Come appare all’inizio o alla fine dei film, questa fic è liberamente tratta da SD: nella maggior parte dei casi ciò significa snaturare completamente l’idea originale, in questo caso spero proprio che non sia così ^_^ ! Mi sono limitata a mettere un letto all’occidentale nella stanza di Rukawa per esigenze di scena ( nel corso della fic capirete perché ^_^ ) e a dargli un padre un po’ più affettuoso rispetto a quello di qualche altra ficwriter. Ah, un’ultima cosa: è un HanaRu e io adoro Rukawa ^_^. Dedico questa fic alla mia gemellina Nausicaa: ti voglio bene!

 


Always you'll be mine

di Calipso



La scoperta.

Hanamichi Sakuragi si avviava a passo lento verso la scuola. Era una splendida mattina: il cielo terso, il sole che scaldava l’aria ed Hanamichi avrebbe volentieri marinato la scuola per andare a bighellonare insieme a Yohei e gli altri, però a scuola c’era Haruko…l’ultima ragazza di cui Hanamichi diceva di essersi innamorato! Non era stato fortunato nei casi precedenti e non lo era nemmeno questa volta, infatti la suddetta ragazza, oltre a considerarlo un semplice compagno di scuola, stravedeva per un altro componente dello Shohoku: Kaede Rukawa. Per questo motivo tra Rukawa e Sakuragi non correva buon sangue, anzi ogni occasione era buona per darsele di santa ragione o per insultarsi. Solitamente era Sakuragi che lo provocava fino alla reazione, infatti per Rukawa esisteva solo il basket, non si interessava di nient’altro: la sua era una vera e propria passione e non perdeva certo il suo tempo correndo dietro alle ragazze, men che meno ad Haruko!

Sakuragi si sistemò meglio la borsa da basket sulla spalla e varcò il cancello della scuola, cercando con lo sguardo la dolce Haruko, ma si accorse che qualcosa quella mattina non andava: quasi tutte le ragazze erano in lacrime o singhiozzavano. Che cosa poteva essere successo? Sakuragi vide anche Ayako, la manager della squadra, con gli occhi lucidi, appoggiata alla spalla del playmaker nonché suo spasimante. Miyagi le cingeva le spalle con un braccio e sembrava consolarla. Sakuragi si avvicinò ai due, curioso di sapere cosa avesse provocato quei fiumi di lacrime.

“Ragazzi, posso sapere cosa diavolo è successo? Sembra di essere ad un funerale!”

Ayako alzò lo sguardo verso di lui e tirò su con il naso.

“Rukawa… è stato investito… mentre veniva a scuola… è in ospedale.”

“CHE COSA?” quello di Hanamichi fu un urlo ed Ayako e Miyagi lo guardarono perplessi.

- Accidenti ho urlato! Sembro quasi preoccupato e in effetti lo sono… un po’… un bel po’, ma perché? In fondo io e Rukawa non ci sopportiamo, non facciamo che litigare, siamo rivali in campo e fuori… dovrei essere sollevato, senza di lui tra i piedi potrò dimostrare ad Haruko di essere migliore di lui…. no, non riesco proprio ad essere contento! - 

“Qualcuno ha notizie più precise? Insomma, in quale ospedale è?”

“E’ ricoverato al ***” La voce profonda di Akagi li fece voltare, con lui c’erano anche Mitsui e Kogure.

“Pensavo di andare a trovarlo subito, che ne dite?”

Furono tutti d’accordo con il capitano e si incamminarono verso l’ospedale mestamente. Per tutto il tragitto Hanamichi non proferì una parola, era perso nei suoi pensieri. Una strana inquietudine si era impadronita di lui, una paura inspiegabile gli attanagliava lo stomaco, impedendogli di respirare liberamente.

Il dottore li fece entrare nella stanza di Rukawa: il ragazzo era steso sul letto, pallido, un cerotto sulla fronte e un polso fasciato. Sembrava profondamente addormentato.

- Bella novità! – pensò Hanamichi – quando non gioca non sa fare altro! - 

Sentì Akagi chiedere informazioni sulla salute del loro compagno.

“Purtroppo il vostro amico in questo momento è in coma.”

Un silenzio agghiacciante calò nella stanza, Hanamichi sentì il suo cuore fermarsi un attimo…

“Come è successo?” fu Kogure a chiederlo.

“E’ colpa della caduta, ha sbattuto violentemente la testa, ma non è grave come sembra: il suo coma è leggero, dovuto al trauma, si sveglierà, non preoccupatevi.”

Tirarono tutti un sospiro di sollievo. Akagi domandò il permesso di tornare a trovarlo e il medico acconsentì, anzi li incoraggiò a parlargli, era un ottimo stimolo per il suo risveglio. Decisero quindi di tornare a scuola per informare anche gli altri delle condizioni di Rukawa.

Uscirono tutti dalla stanza, tranne Sakuragi.

“Sakuragi, non vieni?”

“Sì, vi raggiungo subito, andate…”

Hanamichi si avvicinò al letto e fissò il viso pallido di Rukawa, una morsa gelata gli stringeva il cuore.

“Devi svegliarti… mi hai sentito, stupida volpe? Devi tornare a giocare e alla svelta!” le sue parole furono un sussurro. In quel momento il medico rientrò nella stanza e Hanamichi non resistette, doveva sapere una cosa.

“Dottore, volevo chiederle…”

“Dimmi pure.”

Sakuragi si voltò verso Rukawa, mentre parlava.

“Sta soffrendo ora?”

“No, certo che no. E’ uno stato molto simile al sonno, non avverte alcun dolore.”

Sakuragi annuì soddisfatto e, salutato il medico, raggiunse i compagni.

 

Il resto della giornata fu di una tristezza indicibile per tutti, il momento peggiore furono gli allenamenti pomeridiani, di solito regnava il chiasso più assoluto: dalle armate di ragazze urlanti ed inneggianti a Rukawa, agli strepiti di Hanamichi. Quel pomeriggio svolgevano i loro esercizi in silenzio, nessuno aveva voglia di parlare, tantomeno di ridere. Tutta la situazione aveva dell’incredibile: insomma Rukawa era silenzioso, introverso, un po’ scostante, nessuno avrebbe immaginato che la sua mancanza avrebbe comportato un simile cambiamento nella squadra.

 

Sakuragi se ne tornò a casa dopo gli allenamenti, rifiutando l’invito di Yohei ad andare in un fastfood con gli altri. Non aveva alcuna voglia di vedere gente né tantomeno di ridere. Come sempre a casa sua non c’era nessuno: sua madre era al lavoro e lui avrebbe cenato da solo. Dopo aver riordinato in cucina, Hanamichi si sdraiò sul divano a vedere la tv. Continuava a cambiare canale senza riuscire ad interessarsi a niente, finchè non buttò il telecomando sulla poltrona di fronte a lui, sbuffando.

“E adesso che faccio? Potrei fare i compiti…. NOOO, non se ne parla proprio! Potrei… come starà Rukawa?”

Era così dalla mattina: qualunque cosa facesse, qualunque cosa pensasse, Rukawa irrompeva nella sua mente. La cosa aveva dell’inverosimile: Sakuragi non aveva mai sopportato la kitsune e il sentimento era reciproco, o così sembrava, non facevano che azzuffarsi…. ma allora perché quel magone allo stomaco, quel malessere diffuso?

“Perché tutta questa sofferenza per lui? Mah, sarà la stanchezza oppure lo choc della mattina… in fondo non è mai piacevole vedere qualcuno in un letto d’ospedale e io sono così sensibile! Ecco sì, deve essere per questo.”

Decise di andarsene a dormire, se non altro per smettere di pensare.

 

Il giorno seguente, dopo gli allenamenti, Hanamichi e Kogure decisero di andare in ospedale, per vedere se c’erano miglioramenti. Purtroppo Rukawa era ancora in coma, ma il medico li rassicurò: il coma era di primo grado, aveva sempre respirato da solo, si sarebbe svegliato. I due ragazzi restarono nella stanza a parlare dello stato del loro compagno.

“Sai una cosa Sakuragi?!

“Cosa, Quattr’occhi?”

“Mi meraviglia molto il tuo comportamento.”

Hanamichi si irrigidì istintivamente.

“Che vuoi dire?”

“Bè, tu e Rukawa non siete di certo amici, eppure noto un’apprensione sincera in te, non l’avrei mai detto oppure….. dì la verità, non sai con chi azzuffarti?!”

Sakuragi non rispose, perché neanche lui capiva quelle fitte al cuore ogni volta che guardava Rukawa, steso in quel letto d’ospedale. Sapeva solo che gli mancava…. gli mancava la kitsune!

“Lui tornerà a giocare, vero Kogure?” aveva parlato di getto, senza pensare.

Kogure lo fissò: non lo aveva mai visto in quello stato.

“Certo che tornerà! Rukawa non si arrende mai, non lo hai notato? Non sarà certo un incidente ad impedirgli di giocare a basket.”

Proprio in quel momento il medico tornò: voleva avere notizie della famiglia di Rukawa.

“E’ ricoverato qui da due giorni, ma nessuno è venuto a chiedere notizie di lui.”

Kogure e Sakuragi si guardarono: loro non sapevano niente della vita di Rukawa, giocavano solo insieme a basket, inoltre il loro compagno non aveva socializzato con nessuno, era sempre silenzioso. Promisero al dottore di informarsi e uscirono dall’ospedale diretti a casa di Akagi: il capitano aveva sicuramente notizie .

 

“Quindi abbiamo pensato di rivolgerci a te.”

Erano nel salotto di casa di Akagi e Kogure gli stava spiegando il motivo della loro visita. Sakuragi, dopo aver chiesto dove fosse Haruko e aver scoperto che era da una amica, era in silenzio.

“Ho capito, Kogure… bè, da quanto so io sua madre è morta che lui era piccolo e suo padre è un uomo molto impegnato con il lavoro, desumo mancherà molto da casa.”

“Il che vuol dire che ignora che suo figlio sia in ospedale.”

“Esattamente Kogure.”

“Cosa possiamo fare?”

“Io credo che….”

“Ah, ah… ce l’ho io la soluzione! Il grande tensai dà l’ennesima dimostrazione della sua genialità!”

“E quale sarebbe?” Akagi lo fissava sospettoso.

“Ma è evidente! Domani passo in ospedale, mi faccio dare le chiavi di casa del volpino, vado a casa sua e scopro il numero di telefono del padre!”

Akagi e Kogure si scambiarono un’occhiata: l’idea era decisamente buona, pure troppo per essere scaturita dalla mente di Sakuragi, ma potevano fidarsi di lui? Di quella specie di terremoto misto a tsunami?

“E va bene – acconsentì Akagi – ma Kogure viene con te.”

Sakuragi si accigliò.

“Non se ne parla nemmeno! Sono perfettamente in grado di farlo da solo e poi l’idea è mia!”

Akagi e Kogure dovettero arrendersi e affidarsi alla buona sorte!

 

Hanamichi entrò in casa di Rukawa e gli venne subito incontro uno splendido gatto nero, dal pelo lucidissimo, che miagolava insistentemente.

“Oh, ma che carino!”

Hanamichi lo prese delicatamente in braccio e la bestiola gli strofinò il muso su una guancia, facendo le fusa.

“Sei proprio un tesoro, come ti chiamerai?”

Hanamichi provò a guardare sulla medaglietta che pendeva dal collare.

“Tommy?! Ma che razza di nome è? Solo al tuo padrone poteva venire in mente!”

Cercò e trovò la cucina: immaginava che il gatto avesse fame e gli riempì la ciotola. Girovagò un po’ per la sala, finchè non trovò, vicino al telefono il numero del cellulare del padre di Rukawa e lo compose.

“Pronto? Sono Hanamichi Sakuragi, un compagno di scuola di suo figlio… no, purtroppo non sta molto bene…. sì, ha avuto un incidente, è in ospedale…. no, non è grave, ma sarebbe meglio che venisse subito, è ricoverato al ***… non mi deve ringraziare, si figuri…. arrivederci.”

Hanamichi abbassò la cornetta.

“Cavoli! Gli è preso un colpo! Come minimo domani è già qui… bene, ora potrei andarmene.”

Cominciò a guardarsi intorno.

“In fondo… potrei dare un’occhiata alla tana della volpe, visto che sono qui.”

Sakuragi sghignazzò della sua battuta e cominciò a salire al piano superiore di quella bella villetta a due piani, circondata da un giardino ben curato.

Aprì un paio di porte senza risultato. Alla terza si fermò sulla soglia, le labbra arricciate in un sorriso di soddisfazione: aveva trovato la stanza di Rukawa. La prima cosa che notò fu che al posto del futon c’era un letto all’occidentale, poi l’ordine che regnava.

Alle pareti campeggiavano alcuni poster di giocatori americani, Hanamichi lo dedusse dai nomi impressi sulle magliette. Si piazzò al centro della stanza con le mani sui fianchi, un po’ deluso. Pensava di scoprire chissà che, invece era tutto come ci si aspettava: riviste di basket, manuali di basket…. sempre e solo basket! Sbirciò cautamente nell’armadio, per scoprire che c’erano anche vestiti normali: Hanamichi aveva pensato di trovarci solo indumenti sportivi. Naturalmente sul fondo giaceva una palla da basket! Sakuragi richiuse l’anta con delicatezza e stava per andarsene, quando la sua attenzione fu attratta da qualcosa sulla scrivania. Si avvicinò e prese tra le mani una cornice che conteneva una fotografia: ritraeva una donna molto bella, dai lunghi capelli neri, pelle bianchissima… ad Hanamichi sembrò ricordargli qualcuno. La donna aveva in braccio un bambino di quattro o cinque anni: teneva i palmi delle mani sul viso di quella che doveva essere sua madre e rideva. Hanamichi avvicinò maggiormente la fotografia agli occhi, per guardarla meglio; quel bambino era molto somigliante alla donna: stessa carnagione, stessi occhi, i capelli scuri tagliati a caschetto…  Hanamichi sussultò e per poco la cornice non gli sfuggì dalle mani, quando si rese conto che quel bambino altri non era che Rukawa da piccolo! Istintivamente sfiorò il vetro con un dito proprio sull’immagine di Rukawa.

“Allora c’è stato un tempo in cui era capace di sorridere, addirittura di ridere!”

Inspiegabilmente il cuore gli cominciò a battere più forte, quando immaginò quello stesso sorriso sul volto di Rukawa adolescente. Rimise la foto al suo posto senza smettere di fissare quel bambino incredibilmente bello: sembrava così felice. Sakuragi spostò lo sguardo sul letto: si sentiva così strano… si sedette facendo vagare gli occhi nella stanza. Senza motivo apparente gli tornò in mente la prima volta che aveva incontrato Rukawa sulla terrazza della scuola. Aveva chiaramente avvertito qualcosa, come se non appena i loro occhi si fossero incontrati, si fosse instaurata l’alta tensione tra di loro… una sensazione nuova ed inspiegabile. Avevano finito per fare a pugni ed era stata la prima di una lunga serie, poi rievocò altre scene, altre situazioni: Rukawa che metteva a segno uno slum dunk, i capelli che ricadevano sul suo viso scomposti… la sua espressione perennemente imbronciata…. quella volta che, con un gesto che solo ora si rese conto di quanto fosse sensuale, si era arrotolato la manica della maglietta sulla spalla. Scrollò la testa con decisione. – ma che cavolo vado a pensare? Io non lo sopporto, io… insomma lui è la volpe, il mio rivale eppure…come spiegare il fastidio che mi da la sua indifferenza? Quegli occhi sempre puntati su qualunque cosa tranne che su di me? Quell’impulso irrefrenabile che ho di mettergli le mani addosso, come se non ne potessi fare a meno? Cos’è che ho cercato di nascondere a me stesso fino ad ora? –

Si sdraiò, affondando il viso sul cuscino: le sue narici furono inondate dal profumo inebriante di Rukawa e strusciò la guancia sulla stoffa liscia, chiudendo gli occhi. Si rilassò completamente a quella sensazione di felicità, lasciò che i pensieri fluissero incontrollati, spontanei, sinceri. Hanamichi riaprì gli occhi atterrito, il cuore ormai messo a nudo: non poteva non tenerne conto! Si raggomitolò con un gemito di frustrazione.

“NOOO…. ACCIDENTI A ME, NON PUO’ ESSERE VERO! NON MI POSSO ESSERE INNAMORATO DI…. lui?!” L’urlo di Hanamichi era sfumato su quel pronome.

“Mi sono innamorato di un ragazzo! Io amo…perché la cosa non mi sconvolge più di tanto?”

Sakuragi si rizzò a sedere, portandosi le mani al volto.

“Fino a stamattina sarei stato capace di ammazzare chi mi avesse detto che sono attratto da un altro maschio e ora…. ora sto qui a pensare che mi piace Rukawa, no dico Rukawa! AHAAA!”

Hanamichi sentì miagolare il gatto e poco dopo, la bestiola era accoccolata sulle sue gambe. Sakuragi cominciò ad accarezzargli la testolina.

“Ti rendi conto? Mi piace il tuo padrone, mi è sempre piaciuto a voler essere pienamente sincero. Ho ingannato me stesso per tutto questo tempo! E ora? Che dovrei fare?”

Hanamichi si sentì incredibilmente triste, aveva preso coscienza dei suoi reali sentimenti, si era scoperto diverso da quello che gli altri e lui stesso pensavano e ne era uscito piuttosto bene. Da creatura istintiva e passionale qual’era, si abbandonava alla realtà delle cose con una fiducia e un’ingenuità smisurata. Però quella nuova situazione non aveva soluzione, come la precedente: Rukawa non avrebbe mai ricambiato quei sentimenti. Sospirò profondamente. Sistemò il gatto, ormai addormentato, sul letto.

“Tornerò domani, piccolo!”

Chiuse con cura la porta d’entrata e si diresse all’ospedale.

 

Dopo aver informato il medico che il padre di Rukawa era stato rintracciato, chiese il permesso di fargli visita. Entrato nella stanza, si sedette sulla sedia vicino al letto. Cominciò a parlare anche se non aveva la certezza che lui lo ascoltasse, però gli piaceva l’idea che la sua voce lo raggiungesse, dovunque fosse Rukawa in quel momento. – da qualche parte devo pur cominciare se voglio imparare a parlargli. – 

“Sai, kitsune, oggi ho incontrato il tuo gatto, è molto bello e decisamente più socievole di te… anche se poi io di te non so assolutamente nulla, ma forse una cosa l’ho capita…. c’è qualcosa da scoprire oltre quella freddezza, quel distacco e io voglio conoscerlo, voglio svelare il tuo mistero, ma tu ti fiderai mai di me? Mi permetterai almeno di sfiorare il tuo cuore?”

Hanamichi gli sfiorò una mano, la sua pelle morbida e calda, le dita lunghe e affusolate…. brividi scesero lungo la sua schiena. Si alzò per andarsene: era stanco, sia fisicamente che emotivamente, quel pomeriggio lo avrebbe ricordato per tutta la vita….. stava per posare la mano sulla maniglia, quando fu colto da un desiderio irrefrenabile. Tornò vicino al letto e si chinò su Rukawa a sfiorare le sue labbra con le proprie. Fu solo un lieve contatto, ma bastò perché si sentisse al settimo cielo.

“Quando ti sveglierai, forse non potrò più farlo – gli sussurrò – però vedi di tornare, ti prego, abbiamo bisogno di te!”

 

La mattina seguente andò di buon’ora a casa di Rukawa per sfamare il gatto e poi si diresse subito in ospedale: voleva vederlo anche per pochi minuti prima di andare a scuola, per riempirsi gli occhi e il cuore di quei lineamenti, finalmente consapevole che quel calore che avvertiva al centro del petto non fosse rabbia, ma passione e amore. Ripensava a questo mentre fingeva di seguire le lezioni: all’apparente semplicità con cui aveva ammesso a se stesso di essersi innamorato del suo rivale inseparabile (Inoue docet!). Era tutto nuovo per lui e avvertiva la necessità di parlarne con qualcuno, ma chi? Yohei e gli altri? No, per carità! No che non si fidasse delle loro reazioni, ma insomma, meglio non tentare la sorte! Durante l’ora del pranzo, intravide Mitsui e Kogure che mangiavano insieme in un angolo del cortile. Sakuragi si soffermò a guardarli: Kogure stava ridendo, sicuramente di qualche battuta dell’altro. La confidenza che c’era tra loro era evidente: erano sempre insieme o per un motivo o per l’altro. Kogure smise di ridere di colpo, Mitsui gli aveva mormorato qualcosa e l’altro era arrossito. Sakuragi se  ne andò contento: aveva trovato con chi parlare di quanto avvenuto nel suo cuore. Aspettò la fine degli allenamenti per chiedere a Kogure se poteva fermarsi per qualche minuto: aveva bisogno di parlargli. Quando restarono soli negli spogliatoi, Kogure si sedette sulla panca di fronte a lui.

“Dimmi Sakuragi.”

Hanamichi era leggermente in imbarazzo e prese il discorso alla larga.

“Ho notato che da quando Mitsui è tornato in squadra siete molto uniti.” 

Kogure impallidì leggermente. 

“Bè, veramente siamo amici sin dal primo anno, poi dopo l’incidente di Mitsui ci eravamo allontanati un po’.”

Sakuragi ridacchiò divertito.

“Guarda che l’ho capito!”

Kogure trasalì.

“Che vuoi dire?”

“Dai, Megane-Kun, cosa c’è tra voi due?”

Kogure arrossì violentemente.

“Perché me lo chiedi? Avresti qualcosa in contrario se tra noi ci fosse più di una semplice amicizia?”

Kogure trattenne il fiato, aspettando la risposta.

“Assolutamente no!”

Kogure respirò liberamente.

“Grazie, Sakuragi, non sai che sollievo! Ho avuto paura che volessi…”

“Offenderti o insultarti? No, non potrei mai, anche perché sono nella tua medesima situazione.”

“Eh?”

Kogure era strabiliato.

“Sì, Kogure, è così! Mi sono innamorato di un ragazzo.”

“E Haruko, allora?”

Sakuragi scrollò le spalle.

“Lei mi piaceva prima o forse era uno dei tanti modo di dimostrare a me stesso che ero come tutti gli altri.”

“Capisco – annuì Kogure – e lui chi è? Ricambia i tuoi sentimenti?”

Sakuragi strinse spasmodicamente le mani sulle ginocchia.

“E’ Rukawa.”

Sakuragi pensava che, come minimo, Kogure cadesse dalla panca per lo stupore, invece si limitò ad annuire, fissandolo.

“Non ti stupisci nemmeno un po’?”

“Dovrei?”

“Bè, fino a pochi giorni fa, sbandieravo il mio odio per lui, ora ti ho appena detto che mi piace… come minimo dovresti strabuzzare gli occhi!”

“Forse, ma il fatto è che ho sempre pensato che voi due foste fatti l’uno per l’altro.”

“Kogure, che mi prendi in giro?”

“No, pensa un attimo a questo: chi riesce a spingerti a dare il meglio di te, quando giochi o ti alleni? Con chi ha un accenno di rapporto, anche se conflittuale, Rukawa? E poi siete talmente diversi, da compensarvi!”

Sakuragi pensò che il discorso di Kogure avesse senso.

“Cosa credi che dovrei fare adesso? Aspettare che Rukawa si svegli e poi confessargli tutto? Come minimo mi scuoia vivo!”

“Uhm, io ti consiglierei di avvicinarti a lui, di farti conoscere e conoscerlo meglio. Lui inizialmente non si fiderà, ma tu dimostragli che può farlo. Vedrai che arriverà il momento in cui potrai dirgli quello che provi per lui.”

 

Dopo aver fatto la doccia, Sakuragi ritornò in ospedale, avvicinò maggiormente la sedia al letto di Rukawa e puntò i gomiti sul materasso: era stanco morto, ma adorava guardarlo, sfiorargli una guancia, assaporare con le dita la morbidezza dei suoi capelli. Ad un certo punto si assopì, la testa sulle braccia incrociate. Fu svegliato da un tocco leggero su una spalla.

“Sei tu Hanamichi Sakuragi?”

Hanamichi si stropicciò gli occhi con le mani, mettendo a fuoco la figura accanto a sé.

“Sì, sono io, lei dovrebbe essere…”

L’uomo annuì.

“Sono il padre di Kaede.”

Esauriti i convenevoli, rimasero in silenzio per qualche minuto.

“Volevo ringraziarti, per avermi informato e per essere qui: il medico mi ha detto che sei venuto tutti i giorni a far visita a mio figlio.”

“Non è necessario, l’ho fatto volentieri.”

Il padre di Rukawa lo fissò: sembrava un po’ stupito ed aveva una gran voglia di chiedergli qualcosa, infatti dopo un po’ si decise a farlo.

“Sei un suo amico? Kaede non mi parla mai della sua vita e io sto talmente poco a casa…”

Hanamichi rispose sinceramente, non poteva spacciarsi per quello che non era..

“In un certo senso….”

Il padre di Rukawa sorrise comprensivo.

“Non è facile avere a che fare con lui, eh?”

“Quasi sempre no, litighiamo come cane e gatto…. le posso fare una domanda su Kaede?”

Era la prima volta che Hanamichi lo chiamava per nome e trovò il suo suono decisamente bello.

“Se vuoi chiedermi se è sempre stato così, sì, è nato taciturno ed introverso, lo era anche da bambino. La morte di sua madre ha accentuato questo lato del suo carattere: lui la adorava e la sua scomparsa l’ha sconvolto. Stette una settimana senza pronunciare una parola e la notte aveva degli incubi terribili…. fu allora che scoprì  il basket. Lo guardava alla televisione, gli piaceva tanto, così gli comprai una palla e miracolosamente ricominciò a vivere. Probabilmente ti sembrerà strano che io ti racconti tutto questo, ma vorrei farti comprendere che lui non è solo quello che fa vedere: ha bisogno di un amico e lo sa anche lui, soltanto che non sa come fare e Kaede non è un ragazzo che chiede aiuto.” 

Hanamichi rimase molto colpito da quanto appena ascoltato: lui aveva perso suo padre anni addietro ed era stato un colpo durissimo e non era più un bambino, cosa aveva provato Rukawa alla morte di sua madre, lui che era così piccolo? Hanamichi nascose a stento uno sbadiglio, che non sfuggì al padre di Rukawa.

“Sarai stanco, dividendoti tra la scuola, il club e le visite a Kaede. Vai a casa a riposarti, ci sono io qui con lui adesso.”

“Grazie, io tornerò domani. Arrivederci… ah, io devo restituirle le chiavi di casa, le ho usate per andare a dar da mangiare al gatto.”

Hanamichi glie le porse.

“Forse è meglio che tu le tenga, io sarò spesso qui e, se vuoi, puoi aiutarmi con il gatto.”

Hanamichi fu ben felice di accettare.

 

Nei due giorni successivi la situazione non mutò, però per Hanamichi fu l’occasione per conoscere Rukawa attraverso le parole e i ricordi di suo padre: si erano dati spesso il cambio a fianco del letto di Rukawa. Hanamichi, però, ignorava che l’avesse visto più di una volta in atteggiamenti affettuosi. Infatti, quando credeva di non essere visto Hanamichi lasciava che i nuovi sentimenti si manifestassero in lievi tocchi sulle guance di Rukawa o in carezze tra i capelli. Durante il settimo giorno dopo l’incidente, Hanamichi era in piedi di fronte alla finestra, scaldandosi al sole che filtrava: avrebbe fatto volentieri una passeggiata nel giardino antistante l’ospedale, ma non poteva lasciare Rukawa da solo!

“S… Sakuragi?!”

Hanamichi avvertì un lieve mormorio, gli sembrò che qualcuno lo chiamasse.

- Bene, adesso comincio anche con le allucinazioni! - 

“Sakuragi.”

Questa volta la voce era più forte e vicina. Hanamichi si voltò, trovando gli occhi di Rukawa puntati su di lui. Si avvicinò, mentre avvertiva chiaramente il nodo di preoccupazione, che si era creato dentro di lui, sciogliersi rapidamente. 

“Che ci fai qui? Dove sono?” la voce di Rukawa era incerta, sembrava confuso, spaesato. Aveva un’espressione così tenera e dolce che Hanamichi ebbe il forte impulso di prenderlo tra le braccia, stringerselo addosso e consolarlo. Gli venne da ridere subito dopo! Proteggere Rukawa?! No, era decisamente fuori luogo come pensiero, nondimeno avrebbe tanto voluto farlo….

“Sei in ospedale, hai avuto un incidente, ti ricordi? Una macchina ti ha investito.”

Sakuragi vide un’espressione di puro terrore passare sul volto stupendo di Rukawa. Lo vide portarsi entrambi le mani davanti agli occhi.

“Posso ancora giocare a basket, vero? Perché ho un polso fasciato?”

Hanamichi non fu sicuro, ma avvertì un tremito in quella voce solitamente ferma e sicura.

“Certo, kitsune, ma che vai a pensare? Hai ancora tutto al posto giusto! Ti sei slogato un polso e hai una contusione alla caviglia.”

Rukawa gli rivolse uno sguardo strano…

“Ti dispiace, eh? Hai perso l’occasione di liberarti di me!”

Hanamichi sentì il sangue affluirgli al volto, non sapendo che dire.

“No, io…..” farfugliò

“Kaede, finalmente ti sei svegliato!”

Rukawa non mostrò alcuna emozione alla vista di suo padre. Hanamichi si sarebbe aspettato della meraviglia…. quella kitsune sembrava così indifferente!

“Come ti senti?”

“Bene, grazie. Non dovevi disturbarti a venire!”

Sakuragì avvertì i brividi per la freddezza che traspariva da quelle parole, ma il padre sembrò non farci caso.

“Sarà meglio che vada a chiamare il medico, vorrà visitarti.”

Sakuragi tentò di suggerire a Rukawa di comportarsi un po’ meglio con suo padre.

“Potevi essere più gentile! Tuo padre si è preoccupato molto per te! È subito arrivato quando lo ho avvertito e….”

“Ah, sei stato tu? Potevi anche farne a meno.”

“Vedo che neanche una settimana di sonno è servita! Anzi, più dormi più affini il lato migliore del  tuo carattere: la socialità.”

Rukawa non gli rispose nemmeno, provò a rizzarsi a sedere, ma era piuttosto debole: in quel periodo era stato alimentato soltanto con la flebo, così trovò qualche difficoltà a farsi obbedire dal proprio corpo.

Hanamichi gli si avvicinò e senza proferire parola lo aiutò e gli sistemò i cuscini dietro la schiena. Rukawa lo guardò un po’ stranito: lo aveva sorpreso.

“Tornerò a trovarti domani, kitsune. Ciao.”

Hanamichi uscì dalla stanza, restando qualche secondo con la schiena contro la porta, sorridente.

“Comincia la caccia alla volpe!”

 

Rukawa fissò la porta da cui era uscito Sakuragi, per qualche minuto, indeciso se fosse la realtà: insomma, svegliarsi in ospedale e trovarsi accanto il ragazzo che, da quando lo conosceva non faceva che ripetergli quanto lo odiasse, era a dir poco singolare!

- Cos’è, sono capitato in una dimensione parallela dove il do’aho non è più un do’aho? Che diavolo ci faceva qui? E io? Come ci sono finito? Sakuragi ha detto che ho avuto un incidente…. - 

Si sforzò di ricordare cosa fosse successo.

- Ah sì, io stavo andando in bicicletta a scuola… ero arrivato all’incrocio, quando ho avvertito una brusca frenata e con la coda dell’occhio ho visto un’automobile piombarmi addosso… l’ultima cosa che ricordo è un dolore fortissimo alla testa e il buio che mi inghiotte….- 

Rukawa sbuffò, irritato da se stesso: perché era così distratto quel giorno? Neanche quando si addormentava in bicicletta aveva avuto incidenti, non di quella portata… voleva assolutamente ricordare il motivo della sua distrazione, così cercò di ripercorrere tutti i momenti di quella mattina.

- Stavo pensando agli allenamenti del pomeriggio, ma a cosa in particolare? – ebbe un flash improvviso – a Sakuragi?! Ma certo! Adesso mi ricordo! Riflettevo se anche quel pomeriggio mi avrebbe ricoperto di insulti, se avremmo finito per fare a pugni… perfetto! Ecco cosa capita a pensare a quel cretino….-

 

La caccia alla volpe.

 

Hanamichi camminava con le mani nelle tasche della giacca della tuta dello Shohoku: dopo gli allenamenti era subito uscito, giusto il tempo di farsi una doccia. Stava andando da Rukawa: era stato dimesso dall’ospedale già da due giorni, ma lui non era ancora andato a trovarlo. La sera precedente gli aveva telefonato il padre di Rukawa per invitarlo a casa loro. Hanamichi aveva accettato volentieri. Mentre si dirigeva verso quella che ormai considerava la casa della “sua” volpe, ripensava a un episodio avvenuto in mattinata: Haruko gli si era avvicinata, chiedendogli notizie su Rukawa. Ora, fino a qualche giorno prima, avrebbe reagito imprecando furiosamente contro la volpe, quella volta invece non disse una parola, neanche quando , timidamente, Haruko gli chiese di porgergli i propri saluti, se lo avesse visto!

Hanamichi ridacchiò contento: aveva avuto l’ennesima riprova che in realtà aveva voluto sempre e solo lui, Kaede Rukawa!

Quando suonò il campanello, il cancello si aprì  dopo pochi secondi  e sulla porta vide il sorriso cordiale del padre della kitsune: Takeshi Rukawa (ndC il nome è ovviamente inventato! ) 

“Buonasera.”

“Ciao, Hanamichi! Posso chiamarti per nome? Benvenuto!”

Lo fece entrare, precedendolo nella grande sala.

“Posso offrirti qualcosa?”

“No, la ringrazio…. ah, questa volta posso restituirle le chiavi. Suo figlio le rivorrà, desumo.”

“Oh, grazie, ma non c’è fretta! I medici gli hanno ordinato riposo durante la convalescenza e non ho intenzione di farlo uscire tanto presto!”

Hanamichi fece una faccia buffissima.

“Spero si sia procurato delle corde robuste!”

“Uhm?”

“Per legarlo! È l’unico modo per farsi ubbidire!”

Takeshi rise.

“Effettivamente…. senti, Kaede è di sopra, và da lui!”

“Forse è meglio che gli dice che sono qui, non so se vuole vedermi…”

Il padre di Rukawa lo fissò un attimo, ma non chiese spiegazioni.

“Come vuoi, torno subito.” 

 

Rukawa era nella sua stanza quando avvertì il suono del campanello: si avvicinò alla finestra e guardò chi fosse.

“Sakuragi?! Ma che  ci fa qui, quel do’aho?”

Sbuffò spazientito: quel nuovo comportamento di Sakuragi lo esasperava, non lo capiva, non capiva cosa potesse essere successo a quella scimmia rossa. Perché ora non lo insultava più? Perché sembrava preoccuparsi per lui? Bussarono alla porta, ma lui non rispose nemmeno. Suo padre varcò la soglia.

“Kaede, è venuto a trovarti Hanamichi, posso farlo salire?”

Rukawa tornò a guardare fuori dalla finestra.

“Kaede, allora?”

“Se proprio non se ne può fare a meno!”

Takeshi scosse la testa sconsolato.

“Vedi di essere un po’ più gentile, per favore, Hanamichi si è preso cura del tuo Tommy mentre tu eri in ospedale.”

Rukawa si voltò.

“Ma che stai dicendo?”

“E’ venuto qui quasi tutti i giorni per dar da mangiare a Tommy. Ringrazialo.”

“Hn.”

Suo padre uscì, per tornare al piano di sotto. Rukawa si avvicinò alla scrivania, prese la fotografia di lui e sua madre, facendola sparire in un cassetto.

Hanamichi entrò.

“Ciao, kitsune.”

“….ao.” borbottò.

“Come stai?”

Rukawa non rispose, si limitò a scrollare le spalle.

“Ehm, i ragazzi ti salutano e anche Ayako. Volevano venirti a trovare, ma non sapevano se poteva farti piacere.”

“Hn.”

“Anche Haruko ha chiesto tue notizie…”

Hanamichi sentì lo sguardo gelido di Rukawa su di sé e si voltò verso di lui.

“Sakuragi, ma sei impazzito?” la voce era calma e profonda, come al solito.

“P…. perchè?” balbettò Sakuragi.

“Mi hai portato i saluti della Akagi, non è normale!”

“Le cose cambiano…”

“Hn.”

Rukawa si sedette a gambe incrociate sul tappeto, appoggiando le spalle al letto.

“Dai, siediti.”

Hanamichi ubbidì.

“Il gatto dov’è?” voleva cambiare argomento, stornare l’attenzione di Rukawa.

“Nella sua cesta, dorme.”

“Allora non mi sbagliavo…”

“Hn?”

“E’ tutto il suo padrone!”’

“Idiota!”

Hanamichi si arrabbiò.

“Potresti essere anche più gentile, sai? Io non ti ho offeso! Sei sempre il solito…”

“Sì, Sakuragi va bene, lo so cosa sono…. comunque grazie.”

“E di che?” gli chiese malamente Sakuragi.

“Mio padre mi ha detto che ti sei preso cura di Tommy…”

“Oh bè, è stato un piacere occuparsi di un animaletto così carino.”

La conversazione languì, finchè Rukawa non cominciò a guardarsi intorno.

“Che ti prende, kitsune? Che cerchi?”

“La mia palla da basket… potevamo giocare un po’…. mi pareva di averla riportata qui…”

“Infatti è nell’armadio….”

Hanamichi sbiancò e avrebbe voluto tagliarsi la lingua, quando si rese conto di quello che aveva appena detto.

Rukawa si alzò, torreggiando su di lui.

“E tu come fai a saperlo?”

“Ecco, io…”

“Chi ti ha dato il permesso di entrare qui a curiosare tra le mie cose? Tu non ne avevi alcun diritto!”

“Ero soltanto curioso! Tu sei sempre così misterioso, volevo scoprire qualcosa di te, che c’è di male?”

Hanamichi si alzò, guardandolo dritto negli occhi e aggiunse:

“Perché hai così paura che qualcuno vada al di là delle apparenze, che ti conosca un po’ meglio?”

Rukawa si arrabbiò ancora di più, abbandonando il solito tono freddo e distaccato.

“Ma che vai blaterando? Io paura?! Io voglio solo essere lasciato in pace, non mi interessa affatto l’opinione tua o di chissà chi… desumo che tu abbia visto anche la foto, vero?”

Hanamichi non provò neanche a negare.

“Sì, e l’ho trovata molto bella!”

Sakuragi vide Rukawa stringere i pugni e lanciargli uno di quei sguardi assassini che rivolgeva, di solito, a chi si frapponeva tra lui e il canestro. 

“Non ti azzardare a farne parola con nessuno!”

“Scusa, kitsune, ma che cosa ha quella foto di così compromettente? Il fatto che tu rida?! Guarda che lo immaginavamo tutti che tu fossi in grado di farlo!”

“Le persone di quella foto non esistono più, la tengo solo per ricordarmi…- Rukawa sembrò stesse per dire qualcosa di importante, ma si bloccò – non devo certo venire a dirlo a te!”

“Kitsune, tu sei esasperante! Perché vuoi apparire peggiore di quello che sei? Se permettessi agli altri di conoscere anche altri aspetti di te, non saresti così solo! Sembra che ti piaccia renderti odioso!”

“A me piace la solitudine! E poi non hai alcun diritto di parlarmi così né di intrometterti nella mia vita!”

Hanamichi sentì che si stava stancando di cozzare contro quel muro che Rukawa ergeva.

“Sì invece, perché io…”

Un lieve bussare alla porta lo interruppe, il padre di Rukawa lo invitò a fermarsi per la cena, magari poteva restare anche per la notte.

“La stanza di Kaede è grande.”

Hanamichi ne fu subito entusiasta.

Rukawa ovviamente non era d’accordo.

“Io non voglio che resti!”

“Kaede, non essere maleducato! Hanamichi è stato gentile e disponibile, durante la tua degenza in ospedale, un invito a cena mi sembra il minimo per ringraziarlo!”

Rukawa mise su uno dei suoi soliti bronci e aprì a malapena bocca durante tutto il pasto. Fortunatamente suo padre ed Hanamichi sembravano andare molto d’accordo e dialogavano con familiarità. Dopo che il padre si fu ritirato per la notte, Hanamichi e Rukawa restarono in salotto.

“Non devi avvertire nessuno a casa, do’aho?”

“Bè, veramente mia madre è già al lavoro. Dovrei chiamarla per non farla preoccupare domani, quando torna e non mi trova… posso usare il telefono?”

Rukawa si alzò e tornò dopo poco con il portatile, porgendoglielo senza una parola. Dopo aver parlato con sua madre, Hanamichi si accorse che Rukawa se ne era andato e, immaginando che fosse in camera sua, lo raggiunse. Quando entrò, Rukawa si stava spogliando ed Hanamichi avvertì un brivido di desiderio scendergli lungo la schiena. Rukawa si voltò, sorprendendolo incantato a fissarlo.

“Il futon è là dentro, prenditelo.”

“No.”

Rukawa lo guardò minaccioso, infilandosi una maglietta di cotone blu.

“Volevo dire….. potremmo parlare un po’ prima di dormire.”

“Non ho niente da dirti!”

Rukawa si sistemò sul suo letto, semi sdraiato, cominciando a sfogliare una rivista di basket.

“E dai, kitsune….! Io non ho sonno – Hanamichi parlava , mentre si spogliava, rimanendo anche lui in boxer e maglietta – almeno fammi vedere cosa leggi!”

Gli si sedette vicino, sbirciando le figure e Rukawa stranamente lo lasciò fare, rivolgendogli solo un’occhiata del tipo non-ti azzardare-a toccarmi-o ti uccido!

Hanamichi cominciò a fargli domande su quello che vedeva o leggeva, riuscendo a trascinare Rukawa in una sorta di conversazione. Quando ebbero sfogliato la rivista, Hanamichi temette che la volpe lo buttasse giù dal letto, invece parlò!

“Posso sapere perché ti stai comportando così?”

“Come?” chiese Hanamichi in un soffio, magari Rukawa aveva capito qualcosa, si era accorto che il suo sguardo spesso e volentieri indugiava sul suo corpo! Rukawa lo guardò, senza alcuna esitazione.

“Stai fingendo di essermi amico.”

Sakuragi lasciò andare il respiro, un po’ sollevato e sostenne lo sguardo dell’altro.

“Perché è quello che vorrei provare ad essere… se tu vuoi!”

“Perché? Tu non mi sopporti!”

“Non è vero!”

“Ah, no?!”

“Bè, prima….”

“Prima di che?”

“Oh, Rukawa, basta con questo interrogatorio! Ci deve essere per forza un perché, un per come?! A me và così!”

“Hn.” Fu il commento poco convinto.

Rukawa era decisamente incredulo, ma non indagò: aveva sonno, si era fatto tardi e, sentiva gli occhi che si chiudevano.

 

Hanamichi non aspettava che quello: sapeva che prima o poi Rukawa sarebbe crollato e lui ne avrebbe approfittato per restare a dormire nel suo letto, accanto a lui. Quando finalmente vide gli occhi di Rukawa chiudersi e poco dopo il suo respiro lento e regolare, si azzardò a voltarsi su un fianco, facendo in modo che la testa della kitsune finisse sulla sua spalla. Hanamichi era incantato: quel viso stupendo lo diventava ancora di più quando era rilassato, la bocca socchiusa era una tortura, perché  avrebbe voluto baciarla come aveva fatto quel giorno in ospedale. Studiò con attenzione ogni particolare, finchè non resistette più: allungò una mano, sfiorandogli una guancia, la lasciò scendere lungo il collo e il petto. Arrivò ai fianchi e non riuscì ad impedirsi di accarezzare la pelle sotto la maglietta: era morbida e calda. Continuò la sua indagine tattile senza mai staccare gli occhi dal viso di Rukawa, ma non gli importava che si svegliasse. In quel momento gli avrebbe confessato tutto, accettando anche il rischio che lo prendesse a pugni, che lo insultasse. Lo amava, lo desiderava. Erano due sentimenti talmente profondi, talmente forti da assomigliare ad un dolore. Quanto avrebbe voluto baciarlo, accarezzarlo, togliere la barriera dei vestiti e assaporare quella pelle in ogni modo! Hanamichi sentì il proprio respiro farsi più veloce, il suo corpo che reagiva a quella vicinanza. Ritirò le mani da sotto la maglietta di Rukawa con un sospiro di frustrazione. Doveva imparare ad aspettare, c’era bisogno di tempo e pazienza: doveva essere cauto, fargli capire ancora tante cose, prima di potergli parlare apertamente. Si accoccolò contro di lui, un braccio intorno alla vita, il viso a contatto con quella seta nera, che erano i capelli di Rukawa, per inebriarsi di quel profumo così buono. Si lasciò andare al sonno, cullato dal lieve respiro dell’altro.

 

Rukawa si svegliò, avvertendo una gradevole sensazione di calore, qualcuno gli respirava sul collo. Aprì gli occhi lentamente, le prime luci dell’alba creavano una piacevole penombra. Abbassò lo sguardo: c’era una mano poggiata sul suo stomaco, qualcuno dormiva premuto contro la sua schiena, ne avvertiva chiaramente il peso. Capì immediatamente di chi si trattasse: ricordò che Sakuragi era venuto a casa sua, il giorno precedente e suo padre lo aveva invitato a restare per la notte, ma ricordava anche benissimo di avergli detto di dormire sul futon!

“Stupido idiota… chi ti ha detto di rimanere a dormire nel mio letto?!”

Rukawa si girò con tutta l’intenzione di buttarlo giù dal letto per dargli una lezione, ma si bloccò di fronte all’espressione beata dipinta sul volto di Sakuragi. Sembrava innocente come un bambino, il petto si alzava e si abbassava al ritmo dei suoi respiri…. era così strano vederlo dormire, Rukawa era abituato ai suoi repentini cambi di espressione e di umore, a vederlo sempre in movimento, gli ricordava un terremoto! Ora, invece, era il ritratto della tranquillità e dell’ingenuità. Rukawa fece un mezzo sorriso.

“Fa quasi tenerezza….- sussurrò – non sembra nemmeno la stessa persona che mi insulta quotidianamente e non perde occasione per prendermi a pugni…”

Pensò molto all’avvenuto cambiamento che pareva aver avuto Sakuragi: da quando si era risvegliato, trovandolo accanto al suo letto, lui non era stato più lui!! Era andato a trovarlo praticamente tutti i giorni, mentre era in ospedale, anche solo per pochi minuti, pur essendo stanco per gli allenamenti, Rukawa se ne era accorto… era stato gentile, ma perché? Di solito non era tipo da porsi simili domande: il comportamento di quelli che condividevano con lui il mondo gli era assolutamente indifferente, ma Sakuragi…. bè, con lui era diverso, neanche lui avrebbe saputo dire il perché, ma quel ragazzo non gli era indifferente per un insieme di motivi. Innanzitutto, era impossibile non notarlo, considerando la stazza e quell’assurdo colore di capelli, ma non era questo…. era piuttosto quel suo carattere espansivo, esuberante, ma che sapeva essere anche deciso, determinato. Aveva cominciato ad interessarsi al basket per il motivo più cretino: far colpo su una sciocca ragazzina, però aveva capito che gli piaceva giocare e ci si era buttato anima e corpo, facendo progressi in poco tempo. A Rukawa piacevano la determinazione e l’ambizione, a lui così familiari e scoprirli in quello che inizialmente aveva catalogato come una scimmia rossa incapace di combinare alcunché di decente, lo incuriosiva…. che altro nascondeva dietro quella spavalderia eccessiva? Rukawa si sentiva attratto da quel ragazzo così diverso da lui e forse c’era anche dell’altro. Fino a quel momento aveva trascurato certe sue sensazioni, ora davanti a lui che dormiva placidamente nel suo letto, tralasciò per pochi minuti la sua innata razionalità, dimentico perfino di farlo rotolare giù dal letto!! Lo osservò: non lo si poteva definire brutto, quando non assumeva una delle sue espressioni esagerate: aveva un bel fisico e, continuando a giocare a basket lo avrebbe sviluppato maggiormente… Rukawa allungò una mano e sfiorò con le dita sottili un braccio di Sakuragi… avvertì chiaramente un brivido e non era di freddo! Non si stupì della sua reazione nel toccare un altro ragazzo: se c’era una cosa che Rukawa aveva capito di se stesso, era che le ragazze su di lui non esercitavano alcun fascino, non gli interessavano proprio! Le considerava strane creature, a dir la verità, non ci si trovava a suo agio e quelle invasate delle sue fans lo avevano convinto che era meglio star loro alla larga… solo Ayako si salvava da quel giudizio negativo. Non aveva mai pensato all’amore, il basket lo prendeva totalmente, ma sapeva che, quando sarebbe successo, avrebbe potuto scegliere soltanto un compagno. Era così e basta! A lui non dispiaceva e, poi, lui voleva qualcuno con cui poter condividere la sua passione sportiva, la sua vita… il basket. Tornò a guardare Sakuragi: gli era ormai chiaro che il suo corpo reagiva alla sua vicinanza, non lo aveva scoperto quella mattina…. poteva complicare un po’ le cose: fino a quel momento l’atteggiamento di Sakuragi era stato tale da semplificare tutto, diceva di odiarlo e lo dimostrava anche… Rukawa era tranquillo. Ma ora? Ora che lui gli dimostrava un po’ di gentilezza? Rukawa scivolò giù dal letto senza far rumore: il sonno ormai era passato, decise di andare a fare colazione e a vedere la cassetta sull’NBA che aveva registrato il giorno prima. Si infilò i pantaloni della tuta e si avvicinò al letto. Tirò il lenzuolo sul corpo di Sakuragi, coprendolo.

 Se continua a comportarsi così, non riuscirò a trattarlo come prima! – 

 

Sakuragi si stiracchiò, sbadigliando. Aveva dormito proprio bene! Aprì gli occhi sicuro di trovarsi nel suo futon, a casa sua…. si ritrovò nella stanza di Rukawa!

“Ma che diavolo è successo? Ah, mi ricordo, il signor Takeshi mi ha invitato a restare per la notte, la kitsune non voleva… io ho aspettato che lui si addormentasse per poter restare nel suo letto… LUI DOV’E’?!” 

Si rizzò a sedere e gli cadde l’occhio sulla sveglia.

“LE NOVE?! MA PERCHE’ QUELLA VOLPE SPELAC……”

“La finisci di urlare?”

Rukawa era entrato nella stanza, la palla da basket in mano.

“Perché non mi hai svegliato? Mi hai fatto perdere la scuola!”

Rukawa alzò le spalle.

“Io non sono la tua sveglia!”

“BAKA KITSUNE!! IO…. ma che stai facendo?”

Rukawa si tolse la maglietta, restando a torso nudo, cercando qualcosa nell’armadio. Hanamichi deglutì a vuoto, lo sguardo scese giù per la linea del collo, sulle spalle, la schiena muscolosa, la linea dei fianchi che si intravedeva leggermente sotto i pantaloni…. dovette distogliere lo sguardo per impedirsi di alzarsi e andare a baciare ogni centimetro di quella pelle!

“…. are con me?”

Le orecchie di Hanamichi colsero un sussurro, ritrovò il coraggio di alzare lo sguardo su Rukawa.

“Che hai detto? Non ho capito?”

Rukawa incrociò le braccia al petto.

“Ti chiedevo se avevi voglia di fare qualche tiro con me, nel mio giardino….”

Hanamichi si preoccupò.

“Sei sicuro di poterlo fare?”

Negli occhi di Rukawa passò un lampo.

“Io sto bene. Perché non dovrei giocare?”

“Kitsune sei stato in coma, ricordi? I medici hanno detto…”

“Sakuragi vuoi giocare o no? Io posso sempre farlo da solo, non sarebbe la prima volta!”

Rukawa si avviò verso la porta, sulla soglia si girò a guardarlo da sopra una spalla.

“Allora?”

“Fammi almeno mettere i pantaloni!” grugnì Hanamichi.

Rukawa non lo aspettò, scese di sotto. Hanamichi lo trovò intento a fare una spremuta d’arancia in cucina. Senza una parola gli porse il bicchiere colmo. Hanamichi restò senza fiato.

“Per me, kitsune?!”

“Hn.”

 

Erano in giardino da una ventina di minuti: Rukawa tirava da fermo, la caviglia gli faceva ancora un po’ male. Hanamichi provava ad imitare quei tiri perfetti, ma il risultato non era il medesimo! Sakuragi si stava decisamente innervosendo: perché non riusciva a fare canestro? Avvertirono nitidamente il suono del telefono: Rukawa rientrò in casa per rispondere. Hanamichi restò davanti al canestro e continuava a sbagliare….

“Ma per la miseria! Perché diavolo non entra questa stupida palla?!”

Fallì l’ennesimo lancio e ormai la sua frustrazione era alle stelle: non riusciva ad imparare i tiri liberi!

“Perché a me non riesce! SIGH!”

“E’ la mano il problema, la metti male.”

“Eh?”

Rukawa lo fissava dalla porta-finestra.

“Il movimento di lancio deve essere fluido, non sono solo le braccia a tirare, è tutto il corpo che deve accompagnarlo. Tu sei troppo rigido, inoltre le mani…. dai, ti faccio vedere!”

Rukawa si portò dietro di lui.

“Innanzitutto, piega le ginocchia… ora, porta le braccia sopra la testa…”

Rukawa gli sistemò le mani in posizione di tiro senza allontanarsi da lui, con il risultato che Hanamichi era completamente andato! Avvertiva chiaramente il corpo di Rukawa premuto contro il suo, petto contro schiena, il battito del suo cuore lento e regolare, il suo respiro sul collo… Hanamichi si morse le labbra per cercare di riprendere il controllo, ma non riuscì ad impedirsi di girare la testa per guardarlo. In quel preciso istante Rukawa abbassò il viso su di lui e si ritrovarono a pochissimi centimetri l’uno dall’altro, le labbra ad un soffio. Hanamichi non riusciva a staccare lo sguardo da quella bocca, che sapeva essere morbida e vellutata…. la palla gli scivolò dalle mani, rimbalzando al suolo, ma loro non se ne accorsero nemmeno. Si protesero maggiormente l’uno verso l’altro….

“Ragazzi, siete qui?”

L’idillio venne interrotto dal signor Takeshi: i due ragazzi si separarono frettolosamente ed Hanamichi sentiva il viso in fiamme, il cuore che gli martellava furiosamente nel petto. Rukawa non perse la sua espressione tranquilla, ma Hanamichi vide un leggero tremito nelle sue mani, mentre raccoglieva la palla.

 

Rukawa era in camera sua, sdraiato sul letto, le mani dietro la nuca, quando sentì la voce del padre che lo chiamava dal piano di sotto.

“Kaede, vuoi scendere un attimo, per favore?”

Pensò di far finta di non aver sentito, ma tanto suo padre sarebbe salito a cercarlo, era meglio andare a vedere cosa volesse. Si limitò a scendere le scale e a rendersi visibile. Suo padre era in salotto, un grande mazzo di fiori bianchi sul tavolo.

“Volevo chiederti di venire con me.”

“Dove?”

“Oggi è l’anniversario della morte di tua madre…”

“Allora?”

“Non vuoi andare a trovarla al cimitero? Nemmeno oggi!”

“No!”

Rukawa voltò le spalle per andarsene.

“Kaede, aspetta! Dobbiamo parlare. Non è possibile che tu non voglia mai andare da lei!”

Rukawa si voltò nuovamente verso di lui.

“Mia madre non è lì! E’ sempre qui! – si portò una mano al petto, all’altezza del cuore – è dentro di me, non certo lì!”

Suo padre gli si avvicinò e alzò una mano per carezzargli una guancia, ma Rukawa fece un passo indietro, impedendoglielo.

“Quello che hai detto è molto bello, Kaede, ma io lo so che non lo fai solo per quello, non abbiamo mai parlato di quello che è successo quel giorno, non credi sia arrivato il momento di farlo?” 

“Perché dovremmo? Parlarne non cambierà il risultato. È perfettamente inutile!”

“Kaede, io non capisco questa tua assurda pretesa di tenerti tutto dentro. E’ normale che tu soffra ancora per la morte di tua madre, che ne senta la mancanza! Non c’è niente di sbagliato nell’ammetterlo! Se non vuoi parlarne con me, fallo con Hanamichi, lui è tuo amico, ti capirà!”

“Tu non sai niente di me! Non venirmi a dire quello che devo fare! E quello che tu chiami amico è lo stesso che la prima volta che mi ha visto mi ha pestato e che, da quando lo conosco, non fa che ripetermi quanto mi odi! Ti sbagli di grosso sul suo conto!”

Il padre di Rukawa rimase allibito.

“Non può essere! Io l’ho visto in ospedale, era preoccupato da morire per te e poi è sempre stato qui in questi giorni…”

“Non mi interessa quello che credi e neanche quello che fai! Se vuoi andare al cimitero, fallo! Lascia solo che ti dica che sei un ipocrita e che io non sopporto le persone così!”

“Che stai dicendo?”

“Vai a trovare mia madre, quando non sei stato capace di rimanere fedele alla sua memoria….”

“Kaede, smettila!”

Il padre di Rukawa si stava alterando.

“Vorresti farmi credere che durante i tuoi viaggi non te la sei mai spassata con qualche sgualdrina?”

Gli arrivò uno schiaffo in piena faccia, talmente violento da azzittirlo all’istante. Si portò una mano sulla guancia colpita, gli occhi scintillanti di rabbia.

“Io sono tuo padre, Kaede, mi devi del rispetto, non dimenticarlo!”

“Benissimo, ora che hai ribadito il concetto, me ne posso tornare in camera mia!”

 

Sakuragi suonò il campanello, gli andò ad aprire il signor Takeshi, scuro in volto. Hanamichi si preoccupò.

“E’ successo qualcosa? Suo figlio sta bene,vero?”

Il padre di Rukawa annuì.

“Sì, entra… Kaede è in camera sua, và da lui… io devo uscire.”

Sakuragi lo vide prendere dei fiori ed andare via. 

– La kitsune deve averne combinata un’altra delle sue, ne sono sicuro! - 

 Arrivò davanti alla camera di Rukawa, la porta era socchiusa e la aprì leggermente. Rukawa era seduto per terra al centro della stanza, con le gambe incrociate e giocava con il suo gatto: lo accarezzava sulla testa e, anche a quella distanza Hanamichi avvertì le fusa di Tommy, poi Rukawa lo prese in braccio e il gatto gli strofinò il muso sul viso e lui sorrise. Un sorriso bellissimo e dolcissimo. Per Hanamichi fu una visione estatica: quel viso già stupendo lo diveniva ancora di più quando abbandonava il solito broncio, cosa tra l’altro che Hanamichi adorava! Immaginò l’emozione di vedersi rivolgere un simile sorriso!

Rukawa strinse Tommy al petto e si rialzò, depositando il gatto sul letto, poi si avvicinò alla scrivania e Hanamichi gli vide prendere la foto che lo ritraeva con sua madre. Sul volto di Rukawa si dipinse una tale tristezza che ad Hanamichi mancò il fiato…. decise di bussare per dargli il tempo  di riprendersi, immaginò che non volesse assolutamente che lui lo vedesse in quel modo…

Rukawa gli borbottò qualcosa di simile un invito ad entrare.

“Ciao, kitsune.”

“Ah, sei tu! Da dove sei entrato?”

“Certo non da una finestra, che dici?!”

“Può darsi….”

“Mi ha fatto entrare tuo padre…. a proposito, che gli hai combinato? Aveva una faccia così scura…. KITSUNE, ma che hai fatto sulla guancia? Ce l’hai arrossata!”

“Sakuragi, per i miei gusti hai fatto fin troppe domande!” 

“E dai, lo dovresti aver capito che con me puoi parlare….”

Rukawa alzò un sopracciglio in modo ironico.

“Certo, come no…” aggiunse sarcastico.

“Kitsune, io ti darò il tormento se non ti decidi, lo sai vero?”

Rukawa si voltò verso la finestra.

“Sia ben chiaro… te lo dico solo perché spero che tu, dopo, decida di tacere… mio padre voleva che andassi con lui al cimitero. Contento?”

“Ahhhh, certo, ora è tutto chiaro! Kitsune, cosa hai le pigne nel cervello?! Spiegati!”

Rukawa si limitò ad indicargli la foto e Hanamichi intuì.

“Ha a che fare con tua madre, giusto?”

Rukawa annuì.

“Dunque, vediamo – continuò Hanamichi- è l’anniversario della sua morte e tuo padre voleva che lo accompagnassi, uhn?”

“Già.”

Hanamichi gli si avvicinò e parlò con voce bassa.

“Neanche a me piacciono i cimiteri, non ci vado mai…. come è morta tua madre?”

Rukawa si voltò di scatto.

“Non sono affari tuoi e poi non capiresti!”

Sul volto di Hanamichi passò un lampo di autentico dolore.

“Sì che posso capirti! Nessuno lo può meglio di me! Mio padre è morto e per colpa mia….”

Rukawa spalancò gli occhi per la sorpresa e Sakuragi continuò nella sua spiegazione.

“Stavo tornando a casa, quando come al solito mi sono messo nei guai, facendo a pugni con dei ragazzi più grandi… al mio arrivo trovai mio padre steso a terra… aveva un malore e io corsi a chiedere aiuto, ma quei ragazzi con cui mi ero azzuffato, avevano cercato rinforzi e volevano vendicarsi… non ho fatto in tempo e mio padre è morto, soltanto per colpa mia….”

Si era seduto sul letto, mentre parlava e ora era in silenzio, lo sguardo basso, le mani sulle ginocchia. Il peso di quel rimorso lo schiacciava ancora.

Rukawa si sedette accanto a lui, cominciando a raccontare.

“Mia madre veniva a prendermi tutti i giorni all’asilo, io la aspettavo appena fuori il cancello, cercando di scorgerla tra quelle degli altri bambini…. venne anche quel giorno, ma era in ritardo così, quando mi vide da solo davanti alla scuola, attraversò senza attenzione…. ho visto un’automobile arrivare a grande velocità, ma mia madre non se accorse…. io l’ho chiamata, ho urlato, ma lei ha continuato ad avanzare verso di me, fin quando quella macchina non le è piombata addosso…. è morta sul colpo…”

La voce di Rukawa si spense in un sussurro ed Hanamichi lo guardò con la coda dell’occhio: aveva le mani serrate a pugno ed era più pallido del solito. Si erano ritrovati a condividere la medesima esperienza, lo stesso dolore….

Rimasero in silenzio, ognuno a fare i conti con i propri sensi di colpa, la sofferenza, la mancanza…… Sakuragi, però, non era tipo da crogiolarsi in quella malinconia, cercò di sdrammatizzare.

“Tommy….. vieni qua, su….vieni da zio Hanamichi….”

Il gatto miagolò e gli saltò in braccio, accocolandoglisi in grembo. Rukawa però ne fu infastidito: Tommy si era sempre fatto toccare esclusivamente da lui e ora ubbidiva ai richiami di Sakuragi?! Prese il gatto dalle gambe di Sakuragi con malcelato disappunto.

“Ehi, kitsune, perché?”

“E’ mio!” fu la laconica risposta.

“Mica te lo mangio! Volevo solo giocarci….. non ti credevo così possessivo!”

“Hn.”

Il gatto alla fine decise per loro, andandosene!

“Tra i due contendenti, il terzo gode!” fu il commento di Hanamichi.

“E che c’entra?”

“Bè, lo volevo io, lo volevi tu… e lui se ne va…”

Rukawa guardò Tommy uscire elegantemente dalla stanza.

“In fondo non mi dispiace che ti piaccia il mio gatto….”

Era una frase che non comportava alcuna risposta, ma Sakuragi decise che era arrivato il momento di tentare la sorte, era passato abbastanza tempo, secondo i suoi criteri…. doveva buttarsi, in fondo rischiava solo di essere linciato!!

“Veramente a me piaci tu!”

Rukawa non si scompose minimamente, si limitò a guardarlo ironico.

“Cos’è, hai scoperto che non mi odi? Ti sono solo antipatico?”

Hanamichi si sentì avvampare.

“Non sto scherzando! A me piaci tu e non come amico….”

Hanamichi si sentiva soffocare dall’imbarazzo, ma lo guardò dritto negli occhi. Rukawa emise un impercettibile sospiro.

“Io non ti credevo quando dicevi di essere mio amico e ancora meno ti credo ora!”

“Ma perché? Io….”

Rukawa gli fece cenno di tacere e continuò.

“Tu sei sempre stato attratto dalle ragazze e forse ora, credi di volermi… ma tra qualche tempo, tornerai a pensare alla Akagi e ad odiare me!”

“Io non ti ho mai odiato – si animò Sakuragi – o almeno, lo dicevo, ma ormai era diventata un’abitudine, un modo di dire….”

Rukawa sbuffò.

“Senti, lo so che non riesci a credermi dopo tutti i miei insulti, le mie botte, ma il fatto è che….. ora so perché mi comportavo così….”

“Per la tua Harukina.” Lo scimmiottò Rukawa.

“NO, LEI NON C’ENTRA – urlò Sakuragi – io non ce l’avevo con te per via di Haruko, ma perché mi ignoravi, perché io per te non esistevo e non lo sopportavo! La prima volta che ti sei girato verso di me e hai pronunciato il tuo nome, io mi sono innamorato di te!”

“Sì, certo… è per questo che mi hai preso a testate, no? Io avrei dovuto capire che tu mi amavi! Sei proprio un do’aho se credi che ci possa credere! Da quando ti conosco hai detto troppo scemenze perché io ora possa reputarti sincero!”

Sakuragi si sentì disperato: aveva trovato il coraggio di confidargli i propri sentimenti e pagava il prezzo dell’assurdo comportamento avuto prima dell’incidente di Rukawa. Che poteva fare? Che poteva dire per convincerlo che quella era la verità?

 

Rukawa si alzò da vicino Sakuragi e si appoggiò al muro di fronte al letto con la schiena, le braccia incrociate al petto. Era veramente curioso di vedere cos’altro avesse in programma il do’aho: cos’altro avrebbe inventato? Non gli piaceva essere preso in giro né essere ingannato: non gli dispiaceva quel discorso, soprattutto se fatto da Sakuragi… però non riusciva a fidarsi di lui. Gli sembrava sincero, quello sì: Sakuragi era troppo semplice perché riuscisse a mentire su una cosa del genere, ma lui non era tipo da buttarsi in storie senza importanza, non perdeva tempo in cose inutili…. se Sakuragi era innamorato di lui, non si sarebbe arreso…

Aspettò la mossa successiva, sperando fosse quella giusta…

Vide Hanamichi rimuginare su qualcosa, poi alzarsi e rivolgergli un’occhiata talmente bruciante da fargli venire i brividi. Sakuragi gli si avvicinò con determinazione e Rukawa sciolse le braccia che aveva tenuto incrociate fino ad allora, con un gesto fulmineo Hanamichi gli afferrò un polso e lo bloccò al muro. Rukawa si irrigidì, non capendo cosa avesse in mente l’altro, avvertì soltanto un braccio di Hanamichi che gli cingeva la vita e vide il suo viso che si avvicinava.

“Vediamo se con questo capisci che sono sincero, stupida volpe!”

Hanamichi sussurrò queste parole sulla labbra di Rukawa e un attimo dopo vi aveva posato sopra la sua bocca. Aveva il cuore a mille, per l’emozione e la paura di essere rifiutato, invece sentì il corpo di Rukawa rilassarsi contro di lui e le sue labbra socchiudersi: voleva che quel bacio divenisse più intimo! Hanamichi lo strinse forte a sé, assaporando ogni centimetro di quella bocca meravigliosa. Fu un bacio così coinvolgente, che nessuno dei due avrebbe saputo dire quanto fosse durato, ma a un certo punto dovettero riprendere fiato e si separarono. Rimasero l’uno davanti all’altro in silenzio, il respiro più veloce, nessuno dei due parlò, si limitarono a guardarsi negli occhi, finchè non fu Rukawa ad avvicinarsi, ad abbracciarlo e a baciarlo. Questa volta le loro mani andarono alla scoperta dei reciproci corpi: Hanamichi le fece scorrere tra i capelli, sulla schiena di Rukawa, quest’ultimo le insinuò sotto la maglietta dell’altro.

 

Erano seduti vicini sul letto di Rukawa, le spalle poggiate contro il muro. Hanamichi si avvicinò all’altro, depositandogli un bacio sul collo candido ed ebbe la gradevole sensazione di sentirlo rabbrividire sotto le sue labbra.

“Ora finalmente mi credi, kitsune?”

“Hn.”

“Che c’è, kitsune? Hai ancora qualche dubbio?! Guarda che io….”

“Sakuragi, ma vuoi stare zitto? Perché devi sempre riempire il silenzio con le parole? Nella maggior parte dei casi sono superflue!”

“Ah sì? E senza parlare come ti avrei convinto a baciarmi, eh?”

“Convinto?! Sakuragi, io ho risposto al tuo bacio perché ne avevo voglia, non perché blateravi!”

“Kitsune, io non ho mai conosciuto nessuno più indisponente di te!”

“Hn.”

Hanamichi stette in silenzio per pochi secondi, beandosi del profilo perfetto di Rukawa.

“Kitsune?”

“Hn.”

“Posso chiamarti per nome?”

Rukawa volse leggermente il viso verso di lui.

“Se ti fa piacere….”

“Kaede….- assaporò il sapore di quella parola – sì, mi piace proprio!”

“Umph.”

 

Stare insieme.

 

Hanamichi pensava che stare seduto su un divano con la testa della kitsune sulle sue gambe, fosse una, o meglio la cosa più piacevole che avesse mai sperimentato…. passava le dita tra i suoi capelli, giocherellando con quelle ciocche setose e ogni tanto si chinava su quella bocca di cui non si stancava mai. Rukawa era rilassato e aveva gli occhi chiusi: dopo l’ennesimo bacio di Hanamichi li aprì, perché gli piaceva scorgere l’espressione adorante in quello sguardo caldo e affettuoso. Vide Hanamichi avvicinarsi a un palmo di naso che lo scrutava con attenzione.

“Che cosa ho di strano, do’aho? Perché mi fissi così?”

Sakuragi non rispose subito, gli sembrava di affogare in un oceano, scuro e profondo.

“Da quando hai gli occhi blu, kitsune?”

“Dalla nascita, do’aho!”

Hanamichi sghignazzò nella sua maniera un po’ maniacale.

“Certo che quella sera i tuoi genitori erano particolarmente inspirati…”

“Che vuol dire?”

“Ehm, Rukawa, ti hanno spiegato che i bambini non li porta la cicogna né tantomeno si trovano sotto i cavoli?”

Rukawa con una mossa fulminea si rizzò a sedere e gli assestò un pugno.

“AHIAAA, KITSUNE! MA SEI SCEMO?” 

“Ti ho mai detto che sei un idiota?”

“Un milione di volte – si lamentò Hanamichi – e adesso dove vai?”

Rukawa si era alzato con tutta l’intenzione di finirla lì con le coccole.

“Voglio fare qualche tiro a canestro….”

Con enorme frustrazione di Hanamichi, Rukawa si avviò verso la portafinestra e uscì nel giardino. 

“Mannaggia la mia boccaccia! Se stavo zitto non se ne andava! Ha ragione la kitsune, devo imparare a tacere… ora, per farmi perdonare gli preparo la merenda: toast e spremuta d’arancia, fa tanto America!”

Fu indaffarato per un buon quarto d’ora, poi uscì dalla cucina per andare a chiamare Rukawa, ma in salotto ne incontrò il padre: guardava il figlio tirare a canestro. Hanamichi gli si avvicinò.

“E’ bravo, vero?”

“Ah, sei tu… sì, anche troppo!”

Hanamichi aggrottò le sopracciglia, interdetto e un po’ deluso.

“Come? Non è fiero di lui? Dicono grandi cose di lui, in molti sono pronti a scommettere che ha una luminosa carriera davanti a sè! Diventerà un campione!”

“Io sono orgoglioso di Kaede, moltissimo, ma questo suo talento è un ossessione! Ci tiene così tanto a diventare un giocatore professionista, conosco anch’io il suo sogno di andare a giocare nell’ NBA, ma…. e se non ci riuscisse? Se qualcosa gli impedisse di realizzarlo? Qualcosa che andasse al di là della sua volontà o dell’impegno…. prendi l’incidente che ha avuto: per fortuna non ha avuto conseguenze, ma se si fosse infortunato in modo tale da non poter continuare a giocare? Cosa ne sarebbe di lui? Non ho idea di come reagirebbe di fronte a un’eventualità simile!”

Hanamichi avvertì un brivido di paura a quelle parole, perché rappresentavano una realtà possibile, in tanti non arrivavano al professionismo e poi l’America…. era un sogno così grande da realizzare per un giapponese! La delusione poteva essere tremenda! Hanamichi aveva visto gli effetti di una simile perdita su Mitsui e ricordò come Rukawa non avesse detto una sola parola contraria al suo ritorno in squadra, lui che aveva avuto la peggio in quella rissa! Come se lo capisse, come se avesse intuito il baratro in cui era caduto un giocatore impossibilitato a continuare….. Hanamichi scosse la testa e guardò il signor Takeshi molto seriamente.

“A lui non succederà! Lui è nato per giocare, quello è il suo destino!”

Il padre di Rukawa gli sorrise benevolmente.

“Forse hai ragione tu! In fondo credevo che Kaede non avrebbe mai avuto un amico, invece ora ha te.”

Sakuragi arrossì, grattandosi la testa.

“Bè, in effetti…. ora vado a chiamarlo: ho preparato la merenda!”

 

Rukawa potè finalmente tornare agli allenamenti e a scuola: tornare a giocare! Hanamichi fece in modo di restare solo con lui negli spogliatoi prima che iniziassero, voleva dirgli quanto fosse contento che lui fosse rientrato in squadra, che gli era mancato, tantissimo, ma il tempo stringeva, non poteva dirgli tutte quelle cose. Così, si limitò ad abbracciarlo da dietro, mentre Rukawa cercava la sua maglietta della Nike nella borsa.

“Fammi finire di vestirmi! Faremo tardi e Akagi si arrabbierà.”

“Ho solo bisogno di un bacio, kitsune.” Glielo sussurrò.

Rukawa si voltò nel suo abbraccio e gli passò le braccia intorno al collo.

“Non mi sembra il momento, ma….”

Rukawa gli premette una mano sulla nuca e lo attirò a sé, dandogli uno di quei baci sensuali che trasformavano Hanamichi in gelatina tremante…. afferrò Rukawa, premendoselo contro, le mani andarono oltre il bordo dei pantaloncini, ma Rukawa si tirò indietro.

“Hanamichi….” Il suo era un avvertimento sussurrato. Si voltò, prendendo la maglietta e riuscendo finalmente ad infilarla.

“Tu mi fai perdere il controllo, kitsune! Dove diavolo hai imparato a baciare così?”

Rukawa si chinò ad allacciarsi una scarpa.

“Ho avuto un ottimo maestro!”

Hanamichi divenne paonazzo.

“Kitsune, dimmi subito chi è? Io lo sgozzo, lo….”

“Idiota! Io non parlo mai con nessuno, lo sai, come sarebbe possibile, secondo te, che io abbia mai baciato qualcuno prima di te? Stavo scherzando!”

Sakuragi sospirò di sollievo, non avrebbe minimamente tollerato che qualcuno avesse osato toccare il suo volpacchiotto!! In quel momento pensò di rivelare a Rukawa cosa fosse successo in ospedale, quando lui era ancora in coma. 

“Andiamo, o Akagi ci romperà la testa!”

“Kaede, aspetta un momento! Ho bisogno di parlarti.”

“Adesso no!”

“Per favore, devo confessarti una cosa….”

C’era urgenza nella sua voce, Rukawa rimase.

“Quel pomeriggio, a casa tua, non è stata la prima volta che ti baciavo.”

Rukawa si accigliò.

“Ah, no?!”

“No, vedi, io…. insomma, mentre eri in coma, io ho fatto chiarezza nei miei sentimenti e l’ho fatto, ti ho baciato!”

Rukawa sembrò pensarci un attimo, poi gli rivolse un’occhiata molto maliziosa, era la prima volta che Hanamichi gli vedeva una simile espressione e rabbrividì piacevolmente..

“Mi hai fatto qualche altra cosa di cui dovrei essere informato?”

Sakuragi arrossì atrocemente e balbettò un:  “No, non c’è altro.”

Rukawa lo afferrò per un braccio.

“Andiamo, do’aho!”

 

I ragazzi dello Shohoku furono tutti molto felici del ritorno di Rukawa in squadra e Akagi dovette faticare non poco per imporre la sua volontà: sembravano tutti impazziti!

 

Sakuragi e Rukawa tornarono insieme a casa di quest’ultimo: il padre era dovuto andare a Tokio e quella sera non sarebbe rientrato. Rukawa aveva approfittato della sua mancanza per invitare Hanamichi a dormire da lui. Naturalmente questi aveva subito accettato, contentissimo e a Rukawa piaceva avere quell’effetto su di lui. Mangiarono prima di andare a casa in un locale vicino alla scuola insieme agli altri, avevano insistito fino a convincere il solito ritroso Rukawa!! Quando arrivarono a casa, andarono subito in camera di Rukawa: ad Hanamichi piaceva quella stanza, forse perché gli ricordava quel pomeriggio in cui aveva finalmente ammesso a se stesso di essersi innamorato di Rukawa.

“Che ne dici di vederci un po’ di televisione? È ancora presto…”

“Non ne ho voglia.”

“Allora che vuoi…..”

Le parole gli morirono in gola. Hanamichi gli aveva dato le spalle fino a quel momento, era vicino alla scrivania e stava guardando la fotografia che ritraeva Rukawa bambino, gli piaceva tanto! Quando si girò verso di lui, Rukawa si stava togliendo la camicia e aprì l’armadio per riporla. Hanamichi lo fissò, mentre sentiva crescere dentro di sé il desiderio e l’eccitazione. Come riusciva a fargli quell’effetto? Il suo corpo non era una novità, l’aveva visto spogliato più di una volta, eppure….. si avvicinò e gli passò le braccia intorno alla vita, baciandogli una spalla. Rukawa si girò per guardarlo in viso.

“Non avere quell’espressione, sembra che tu non mi abbia mai visto!”

Hanamichi non gli rispose nemmeno, lui che aveva sempre la risposta pronta, quando era così vicino a Rukawa, riusciva solo a pensare che era troppo bello per essere vero!

Alzò una mano, poggiandone il palmo sulle guancia di Rukawa, la fece scivolare lungo il collo, la passò sul torace. Rukawa si strinse maggiormente contro di lui ed Hanamichi perdette il controllo. Si avventò sulla bocca di Rukawa che schiuse immediatamente le labbra, si avvicinò al letto e lo spinse sopra, facendolo sdraiare. Baciò e accarezzò ogni centimetro di pelle, tornando ad assaporare quelle labbra morbide da cui uscivano lievi gemiti di piacere. Rukawa teneva gli occhi chiusi, le mani andarono sotto la felpa di Hanamichi, la sollevò per assaporare il contatto con la sua pelle. Hanamichi era ormai preda del desiderio, ogni suo senso reclamava di più: senza smettere di baciarlo, cominciò a sbottonargli i jeans e Rukawa si agitò sotto di lui, ma non ci badò.

“Hanamichi, no!” quello di Rukawa era un avvertimento, ma lui ignorò anche quello, finchè le mani di Rukawa non gli bloccarono i polsi e lo allontanarono.

Hanamichi fu, dapprima sorpreso, poi furioso: non capiva il motivo di quella interruzione, stava andando tutto così bene….

“CHE TI PRENDE STUPIDA VOLPE? COSA C’E’ CHE NON VA’ ADESSO?!

“Non c’è bisogno che urli, do’aho, non sono sordo.”

“NON DEVO URLARE? Bè, certo, scusa sa…. ci stiamo baciando, la cosa sta piacevolmente degenerando e tu mi interrompi! Posso sapere almeno il perché?”

Rukawa si stava riallacciando i jeans e si infilò una maglietta.

“Non ne abbiamo ancora parlato e…..”

Fu interrotto da Hanamichi.

“Per una volta non potresti fare qualcosa senza aver pianificato ogni particolare? Un po’ di spontaneità e naturalezza non sono la fine del mondo!”

Rukawa continuò, senza modificare il corso dei suoi pensieri.

“…. non mi pareva avessimo deciso chi fa cosa a chi!”

Hanamichi sbuffò, stringendo i pugni lungo i fianchi.

“E va bene! Dobbiamo parlarne? Perfetto, ok! Io voglio fare l’amore con te, voglio poterti dimostrare quanto tu sia importante per me, voglio darti tutto quello che non hai avuto finora, perché forse sono nato proprio per questo… .io ti voglio Kaede, in ogni senso!”

Hanamichi parlò tutto di un fiato, emozionato: non era facile parlare di certe cose, con Rukawa poi!! 

“E perché dovrei permetterti di farmi una cosa del genere?!” 

La voce di Rukawa si levò gelida nella stanza e Hanamichi si sentì sprofondare in un cupo dolore di fronte a quel rifiuto. Abbassò gli occhi, il viso in fiamme.

“Certo, perché dovresti?!”

Voltò le spalle a Rukawa e fece per uscire dalla stanza. Si fermò davanti alla porta, voltando la testa sopra una spalla.

“Comunque, se preferisci, io non ho alcun problema a fare il contrario….”

Aprì la porta ed uscì.

 

Rukawa rimase immobile per alcuni secondi, poi lasciò andare il respiro in un sospiro. Non riusciva a capacitarsi del perché avesse reagito in quel modo esagerato e decisamente crudele: Hanamichi non se lo meritava, non questa volta!

 – Non avrei mai pensato che sarebbe riuscito a farmi sentire un vigliacco: lui ha avuto il coraggio di dirmi quello che prova, quello che vorrebbe, ma è pronto a rinunciarci per me! Ed io?! Perché gli ho fatto credere di essere contrario, quando anch’io sento di averne bisogno, di volerlo? La mia è pura e semplice paura: paura di dimostrare quello che provo, paura che un atto d’amore possa rendermi più debole ai suoi occhi… sono proprio uno sciocco.-   

Uscì dalla stanza e scese le scale in cerca di Hanamichi: lo trovò in cucina davanti al lavandino, l’acqua che scorreva dal rubinetto.

“Se vuoi dell’acqua fresca ce n’è una bottiglia in frigo.”

Hanamichi sussultò, non lo aveva sentito arrivare. Rukawa lo sentì tirare su con il naso, gli si avvicinò e poggiò la guancia sulla sua spalla. Hanamichi strinse le mani sul bordo del lavandino, indeciso se voltarsi e prenderlo a schiaffi o ripagarlo con la sua stessa moneta, l’indifferenza. Non fece nessuna delle due cose, perché Rukawa lo prese per le spalle, invitandolo a voltarsi e lui non ebbe il coraggio di guardarlo negli occhi. Rukawa, per la prima volta, lasciò che le sue azioni fossero dettate dai sentimenti del momento. Sfiorò il mento di Sakuragi con una mano, voleva guardare i suoi occhi caldi e profondi che tanto gli piacevano.

“Mi dispiace, scusa…”

Hanamichi sgranò gli occhi di fronte all’insolito spettacolo della volpe che si scusava.

“Non avrei dovuto trattarti in quel modo. Vuoi tornare di sopra con me?”

Hanamichi lo guardò porgergli la mano, invitandolo a prenderla.

“Cosa vorresti fare adesso, Kaede? Non voglio che tu lo faccia solo per farmi contento o perché adesso ti senti in colpa! Io posso aspettare o fare come tu preferisci.”

“E’ questo quello che voglio….”

Rukawa gli prese il volto tra le mani, baciandolo. Hanamichi ne approfittò per bloccarlo tra le sue braccia e poggiargli la fronte sulla sua.

“Parlami, Kaede, ti prego!”

Rukawa si tirò indietro, mordendosi un labbro. Non gli piaceva parlare di se stesso, o meglio, non ci riusciva…. era più forte di lui, le parole sembravano non trovare voce…. ma doveva fare uno sforzo, stavolta era importante.

“Non ti azzardare a prendermi in giro o me la paghi!” Puntualizzò.

Hanamichi annuì.

“Ho avuto paura – confessò – avevo capito cosa volevi e ho avuto paura. Ricordati questo momento, perché non credo che mi sentirai tanto presto confessarti una cosa simile!”

Hanamichi tornò a sorridere, quel senso di rifiuto che aveva rischiato di soffocarlo fino a qualche minuto prima, era scomparso.

 

Tornarono in camera di Rukawa e fu proprio quest’ultimo a prendere l’iniziativa: cominciò a baciare Hanamichi sulla bocca, sul mento, lungo la mascella, l’orecchio….

Hanamichi intanto lo accarezzava, aggrappandosi ai suoi vestiti, resistendo all’impulso di strapparglieli di dosso per deliziarsi della sua pelle. Rukawa tra un bacio e l’altro riuscì a sfilargli la felpa, passando le mani sul petto di Hanamichi, un’espressione stupenda ed accesa su quel volto solitamente tranquillo. Fece un passo indietro.

“Avanti, spogliami!”

Hanamichi ansimò, mentre gli toglieva i vestiti, lasciandoli cadere sul pavimento, osservando ogni particolare di quel corpo modellato dal basket. Fece distendere Rukawa sul letto, senza mai distogliere gli occhi dai suoi. Scese con la bocca a scoprirne il corpo, voleva farlo rilassare, voleva sentire i suoi sospiri, voleva riuscire a dargli piacere. Compensò la sua mancanza di esperienza con l’intuito, in fondo bastava fargli quello che avrebbe voluto l’altro facesse a lui! Il suo volto scese maggiormente e quando avvertì le mani dell’altro stringersi convulsamente ai suoi capelli ed emettere un gemito di puro piacere, Hanamichi esultò.

Rukawa non avrebbe mai creduto che esistessero sensazioni simili e ci si abbandonò completamente, assecondando  i movimenti della bocca di Hanamichi, aggrappandosi alla sua testa. Andava tutto bene, senonchè, quando Rukawa avvertì di essere al limite, non seppe che fare! Si sollevò, puntandosi sui gomiti.

“Hana…. fermati….io non…”

L’altro non lo ascoltò e continuò quella piacevole tortura. Rukawa gridò, ricadendo sulle lenzuola. Hanamichi risalì il suo corpo, coprendolo di baci umidi. Quando arrivò al viso, gli scostò la frangia umida di sudore dalla fronte.

“Sei bellissimo!” gli mormorò a fior di labbra e Rukawa se lo tirò contro, offrendogli la bocca. Hanamichi ne assaporò ogni angolo, gli mordicchiò le labbra. Dovette staccarsi da quel corpo stupendo per finire di spogliarsi e si riempì gli occhi di Rukawa languidamente sdraiato sul letto. Si liberò dei jeans e dei boxer piuttosto velocemente, ansioso di tornare a toccare quella pelle morbida. Si sdraiò nuovamente su di lui, intrecciando le dita della sua mano con quelle dell’altro. Lo guardò negli occhi, chiedendo tacitamente il permesso a continuare.

 Rukawa annuì lievemente.

 Hanamichi cominciò ad entrare dentro di lui, sforzandosi di essere delicato, ma avvertì chiaramente l’altro irrigidirsi sotto di lui.

Rukawa si sentiva sommergere da un dolore mai conosciuto fino a quel momento e dovette esercitare tutto il suo controllo per non spingerlo lontano da sé. Soffocò il grido di dolore che gli era salito alle labbra e si aggrappò alle spalle dell’altro con un gemito. 

Le braccia di Hanamichi lo circondarono immediatamente, avvertì la sua voce che gli carezzava l’orecchio.

“Io ti amo, Kaede…. pensa solo a questo…. io ti amo…. lasciati amare da me!”

Rukawa cercò di regolarizzare il respiro, si rilassò lentamente, permettendo ad Hanamichi di entrare a far parte completamente del suo corpo. Sentiva ancora qualcosa dentro di sé ribellarsi a quel trattamento, ma scacciò quella sensazione con le parole di Hanamichi: gli aveva chiesto di lasciarsi amare e lui lo avrebbe fatto, perché anche lui lo amava. Si era innamorato di un adorabile testamatta, che gli aveva fatto ritrovare la voglia di aprire il suo cuore ad altri sentimenti oltre l’ambizione sportiva. Lo aveva ricoperto di un amore dolce e passionale che lo faceva sentire bene. Sentì invadersi da una sensazione meravigliosa di calore che sovrastò ogni residuo di fastidio.

Hanamichi si mosse piano dentro di lui, soffocando nella sua bocca il piacere che gli procurava quel contatto così intimo e profondo.

Rukawa cercò di assecondare i movimenti dell’altro e venne ricompensato da ondate di piacere che divenivano sempre più intense. Pose le mani sui fianchi di Hanamichi e lo attirò ancora di più dentro di sé, mugolando di piacere e inarcandosi contro di lui. 

Hanamichi continuava a baciarlo, ma Rukawa sentiva il bisogno di dirgli quello che provava per lui e quello era il momento migliore: ora che si era lasciato andare, ora che stava concedendo il suo corpo all’unica persona che aveva avuto voglia di toccargli il cuore. Staccò le labbra da quelle dell’altro e alzò lo sguardo verso Hanamichi, sul suo viso acceso, sugli occhi brillanti di passione. Prese fiato per riuscire a parlare.

“Hana…. aspetta un attimo….”

“Che c’è Kaede?”

Hanamichi stava facendo uno sforzo enorme per rimanere fermo, il suo respiro era affannoso.

“Niente. Volevo solo dirti che ti amo.”

E sorrise, lasciando che tutto quello che provava trasparisse da quel gesto. Hanamichi restò incantato, gli carezzò una guancia con la mano.

“Non smettere, ti prego. Continua a sorridere come solo tu sai fare!”

Rukawa cercò di accontentarlo, ma quando Hanamichi ricominciò a muoversi dentro di lui, il piacere tornò più forte di prima, il sorriso scomparve per far posto a un’espressione così sensuale da spingere Hanamichi a movimenti sempre più veloci, che portarono entrambi al culmine nello stesso momento. Hanamichi si lasciò andare sul corpo dell’altro, affondando il viso nell’incavo della sua spalla. Nessuno dei due parlò, non avevano né la forza per farlo né le parole per esprimere i sentimenti che li avevano portati ad unire i loro corpi e le loro anime. Lasciarono che il silenzio fosse pieno solo dei loro respiri, delle loro carezze.

 

Rukawa fu svegliato da un bacio che qualcuno gli stava dando sul collo, per tutta risposta si girò dall’altra parte, ma i baci continuarono e si rassegnò all’idea di dover aprire gli occhi. Hanamichi era sdraiato vicino a lui, voltato su un fianco e non la smetteva di depositare baci sulla sua pelle.

“Buongiorno.”

“Hn.”

“Ti stavo guardando dormire.”

“Non potevi continuare a farlo? Io ho sonno!”

Hanamichi ridacchiò.

“Sì, capisco! Ieri sera ti ho stancato parecchio, eh?”

Per tutta risposta gli arrivò un cuscino in piena faccia!

“Deficiente!”

“Oi kitsune, non è carino insultare quello che da stanotte è il tuo amante, sai?”

“Tu non dire scemenze, io non ti offendo! Ora cosa stai facendo?”

Hanamichi stava tirando un lembo del lenzuolo, scoprendo il corpo nudo di Rukawa.

“Devo controllare una cosa… sì, è perfetto!”

“Che cosa?” chiese esasperato Rukawa.

“Bè, prima stavo pensando che dovrei farti tatuare il mio nome, anzi no, meglio “proprietà di Hanamichi Sakuragi”! ho già deciso dove farlo scrivere, che ne pensi?”

Le mani di Hanamichi scesero ad accarezzare il fondoschiena del compagno, che si girò di scatto a guardarlo.

“Che sto con un deficiente e pure maniaco.”

Hanamichi sghignazzò.

“Ma se ti piaccio proprio per questo!”

“Hn.”

“E daaaai! Ammettilo, ti ho conquistato proprio per…..”

Rukawa lo baciò all’improvviso, impedendogli di continuare.

Hanamichi si voltò, finendogli addosso.

“Lo vedi che non mi resisti?!”

“Finiscila! Farei qualunque cosa per farti tacere!”

“Ma davvero?! Che strano, ho una gran voglia di parlare stamattina!! Sarei costretto a baciarmi a lungo, temo!”

“Soltanto? Pensavo anche a dell’altro, in verità….”

“E poi il maniaco sarei io, eh?”

 

Passarono tranquillamente due settimane, tra scuola, allenamenti e notti bollenti! Il padre di Rukawa aveva ripreso a lavorare a tempo pieno e mancava spesso da casa: Sakuragi ne approfittava per stare più tempo possibile vicino alla sua kitsune. Anche quella sera avrebbe dormito da Rukawa con lui, nel suo letto. E proprio a questo stava pensando, mentre in palestra si giocava una partitella!!

“Sakuragi, ma ti svegli?! Segui il gioco!!” la voce profonda del capitano lo fece sobbalzare.

“Eh?! Sì, sì Akagi, non urlare!”

Lui e Rukawa giocavano nella stessa squadra, ma Rukawa continuava a non passargli la palla! A Sakuragi però da un po’ non glie ne importava un bel niente: prima pensava che lo facesse apposta, per indispettirlo, ma ora sapeva che Rukawa, quando giocava, se poteva, faceva tutto da solo. Era nella sua indole, non c’era niente da fare! Rukawa mise a segnò l’ennesimo canestro: si passò un braccio sulla fronte per asciugare il sudore con la sua immancabile fascia nera di spugna. Sakuragi lo guardava e deglutì a vuoto: perché gli sembrava sempre più bello ogni volta che posava gli occhi su di lui?! Niente e nessuno aveva mai avuto quell’effetto su di lui: si sentiva fiero, orgoglioso….. commosso che quello splendore avesse scelto proprio lui come compagno! Scosse la testa, doveva concentrarsi: Rukawa non sopportava che non si impegnasse durante gli allenamenti, ma il fatto era che quando lo vedeva giocare, Sakuragi non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, gli succedeva quando diceva di odiarlo, figurarsi ora! Perché doveva essere così sensuale, mentre palleggiava in mezzo al campo?! Sakuragi ormai era andato: perso dietro alle sue fantasie, non si accorse del passaggio di Kogure e perse la palla.

”Sakuragi!!”

“Scusa, Akagi, scusa!”

“Vuoi tornare tra noi, do’aho?! Ci stai facendo giocare con un uomo in meno!”

Rukawa lo stava guardando dal centro del campo e parlò con la sua solita voce calma e bassa. A Sakuragi vennero i brividi…. di piacere! Non resisteva più, doveva fare qualcosa! Si mosse verso di lui, senza staccargli gli occhi di dosso.

 Rukawa si posò le mani sui fianchi, sbuffando: che aveva intenzione di fare quella testamatta?!

“Sakuragi, fermati! Che vuoi fare?”

Akagi era preoccupato, non voleva che quei due cominciassero a litigare come al solito, facendo perdere tempo a tutti!

“La colpa è tua se non riesco a giocare, stupida kitsune!”

“Mia?!”

Sakuragi ormai era vicinissimo.

“Sì! Sei talmente bello che non ti resisto! Troppo eccitante!” gli passò una mano sulla nuca e se lo tirò contro, baciandolo.

Rukawa non si scompose minimamente, gli passò le braccia intorno e rispose al bacio.

Nella palestra successe di tutto:

“Mitsui, guarda come sono carini insieme!”

“Sì, Kogure…. dammi un bacio!”

Akagi quasi stramazzò al suolo, che diavolo era successo nella sua squadra?!

Miyagi ne approfittò per avvicinarsi ad Ayako.

“Aya-chan, perché non ci uniamo alla loro felicità? Me lo dai un bacio?”

Ayako per una volta volle accontentarlo: gli schioccò un sonoro bacio sulla guancia!

“Ma loro non si baciano così!” si lamentò il playmaker.

“Ryota, accontentati!”

Intanto Sakuragi e Rukawa riuscirono a staccarsi l’uno dall’altro.

“Ti pareva il momento, Hanamichi?”

“No, ma morivo dalla voglia di farlo!” fece uno dei suoi gran sorrisi.

“Hn.”

In qualche modo riuscirono a concludere gli allenamenti, dopo la doccia i due ragazzi si mossero verso casa di Rukawa.

 

"Oggi mi hai stupito, lo sai?”

Rukawa e Sakuragi erano sdraiati sul letto e si baciavano.

“Perché?” Sakuragi gli morse dolcemente un labbro.

“Non credevo avresti avuto il coraggio di mostrare a tutti quello che c’è tra noi. Tu non sei come me, tu temi il giudizio degli altri, di quello che pensano di te, oggi invece…. hai visto le facce degli altri?”

“Sì, erano molto invidiosi!”

“Eh?”

“Il mio ragazzo è il più bello della scuola, anzi no, del mondo!”

“Scemo, baciami!”

Sakuragi si chinò su di lui.

“Il merito è tutto tuo, Kaede, se riesco a vincere le mie paure…. ti amo da impazzire!”

Rukawa insinuò le mani nei boxer di Sakuragi.

“Fa l’amore con me, Hana!”

 

“Kaede, Kaede, svegliati!”

Sakuragi scuoteva lievemente il suo compagno per una spalla, Rukawa si voltò dall’altra parte, tirandosi il lenzuolo sopra la testa, ma Sakuragi non mollò, gli si accoccolò contro, sussurrandogli in un orecchio:

“Dai, alzati! È una bellissima giornata, possiamo andare al mare, rosolarci al Sole…..”

“Io mi scotto!”

“Bè, va bene, non ci spogliamo! Però andiamo, dai!”

Rukawa non rispose né tantomeno si mosse.

“Kitsune, ti prego, non siamo mai andati al mare insieme! Non faccia…”

Rukawa si era girato verso di lui, con gli occhi chiusi e gli aveva chiuso la bocca con una mano.

“Va bene – mormorò – tra poco mi alzo, lasciami altri dieci minuti, ok?”

Si voltò nuovamente, abbracciando il cuscino. Sakuragi si chinò a dargli un bacio sui capelli.

“Io vado a preparare la colazione, tu vestiti!!”

“Hn.”

Rukawa avrebbe tranquillamente dormito per parecchie ore ancora, ma si sforzò di svegliarsi: voleva far contento quella rumorosa scimmia rossa, una volta ogni tanto! Si alzò e cercò a tentoni i jeans e la canottiera, indossandoli. Si sedette nuovamente sul letto, tirando un ginocchio al petto e, cominciando ad infilarsi un calzino. L’intera operazione era stato eseguita praticamente ad occhi chiusi! Sentì la porta che si apriva.

“Sono quasi pronto…”

Hanamichi era fermo a bocca aperta (*) di fronte all’unica persona in grado di fargli dimenticare chi fosse, dove fosse ed altri irrilevanti particolari di questo genere! Continuava a fissare quel ragazzo meraviglioso seduto sul letto, semiaddormentato, le sue spalle larghe, le braccia muscolose. Avanzò verso di lui e si inginocchiò, avendo così il viso all’altezza di quello dell’altro e lo baciò con tutto il desiderio e la passione che gli suscitava anche il solo guardarlo.

“Non volevi andare al mare?” riuscì a chiedere Rukawa, quando Sakuragi abbandonò le sue labbra per scendere lungo il suo collo.

 Ansimavano entrambi, ormai eccitati.

“La giornata non è poi così bella…”

“Ma io mi sono vestito ormai!” si lamentò Rukawa che intanto però cercava di togliere la camicia ad Hanamichi.

“Problema di facile risoluzione – rispose Hanamichi, spingendolo indietro per farlo sdraiare – ora ci penso io a spogliarti!”

I vestiti di entrambi finirono in un mucchio informe sul pavimento e Hanamichi ricominciò a baciare Rukawa sdraiato sotto di lui, ma quando cercò di andare oltre, con una mossa fulminea, Rukawa si girò, facendo in modo di finirgli sopra.

Hanamichi restò perplesso.

“Kitsune, che…..?”

“Pensavo che potremmo fare al contrario, oggi.”

“Eh?!” Hanamichi era un po’ preoccupato da quella variazione.

 Rukawa sorrise in modo malizioso.

“Non fare quella faccia, do’aho, non pensavo ad uno scambio di ruoli, ma di posizione…”

Hanamichi respirò un po’ più rilassato.

“Ahhh…! Ottima idea, sembra quasi una delle mie…. avanti, vediamo cosa sai fare!”

Rukawa si sistemò sopra di lui e Hanamichi gli posò le mani sui fianchi.

“Sai, Kaede, anche da questo angolazione sei stupendo!”

Non riuscì ad aggiungere altro, travolto dalla sensazione esaltante del corpo di Rukawa che accoglieva il suo, che lo circondava di quel calore che mandava a fuoco ogni singola parte del suo corpo e lo faceva smettere di pensare.

“Muoviti, Kaede….” Hanamichi supplicò il suo amante di dargli ancora più piacere, ma Rukawa indugiava di proposito, gli piaceva vederlo preda del suo potere, bisognoso di lui. Quando cominciò a muoversi, Rukawa gettò la testa indietro, gemendo di piacere, le mani di Hanamichi che gli carezzavano la pelle, la sua voce che lo incitava a non fermarsi… quando arrivarono al culmine, Hanamichi intrecciò le sue dita con quelle di Rukawa e gridò di piacere insieme a lui. Rukawa si lasciò scivolare su Hanamichi e avvertì subito le braccia dell’altro che gli circondavano le spalle, la sua bocca che si posava sui suoi capelli. Restarono in silenzio per un po’, ascoltando l’uno il respiro dell’altro, poi Rukawa si mosse, mettendosi a sedere e guardò prima se stesso poi Hanamichi.

“Sarà meglio farsi una doccia, siamo un disastro…”

Si alzò, avviandosi verso il bagno, Hanamichi si sollevò su un gomito a guardarlo andar via. Si lasciò ricadere con un sospiro, un po’ triste. C’era qualcosa del comportamento dell’altro che ancora un po’ lo infastidiva, o meglio, acuiva la sua naturale insicurezza: Rukawa gli aveva concesso il suo corpo, ma il suo cuore, i suoi pensieri…. Hanamichi sapeva ancora così poco! Rukawa gli aveva detto di amarlo la notte che avevano fatto l’amore per la prima volta, da allora più niente, come se ormai non fosse più necessario, mentre Hanamichi ne sentiva un bisogno immenso.

Rukawa tornò, avvolto nel suo accappatoio bianco, i capelli bagnati. Si sedette sul bordo del letto.

“Tu non vai a lavarti?” poggiò una mano sul petto di Hanamichi.

“Tra un attimo….”

“Hn.”

Rukawa fece per alzarsi, ma Hanamichi gli prese la mano che l’altro ancora teneva su di lui.

“Kaede, aspetta…… devo chiederti una cosa.”

Rukawa annuì, invitandolo a continuare.

“Ecco, io….. – Hanamichi alzò finalmente gli occhi per guardarlo – tu sei contento? Voglio dire, sei felice di stare con me?”

“Che domanda è, do’aho? Non starei con te, se non lo fossi!”

“Ho paura di perderti…..”

“Perdermi?!”

“Sì, io lo so che tu mi ami, ma ci sono dei momenti che non so più niente….. ti sento lontano da me….. io non sono come te, sicuro di tutto… tu sei la cosa più importante della mia vita!”

Hanamichi aveva il viso arrossato per l’emozione, tutto in lui tradiva il nervosismo che quella discussione gli suscitava. Rukawa rimase tranquillo, ma lo guardò dolcemente: era uno spettacolo un po’ inusuale vedere il grande tensai che ammetteva le sue paure, le sue incertezze…. aveva sempre sospettato che si nascondesse qualcosa del genere dietro quell’esuberanza eccessiva! Amava un ragazzo che era un vero attaccabrighe, ma dal cuore buono e tenero, capace di una passione calda e avvolgente…..

“Ascoltami bene, perché te lo dirò una sola volta. Neanche io posso avere la certezza che tu mi vorrai per sempre, potresti stancarti dei miei silenzi, del mio carattere. Il nostro stare insieme dipende dalla volontà di entrambi, dai sentimenti reciproci….. è vero, io sono più sicuro di te, praticamente in tutto, ma non do per scontato il tuo amore, perché quella non sarebbe sicurezza, ma arroganza e presunzione. Io non sono così. Come vedi, ora non ho più il controllo su tutto: ti sei portato via un po’ delle mie certezze.”

Hanamichi sentì un piacevole calore nascere dallo stomaco e salire man mano a scaldargli il cuore, l’anima…. la risposta di Rukawa era più significativa di mille giuramenti d’amore eterno, considerando anche il numero di parole che aveva adoperato per lui!! Lo abbracciò forte.

“Ti amo, Kaede, talmente tanto…..”

“Non è necessario che mi soffochi per dimostrarmelo! Dai, lasciami…..” intanto però, rideva.

“Kitsune, sei senza cuore!”

Rukawa gli baciò le labbra.

“Sarà…. però ti amo.”

Hanamichi si buttò su di lui, mandandolo disteso sul letto.

“Sai una cosa, Kaede?”

“Hn?”

“Tu prima parlavi del fatto che io mi sono preso un po’ delle tue certezze…. bè, non è esatto – Hanamichi allentò la cintura dell’accappatoio dell’altro, aprendolo – mi sono preso anche qualcos’altro….. hai dimenticato di aggiungere che sono stato il primo ad averti!” gli baciò maliziosamente il torace.

“Avermi?! Tu non hai un bel niente…..”

“E ti pareva! Devi sempre aggiungere qualcosa, eh?”

“…. a parte il mio cuore, ma considerando che hai appena detto che non ne ho uno…..”

“Oi kitsune, tu non mi prendi mai sul serio, non vorrai farlo proprio adesso!!”

“Certo che no, do’aho!”

“Ahhh, credevo! Comunque, se veramente intendi farmi dono del tuo cuore, ti prometto, ti giuro, che farò in modo che resti mio, lo conserverò per sempre!”

Hanamichi era serio, come mai in vita sua: avrebbe mantenuto quella promessa a qualunque costo.

“E’ il minimo che mi aspetto da te, Hanamichi!”

 

Fine.

                   

(*) chi volesse avere un’idea di ciò che Hanamichi vede, può andare nei link e cliccare sul sito di Miyuki, da lì andare su download e guardare l’immagine intitolata wall3. Secondo me, lì Rukawa è semplicemente splendido ( eufemismo ^_^ ) !! Non per niente è diventato lo sfondo del mio computer. Oh, soave visione!!!  ^_^   

      




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