa che non capiva bene cosa stesse succedendo dalla panchina dove era rimasto seduto. Avrebbe voluto alzarsi ed andare ad assicurarsi di persona delle condizioni del compagno ma non poteva, il suo orgoglio glielo impediva e poi si sa che non si può fare sempre tutto quello che si desidera.

Hanamichi come accortosi solo in quel momento di ciò che era accaduto si alzò asciugandosi le lacrime con il dorso della mano.   

L’allenatore però preoccupato preferì far terminare lì l’allenamento di Hanamichi dicendo: « è meglio se per oggi smetti! … Rukawa accompagnalo negli spogliatoi e prendi del ghiaccio»  
« perché proprio io?»
intervenne, allora, Akagi che ammonì Kaede per il suo comportamento nei confronti dell’allenatore e lo costrinse a fare ciò che gli era stato detto anche se lui era il primo a essere dubbioso sul fatto che fosse una buona idea lasciare quei due da soli conoscendo il loro carattere.

Rukawa aveva sperato che gli venisse offerta una scusa per poter accertarsi delle condizioni del compagno ma allo stesso tempo era spaventato dai suoi stessi sentimenti, dopotutto aveva giurato a se stesso di dimenticare Hanamichi, di non permettergli mai più di toccare il suo cuore e invece era già pronto a correre in suo soccorso. Per non pensare al dolore che aveva provato nel vedere che non si rialzava.
Infine arrivò la gelosia ad insinuare il suo cuore.
Perché stava piangendo in quel modo? Per chi soprattutto? Per Haruko?!  Certo non c’era altra spiegazione.

Hanamichi si sedette a cavalcioni sulla panca situata al centro degli spogliatoi. Rukawa rimase qualche istante a fissarlo. Sembrava un manichino, una statua … dannatamente bella. Aveva lo sguardo fisso davanti a lui, gli occhi vuoti, annebbiati senza espressione. Il respiro era regolare ma il corpo continuava a tremare senza sosta. Voleva abbracciarlo, stringerlo fra le braccia e baciarlo. Lo voleva con tutto se stesso e dovette fare un grande sforzo per trattenersi. Fu vedere il volto arrossato a causa della pallonata che lo riportò alla realtà, ricordandogli di dover prendere del ghiaccio.

Si mise a cercare la cassetta del pronto soccorso che era sempre ben fornita. La cercò a lungo e mentre girava spaesato per lo spogliatoi alla sua ricerca, disse, senza riuscire a trattenere le parole dettategli direttamente dal cuore.
« cosa ti ha fatto?»
Hanamichi non cambiò espressione ma ugualmente gli rispose con un filo di voce: « chi? »
« Haruko! … Cosa ti ha fatto per ridurti così? »
« e lei cosa centra?»
« … »
Rukawa non trovò le parole per controbattere perché la rabbia e l’amarezza glielo impedivano.
Trovò finalmente la cassetta del pronto soccorso e la aprì alla ricerca del ghiaccio. Hanamichi alle sue spalle taceva.

Dopo un lungo silenzio però Hanamichi trovò il coraggio di dire ciò la sua mente disperata era riuscita a partorire dopo lunghe riflessioni e con un filo di voce e continuando a fissare il nulla davanti a lui, disse: « senti … … io sono disposto ad essere anche il tuo giocattolo … a me va bene lo stesso anche se non mi ami! »

Rukawa smise di rovistare nella cassetta e si voltò di scatto, incredulo e infuriato per le parole che aveva appena udito. La voce forse per la prima volta nella sua vita trasparì a pieno i suoi sentimenti e soprattutto la sua rabbia.
« ma sei completamente impazzito! …tu mi vieni adire una cosa del genere … …  certo mentre io ti sbatto tu pensi ad un'altra persona … come ieri pomeriggio!»
finalmente Hanamichi si voltò per guardarlo negl’occhi vedendo ciò che non avrebbe mai voluto scorgere, rabbia, tristezza e disperazione.
« che cavolo stai dicendo? Una altra persona … chi? E poi io ti … ti … amo e mi sembra di avertelo dimostrato ieri! »
Rukawa stava per esplodere dalla rabbia non sopportava di essere preso in giro in quel modo da nessuno e tanto meno da lui. 
« smettila di prendermi in giro … cosa mi avresti dimostrato concedendomi il tuo corpo se tanto il tuo cuore è suo? Io non mi accontento solo del tuo corpo, voglio anche la tua anima, il tuo cuore, i tuoi pensieri, i tuoi desideri e i tuoi sogni! E non posso averli  se ami Haruko!»

Rukawa sentiva che la discussione stava degenerando se avesse continuato così gli avrebbe detto cose che non voleva che sapesse. Che cosa avrebbe potuto dirgli ancora? Gli aveva praticamente confessato il suo amore!
Sentì gli occhi pizzicargli e si voltò ricominciando a cercare il ghiaccio. Mancava solo che si mettesse a piangere per finire quella penosa e inutile confessione.

Hanamichi aveva paura. Paura nel vedere Rukawa arrabbiato e furioso, paura di perderlo per sempre, paura di aver frainteso le sue parole, paura. 
« sai era facile per me pensare e dire d’amare Haruko, una bella RAGAZZA. Illudermi di poter provare amore per lei voleva dire dimostrare a me stesso di non essere diverso di non provare sentimenti che erano molto diversi dall’amicizia, dall’odio, dall’invidia per un mio compagno di squadra. Far finta d’amare una ragazza è più facile per me e per gli altri piuttosto che ammette d’amarti. Perché questo è quello che ho sempre fatto dalla prima volta che ti ho visto.
Pensare che anche tu provassi qualcosa per me mia ha aiutato e mi ha tradito, non riesco ad immaginare di rimanere lontano da te adesso che so cosa vuol dire essere baciato e abbracciato da te. Se non provi nulla nei mie confronti lascia almeno che ti stia vicino …»
« basta … piantala! »
Rukawa non voleva più sentire quella stupida idea di diventare il suo giocattolo, come poteva solo pensare una cosa simile, come poteva annientare in quel modo la sua dignità.

Rukawa finalmente trovò la busta del ghiaccio secco.
Premette al centro di essa e si sedette a cavalcioni sulla panca alle spalle del compagno. Fece aderire la schiena di Hanamichi al suo petto e  gli pose delicatamente il ghiaccio sulla faccia rossa. 
Hanamichi aderì completamente al corpo del compagno lasciandosi andare e facendosi sorreggere.

« se è vero perché ieri pomeriggio l’hai sognata?… come hai potuto … … eccitarti e chiamare il suo nome dopo aver fatto l’amore con me? »
    
Hanamichi non sapeva cosa rispondere. Davvero aveva fatto una cosa simile? Non era possibile!ma per quale motivo Rukawa avrebbe dovuto mentirgli? Non capiva e certo avere il corpo del compagno premuto contro il suo non lo aiutava a pensare. In quel momento tutto quello che voleva fare era fermare il tempo e rimanere in eterno in quella posizione, avvolto dal tepore di Rukawa. Per ritornare alla realtà e non abbandonarsi in quelle piacevoli sensazioni, si concentrò esclusivamente sul freddo che gli irradiava il volto a causa del ghiaccio che Kaede gli teneva amorevolmente posato sulla pelle arrossata. 
Pensò a lungo prima di trovare nella sua mente la risposta che cercava e poi parlò.
« beh c’è una spiegazione per quello che è successo … che mi è successo! Stavo sognando che eravamo nella palestra, dopo gli allenamenti. Ti ho baciato e … … da cosa nasce cosa – disse mentre il suo volto diventava rosso per la vergogna nel dire una cosa simile, nel ammettere cosa la sua mente era in grado di generare – stavamo …. Beh hai capito quando è entrata Haruko! noi eravamo sul pavimento nudi in atteggiamento difficilmente equivocabile … forse è per quello che ho pronunciato il suo nome … non so. Di una cosa però sono sicuro di non provare assolutamente nulla per lei se non amicizia. Telo giuro io amo te e solo te! »

Hanamichi era sicuro di quello che stava dicendo, era sicuro del suo amore. per la prima volta nella sua vita era sicuro d’amare qualcuno. Ne aveva avuto una prova incontestabile sulla terrazza quando il solo pensieri di perderlo lo aveva fatto impazzire. Era quello che tutti chiamavano amore e lui provava questo meraviglioso e lacerante sentimento per la persona che aveva gridato ai quattro venti d’odiare.

Rukawa invece non era sicuro di nulla, solo che anche lui lo amava ma questo lo sapeva da tempo. era titubante su cosa fare. Credere alle sue parole ma non accettare il suo amore per evitare di soffrire? Si era ripromesso di dimenticarlo di allontanarlo dal suo cuore ma in quel momento con il suo corpo tra le braccia il suo progetto si era sbriciolato. E se tutto quello che aveva detto era una bella bugia? Cosa sarebbe successo quando la verità fosse venuta a galla? Quanto avrebbe sofferto in confronto al dolore speso per dimenticarlo? Sarebbe riuscito veramente a dimenticarlo o sarebbe impazzito? Cosa doveva fare? 
Fidarsi di lui e consegnargli il suo cuore dandogli così la possibilità di dilaniarlo con le sue stesse mani? Cosa?
Ma quello che lo preoccupava di più era che qualunque scelta avesse fatto avrebbe sofferto se non subito in un futuro.

Cosa lo convinse non si può sapere in ogni caso Rukawa fece la sua scelta pronto ad accettarne le conseguenze.

Gli pose un leggero bacio sulla parte scoperta della spalle e poi sul collo fino vicino all’orecchio dove gli sussurrò parole dolci di scuse per il suo comportamento. Hanamichi voltò la testa per poterlo baciare sulle labbra mentre la mano del compagno si insinuava sotto la maglietta per accarezzargli la pelle liscia e calda del ventre.

Erano di nuovo insieme, uniti in un solo essere e questa era l’unica cosa che contava. I compagni che si allenavano in palestra non esistevano più, il mondo era scomparso dalle loro menti. Nulla li turbava nemmeno il pensiero che qualcuno potesse entrare negli spogliatoi e trovarli abbracciati sulla panca.

Esisteva solo il paradiso che insieme avevano raggiunto e dove avevano tutta l’intenzione di rimanerci a lungo.


- fine -  

 
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