Disclaimers: I personaggi di Slam Dunk non sono miei e bla bla bla....
 


L'amato nemico

di Ki-chan

parte I


Il caldo sole estivo di giugno aveva appena occupato il posto della candida e serafica luna, mostrando il suo volto ancora rosso agli abitanti della prefettura di Kanagawa. I suoi raggi illuminavano la terra come una mano carezzevole scacciando la desolante oscurità.

Le sue candide mani avevano raggiunto anche un ragazzo dai capelli corvini e dalla bellezza quasi inumana, forse più adatta ad un dio. Il corpo snello si ergeva in tutta la sua perfezione, avvolto da una camicia bianca e un paio di pantaloni neri, baciato dal tepore del sole mattutino.

Era sulla sua bicicletta quando una strana sensazione, che ormai gli attanagliava lo stomaco da qualche tempo e a cui non sapeva ancora dare un nome ma soprattutto una spiegazione, si fece più imponente nella sua mente e soprattutto nel suo cuore gettandolo in uno stato d’inquietudine mai provata. Totalmente assorto nei suoi pensieri e nel cercare di capire cosa gli stava capitando da qualche tempo, non prestò attenzione a quella piccola e apparentemente insignificante stradina che sbucava sulla via che stava percorrendo in sella alla sua bici.

Altrettanto distratto era un altro ragazzo che camminava proprio in quella via pensando al basket e al suo amore, la cara e dolce Haruko. Ma occupò il posto di quei dolci pensieri un altro forse più sconvolgente. Hanamichi si era reso conto, infatti, che Haruko ormai non era più così importante per lui e che il suo grande interesse era il basket e … e … “scemo, ma perché ogni dannatissima volta che penso al basket mi deve sempre venire in mente ….”

Ma i suoi turbolenti pensieri furono bruscamente interrotti da qualcosa, o meglio qualcuno che gli era venuto addosso e che ancora era sopra di lui.
L’impatto non era stato forte ma ugualmente i due ragazzi per qualche istante non avevano aperto gli occhi, forse anche per paura di spezzare quel momento tanto inusuale quanto piacevole per entrambi, se pur inconsciamente.

Aprirono gli occhi quasi contemporaneamente. Rukawa aveva la testa dolcemente appoggiata sul muscoloso torace di Hanamichi e per questo non poté vedere lo stupore, e forse anche qualcos’altro, di Hanamichi. Lo stupore però si fece sentire molto bene: “brutta volpe…. Staccati immediatamente da me!”.

Solo al suono di queste parole dette con tanta foga dal suo compagno di squadra, Kaede comprese finalmente quello che era accaduto e bruscamente si allontano da quel dolce tepore emanato dal corpo di Hanamichi.

Ora i due ragazzi si trovavano in piedi l’uno di fronte all’altro. Hanamichi ansimava per la rabbia e l’imbarazzo, visibile anche dal suo rossore diffuso sul volto, mentre Rukawa manteneva il suo aspetto freddo e distaccato, anche se l’interno della sua mente e del suo corpo erano pervase da un turbine di numerose emozioni non ben definite.

Rimasero in quella posizione per qualche secondo, quando il silenzio fu interrotto dalla voce di Hanamichi: “la prossima volta guarda dove vai, baka!”… queste parole volevano essere dette con rabbia ma stranamente quelle parole esprimevano tutto tranne la rabbia.

Durante lo scontro Kaede si era ferito alla fronte, era solo un piccolo taglio ma da quest’ultimo aveva cominciato uscire del sangue formando una delicata linea scarlatta sul suo viso perfetto, simile a quello di un dio. L’attenzione di Hanamichi fu istintivamente attratta da quel dolce segno rosso e preso un fazzoletto, quasi inconsciamente lo pose delicatamente sulla ferita del compagno per tamponarla. – ma che cavolo sto combinando lui è il baka kitsune che mi ha rubato il cuore di Haruko…. lui è il mio rivale .. il mio nemico…-.
  Improvvisamente ritrasse la mano, spaventato dalle sue azioni e dal contatto con la pelle liscia e setosa di Rukawa. Cerco anche di dire qualcosa ma riuscì solo a mugugnare parole incomprensibili e diventare ancora più rosso.

A quel gesto Kaede, destatosi dal torpore che avvolgeva la sua mente e il suo corpo, si girò, prese la bicicletta e si allontanò velocemente senza dire nulla.
“grazie”
Era l’unica cosa che Rukawa era riuscito a pronunciare, dopo essersi allontanato, pur sapendo che il destinatario delle sue parole era troppo lontano per poterlo udire, ma spaventato dalle sue stesse parole aumentò l’andatura come se in questo modo potesse scappare da se stesso e dai suoi sentimenti.

Hanamichi si era, invece, diretto, perplesso e confuso, velocemente a casa, cercando di non pensare troppo a Rukawa e a quello che era appena accaduto tra loro.
 


(continua...)


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