AUTORE: ki-chan
SERIE: slamdunk
PARTE: 6/10
PAIRING: ru X hana
DISCLAIMER: Qs personaggi non sono miei e bla bla
bla....
Amato nemico
parte VI
di Ki-chan
Rukawa ed Hanamichi entrarono in casa, si tolsero le scarpe e si diressero
direttamente nella camera di Hanamichi. Rukawa lo seguiva senza dire una
parola.
Hanamichi aprì la porta ed entrò mentre Kaede rimase qualche istante sulla
soglia e osservò attentamente la camera.
Sulle pareti non c’era nulla, ad eccezione di qualche poster raffigurante
i personaggi dei manga più famosi.
C’era una scrivania abbastanza ampia con accatastati alla rinfusa dei
fogli, dei libri scolastici e dei manga sportivi, di cui alcuni numeri erano
accatastati sul pavimento ai piedi della scrivania. C’erano vestiti sparsi
per tutta la camera, l’ordine non era certo il suo forte. Sul pavimento
c’era anche una rivista di basket aperta, che probabilmente Hanamichi
stava leggendo coricato per terra, a Rukawa sembrava di vederlo lì coricato
sul pavimento. La sua attenzione fu poi attirata dall’ampio letto posto al
centro della stanza, era molto grande ma molto in disordine. La sua
immaginazione cominciò a volare libera e veloce nel cielo sereno della
fantasia.
“Kaede piantala adesso stai proprio esagerando, pensare di fare certe …
però … … ahhhh smettila adesso stai proprio esagerando!” Rukawa fu
riscosso dai suoi pensieri dalla voce calda di Hanamichi: «Appoggia la
borsa dove vuoi, scusa c’è un po’ di disordine!»
Rukawa zoppicando entrò nella stanza e pose la borsa vicino al muro e
raggiunse Hanamichi senza dir nulla.
A parlare ci pensò Hanamichi, che chiese: «Bene, cosa mangiamo per cena?
Cosa vuoi? Vediamo le volpi mangiano in sushi?»
«Sì, va bene.»
«Beh, ma allora ce l’hai la lingua! In ogni modo io vado a prendere il
sushi al negozio qui all’angolo, tu fai quel cavolo che vuoi!»
«Non c’è bisogno che esci per andare a prendere da mangiare, non
serve…». Ma non riuscì a terminare la frase che Hanamichi lo interruppe
bruscamente dicendo: «Senti stupido volpino, chi ti credi di essere? Non lo
faccio mica per te, di te non mene frega niente!»
«Certo.» Poi, voltandosi con aria di sufficienza aggiunse, «Sei ancora
qui? Guarda che ho fame, datti una mossa».
Hanamichi, sentite queste parole, divenne rosso di rabbia, ma ugualmente non
volle controbattere e uscì velocemente facendo sbattere la porta, un po’
turbato.
“Accidenti finiamo sempre per litigare noi due, e questo non mi piace, ci
soffro… non posso più negarlo …ci soffro perché dimostra quanto mi …
mi odia. Beh, devo ritenermi fortunato almeno non gli sono del tutto
indifferente!”… “finalmente sono arrivato al negozio… Chissà cosa
sta facendo … che domande! Starà sicuramente dormendo, non fa altro, si
sveglia solo per giocare a basket! Si! … starà dormendo ma dove? Magari
sul mio letto” e a quel pensiero un brivido gli corse fugace sulla
schiena.
Il sole stava tramontando e lui si sentiva strano e incompleto, avrebbe
tanto voluto trascorrere quel magico momento con la persona che amava …
con la sua Harukina cara … o no, forse non era lei la persona che avrebbe
potuto farlo sentire completo appagato e felice e lentamente se ne rendeva
conto anche lui.
Prese il sushi e si diresse verso casa.
Rukawa, diversamente dal solito e da come pensava Hanamichi, non stava
dormendo, ma si era coricato sul pavimento a leggere la rivista di basket,
che Sakuragi aveva abbandonato in camera sua. Lesse numerosi articoli tra
cui uno che riguardava l’NBA: I Los Angeles Lakers fanno il bis. La
squadra californiana di Shaquille O'Neal ha vinto, per il secondo anno
consecutivo, il campionato Nba, la massima serie della pallacanestro
statunitense, battendo i Filadelfia '76 per 108 a 96 in gara cinque delle
finali per il titolo. Gli L.A.Lakers si sono aggiudicati quattro gare di
fila, dopo avere perso la prima in casa. Nella quinta decisiva gara,
disputata a Filadelfia, i Sixers sono partiti bene chiudendo in testa di tre
punti (27 a 24) il primo quarto. Poi i Lakers, malgrado qualche imprecisione
offensiva e una percentuale bassissima dalla lunetta, hanno preso il
controllo della partita e l'hanno mantenuto fino alla fine. Solo una
fiammata di Iverson nel terzo quarto (due centri consecutivi da tre punti)
ha ravvivato, per pochi secondi, un incontro che appariva segnato.
L’america … era il suo sogno. Lui voleva trasferirsi negli Usa per
migliorare il suo stile di gioco. Solo qualche settimana prima aveva chiesto
all’allenatore Anzai il consenso per partire. Dopo il suo rifiuto, ma
soprattutto dopo il racconto fattogli dalla moglie, vedeva l’america e
l’NBA in modo diverso, come un traguardo da raggiungere, una meta più
distante. Il suo interesse per quel mondo lontano ed attraente lo
interessava ancora di più e lo affascinava, ma ugualmente quando pensava
alla possibilità di trasferirsi in quel paese lontano una morsa di
nostalgia gli stringeva dolorosamente il cuore. Il pensiero di abbandonare
il Giappone e soprattutto Hanamichi lo faceva soffrire.
Era tanto impegnato nella lettura che non sentì l’arrivo di Hanamichi
che, dopo essere entrato in casa, si era diretto in camera convinto di
trovare il compagno addormentato sul suo letto. Aveva pensato di entrare in
camera senza far rumore, avvicinarsi al letto e svegliarlo bruscamente
gridandogli nell’orecchio. Quando, però, arrivò sulla porta i suoi
propositi svanirono come neve al sole vedendo Rukawa.
Rimase dolcemente affascinato da quel corpo coricato sul pavimento. Il
respiro gli morì in gola, il suo cuore cominciò a battere velocemente nel
suo petto, le mani cominciarono a tremargli per l’agitazione.
Spalancò gli occhi, come se in questo modo potesse osservare e catturare i
lineamenti perfetti del corpo di Rukawa.
Il suo sguardo corse su tutto il corpo. I nerissimi fili di seta che
ricadevano delicatamente sul volto che gli nascondevano i profondi occhi
neri come il carbone, seguì i tratti perfetti del suo viso, esitando
qualche istante sulla sua bocca chiarissima come la sua pelle, perfetta come
dipinta dalla mano abile di un pittore. Scese lentamente sul collo
accarezzando con lo sguardo la pelle liscia e vellutata, candida come la
neve. Proseguì lungo le forme del corpo, incantevoli e attraenti anche se
velate da sottili abiti. Assaporò ogni instante e ogni centimetro di quel
corpo come se dovesse svegliarsi da un momento all’altro da un sogno.
Si scoprì a contemplarlo inconsciamente, riscosso dal rumore provocato
dallo sfogliare delle pagine della rivista. Decise allora di rendere nota la
sua presenza a Rukawa, che non si era ancora accorto di essere osservato da
Hanamichi (non so come ha potuto non accorgersene. Provate a chiederlo
all’autore … … ops sono io … scusate ma davanti alla bellezza
soffocante del mio dolce Kaede perdo la testa J). Hanamichi disse: «Sono
arrivato! Se vieni in cucina mangiamo!» poi si voltò e, con gli occhi
ancora sognanti, si diresse in cucina cercando di scappare dalle proprie e
emozioni e dai propri desideri, che non voleva ancora accettare e che
cercava in ogni modo d’ignorare.
Hanamichi, con il cuore che batteva ancora velocemente, entrò in cucina
senza mai voltarsi per guardare se il suo ospite lo stava seguendo. Non
aveva il coraggio di guardalo negli occhi, ugualmente percepiva la sua
presenza dai lievi rumori di passi alle sue spalle.
Rukawa, infatti, dopo lo spavento iniziale per l’arrivo improvviso
di Hanamichi (si è preso un mezzo infarto, con il cuore che non ha battuto
per svariati secondi), si era alzato e aveva seguito, senza fiatare il
compagno attirato dalla prospettiva del cibo.
Hanamichi aveva ormai raggiunto il tavolo della cucina quando sentì un
insolito rumore, un grido soffocato e trattenuto a stento proveniente dal
corpo alle sue spalle. Voltatosi di scatto, vide Kaede inginocchiato al
suolo con un ginocchio appoggiato sul pavimento mentre si teneva con le mani
l’altro infortunato e con le tracce del dolore provato ancora sul volto,
nascosto in parte dalle lunghe ciocche nere che ricadevano leggere sul
volto, avendo, Rukawa, il capo reclinato in avanti.
Hanamichi, vedendo il compagno dolorante accasciato al suolo, si avvicinò
preoccupato posandogli, senza pensare, affettuosamente la mano sulla schiena
e informandosi sulle sue condizioni: «Rukawa cos’hai? Ti fa male il
ginocchio? Forza siediti!».
Ma non fece in tempo a finire la frase che Rukawa aveva indossato nuovamente
la sua maschera di porcellana bianchissima che impediva ai suoi sentimenti
di manifestarsi sul suo volto. Lo scansò bruscamente con il braccio e con
tono duro, ma ugualmente rotto dal dolore che gli vessava il corpo ma
soprattutto il cuore, disse: « sto bene … benissimo! Sono solo
inciampato, capito!»
In realtà Rukawa non era inciampato, ma aveva provato un dolore
insopportabile, come se mille spilli fossero dolorosamente penetrati nel suo
ginocchio e non riuscì più a stare in piedi accasciandosi sul pavimento.
Ma quando aveva sentito il tono preoccupato di Hanamichi la paura gli
pervase la mente e inconsciamente lo aveva allontanato, gli aveva mentito
senza pensarci. Ormai per lui era diventata un’abitudine, allontanare da
se tutti colore che tentavano d’avvicinarsi al lui, al suo cuore. Ormai lo
faceva quasi senza pensarci senza rendersene pienamente conto. Era così fin
da quando era piccolo o forse addirittura da quando era nato. La sua, però,
era solamente paura di essere abbandonato, ferito, tradito. Credeva che se
non si fosse mai affezionato a nessuno no avrebbe potuto soffrire e allora
allontanava tutti da se con il suo bel caratterino arrogante e altezzoso,
con la sua freddezza e insensibilità, ma tutto questo era solo una maschera
che indossava quasi costantemente fin da quando era piccolo, quando veniva
costantemente affidato a una governante perché i suoi genitori erano sempre
in viaggio per lavoro e quando erano a casa non volevano stare con lui, da
quando a scuola passava tutte le pause da solo perché non aveva amichi.
Allora l’unica cosa che gli rimaneva era il basket, la sua vita, quello
per cui viveva e lottava. Fino a quel momento non esisteva nulla e nessuno
per lui a eccezione del basket. Ma ora … … c’era lui … però era
troppo tardi … era troppo impaurito per poter accettare un’altra persona
nella sua vita eppure soffriva ugualmente.
Hanamichi anche se aveva tantissima voglia di decorare quel volto già
perfetto con numerosi lividi, si trattenne e non rispose poiché si era
ripromesso di non litigare con lui. Così senza dire nulla si sedettero al
tavolo e cominciarono a mangiare entrambi in religioso silenzio.
*** ***
Terminata la cena si trasferirono entrambi in nella camera di Hanamichi dove
il padrone di casa propose a Rukawa di farsi una doccia, ma il compagno
declinò l’invito spiegando che la aveva già fatta negli spogliatoi.
«Fai un po’ quello che vuoi! Io ho proprio bisogno di una bella doccia
rinfrescante e tonificante!»
*** ***
Hanamichi si tolse lentamente i vestiti ed entrò nella doccia aprendo il
getto dell’acqua. Lasciò che l’acqua fresca accarezzasse le sue membra,
stanche e febbricitanti ma soprattutto turbate per gli ultimi eventi che gli
hanno movimentato la giornata. L’acqua lambiva il suo corpo tonico e
muscoloso come mani carezzevoli che Hanamichi per qualche istante aveva
desiderato che fossero mani vere, quelle di Rukawa. Il calore si impossesso
del suo corpo e lievi brividi correvano velocemente sulla schiena facendolo
tremare, mutando la velocità dei battiti del cuore che si contorceva a un
ritmo incalzante battendo profondamente nella sua cassa toracica. Il torace
si sollevava velocemente accompagnato dal rumore profondo del suo respiro
che si univa al costante scroscio delle gocce che si infrangevano sulle
piastrelle bianche e sul vetro della doccia.
Velocemente scacciò quell’inconsueta fantasia della sua mente ma non
certo dal suo corpo che di quel tocco delicato aveva reagito. Quando
Hanamichi si accorse della sua erezione divenne rosso per la vergogna e fu
invaso dalla paura. Scosso, rimase irrigidito sotto il getto fresco
dell’acqua cercando di calmare i suoi bollenti spiriti e di fare chiarezza
nel groviglio dei suoi sentimenti senza però riuscire a capirci granché.
“che cosa mi sta succedendo … …mi sono eccitato per lui … ma cosa
sto dicendo non è possibile lui è un ragazzo …è kitsune, il mio nemico
… e allora sentiamo e come lo spieghi lo stato del tuo basso
ventre? Piantala non lo ammetterò mai … anche se devo dire che capisco
perché tutte le ragazze gli corrano dietro. Vuoi dire che il suo corpo è
tanto bello che sembra solo un bellissimo miraggio perché non è possibile
che esista un essere umano tanto bello? No!
… non ho mai detto una cosa del genere!! Certo perché stai pensando e non
puoi negare che l’ho hai pensato!! No! Non l’ho neanche pensato e non
rompere! Ho solo detto che è molto bello … beh … ha un corpo attraente
…una bellissima voce, per non parlare dei suoi occhi color ebano profondi
come il buco dell’inferno e forse anche più pericolosi … ma ugualmente
è bellissimo perdersi nella loro immensità … … quanto darei per poter
conoscere cosa viene custodito così gelosamente nel loro interno … vorrei
conoscerlo e … … beh non è molto diverso da quello che ho detto ti
piace da impazzire!! No! No! E no! Ho solo detto che vorrei conoscerlo non
che lo amo, non potrei mai provare un simile sentimento per lui! Certo tu lo
odi … non hai fatto altro dalla prima volta che lo hai visto è per questo
che sei agitato quando ti è vicino, ti sei preoccupato per lui e lo hai
invitato a passare la notte a casa tua, ti sei eccitato e gli hai fatto un
attento esame del corpo mentre era coricato sul pavimento … … perché lo
odi! Si! È perché lo odio e poi scusa tu dovresti saperle tutte queste
cose dato che sei una vocina fastidiosa nella mia mente! Sì ma io
sono la parte intelligente! Piantala io lo odio! E allora perché lo vuoi
conoscere, generalmente non si vuole conoscere il proprio nemico! Lo voglio
conoscere meglio perché … … perché così potrò odiarlo ancora di più
e perché in questo modo potrò umiliarlo svelando a tutti com’è in realtà!
Ne saresti veramente capace?
Adesso basta mi stai rompendo il le palle! Non voglio più stare a sentire
le tue affermazioni senza fondamento e offensive! La verità certe volte fa
male se uno non la vuole accettare! Piantalaaaaaaaaaaa!!!”.
Ormai esausto e impaurito dai suoi stessi pensieri, pose lentamente la mano
sul rubinetto dell’acqua e fece cessare il fresco flusso e uscì dalla
doccia avvolgendosi attorno alla vita un morbido asciugamano di spugna color
crema.
Si asciugò velocemente e indosso un paio di boxer, dei pantaloncini neri
abbastanza attillati e una maglietta, anch’essa nera, senza maniche.
Facendosi coraggio, uscì dal bagno e andò in camera dove sapeva avrebbe
trovato la causa della sua inquietudine.
Nel frattempo Rukawa era rimasto in camera a riflettere seriamente a quello
che era accaduto durante quella lunga giornata e in quelle precedenti, ad
Hanamichi e al basket. Quando Hanamichi lo aveva lasciato solo con se stesso
per cercare sollievo alla calura estiva con una doccia
fresca aveva visto chiudere la porta dietro la schiena
del compagno. Non appena il corpo di Sakuragi sparì
dalla sua vista accompagnato dal rumore della maniglia
che si chiudeva, Kaede fu invaso dall’angoscia che lo avvinghiavano quasi a soffocarlo ogni volta che non
aveva accanto il suo Do’hao. Ugualmente, però, provò
molto sollievo perché era conscio del fatto che non
farebbe riuscito a celare i suoi sentimenti ancora a
lungo. Di solito era più facile … Hanamichi era
arrogante e scorbutico con lui ma quella sere era
tutto diverso … era così gentile e dolce da farlo
impazzire, fargli perdere la ragione, fargli fare cose
che non avrebbe voluto ed è di questo che Rukawa aveva
più paura, non se lo sarebbe mai perdonato.
Si era reso conto dei suoi sentimenti e li aveva
accettati, non senza difficoltà certo, aveva
riflettuto a lungo dopo quello che era accaduto negli
spogliatoi, qualche sospetto lo aveva avuto anche
prima ma aveva sempre rinnegato tutto … quella mattina
nella strada, ma forse già la prima volta che lo aveva
visto era rimasto affascinato da lui.Adesso era
sicuro. Adesso era sicuro di amarlo, forse troppo,
avrebbe voluto posare le labbra sulle sue, assaporare
il sapore della sua bocca, avrebbe voluto toccare la
sua pelle liscia ed invitante, avrebbe voluto sentire
il calore del suo corpo, poterlo abbracciare, baciare
ogni centimetro del suo corpo … “non devo fare certi
pensieri … dovrei vergognarmi, sono uno stupido, lui
non mi ricambierà mai, non devo illudermi soffrirò di
più … lui mi odia, quante volte me lo ha detto! Beh
anch’io dico di odiarlo, è vero lo odio per essersi
preso il mio cuore senza nemmeno chiedermelo, ma
ugualmente lo amo … ma chi voglio illudere lui mi
detesta e basta … … come tutti d’altra parte … …”
sospirò profondamente intristito da quell’ultima
constatazione.
Decise allora di fare quattro passi in attesa che
Hanamichi uscisse dal bagno. Una lunga passeggiata
sotto i candidi raggi della luna piena che da poco
aveva occupato la sommità della volta celeste, ma non
appena tentò d’alzarsi dal letto dove era seduto, provò un dolore acuto al ginocchio che lo obbligò a
desistere dai suoi propositi. Ricadde, allora,
delicatamente sul pavimento, appoggiando la schiena
sul letto alle sue spalle. Sconsolato, ricominciò a
errare nel mare in tempesta dei suoi pensieri.
Hanamichi, il basket, i suoi sentimenti per lui, gli
ultimi eventi, la partita, lo shohoku e tutta la sua
vita lo investirono come un’onda impetuosa colpendolo
dritto al centro del suo cuore.
Lasciò che il turbinio dei suoi sentimenti potesse
fluire all’esterno concedendo all’angoscia di
dipingersi sul suo volto freddo e inespressivo. Era convinto che nessuno potesse vedere il cambiamento
della sua espressione scorgendo quel lato di lui che
aveva esiliato nella parte più remota del suo cuore.
In realtà non si era accorto del sopraggiungere di
Hanamichi che, dopo aver esitato qualche minuto, era
uscito dal bagno e aveva raggiunto la stanza. Si
trovava di fronte a lui, intenerito e incredulo nel
vedere Rukawa, l’uomo di ghiaccio che al confronto il
polo nord è caldo, davanti ha lui con il volto segnato
dall’angoscia, dallo sconforto e dalla più profonda inquietudine.
Credette di capire la causa dei problemi del compagno,
si avvicinò ancora, cercando delle parole adatte per
consolarlo, ma, proprio lui che aveva sempre parole da
dire per tutte le situazioni, in quel momento non
riuscì a pronunciare nulla. Non sapeva cosa dire ma
desiderava consolarlo, vederlo in quello stato gli
faceva male al cuore.
Quasi senza pensarci getto le braccia al collo di
Rukawa, inginocchiandosi di fronte a lui. Voleva in
questo modo fargli sentire la sua vicinanza e il suo
sostegno incondizionato e senza limiti, se fosse
servito gli avrebbe donato anche il cuore.
Rukawa si accorse del compagno di squadra solo quando
Hanamichi era a qualche centimetro di distanza dal suo
corpo. Non ebbe il tempo di capire cosa stava
succedendo che si trovò il corpo di Hanamichi
avvinghiato al suo aderendo perfettamente alle sue
curve anatomiche.
Inizialmente rimase impietrito per l’incredulità e lo
stupore, ma ben presto, invitato dal tepore che
emanava, rispose all’abbraccio, avvolgendo le sue
braccia forti e diafane attorno alla vita del rossino.
Rimasero in quella posizione per molto tempo senza
muoversi. Il tempo sembrava essersi fermato, non restava nulla all’infuori del corpo caldo
dell’altro.Entrambi dimenticarono, per quel breve
lasso di tempo, i loro dubbi e i problemi.
Quel dolce e quasi irreale abbraccio fu interrotto da
Hanamichi che, dopo essersi allontanato leggermente
dal corpo accogliente di Kaede, disse: « accidenti! Mi
sono dimenticato una cosa, aspetta qui! ». Detto
questo si diresse correndo verso la cucina.
Kaede, che da poco aveva superato lo stupore per
l’abbraccio di Hanamichi, adesso era ancora più
perplesso e spaesato per lo strano comportamento di
Hanamichi. Fece come gli aveva imperiosamente
ordinato, aspettandolo incuriosito seduto sul
pavimento, volgendo lo sguardo verso la porta dove era
scomparso il suo oggetto del desiderio.
Quando Hanamichi riapparve teneva in mano in barattolo
rotondo e molto piccolo. Kaede non riuscì a capire
cosa contenesse il barattolo e per questo si allarmò,
ma fu certo rassicurato dalle parole di Hanamichi che,
avvicinandosi a lui, disse: « dai forza, togliti i
pantaloni!».
Rukawa rimase immobile e divenne ancora più pallido
del solito e probabilmente avrebbe assunto
l’espressione da pesce lesso se non fosse sempre così
inespressivo. Il cuore per qualche secondo smise di
battere, il sangue si raggelò. “ ho capito bene? … mi
ha detto di togliermi i pantaloni?! … … no non può
essere per fare quello che penso io! … cosa vado a
pensare … per quale altro motivo mi avrebbe detto una
cosa simile?! … … …”
Dopo qualche istante Hanamichi non capendo il
comportamento di Rukawa lo esortò ancora. « allora ti
dai una mossa a spogliarti, ti vergogni? … come faccio
a metterti la crema sul ginocchio se indossi i
pantaloni? ». Hanamichi era troppo ingenuo per poter
accorgersi di quello poteva sottintendere quella
proposta e quindi non capì nemmeno perché Rukawa,
dopo in suo chiarimento, si sentiva più tranquillo e
involontariamente aveva emesso un sospiro di
liberazione.
Certamente gli sarebbe piaciuto che lo invitasse a
togliersi i pantaloni per altri fini.
Hanamichi, qualche istante di perplessità, continuò a
parlare: « mentre ero fuori sono passato davanti alla
farmacia e ti ho preso una crema per il ginocchio!».
Rukawa era incredulo, perplesso, costernato, stupito e
diffidente ma ugualmente fece quello che glia aveva
detto senza fiatare. Con le lunghe e agili dita si
slaccio i bottone e lentamente abbassò la zip dei
jeans ancora un po’ titubante. Si tolse i pantaloni
rimanendo in mutande davanti ad Hanamichi che di
fronte a quella paradisiaca visione arrossì
clamorosamente contro la sua volontà.
Rukawa, risedutosi sul pavimento come poco prima, si
accorse dell’imbarazzo di Hanamichi ma ugualmente non
si volle illudere riguardo la causa.
Hanamichi gli si inginocchi di fianco e, presa un po’
di crema col dito, la spalmò delicatamente sul
ginocchio. La pelle era liscia, vellutata, morbida e
calda, candida come quella di un bambino. La sua pelle
profumava … … di un profumo delicato, avvolgente e
invitante ma anche molto virile.
I due ragazzi sembravano trovarsi in un altro mondo
dove esistevano solo loro due e dove la sabbia non
scorreva nella clessidra che scandiva lo scorrere del
tempo. Niente pareti, niente mobili, niente letto,
niente finestre, niente assolutamente niente ad
eccezione dei loro due corpo, dei loro respiri, dei
loro cuori che battevano insieme, come orologi
sincronizzati e di quella piacevolissima sensazione
che li avvolgeva e li accarezzava.
Furono bruscamente riportati alla realtà dalla
goffaggine di Hanamichi. Aveva, infatti, fatto cadere
il barattolo di crema che teneva in mano, sul ventre
di Kaede che sbuffando e scuotendo leggermente il capo
per il brusco risveglio, disse con la sua solita
freddezza « baka!».
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Hanamichi,
alquanto alterato, cominciò a inveire e a gridare
contro il compagno che cercava disperatamente di
pulirsi la maglietta, dicendo: « come osi, kitsune,
non ti devi permettere di parlarmi così!». La risposta
arrivò repentina come ogni volta che loro due
litigavano.
Hanamichi fu accecato dalla rabbia e lo colpì al volto
con un violento gancio.
I due cominciarono una lotta furiosa. Tra loro certe
‘discussioni’ accadevano frequentemente [ cosa ci si
può aspettare da due teppisti? ]. Cominciavano a
litigare per niente, poi dopo gli insulti, passavano
ai pugni,poi come erano cominciate finivano, come se
nulla fosse successo. Così accadde anche quella sera,
dopo qualche minuto passato a tirarsi pugni, tutto
tornò come prima, beh qualche livido ed escoriazione
in più ma niente di grave, ne erano abituati. Quello
era il loro modo di comunicare, l’unico che
conoscessero.
fine sesto capitolo
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