AUTORE: ki-chan
SERIE: slamdunk
PARTE: 6/10
PAIRING: ru X hana
DISCLAIMER: Qs personaggi non sono miei e bla bla
bla....





Amato nemico

parte VI

di Ki-chan


Rukawa ed Hanamichi entrarono in casa, si tolsero le scarpe e si diressero direttamente nella camera di Hanamichi. Rukawa lo seguiva senza dire una parola.
Hanamichi aprì la porta ed entrò mentre Kaede rimase qualche istante sulla soglia e osservò attentamente la camera.
Sulle pareti non c’era nulla, ad eccezione di qualche poster raffigurante i personaggi dei manga più famosi.
C’era una scrivania abbastanza ampia con accatastati alla rinfusa dei fogli, dei libri scolastici e dei manga sportivi, di cui alcuni numeri erano accatastati sul pavimento ai piedi della scrivania. C’erano vestiti sparsi per tutta la camera, l’ordine non era certo il suo forte. Sul pavimento c’era anche una rivista di basket aperta, che probabilmente Hanamichi stava leggendo coricato per terra, a Rukawa sembrava di vederlo lì coricato sul pavimento. La sua attenzione fu poi attirata dall’ampio letto posto al centro della stanza, era molto grande ma molto in disordine. La sua immaginazione cominciò a volare libera e veloce nel cielo sereno della fantasia.
“Kaede piantala adesso stai proprio esagerando, pensare di fare certe … però … … ahhhh smettila adesso stai proprio esagerando!” Rukawa fu riscosso dai suoi pensieri dalla voce calda di Hanamichi: «Appoggia la borsa dove vuoi, scusa c’è un po’ di disordine!»
Rukawa zoppicando entrò nella stanza e pose la borsa vicino al muro e raggiunse Hanamichi senza dir nulla.
A parlare ci pensò Hanamichi, che chiese: «Bene, cosa mangiamo per cena? Cosa vuoi? Vediamo le volpi mangiano in sushi?»
«Sì, va bene.»
«Beh, ma allora ce l’hai la lingua! In ogni modo io vado a prendere il sushi al negozio qui all’angolo, tu fai quel cavolo che vuoi!»
«Non c’è bisogno che esci per andare a prendere da mangiare, non serve…». Ma non riuscì a terminare la frase che Hanamichi lo interruppe bruscamente dicendo: «Senti stupido volpino, chi ti credi di essere? Non lo faccio mica per te, di te non mene frega niente!»
«Certo.» Poi, voltandosi con aria di sufficienza aggiunse, «Sei ancora qui? Guarda che ho fame, datti una mossa».
Hanamichi, sentite queste parole, divenne rosso di rabbia, ma ugualmente non volle controbattere e uscì velocemente facendo sbattere la porta, un po’ turbato.
“Accidenti finiamo sempre per litigare noi due, e questo non mi piace, ci soffro… non posso più negarlo …ci soffro perché dimostra quanto mi … mi odia. Beh, devo ritenermi fortunato almeno non gli sono del tutto indifferente!”… “finalmente sono arrivato al negozio… Chissà cosa sta facendo … che domande! Starà sicuramente dormendo, non fa altro, si sveglia solo per giocare a basket! Si! … starà dormendo ma dove? Magari sul mio letto” e a quel pensiero un brivido gli corse fugace sulla schiena.
Il sole stava tramontando e lui si sentiva strano e incompleto, avrebbe tanto voluto trascorrere quel magico momento con la persona che amava … con la sua Harukina cara … o no, forse non era lei la persona che avrebbe potuto farlo sentire completo appagato e felice e lentamente se ne rendeva conto anche lui.
Prese il sushi e si diresse verso casa.
Rukawa, diversamente dal solito e da come pensava Hanamichi, non stava dormendo, ma si era coricato sul pavimento a leggere la rivista di basket, che Sakuragi aveva abbandonato in camera sua. Lesse numerosi articoli tra cui uno che riguardava l’NBA: I Los Angeles Lakers fanno il bis. La squadra californiana di Shaquille O'Neal ha vinto, per il secondo anno consecutivo, il campionato Nba, la massima serie della pallacanestro statunitense, battendo i Filadelfia '76 per 108 a 96 in gara cinque delle finali per il titolo. Gli L.A.Lakers si sono aggiudicati quattro gare di fila, dopo avere perso la prima in casa. Nella quinta decisiva gara, disputata a Filadelfia, i Sixers sono partiti bene chiudendo in testa di tre punti (27 a 24) il primo quarto. Poi i Lakers, malgrado qualche imprecisione offensiva e una percentuale bassissima dalla lunetta, hanno preso il controllo della partita e l'hanno mantenuto fino alla fine. Solo una fiammata di Iverson nel terzo quarto (due centri consecutivi da tre punti) ha ravvivato, per pochi secondi, un incontro che appariva segnato.
L’america … era il suo sogno. Lui voleva trasferirsi negli Usa per migliorare il suo stile di gioco. Solo qualche settimana prima aveva chiesto all’allenatore Anzai il consenso per partire. Dopo il suo rifiuto, ma soprattutto dopo il racconto fattogli dalla moglie, vedeva l’america e l’NBA in modo diverso, come un traguardo da raggiungere, una meta più distante. Il suo interesse per quel mondo lontano ed attraente lo interessava ancora di più e lo affascinava, ma ugualmente quando pensava alla possibilità di trasferirsi in quel paese lontano una morsa di nostalgia gli stringeva dolorosamente il cuore. Il pensiero di abbandonare il Giappone e soprattutto Hanamichi lo faceva soffrire. 
Era tanto impegnato nella lettura che non sentì l’arrivo di Hanamichi che, dopo essere entrato in casa, si era diretto in camera convinto di trovare il compagno addormentato sul suo letto. Aveva pensato di entrare in camera senza far rumore, avvicinarsi al letto e svegliarlo bruscamente gridandogli nell’orecchio. Quando, però, arrivò sulla porta i suoi propositi svanirono come neve al sole vedendo Rukawa. 
Rimase dolcemente affascinato da quel corpo coricato sul pavimento. Il respiro gli morì in gola, il suo cuore cominciò a battere velocemente nel suo petto, le mani cominciarono a tremargli per l’agitazione.
Spalancò gli occhi, come se in questo modo potesse osservare e catturare i lineamenti perfetti del corpo di Rukawa.
Il suo sguardo corse su tutto il corpo. I nerissimi fili di seta che ricadevano delicatamente sul volto che gli nascondevano i profondi occhi neri come il carbone, seguì i tratti perfetti del suo viso, esitando qualche istante sulla sua bocca chiarissima come la sua pelle, perfetta come dipinta dalla mano abile di un pittore. Scese lentamente sul collo accarezzando con lo sguardo la pelle liscia e vellutata, candida come la neve. Proseguì lungo le forme del corpo, incantevoli e attraenti anche se velate da sottili abiti. Assaporò ogni instante e ogni centimetro di quel corpo come se dovesse svegliarsi da un momento all’altro da un sogno. 
Si scoprì a contemplarlo inconsciamente, riscosso dal rumore provocato dallo sfogliare delle pagine della rivista. Decise allora di rendere nota la sua presenza a Rukawa, che non si era ancora accorto di essere osservato da Hanamichi (non so come ha potuto non accorgersene. Provate a chiederlo all’autore … … ops sono io … scusate ma davanti alla bellezza soffocante del mio dolce Kaede perdo la testa J). Hanamichi disse: «Sono arrivato! Se vieni in cucina mangiamo!» poi si voltò e, con gli occhi ancora sognanti, si diresse in cucina cercando di scappare dalle proprie e emozioni e dai propri desideri, che non voleva ancora accettare e che cercava in ogni modo d’ignorare. 
Hanamichi, con il cuore che batteva ancora velocemente, entrò in cucina senza mai voltarsi per guardare se il suo ospite lo stava seguendo. Non aveva il coraggio di guardalo negli occhi, ugualmente percepiva la sua presenza dai lievi rumori di passi alle sue spalle. 
Rukawa, infatti, dopo  lo spavento iniziale per l’arrivo improvviso di Hanamichi (si è preso un mezzo infarto, con il cuore che non ha battuto per svariati secondi), si era alzato e aveva seguito, senza fiatare il compagno attirato dalla prospettiva del cibo. 
Hanamichi aveva ormai raggiunto il tavolo della cucina quando sentì un insolito rumore, un grido soffocato e trattenuto a stento proveniente dal corpo alle sue spalle. Voltatosi di scatto, vide Kaede inginocchiato al suolo con un ginocchio appoggiato sul pavimento mentre si teneva con le mani l’altro infortunato e con le tracce del dolore provato ancora sul volto, nascosto in parte dalle lunghe ciocche nere che ricadevano leggere sul volto, avendo, Rukawa, il capo reclinato in avanti. 
Hanamichi, vedendo il compagno dolorante accasciato al suolo, si avvicinò preoccupato posandogli, senza pensare, affettuosamente la mano sulla schiena e informandosi sulle sue condizioni: «Rukawa cos’hai? Ti fa male il ginocchio? Forza siediti!».
Ma non fece in tempo a finire la frase che Rukawa aveva indossato nuovamente la sua maschera di porcellana bianchissima che impediva ai suoi sentimenti di manifestarsi sul suo volto. Lo scansò bruscamente con il braccio e con tono duro, ma ugualmente rotto dal dolore che gli vessava il corpo ma soprattutto il cuore, disse: « sto bene … benissimo! Sono solo inciampato, capito!» 
In realtà Rukawa non era inciampato, ma aveva provato un dolore insopportabile, come se mille spilli fossero dolorosamente penetrati nel suo ginocchio e non riuscì più a stare in piedi accasciandosi sul pavimento. Ma quando aveva sentito il tono preoccupato di Hanamichi la paura gli pervase la mente e inconsciamente lo aveva allontanato, gli aveva mentito senza pensarci. Ormai per lui era diventata un’abitudine, allontanare da se tutti colore che tentavano d’avvicinarsi al lui, al suo cuore. Ormai lo faceva quasi senza pensarci senza rendersene pienamente conto. Era così fin da quando era piccolo o forse addirittura da quando era nato. La sua, però, era solamente paura di essere abbandonato, ferito, tradito. Credeva che se non si fosse mai affezionato a nessuno no avrebbe potuto soffrire e allora allontanava tutti da se con il suo bel caratterino arrogante e altezzoso, con la sua freddezza e insensibilità, ma tutto questo era solo una maschera che indossava quasi costantemente fin da quando era piccolo, quando veniva costantemente affidato a una governante perché i suoi genitori erano sempre in viaggio per lavoro e quando erano a casa non volevano stare con lui, da quando a scuola passava tutte le pause da solo perché non aveva amichi. Allora l’unica cosa che gli rimaneva era il basket, la sua vita, quello per cui viveva e lottava. Fino a quel momento non esisteva nulla e nessuno per lui a eccezione del basket. Ma ora … … c’era lui … però era troppo tardi … era troppo impaurito per poter accettare un’altra persona nella sua vita eppure soffriva ugualmente.
Hanamichi anche se aveva tantissima voglia di decorare quel volto già perfetto con numerosi lividi, si trattenne e non rispose poiché si era ripromesso di non litigare con lui. Così senza dire nulla si sedettero al tavolo e cominciarono a mangiare entrambi in religioso silenzio.

*** ***

Terminata la cena si trasferirono entrambi in nella camera di Hanamichi dove il padrone di casa propose a Rukawa di farsi una doccia, ma il compagno declinò l’invito spiegando che la aveva già fatta negli spogliatoi. 
«Fai un po’ quello che vuoi! Io ho proprio bisogno di una bella doccia rinfrescante e tonificante!»

*** ***

Hanamichi si tolse lentamente i vestiti ed entrò nella doccia aprendo il getto dell’acqua. Lasciò che l’acqua fresca accarezzasse le sue membra, stanche e febbricitanti ma soprattutto turbate per gli ultimi eventi che gli hanno movimentato la giornata. L’acqua lambiva il suo corpo tonico e muscoloso come mani carezzevoli che Hanamichi per qualche istante aveva desiderato che fossero mani vere, quelle di Rukawa. Il calore si impossesso del suo corpo e lievi brividi correvano velocemente sulla schiena facendolo tremare, mutando la velocità dei battiti del cuore che si contorceva a un ritmo incalzante battendo profondamente nella sua cassa toracica. Il torace si sollevava velocemente accompagnato dal rumore profondo del suo respiro che si univa al costante scroscio delle gocce che si infrangevano sulle piastrelle bianche e sul vetro della doccia. 
Velocemente scacciò quell’inconsueta fantasia della sua mente ma non certo dal suo corpo che di quel tocco delicato aveva reagito. Quando Hanamichi si accorse della sua erezione divenne rosso per la vergogna e fu invaso dalla paura. Scosso, rimase irrigidito sotto il getto fresco dell’acqua cercando di calmare i suoi bollenti spiriti e di fare chiarezza nel groviglio dei suoi sentimenti senza però riuscire a capirci granché. 
“che cosa mi sta succedendo … …mi sono eccitato per lui … ma cosa sto dicendo non è possibile lui è un ragazzo …è kitsune, il mio nemico … e allora sentiamo e come lo spieghi lo stato del tuo basso ventre? Piantala non lo ammetterò mai … anche se devo dire che capisco perché tutte le ragazze gli corrano dietro. Vuoi dire che il suo corpo è tanto bello che sembra solo un bellissimo miraggio perché non è possibile che esista un essere umano tanto bello? No!
… non ho mai detto una cosa del genere!! Certo perché stai pensando e non puoi negare che l’ho hai pensato!! No! Non l’ho neanche pensato e non rompere! Ho solo detto che è molto bello … beh … ha un corpo attraente …una bellissima voce, per non parlare dei suoi occhi color ebano profondi come il buco dell’inferno e forse anche più pericolosi … ma ugualmente è bellissimo perdersi nella loro immensità … … quanto darei per poter conoscere cosa viene custodito così gelosamente nel loro interno … vorrei conoscerlo e … … beh non è molto diverso da quello che ho detto ti piace da impazzire!! No! No! E no! Ho solo detto che vorrei conoscerlo non che lo amo, non potrei mai provare un simile sentimento per lui! Certo tu lo odi … non hai fatto altro dalla prima volta che lo hai visto è per questo che sei agitato quando ti è vicino, ti sei preoccupato per lui e lo hai invitato a passare la notte a casa tua, ti sei eccitato e gli hai fatto un attento esame del corpo mentre era coricato sul pavimento … … perché lo odi! Si! È perché lo odio e poi scusa tu dovresti saperle tutte queste cose dato che sei  una vocina fastidiosa nella mia mente! Sì ma io sono la parte intelligente! Piantala io lo odio! E allora perché lo vuoi conoscere, generalmente non si vuole conoscere il proprio nemico! Lo voglio conoscere meglio perché … … perché così potrò odiarlo ancora di più e perché in questo modo potrò umiliarlo svelando a tutti com’è in realtà! Ne saresti veramente capace?
Adesso basta mi stai rompendo il le palle! Non voglio più stare a sentire le tue affermazioni senza fondamento e offensive! La verità certe volte fa male se uno non la vuole accettare! Piantalaaaaaaaaaaa!!!”.
Ormai esausto e impaurito dai suoi stessi pensieri, pose lentamente la mano sul rubinetto dell’acqua e fece cessare il fresco flusso e uscì dalla doccia avvolgendosi attorno alla vita un morbido asciugamano di spugna color crema.
Si asciugò velocemente e indosso un paio di boxer, dei pantaloncini neri abbastanza attillati e una maglietta, anch’essa nera, senza maniche. Facendosi coraggio, uscì dal bagno e andò in camera dove sapeva avrebbe trovato la causa della sua inquietudine. 
Nel frattempo Rukawa era rimasto in camera a riflettere seriamente a quello che era accaduto durante quella lunga giornata e in quelle precedenti, ad Hanamichi e al basket.
Quando Hanamichi lo aveva lasciato solo con se stesso per cercare sollievo alla calura estiva con una doccia fresca aveva visto chiudere la porta dietro la schiena del compagno. Non appena il corpo di Sakuragi sparì dalla sua vista accompagnato dal rumore della maniglia che si chiudeva, Kaede fu invaso dall’angoscia che lo avvinghiavano quasi a soffocarlo ogni volta che non aveva accanto il suo Do’hao. Ugualmente, però, provò molto sollievo perché era conscio del fatto che non farebbe riuscito a celare i suoi sentimenti ancora a lungo. Di solito era più facile … Hanamichi era arrogante e scorbutico con lui ma quella sere era tutto diverso … era così gentile e dolce da farlo impazzire, fargli perdere la ragione, fargli fare cose che non avrebbe voluto ed è di questo che Rukawa aveva più paura, non se lo sarebbe mai perdonato. 
Si era reso conto dei suoi sentimenti e li aveva accettati, non senza difficoltà certo, aveva riflettuto a lungo dopo quello che era accaduto negli spogliatoi, qualche sospetto lo aveva avuto anche prima ma aveva sempre rinnegato tutto … quella mattina nella strada, ma forse già la prima volta che lo aveva visto era rimasto affascinato da lui.Adesso era sicuro. Adesso era sicuro di amarlo, forse troppo, avrebbe voluto posare le labbra sulle sue, assaporare il sapore della sua bocca, avrebbe voluto toccare la sua pelle liscia ed invitante, avrebbe voluto sentire il calore del suo corpo, poterlo abbracciare, baciare ogni centimetro del suo corpo … “non devo fare certi pensieri … dovrei vergognarmi, sono uno stupido, lui non mi ricambierà mai, non devo illudermi soffrirò di più … lui mi odia, quante volte me lo ha detto! Beh anch’io dico di odiarlo, è vero lo odio per essersi preso il mio cuore senza nemmeno chiedermelo, ma ugualmente lo amo … ma chi voglio illudere lui mi detesta e basta … … come tutti d’altra parte … …” sospirò profondamente intristito da quell’ultima constatazione.
Decise allora di fare quattro passi in attesa che Hanamichi uscisse dal bagno. Una lunga passeggiata sotto i candidi raggi della luna piena che da poco aveva occupato la sommità della volta celeste, ma non appena tentò d’alzarsi dal letto dove era seduto, provò un dolore acuto al ginocchio che lo obbligò a desistere dai suoi propositi. Ricadde, allora, delicatamente sul pavimento, appoggiando la schiena sul letto alle sue spalle. Sconsolato, ricominciò a errare nel mare in tempesta dei suoi pensieri. 
Hanamichi, il basket, i suoi sentimenti per lui, gli ultimi eventi, la partita, lo shohoku e tutta la sua vita lo investirono come un’onda impetuosa colpendolo dritto al centro del suo cuore. 
Lasciò che il turbinio dei suoi sentimenti potesse fluire all’esterno concedendo all’angoscia di dipingersi sul suo volto freddo e inespressivo. Era convinto che nessuno potesse vedere il cambiamento della sua espressione scorgendo quel lato di lui che aveva esiliato nella parte più remota del suo cuore. 
In realtà non si era accorto del sopraggiungere di Hanamichi che, dopo aver esitato qualche minuto, era uscito dal bagno e aveva raggiunto la stanza. Si trovava di fronte a lui, intenerito e incredulo nel vedere Rukawa, l’uomo di ghiaccio che al confronto il polo nord è caldo, davanti ha lui con il volto segnato dall’angoscia, dallo sconforto e dalla più profonda inquietudine.
Credette di capire la causa dei problemi del compagno, si avvicinò ancora, cercando delle parole adatte per consolarlo, ma, proprio lui che aveva sempre parole da dire per tutte le situazioni, in quel momento non riuscì a pronunciare nulla. Non sapeva cosa dire ma desiderava consolarlo, vederlo in quello stato gli faceva male al cuore.
Quasi senza pensarci getto le braccia al collo di Rukawa, inginocchiandosi di fronte a lui. Voleva in questo modo fargli sentire la sua vicinanza e il suo sostegno incondizionato e senza limiti, se fosse servito gli avrebbe donato anche il cuore.
Rukawa si accorse del compagno di squadra solo quando Hanamichi era a qualche centimetro di distanza dal suo corpo. Non ebbe il tempo di capire cosa stava succedendo che si trovò il corpo di Hanamichi avvinghiato al suo aderendo perfettamente alle sue curve anatomiche.
Inizialmente rimase impietrito per l’incredulità e lo stupore, ma ben presto, invitato dal tepore che emanava, rispose all’abbraccio, avvolgendo le sue braccia forti e diafane attorno alla vita del rossino.
Rimasero in quella posizione per molto tempo senza muoversi. Il tempo sembrava essersi fermato, non restava nulla all’infuori del corpo caldo dell’altro.Entrambi dimenticarono, per quel breve lasso di tempo, i loro dubbi e i problemi.
Quel dolce e quasi irreale abbraccio fu interrotto da Hanamichi che, dopo essersi allontanato leggermente dal corpo accogliente di Kaede, disse: « accidenti! Mi sono dimenticato una cosa, aspetta qui! ». Detto questo si diresse correndo verso la cucina. 
Kaede, che da poco aveva superato lo stupore per l’abbraccio di Hanamichi, adesso era ancora più perplesso e spaesato per lo strano comportamento di Hanamichi. Fece come gli aveva imperiosamente ordinato, aspettandolo incuriosito seduto sul pavimento, volgendo lo sguardo verso la porta dove era scomparso il suo oggetto del desiderio. 
Quando Hanamichi riapparve teneva in mano in barattolo rotondo e molto piccolo. Kaede non riuscì a capire cosa contenesse il barattolo e per questo si allarmò, ma fu certo rassicurato dalle parole di Hanamichi che, avvicinandosi a lui, disse: « dai forza, togliti i pantaloni!».
Rukawa rimase immobile e divenne ancora più pallido del solito e probabilmente avrebbe assunto l’espressione da pesce lesso se non fosse sempre così inespressivo. Il cuore per qualche secondo smise di battere, il sangue si raggelò. “ ho capito bene? … mi ha detto di togliermi i pantaloni?! … … no non può essere per fare quello che penso io! … cosa vado a pensare … per quale altro motivo mi avrebbe detto una cosa simile?! … … …”
Dopo qualche istante Hanamichi non capendo il comportamento di Rukawa lo esortò ancora. « allora ti dai una mossa a spogliarti, ti vergogni? … come faccio a metterti la crema sul ginocchio se indossi i pantaloni? ». Hanamichi era troppo ingenuo per poter accorgersi di quello poteva sottintendere quella proposta e quindi non  capì nemmeno perché Rukawa, dopo in suo chiarimento, si sentiva più tranquillo e involontariamente aveva emesso un sospiro di liberazione.
Certamente gli sarebbe piaciuto che lo invitasse a togliersi i pantaloni per altri fini. 
Hanamichi, qualche istante di perplessità, continuò a parlare: « mentre ero fuori sono passato davanti alla farmacia e ti ho preso una crema per il ginocchio!». 
Rukawa era incredulo, perplesso, costernato, stupito e diffidente ma ugualmente fece quello che glia aveva detto senza fiatare. Con le lunghe e agili dita si slaccio i bottone e lentamente abbassò la zip dei jeans ancora un po’ titubante. Si tolse i pantaloni rimanendo in mutande davanti ad Hanamichi che di fronte a quella paradisiaca visione arrossì clamorosamente contro la sua volontà.
Rukawa, risedutosi sul pavimento come poco prima, si accorse dell’imbarazzo di Hanamichi ma ugualmente non si volle illudere riguardo la causa.
Hanamichi gli si inginocchi di fianco e, presa un po’ di crema col dito, la spalmò delicatamente sul ginocchio. La pelle era liscia, vellutata, morbida e calda, candida come quella di un bambino. La sua pelle profumava … … di un profumo delicato, avvolgente e invitante ma anche molto virile. 
I due ragazzi sembravano trovarsi in un altro mondo dove esistevano solo loro due e dove la sabbia non scorreva nella clessidra che scandiva lo scorrere del tempo. Niente pareti, niente mobili, niente letto, niente finestre, niente assolutamente niente ad eccezione dei loro due corpo, dei loro respiri, dei loro cuori che battevano insieme, come orologi sincronizzati e di quella piacevolissima sensazione che li avvolgeva e li accarezzava.
Furono bruscamente riportati alla realtà dalla goffaggine di Hanamichi. Aveva, infatti, fatto cadere il barattolo di crema che teneva in mano, sul ventre di Kaede che sbuffando e scuotendo leggermente il capo per il brusco risveglio, disse con la sua solita freddezza « baka!».
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Hanamichi, alquanto alterato, cominciò a inveire e a gridare contro il compagno che cercava disperatamente di pulirsi la maglietta, dicendo: « come osi, kitsune, non ti devi permettere di parlarmi così!». La risposta arrivò repentina come ogni volta che loro due litigavano.
Hanamichi fu accecato dalla rabbia e lo colpì al volto con un violento gancio. 
I due cominciarono una lotta furiosa. Tra loro certe ‘discussioni’ accadevano frequentemente [ cosa ci si può aspettare da due teppisti? ]. Cominciavano a litigare per niente, poi dopo gli insulti, passavano ai pugni,poi come erano cominciate finivano, come se nulla fosse successo. Così accadde anche quella sera, dopo qualche minuto passato a tirarsi pugni, tutto tornò come prima, beh qualche livido ed escoriazione in più ma niente di grave, ne erano abituati. Quello era il loro modo di comunicare, l’unico che conoscessero.

fine sesto capitolo



 
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