Come
appare all’inizio o alla fine dei film, questa fic è liberamente tratta da
SD: nella maggior parte dei casi ciò significa snaturare completamente l’idea
originale, in questo caso spero proprio che non sia così ^_^ ! Mi sono limitata
a mettere un letto all’occidentale nella stanza di Rukawa per esigenze di
scena ( nel corso della fic capirete perché ^_^ ) e a dargli un padre un po’
più affettuoso rispetto a quello di qualche altra ficwriter. Ah, un’ultima
cosa: è un HanaRu e io adoro Rukawa ^_^. Dedico questa fic alla mia gemellina
Nausicaa: ti voglio bene!
Always you'll
be mine di
Calipso
La scoperta.
Hanamichi
Sakuragi si avviava a passo lento verso la scuola. Era una splendida
mattina: il cielo terso, il sole che scaldava l’aria ed Hanamichi
avrebbe volentieri marinato la scuola per andare a bighellonare insieme a
Yohei e gli altri, però a scuola c’era Haruko…l’ultima ragazza di
cui Hanamichi diceva di essersi innamorato! Non era stato fortunato nei
casi precedenti e non lo era nemmeno questa volta, infatti la suddetta
ragazza, oltre a considerarlo un semplice compagno di scuola, stravedeva
per un altro componente dello Shohoku: Kaede Rukawa. Per questo motivo tra
Rukawa e Sakuragi non correva buon sangue, anzi ogni occasione era buona
per darsele di santa ragione o per insultarsi. Solitamente era Sakuragi
che lo provocava fino alla reazione, infatti per Rukawa esisteva solo il
basket, non si interessava di nient’altro: la sua era una vera e propria
passione e non perdeva certo il suo tempo correndo dietro alle ragazze,
men che meno ad Haruko!
Sakuragi
si sistemò meglio la borsa da basket sulla spalla e varcò il cancello
della scuola, cercando con lo sguardo la dolce Haruko, ma si accorse che
qualcosa quella mattina non andava: quasi tutte le ragazze erano in
lacrime o singhiozzavano. Che cosa poteva essere successo? Sakuragi vide
anche Ayako, la manager della squadra, con gli occhi lucidi, appoggiata
alla spalla del playmaker nonché suo spasimante. Miyagi le cingeva le
spalle con un braccio e sembrava consolarla. Sakuragi si avvicinò ai due,
curioso di sapere cosa avesse provocato quei fiumi di lacrime.
“Ragazzi,
posso sapere cosa diavolo è successo? Sembra di essere ad un funerale!”
Ayako
alzò lo sguardo verso di lui e tirò su con il naso.
“Rukawa…
è
stato investito… mentre veniva a scuola… è in ospedale.”
“CHE
COSA?” quello di Hanamichi fu un urlo ed Ayako e Miyagi lo guardarono
perplessi.
-
Accidenti ho urlato! Sembro quasi preoccupato e in effetti lo sono… un
po’… un bel po’, ma perché? In fondo io e Rukawa non ci sopportiamo,
non facciamo che litigare, siamo rivali in campo e fuori… dovrei essere
sollevato, senza di lui tra i piedi potrò dimostrare ad Haruko di essere
migliore di lui…. no, non riesco proprio ad essere contento! -
“Qualcuno
ha notizie più precise? Insomma, in quale ospedale è?”
“E’
ricoverato al ***” La
voce profonda di Akagi li fece voltare, con lui c’erano anche Mitsui e
Kogure.
“Pensavo
di andare a trovarlo subito, che ne dite?”
Furono
tutti d’accordo con il capitano e si incamminarono verso l’ospedale
mestamente. Per tutto il tragitto Hanamichi non proferì una parola, era
perso nei suoi pensieri. Una strana inquietudine si era impadronita di
lui, una paura inspiegabile gli attanagliava lo stomaco, impedendogli di
respirare liberamente.
Il
dottore li fece entrare nella stanza di Rukawa: il ragazzo era steso sul
letto, pallido, un cerotto sulla fronte e un polso fasciato. Sembrava
profondamente addormentato.
-
Bella novità! – pensò Hanamichi – quando non gioca non sa fare
altro! -
Sentì
Akagi chiedere informazioni sulla salute del loro compagno.
“Purtroppo
il vostro amico in questo momento è in coma.”
Un
silenzio agghiacciante calò nella stanza, Hanamichi sentì il suo cuore
fermarsi un attimo…
“Come
è successo?” fu Kogure a chiederlo.
“E’
colpa della caduta, ha sbattuto violentemente la testa, ma non è grave
come sembra: il suo coma è leggero, dovuto al trauma, si sveglierà, non
preoccupatevi.”
Tirarono
tutti un sospiro di sollievo. Akagi domandò il permesso di tornare a
trovarlo e il medico acconsentì, anzi li incoraggiò a parlargli, era un
ottimo stimolo per il suo risveglio. Decisero quindi di tornare a scuola
per informare anche gli altri delle condizioni di Rukawa.
Uscirono
tutti dalla stanza, tranne Sakuragi.
“Sakuragi,
non vieni?”
“Sì,
vi raggiungo subito, andate…”
Hanamichi
si avvicinò al letto e fissò il viso pallido di Rukawa, una morsa gelata
gli stringeva il cuore.
“Devi
svegliarti… mi hai sentito, stupida volpe? Devi tornare a giocare e alla
svelta!” le sue parole furono un sussurro. In quel momento il medico
rientrò nella stanza e Hanamichi non resistette, doveva sapere una cosa.
“Dottore,
volevo chiederle…”
“Dimmi
pure.”
Sakuragi
si voltò verso Rukawa, mentre parlava.
“Sta
soffrendo ora?”
“No,
certo che no. E’ uno stato molto simile al sonno, non avverte alcun
dolore.”
Sakuragi
annuì soddisfatto e, salutato il medico, raggiunse i compagni.
Il
resto della giornata fu di una tristezza indicibile per tutti, il momento
peggiore furono gli allenamenti pomeridiani, di solito regnava il chiasso
più assoluto: dalle armate di ragazze urlanti ed inneggianti a Rukawa,
agli strepiti di Hanamichi. Quel pomeriggio svolgevano i loro esercizi in
silenzio, nessuno aveva voglia di parlare, tantomeno di ridere. Tutta la
situazione aveva dell’incredibile: insomma Rukawa era silenzioso,
introverso, un po’ scostante, nessuno avrebbe immaginato che la sua
mancanza avrebbe comportato un simile cambiamento nella squadra.
Sakuragi
se ne tornò a casa dopo gli allenamenti, rifiutando l’invito di Yohei
ad andare in un fastfood con gli altri. Non aveva alcuna voglia di vedere
gente né tantomeno di ridere. Come sempre a casa sua non c’era nessuno:
sua madre era al lavoro e lui avrebbe cenato da solo. Dopo aver riordinato
in cucina, Hanamichi si sdraiò sul divano a vedere la tv. Continuava a
cambiare canale senza riuscire ad interessarsi a niente, finchè non buttò
il telecomando sulla poltrona di fronte a lui, sbuffando.
“E
adesso che faccio? Potrei fare i compiti…. NOOO, non se ne parla proprio!
Potrei… come starà Rukawa?”
Era
così dalla mattina: qualunque cosa facesse, qualunque cosa pensasse,
Rukawa irrompeva nella sua mente. La cosa aveva dell’inverosimile:
Sakuragi non aveva mai sopportato la kitsune e il sentimento era
reciproco, o così sembrava, non facevano che azzuffarsi…. ma allora
perché quel magone allo stomaco, quel malessere diffuso?
“Perché
tutta questa sofferenza per lui? Mah, sarà la stanchezza oppure lo choc
della mattina… in fondo non è mai piacevole vedere qualcuno in un letto
d’ospedale e io sono così sensibile! Ecco sì, deve essere per
questo.”
Decise
di andarsene a dormire, se non altro per smettere di pensare.
Il
giorno seguente, dopo gli allenamenti, Hanamichi e Kogure decisero di
andare in ospedale, per vedere se c’erano miglioramenti. Purtroppo
Rukawa era ancora in coma, ma il medico li rassicurò: il coma era di
primo grado, aveva sempre respirato da solo, si sarebbe svegliato. I due
ragazzi restarono nella stanza a parlare dello stato del loro compagno.
“Sai
una cosa Sakuragi?!
“Cosa,
Quattr’occhi?”
“Mi
meraviglia molto il tuo comportamento.”
Hanamichi
si irrigidì istintivamente.
“Che
vuoi dire?”
“Bè,
tu e Rukawa non siete di certo amici, eppure noto un’apprensione sincera
in te, non l’avrei mai detto oppure….. dì la verità, non sai con chi
azzuffarti?!”
Sakuragi
non rispose, perché neanche lui capiva quelle fitte al cuore ogni volta
che guardava Rukawa, steso in quel letto d’ospedale. Sapeva solo che gli
mancava…. gli mancava la kitsune!
“Lui
tornerà a giocare, vero Kogure?” aveva parlato di getto, senza pensare.
Kogure
lo fissò: non lo aveva mai visto in quello stato.
“Certo
che tornerà! Rukawa non si arrende mai, non lo hai notato? Non sarà
certo un incidente ad impedirgli di giocare a basket.”
Proprio
in quel momento il medico tornò: voleva avere notizie della famiglia di
Rukawa.
“E’
ricoverato qui da due giorni, ma nessuno è venuto a chiedere notizie di
lui.”
Kogure
e Sakuragi si guardarono: loro non sapevano niente della vita di Rukawa,
giocavano solo insieme a basket, inoltre il loro compagno non aveva
socializzato con nessuno, era sempre silenzioso. Promisero al dottore di
informarsi e uscirono dall’ospedale diretti a casa di Akagi: il capitano
aveva sicuramente notizie .
“Quindi
abbiamo pensato di rivolgerci a te.”
Erano
nel salotto di casa di Akagi e Kogure gli stava spiegando il motivo della
loro visita. Sakuragi, dopo aver chiesto dove fosse Haruko e aver scoperto
che era da una amica, era in silenzio.
“Ho
capito, Kogure… bè, da quanto so io sua madre è morta che lui era
piccolo e suo padre è un uomo molto impegnato con il lavoro, desumo
mancherà molto da casa.”
“Il
che vuol dire che ignora che suo figlio sia in ospedale.”
“Esattamente
Kogure.”
“Cosa
possiamo fare?”
“Io
credo che….”
“Ah,
ah… ce l’ho io la soluzione! Il grande tensai dà l’ennesima
dimostrazione della sua genialità!”
“E
quale sarebbe?” Akagi lo fissava sospettoso.
“Ma
è evidente! Domani passo in ospedale, mi faccio dare le chiavi di casa
del volpino, vado a casa sua e scopro il numero di telefono del padre!”
Akagi
e Kogure si scambiarono un’occhiata: l’idea era decisamente buona,
pure troppo per essere scaturita dalla mente di Sakuragi, ma potevano
fidarsi di lui? Di quella specie di terremoto misto a tsunami?
“E
va bene – acconsentì Akagi – ma Kogure viene con te.”
Sakuragi
si accigliò.
“Non
se ne parla nemmeno! Sono perfettamente in grado di farlo da solo e poi
l’idea è mia!”
Akagi
e Kogure dovettero arrendersi e affidarsi alla buona sorte!
Hanamichi
entrò in casa di Rukawa e gli venne subito incontro uno splendido gatto
nero, dal pelo lucidissimo, che miagolava insistentemente.
“Oh,
ma che carino!”
Hanamichi
lo prese delicatamente in braccio e la bestiola gli strofinò il muso su
una guancia, facendo le fusa.
“Sei
proprio un tesoro, come ti chiamerai?”
Hanamichi
provò a guardare sulla medaglietta che pendeva dal collare.
“Tommy?!
Ma che razza di nome è? Solo al tuo padrone poteva venire in mente!”
Cercò
e trovò la cucina: immaginava che il gatto avesse fame e gli riempì la
ciotola. Girovagò un po’ per la sala, finchè non trovò, vicino al
telefono il numero del cellulare del padre di Rukawa e lo compose.
“Pronto?
Sono Hanamichi Sakuragi, un compagno di scuola di suo figlio… no,
purtroppo non sta molto bene…. sì, ha avuto un incidente, è in
ospedale…. no, non è grave, ma sarebbe meglio che venisse subito, è
ricoverato al ***… non mi deve ringraziare, si figuri…. arrivederci.”
Hanamichi
abbassò la cornetta.
“Cavoli!
Gli è preso un colpo! Come minimo domani è già qui… bene, ora potrei
andarmene.”
Cominciò
a guardarsi intorno.
“In
fondo… potrei dare un’occhiata alla tana della volpe, visto che sono
qui.”
Sakuragi
sghignazzò della sua battuta e cominciò a salire al piano superiore di
quella bella villetta a due piani, circondata da un giardino ben curato.
Aprì
un paio di porte senza risultato. Alla terza si fermò sulla soglia, le
labbra arricciate in un sorriso di soddisfazione: aveva trovato la stanza
di Rukawa. La prima cosa che notò fu che al posto del futon c’era un
letto all’occidentale, poi l’ordine che regnava.
Alle
pareti campeggiavano alcuni poster di giocatori americani, Hanamichi lo
dedusse dai nomi impressi sulle magliette. Si piazzò al centro della
stanza con le mani sui fianchi, un po’ deluso. Pensava di scoprire chissà
che, invece era tutto come ci si aspettava: riviste di basket, manuali di
basket…. sempre e solo basket! Sbirciò cautamente nell’armadio, per
scoprire che c’erano anche vestiti normali: Hanamichi aveva pensato di
trovarci solo indumenti sportivi. Naturalmente sul fondo giaceva una palla
da basket! Sakuragi richiuse l’anta con delicatezza e stava per
andarsene, quando la sua attenzione fu attratta da qualcosa sulla
scrivania. Si avvicinò e prese tra le mani una cornice che conteneva una
fotografia: ritraeva una donna molto bella, dai lunghi capelli neri, pelle
bianchissima… ad Hanamichi sembrò ricordargli qualcuno. La donna aveva
in braccio un bambino di quattro o cinque anni: teneva i palmi delle mani
sul viso di quella che doveva essere sua madre e rideva. Hanamichi avvicinò
maggiormente la fotografia agli occhi, per guardarla meglio; quel bambino
era molto somigliante alla donna: stessa carnagione, stessi occhi, i
capelli scuri tagliati a caschetto… Hanamichi
sussultò e per poco la cornice non gli sfuggì dalle mani, quando si rese
conto che quel bambino altri non era che Rukawa da piccolo! Istintivamente
sfiorò il vetro con un dito proprio sull’immagine di Rukawa.
“Allora
c’è stato un tempo in cui era capace di sorridere, addirittura di
ridere!”
Inspiegabilmente
il cuore gli cominciò a battere più forte, quando immaginò quello
stesso sorriso sul volto di Rukawa adolescente. Rimise la foto al suo
posto senza smettere di fissare quel bambino incredibilmente bello:
sembrava così felice. Sakuragi spostò lo sguardo sul letto: si sentiva
così strano… si sedette facendo vagare gli occhi nella stanza. Senza
motivo apparente gli tornò in mente la prima volta che aveva incontrato
Rukawa sulla terrazza della scuola. Aveva chiaramente avvertito qualcosa,
come se non appena i loro occhi si fossero incontrati, si fosse instaurata
l’alta tensione tra di loro… una sensazione nuova ed inspiegabile.
Avevano finito per fare a pugni ed era stata la prima di una lunga serie,
poi rievocò altre scene, altre situazioni: Rukawa che metteva a segno uno
slum dunk, i capelli che ricadevano sul suo viso scomposti… la sua
espressione perennemente imbronciata…. quella volta che, con un gesto che
solo ora si rese conto di quanto fosse sensuale, si era arrotolato la
manica della maglietta sulla spalla. Scrollò la testa con decisione. –
ma che cavolo vado a pensare? Io non lo sopporto, io… insomma lui è la
volpe, il mio rivale eppure…come spiegare il fastidio che mi da la sua
indifferenza? Quegli occhi sempre puntati su qualunque cosa tranne che su
di me? Quell’impulso irrefrenabile che ho di mettergli le mani addosso,
come se non ne potessi fare a meno? Cos’è che ho cercato di nascondere
a me stesso fino ad ora? –
Si
sdraiò, affondando il viso sul cuscino: le sue narici furono inondate dal
profumo inebriante di Rukawa e strusciò la guancia sulla stoffa liscia,
chiudendo gli occhi. Si rilassò completamente a quella sensazione di
felicità, lasciò che i pensieri fluissero incontrollati, spontanei,
sinceri. Hanamichi riaprì gli occhi atterrito, il cuore ormai messo a
nudo: non poteva non tenerne conto! Si raggomitolò con un gemito di
frustrazione.
“NOOO….
ACCIDENTI
A ME, NON PUO’ ESSERE VERO! NON MI POSSO ESSERE INNAMORATO
DI…. lui?!” L’urlo
di Hanamichi era sfumato su quel pronome.
“Mi
sono innamorato di un ragazzo! Io amo…perché la cosa non mi sconvolge
più di tanto?”
Sakuragi
si rizzò a sedere, portandosi le mani al volto.
“Fino
a stamattina sarei stato capace di ammazzare chi mi avesse detto che sono
attratto da un altro maschio e ora…. ora sto qui a pensare che mi piace
Rukawa, no dico Rukawa! AHAAA!”
Hanamichi
sentì miagolare il gatto e poco dopo, la bestiola era accoccolata sulle
sue gambe. Sakuragi cominciò ad accarezzargli la testolina.
“Ti
rendi conto? Mi piace il tuo padrone, mi è sempre piaciuto a voler essere
pienamente sincero. Ho ingannato me stesso per tutto questo tempo! E ora?
Che dovrei fare?”
Hanamichi
si sentì incredibilmente triste, aveva preso coscienza dei suoi reali
sentimenti, si era scoperto diverso da quello che gli altri e lui stesso
pensavano e ne era uscito piuttosto bene. Da creatura istintiva e
passionale qual’era, si abbandonava alla realtà delle cose con una
fiducia e un’ingenuità smisurata. Però quella nuova situazione non
aveva soluzione, come la precedente: Rukawa non avrebbe mai ricambiato
quei sentimenti. Sospirò profondamente. Sistemò il gatto, ormai
addormentato, sul letto.
“Tornerò
domani, piccolo!”
Chiuse
con cura la porta d’entrata e si diresse all’ospedale.
Dopo
aver informato il medico che il padre di Rukawa era stato rintracciato,
chiese il permesso di fargli visita. Entrato nella stanza, si sedette
sulla sedia vicino al letto. Cominciò a parlare anche se non aveva la
certezza che lui lo ascoltasse, però gli piaceva l’idea che la sua voce
lo raggiungesse, dovunque fosse Rukawa in quel momento. – da qualche
parte devo pur cominciare se voglio imparare a parlargli. –
“Sai,
kitsune, oggi ho incontrato il tuo gatto, è molto bello e decisamente più
socievole di te… anche se poi io di te non so assolutamente nulla, ma
forse una cosa l’ho capita…. c’è qualcosa da scoprire oltre quella
freddezza, quel distacco e io voglio conoscerlo, voglio svelare il tuo
mistero, ma tu ti fiderai mai di me? Mi permetterai almeno di sfiorare il
tuo cuore?”
Hanamichi
gli sfiorò una mano, la sua pelle morbida e calda, le dita lunghe e
affusolate…. brividi scesero lungo la sua schiena. Si alzò per
andarsene: era stanco, sia fisicamente che emotivamente, quel pomeriggio
lo avrebbe ricordato per tutta la vita….. stava per posare la mano sulla
maniglia, quando fu colto da un desiderio irrefrenabile. Tornò vicino al
letto e si chinò su Rukawa a sfiorare le sue labbra con le proprie. Fu
solo un lieve contatto, ma bastò perché si sentisse al settimo cielo.
“Quando
ti sveglierai, forse non potrò più farlo – gli sussurrò – però
vedi di tornare, ti prego, abbiamo bisogno di te!”
La
mattina seguente andò di buon’ora a casa di Rukawa per sfamare il gatto
e poi si diresse subito in ospedale: voleva vederlo anche per pochi minuti
prima di andare a scuola, per riempirsi gli occhi e il cuore di quei
lineamenti, finalmente consapevole che quel calore che avvertiva al centro
del petto non fosse rabbia, ma passione e amore. Ripensava a questo mentre
fingeva di seguire le lezioni: all’apparente semplicità con cui aveva
ammesso a se stesso di essersi innamorato del suo rivale inseparabile (Inoue
docet!). Era tutto nuovo per lui e avvertiva la necessità di
parlarne con qualcuno, ma chi? Yohei e gli altri? No, per carità! No che
non si fidasse delle loro reazioni, ma insomma, meglio non tentare la
sorte! Durante l’ora del pranzo, intravide Mitsui e Kogure che
mangiavano insieme in un angolo del cortile. Sakuragi si soffermò a
guardarli: Kogure stava ridendo, sicuramente di qualche battuta
dell’altro. La confidenza che c’era tra loro era evidente: erano
sempre insieme o per un motivo o per l’altro. Kogure smise di ridere di
colpo, Mitsui gli aveva mormorato qualcosa e l’altro era arrossito.
Sakuragi se ne andò
contento: aveva trovato con chi parlare di quanto avvenuto nel suo cuore.
Aspettò la fine degli allenamenti per chiedere a Kogure se poteva
fermarsi per qualche minuto: aveva bisogno di parlargli. Quando restarono
soli negli spogliatoi, Kogure si sedette sulla panca di fronte a lui.
“Dimmi
Sakuragi.”
Hanamichi
era leggermente in imbarazzo e prese il discorso alla larga.
“Ho
notato che da quando Mitsui è tornato in squadra siete molto uniti.”
Kogure
impallidì leggermente.
“Bè,
veramente siamo amici sin dal primo anno, poi dopo l’incidente di Mitsui
ci eravamo allontanati un po’.”
Sakuragi
ridacchiò divertito.
“Guarda
che l’ho capito!”
Kogure
trasalì.
“Che
vuoi dire?”
“Dai,
Megane-Kun, cosa c’è tra voi due?”
Kogure
arrossì violentemente.
“Perché
me lo chiedi? Avresti qualcosa in contrario se tra noi ci fosse più di
una semplice amicizia?”
Kogure
trattenne il fiato, aspettando la risposta.
“Assolutamente
no!”
Kogure
respirò liberamente.
“Grazie,
Sakuragi, non sai che sollievo! Ho avuto paura che volessi…”
“Offenderti
o insultarti? No, non potrei mai, anche perché sono nella tua medesima
situazione.”
“Eh?”
Kogure
era strabiliato.
“Sì,
Kogure, è così! Mi sono innamorato di un ragazzo.”
“E
Haruko, allora?”
Sakuragi
scrollò le spalle.
“Lei
mi piaceva prima o forse era uno dei tanti modo di dimostrare a me stesso
che ero come tutti gli altri.”
“Capisco
– annuì Kogure – e lui chi è? Ricambia i tuoi sentimenti?”
Sakuragi
strinse spasmodicamente le mani sulle ginocchia.
“E’
Rukawa.”
Sakuragi
pensava che, come minimo, Kogure cadesse dalla panca per lo stupore,
invece si limitò ad annuire, fissandolo.
“Non
ti stupisci nemmeno un po’?”
“Dovrei?”
“Bè,
fino a pochi giorni fa, sbandieravo il mio odio per lui, ora ti ho appena
detto che mi piace… come minimo dovresti strabuzzare gli occhi!”
“Forse,
ma il fatto è che ho sempre pensato che voi due foste fatti l’uno per
l’altro.”
“Kogure,
che mi prendi in giro?”
“No,
pensa un attimo a questo: chi riesce a spingerti a dare il meglio di te,
quando giochi o ti alleni? Con chi ha un accenno di rapporto, anche se
conflittuale, Rukawa? E poi siete talmente diversi, da compensarvi!”
Sakuragi
pensò che il discorso di Kogure avesse senso.
“Cosa
credi che dovrei fare adesso? Aspettare che Rukawa si svegli e poi
confessargli tutto? Come minimo mi scuoia vivo!”
“Uhm,
io ti consiglierei di avvicinarti a lui, di farti conoscere e conoscerlo
meglio. Lui inizialmente non si fiderà, ma tu dimostragli che può farlo.
Vedrai che arriverà il momento in cui potrai dirgli quello che provi per
lui.”
Dopo
aver fatto la doccia, Sakuragi ritornò in ospedale, avvicinò
maggiormente la sedia al letto di Rukawa e puntò i gomiti sul materasso:
era stanco morto, ma adorava guardarlo, sfiorargli una guancia, assaporare
con le dita la morbidezza dei suoi capelli. Ad un certo punto si assopì,
la testa sulle braccia incrociate. Fu svegliato da un tocco leggero su una
spalla.
“Sei
tu Hanamichi Sakuragi?”
Hanamichi
si stropicciò gli occhi con le mani, mettendo a fuoco la figura accanto a
sé.
“Sì,
sono io, lei dovrebbe essere…”
L’uomo
annuì.
“Sono
il padre di Kaede.”
Esauriti
i convenevoli, rimasero in silenzio per qualche minuto.
“Volevo
ringraziarti, per avermi informato e per essere qui: il medico mi ha detto
che sei venuto tutti i giorni a far visita a mio figlio.”
“Non
è necessario, l’ho fatto volentieri.”
Il
padre di Rukawa lo fissò: sembrava un po’ stupito ed aveva una gran
voglia di chiedergli qualcosa, infatti dopo un po’ si decise a farlo.
“Sei
un suo amico? Kaede non mi parla mai della sua vita e io sto talmente poco
a casa…”
Hanamichi
rispose sinceramente, non poteva spacciarsi per quello che non era..
“In
un certo senso….”
Il
padre di Rukawa sorrise comprensivo.
“Non
è facile avere a che fare con lui, eh?”
“Quasi
sempre no, litighiamo come cane e gatto…. le posso fare una domanda su
Kaede?”
Era
la prima volta che Hanamichi lo chiamava per nome e trovò il suo suono
decisamente bello.
“Se
vuoi chiedermi se è sempre stato così, sì, è nato taciturno ed
introverso, lo era anche da bambino. La morte di sua madre ha accentuato
questo lato del suo carattere: lui la adorava e la sua scomparsa l’ha
sconvolto. Stette una settimana senza pronunciare una parola e la notte
aveva degli incubi terribili…. fu allora che scoprì
il basket. Lo guardava alla televisione, gli piaceva tanto, così
gli comprai una palla e miracolosamente ricominciò a vivere.
Probabilmente ti sembrerà strano che io ti racconti tutto questo, ma
vorrei farti comprendere che lui non è solo quello che fa vedere: ha
bisogno di un amico e lo sa anche lui, soltanto che non sa come fare e
Kaede non è un ragazzo che chiede aiuto.”
Hanamichi
rimase molto colpito da quanto appena ascoltato: lui aveva perso suo padre
anni addietro ed era stato un colpo durissimo e non era più un bambino,
cosa aveva provato Rukawa alla morte di sua madre, lui che era così
piccolo? Hanamichi nascose a stento uno sbadiglio, che non sfuggì al
padre di Rukawa.
“Sarai
stanco, dividendoti tra la scuola, il club e le visite a Kaede. Vai a casa
a riposarti, ci sono io qui con lui adesso.”
“Grazie,
io tornerò domani. Arrivederci… ah, io devo restituirle le chiavi di
casa, le ho usate per andare a dar da mangiare al gatto.”
Hanamichi
glie le porse.
“Forse
è meglio che tu le tenga, io sarò spesso qui e, se vuoi, puoi aiutarmi
con il gatto.”
Hanamichi
fu ben felice di accettare.
Nei
due giorni successivi la situazione non mutò, però per Hanamichi fu
l’occasione per conoscere Rukawa attraverso le parole e i ricordi di suo
padre: si erano dati spesso il cambio a fianco del letto di Rukawa.
Hanamichi, però, ignorava che l’avesse visto più di una volta in
atteggiamenti affettuosi. Infatti, quando credeva di non essere visto
Hanamichi lasciava che i nuovi sentimenti si manifestassero in lievi
tocchi sulle guance di Rukawa o in carezze tra i capelli. Durante il
settimo giorno dopo l’incidente, Hanamichi era in piedi di fronte alla
finestra, scaldandosi al sole che filtrava: avrebbe fatto volentieri una
passeggiata nel giardino antistante l’ospedale, ma non poteva lasciare
Rukawa da solo!
“S…
Sakuragi?!”
Hanamichi
avvertì un lieve mormorio, gli sembrò che qualcuno lo chiamasse.
-
Bene, adesso comincio anche con le allucinazioni! -
“Sakuragi.”
Questa
volta la voce era più forte e vicina. Hanamichi si voltò, trovando gli
occhi di Rukawa puntati su di lui. Si avvicinò, mentre avvertiva
chiaramente il nodo di preoccupazione, che si era creato dentro di lui,
sciogliersi rapidamente.
“Che
ci fai qui? Dove sono?” la voce di Rukawa era incerta, sembrava confuso,
spaesato. Aveva un’espressione così tenera e dolce che Hanamichi ebbe
il forte impulso di prenderlo tra le braccia, stringerselo addosso e
consolarlo. Gli venne da ridere subito dopo! Proteggere Rukawa?! No, era
decisamente fuori luogo come pensiero, nondimeno avrebbe tanto voluto
farlo….
“Sei
in ospedale, hai avuto un incidente, ti ricordi? Una macchina ti ha
investito.”
Sakuragi
vide un’espressione di puro terrore passare sul volto stupendo di
Rukawa. Lo vide portarsi entrambi le mani davanti agli occhi.
“Posso
ancora giocare a basket, vero? Perché ho un polso fasciato?”
Hanamichi
non fu sicuro, ma avvertì un tremito in quella voce solitamente ferma e
sicura.
“Certo,
kitsune, ma che vai a pensare? Hai ancora tutto al posto giusto! Ti sei
slogato un polso e hai una contusione alla caviglia.”
Rukawa
gli rivolse uno sguardo strano…
“Ti
dispiace, eh? Hai perso l’occasione di liberarti di me!”
Hanamichi
sentì il sangue affluirgli al volto, non sapendo che dire.
“No,
io…..” farfugliò
“Kaede,
finalmente ti sei svegliato!”
Rukawa
non mostrò alcuna emozione alla vista di suo padre. Hanamichi si sarebbe
aspettato della meraviglia…. quella kitsune sembrava così indifferente!
“Come
ti senti?”
“Bene,
grazie. Non dovevi disturbarti a venire!”
Sakuragì
avvertì i brividi per la freddezza che traspariva da quelle parole, ma il
padre sembrò non farci caso.
“Sarà
meglio che vada a chiamare il medico, vorrà visitarti.”
Sakuragi
tentò di suggerire a Rukawa di comportarsi un po’ meglio con suo padre.
“Potevi
essere più gentile! Tuo padre si è preoccupato molto per te! È subito
arrivato quando lo ho avvertito e….”
“Ah,
sei stato tu? Potevi anche farne a meno.”
“Vedo
che neanche una settimana di sonno è servita! Anzi, più dormi più
affini il lato migliore del tuo
carattere: la socialità.”
Rukawa
non gli rispose nemmeno, provò a rizzarsi a sedere, ma era piuttosto
debole: in quel periodo era stato alimentato soltanto con la flebo, così
trovò qualche difficoltà a farsi obbedire dal proprio corpo.
Hanamichi
gli si avvicinò e senza proferire parola lo aiutò e gli sistemò i
cuscini dietro la schiena. Rukawa lo guardò un po’ stranito: lo aveva
sorpreso.
“Tornerò
a trovarti domani, kitsune. Ciao.”
Hanamichi
uscì dalla stanza, restando qualche secondo con la schiena contro la
porta, sorridente.
“Comincia
la caccia alla volpe!”
Rukawa
fissò la porta da cui era uscito Sakuragi, per qualche minuto, indeciso
se fosse la realtà: insomma, svegliarsi in ospedale e trovarsi accanto il
ragazzo che, da quando lo conosceva non faceva che ripetergli quanto lo
odiasse, era a dir poco singolare!
-
Cos’è, sono capitato in una dimensione parallela dove il do’aho non
è più un do’aho? Che diavolo ci faceva qui? E io? Come ci sono finito?
Sakuragi ha detto che ho avuto un incidente…. -
Si
sforzò di ricordare cosa fosse successo.
-
Ah sì, io stavo andando in bicicletta a scuola… ero arrivato
all’incrocio, quando ho avvertito una brusca frenata e con la coda
dell’occhio ho visto un’automobile piombarmi addosso… l’ultima cosa
che ricordo è un dolore fortissimo alla testa e il buio che mi
inghiotte….-
Rukawa
sbuffò, irritato da se stesso: perché era così distratto quel giorno?
Neanche quando si addormentava in bicicletta aveva avuto incidenti, non di
quella portata… voleva assolutamente ricordare il motivo della sua
distrazione, così cercò di ripercorrere tutti i momenti di quella
mattina.
-
Stavo pensando agli allenamenti del pomeriggio, ma a cosa in particolare?
– ebbe un flash improvviso – a Sakuragi?! Ma certo! Adesso mi ricordo!
Riflettevo se anche quel pomeriggio mi avrebbe ricoperto di insulti, se
avremmo finito per fare a pugni… perfetto! Ecco cosa capita a pensare a
quel cretino….-
La caccia alla volpe.
Hanamichi
camminava con le mani nelle tasche della giacca della tuta dello Shohoku:
dopo gli allenamenti era subito uscito, giusto il tempo di farsi una
doccia. Stava andando da Rukawa: era stato dimesso dall’ospedale già da
due giorni, ma lui non era ancora andato a trovarlo. La sera precedente
gli aveva telefonato il padre di Rukawa per invitarlo a casa loro.
Hanamichi aveva accettato volentieri. Mentre si dirigeva verso quella che
ormai considerava la casa della “sua” volpe, ripensava a un episodio
avvenuto in mattinata: Haruko gli si era avvicinata, chiedendogli notizie
su Rukawa. Ora, fino a qualche giorno prima, avrebbe reagito imprecando
furiosamente contro la volpe, quella volta invece non disse una parola,
neanche quando , timidamente, Haruko gli chiese di porgergli i propri
saluti, se lo avesse visto!
Hanamichi
ridacchiò contento: aveva avuto l’ennesima riprova che in realtà aveva
voluto sempre e solo lui, Kaede Rukawa!
Quando
suonò il campanello, il cancello si aprì
dopo pochi secondi e
sulla porta vide il sorriso cordiale del padre della kitsune: Takeshi
Rukawa (ndC il nome è ovviamente inventato! )
“Buonasera.”
“Ciao,
Hanamichi! Posso chiamarti per nome? Benvenuto!”
Lo
fece entrare, precedendolo nella grande sala.
“Posso
offrirti qualcosa?”
“No,
la ringrazio…. ah, questa volta posso restituirle le chiavi. Suo figlio
le rivorrà, desumo.”
“Oh,
grazie, ma non c’è fretta! I medici gli hanno ordinato riposo durante
la convalescenza e non ho intenzione di farlo uscire tanto presto!”
Hanamichi
fece una faccia buffissima.
“Spero
si sia procurato delle corde robuste!”
“Uhm?”
“Per
legarlo! È l’unico modo per farsi ubbidire!”
Takeshi
rise.
“Effettivamente….
senti,
Kaede è di sopra, và da lui!”
“Forse
è meglio che gli dice che sono qui, non so se vuole vedermi…”
Il
padre di Rukawa lo fissò un attimo, ma non chiese spiegazioni.
“Come
vuoi, torno subito.”
Rukawa
era nella sua stanza quando avvertì il suono del campanello: si avvicinò
alla finestra e guardò chi fosse.
“Sakuragi?!
Ma che ci fa qui, quel do’aho?”
Sbuffò
spazientito: quel nuovo comportamento di Sakuragi lo esasperava, non lo
capiva, non capiva cosa potesse essere successo a quella scimmia rossa.
Perché ora non lo insultava più? Perché sembrava preoccuparsi per lui?
Bussarono alla porta, ma lui non rispose nemmeno. Suo padre varcò la
soglia.
“Kaede,
è venuto a trovarti Hanamichi, posso farlo salire?”
Rukawa
tornò a guardare fuori dalla finestra.
“Kaede,
allora?”
“Se
proprio non se ne può fare a meno!”
Takeshi
scosse la testa sconsolato.
“Vedi
di essere un po’ più gentile, per favore, Hanamichi si è preso cura
del tuo Tommy mentre tu eri in ospedale.”
Rukawa
si voltò.
“Ma
che stai dicendo?”
“E’
venuto qui quasi tutti i giorni per dar da mangiare a Tommy.
Ringrazialo.”
“Hn.”
Suo
padre uscì, per tornare al piano di sotto. Rukawa si avvicinò alla
scrivania, prese la fotografia di lui e sua madre, facendola sparire in un
cassetto.
Hanamichi
entrò.
“Ciao,
kitsune.”
“….ao.”
borbottò.
“Come
stai?”
Rukawa
non rispose, si limitò a scrollare le spalle.
“Ehm,
i ragazzi ti salutano e anche Ayako. Volevano venirti a trovare, ma non
sapevano se poteva farti piacere.”
“Hn.”
“Anche
Haruko ha chiesto tue notizie…”
Hanamichi
sentì lo sguardo gelido di Rukawa su di sé e si voltò verso di lui.
“Sakuragi,
ma sei impazzito?” la voce era calma e profonda, come al solito.
“P….
perchè?”
balbettò Sakuragi.
“Mi
hai portato i saluti della Akagi, non è normale!”
“Le
cose cambiano…”
“Hn.”
Rukawa
si sedette a gambe incrociate sul tappeto, appoggiando le spalle al letto.
“Dai,
siediti.”
Hanamichi
ubbidì.
“Il
gatto dov’è?” voleva cambiare argomento, stornare l’attenzione di
Rukawa.
“Nella
sua cesta, dorme.”
“Allora
non mi sbagliavo…”
“Hn?”
“E’
tutto il suo padrone!”’
“Idiota!”
Hanamichi
si arrabbiò.
“Potresti
essere anche più gentile, sai? Io non ti ho offeso! Sei sempre il
solito…”
“Sì,
Sakuragi va bene, lo so cosa sono…. comunque grazie.”
“E
di che?” gli chiese malamente Sakuragi.
“Mio
padre mi ha detto che ti sei preso cura di Tommy…”
“Oh
bè, è stato un piacere occuparsi di un animaletto così carino.”
La
conversazione languì, finchè Rukawa non cominciò a guardarsi intorno.
“Che
ti prende, kitsune? Che cerchi?”
“La
mia palla da basket… potevamo giocare un po’…. mi pareva di averla
riportata qui…”
“Infatti
è nell’armadio….”
Hanamichi
sbiancò e avrebbe voluto tagliarsi la lingua, quando si rese conto di
quello che aveva appena detto.
Rukawa
si alzò, torreggiando su di lui.
“E
tu come fai a saperlo?”
“Ecco,
io…”
“Chi
ti ha dato il permesso di entrare qui a curiosare tra le mie cose? Tu non
ne avevi alcun diritto!”
“Ero
soltanto curioso! Tu sei sempre così misterioso, volevo scoprire qualcosa
di te, che c’è di male?”
Hanamichi
si alzò, guardandolo dritto negli occhi e aggiunse:
“Perché
hai così paura che qualcuno vada al di là delle apparenze, che ti
conosca un po’ meglio?”
Rukawa
si arrabbiò ancora di più, abbandonando il solito tono freddo e
distaccato.
“Ma
che vai blaterando? Io paura?! Io voglio solo essere lasciato in pace, non
mi interessa affatto l’opinione tua o di chissà chi… desumo che tu
abbia visto anche la foto, vero?”
Hanamichi
non provò neanche a negare.
“Sì,
e l’ho trovata molto bella!”
Sakuragi
vide Rukawa stringere i pugni e lanciargli uno di quei sguardi assassini
che rivolgeva, di solito, a chi si frapponeva tra lui e il canestro.
“Non
ti azzardare a farne parola con nessuno!”
“Scusa,
kitsune, ma che cosa ha quella foto di così compromettente? Il fatto che
tu rida?! Guarda che lo immaginavamo tutti che tu fossi in grado di
farlo!”
“Le
persone di quella foto non esistono più, la tengo solo per ricordarmi…-
Rukawa sembrò stesse per dire qualcosa di importante, ma si bloccò –
non devo certo venire a dirlo a te!”
“Kitsune,
tu sei esasperante! Perché vuoi apparire peggiore di quello che sei? Se
permettessi agli altri di conoscere anche altri aspetti di te, non saresti
così solo! Sembra che ti piaccia renderti odioso!”
“A
me piace la solitudine! E poi non hai alcun diritto di parlarmi così né
di intrometterti nella mia vita!”
Hanamichi
sentì che si stava stancando di cozzare contro quel muro che Rukawa
ergeva.
“Sì
invece, perché io…”
Un
lieve bussare alla porta lo interruppe, il padre di Rukawa lo invitò a
fermarsi per la cena, magari poteva restare anche per la notte.
“La
stanza di Kaede è grande.”
Hanamichi
ne fu subito entusiasta.
Rukawa
ovviamente non era d’accordo.
“Io
non voglio che resti!”
“Kaede,
non essere maleducato! Hanamichi è stato gentile e disponibile, durante
la tua degenza in ospedale, un invito a cena mi sembra il minimo per
ringraziarlo!”
Rukawa
mise su uno dei suoi soliti bronci e aprì a malapena bocca durante tutto
il pasto. Fortunatamente suo padre ed Hanamichi sembravano andare molto
d’accordo e dialogavano con familiarità. Dopo che il padre si fu
ritirato per la notte, Hanamichi e Rukawa restarono in salotto.
“Non
devi avvertire nessuno a casa, do’aho?”
“Bè,
veramente mia madre è già al lavoro. Dovrei chiamarla per non farla
preoccupare domani, quando torna e non mi trova… posso usare il
telefono?”
Rukawa
si alzò e tornò dopo poco con il portatile, porgendoglielo senza una
parola. Dopo aver parlato con sua madre, Hanamichi si accorse che Rukawa
se ne era andato e, immaginando che fosse in camera sua, lo raggiunse.
Quando entrò, Rukawa si stava spogliando ed Hanamichi avvertì un brivido
di desiderio scendergli lungo la schiena. Rukawa si voltò, sorprendendolo
incantato a fissarlo.
“Il
futon è là dentro, prenditelo.”
“No.”
Rukawa
lo guardò minaccioso, infilandosi una maglietta di cotone blu.
“Volevo
dire….. potremmo parlare un po’ prima di dormire.”
“Non
ho niente da dirti!”
Rukawa
si sistemò sul suo letto, semi sdraiato, cominciando a sfogliare una
rivista di basket.
“E
dai, kitsune….! Io non ho sonno – Hanamichi parlava , mentre si
spogliava, rimanendo anche lui in boxer e maglietta – almeno fammi
vedere cosa leggi!”
Gli
si sedette vicino, sbirciando le figure e Rukawa stranamente lo lasciò
fare, rivolgendogli solo un’occhiata del tipo non-ti azzardare-a
toccarmi-o ti uccido!
Hanamichi
cominciò a fargli domande su quello che vedeva o leggeva, riuscendo a
trascinare Rukawa in una sorta di conversazione. Quando ebbero sfogliato
la rivista, Hanamichi temette che la volpe lo buttasse giù dal letto,
invece parlò!
“Posso
sapere perché ti stai comportando così?”
“Come?”
chiese Hanamichi in un soffio, magari Rukawa aveva capito qualcosa, si era
accorto che il suo sguardo spesso e volentieri indugiava sul suo corpo!
Rukawa lo guardò, senza alcuna esitazione.
“Stai
fingendo di essermi amico.”
Sakuragi
lasciò andare il respiro, un po’ sollevato e sostenne lo sguardo
dell’altro.
“Perché
è quello che vorrei provare ad essere… se tu vuoi!”
“Perché?
Tu non mi sopporti!”
“Non
è vero!”
“Ah,
no?!”
“Bè,
prima….”
“Prima
di che?”
“Oh,
Rukawa, basta con questo interrogatorio! Ci deve essere per forza un perché,
un per come?! A me và così!”
“Hn.”
Fu il commento poco convinto.
Rukawa
era decisamente incredulo, ma non indagò: aveva sonno, si era fatto tardi
e, sentiva gli occhi che si chiudevano.
Hanamichi
non aspettava che quello: sapeva che prima o poi Rukawa sarebbe crollato e
lui ne avrebbe approfittato per restare a dormire nel suo letto, accanto a
lui. Quando finalmente vide gli occhi di Rukawa chiudersi e poco dopo il
suo respiro lento e regolare, si azzardò a voltarsi su un fianco, facendo
in modo che la testa della kitsune finisse sulla sua spalla. Hanamichi era
incantato: quel viso stupendo lo diventava ancora di più quando era
rilassato, la bocca socchiusa era una tortura, perché
avrebbe voluto baciarla come aveva fatto quel giorno in ospedale.
Studiò con attenzione ogni particolare, finchè non resistette più:
allungò una mano, sfiorandogli una guancia, la lasciò scendere lungo il
collo e il petto. Arrivò ai fianchi e non riuscì ad impedirsi di
accarezzare la pelle sotto la maglietta: era morbida e calda. Continuò la
sua indagine tattile senza mai staccare gli occhi dal viso di Rukawa, ma
non gli importava che si svegliasse. In quel momento gli avrebbe
confessato tutto, accettando anche il rischio che lo prendesse a pugni,
che lo insultasse. Lo amava, lo desiderava. Erano due sentimenti talmente
profondi, talmente forti da assomigliare ad un dolore. Quanto avrebbe
voluto baciarlo, accarezzarlo, togliere la barriera dei vestiti e
assaporare quella pelle in ogni modo! Hanamichi sentì il proprio respiro
farsi più veloce, il suo corpo che reagiva a quella vicinanza. Ritirò le
mani da sotto la maglietta di Rukawa con un sospiro di frustrazione.
Doveva imparare ad aspettare, c’era bisogno di tempo e pazienza: doveva
essere cauto, fargli capire ancora tante cose, prima di potergli parlare
apertamente. Si accoccolò contro di lui, un braccio intorno alla vita, il
viso a contatto con quella seta nera, che erano i capelli di Rukawa, per
inebriarsi di quel profumo così buono. Si lasciò andare al sonno,
cullato dal lieve respiro dell’altro.
Rukawa
si svegliò, avvertendo una gradevole sensazione di calore, qualcuno gli
respirava sul collo. Aprì gli occhi lentamente, le prime luci dell’alba
creavano una piacevole penombra. Abbassò lo sguardo: c’era una mano
poggiata sul suo stomaco, qualcuno dormiva premuto contro la sua schiena,
ne avvertiva chiaramente il peso. Capì immediatamente di chi si
trattasse: ricordò che Sakuragi era venuto a casa sua, il giorno
precedente e suo padre lo aveva invitato a restare per la notte, ma
ricordava anche benissimo di avergli detto di dormire sul futon!
“Stupido
idiota… chi ti ha detto di rimanere a dormire nel mio letto?!”
Rukawa
si girò con tutta l’intenzione di buttarlo giù dal letto per dargli
una lezione, ma si bloccò di fronte all’espressione beata dipinta sul
volto di Sakuragi. Sembrava innocente come un bambino, il petto si alzava
e si abbassava al ritmo dei suoi respiri…. era così strano vederlo
dormire, Rukawa era abituato ai suoi repentini cambi di espressione e di
umore, a vederlo sempre in movimento, gli ricordava un terremoto! Ora,
invece, era il ritratto della tranquillità e dell’ingenuità. Rukawa
fece un mezzo sorriso.
“Fa
quasi tenerezza….- sussurrò – non sembra nemmeno la stessa persona
che mi insulta quotidianamente e non perde occasione per prendermi a
pugni…”
Pensò
molto all’avvenuto cambiamento che pareva aver avuto Sakuragi: da quando
si era risvegliato, trovandolo accanto al suo letto, lui non era stato più
lui!! Era andato a trovarlo praticamente tutti i giorni, mentre era in
ospedale, anche solo per pochi minuti, pur essendo stanco per gli
allenamenti, Rukawa se ne era accorto… era stato gentile, ma perché? Di
solito non era tipo da porsi simili domande: il comportamento di quelli
che condividevano con lui il mondo gli era assolutamente indifferente, ma
Sakuragi…. bè, con lui era diverso, neanche lui avrebbe saputo dire il
perché, ma quel ragazzo non gli era indifferente per un insieme di
motivi. Innanzitutto, era impossibile non notarlo, considerando la stazza
e quell’assurdo colore di capelli, ma non era questo…. era piuttosto
quel suo carattere espansivo, esuberante, ma che sapeva essere anche
deciso, determinato. Aveva cominciato ad interessarsi al basket per il
motivo più cretino: far colpo su una sciocca ragazzina, però aveva
capito che gli piaceva giocare e ci si era buttato anima e corpo, facendo
progressi in poco tempo. A Rukawa piacevano la determinazione e
l’ambizione, a lui così familiari e scoprirli in quello che
inizialmente aveva catalogato come una scimmia rossa incapace di combinare
alcunché di decente, lo incuriosiva…. che altro nascondeva dietro quella
spavalderia eccessiva? Rukawa si sentiva attratto da quel ragazzo così
diverso da lui e forse c’era anche dell’altro. Fino a quel momento
aveva trascurato certe sue sensazioni, ora davanti a lui che dormiva
placidamente nel suo letto, tralasciò per pochi minuti la sua innata
razionalità, dimentico perfino di farlo rotolare giù dal letto!! Lo
osservò: non lo si poteva definire brutto, quando non assumeva una delle
sue espressioni esagerate: aveva un bel fisico e, continuando a giocare a
basket lo avrebbe sviluppato maggiormente… Rukawa allungò una mano e
sfiorò con le dita sottili un braccio di Sakuragi… avvertì chiaramente
un brivido e non era di freddo! Non si stupì della sua reazione nel
toccare un altro ragazzo: se c’era una cosa che Rukawa aveva capito di
se stesso, era che le ragazze su di lui non esercitavano alcun fascino,
non gli interessavano proprio! Le considerava strane creature, a dir la
verità, non ci si trovava a suo agio e quelle invasate delle sue fans lo
avevano convinto che era meglio star loro alla larga… solo Ayako si
salvava da quel giudizio negativo. Non aveva mai pensato all’amore, il
basket lo prendeva totalmente, ma sapeva che, quando sarebbe successo,
avrebbe potuto scegliere soltanto un compagno. Era così e basta! A lui
non dispiaceva e, poi, lui voleva qualcuno con cui poter condividere la
sua passione sportiva, la sua vita… il basket. Tornò a guardare
Sakuragi: gli era ormai chiaro che il suo corpo reagiva alla sua
vicinanza, non lo aveva scoperto quella mattina…. poteva complicare un
po’ le cose: fino a quel momento l’atteggiamento di Sakuragi era stato
tale da semplificare tutto, diceva di odiarlo e lo dimostrava
anche… Rukawa era tranquillo. Ma ora? Ora che lui gli dimostrava un po’
di gentilezza? Rukawa scivolò giù dal letto senza far rumore: il sonno
ormai era passato, decise di andare a fare colazione e a vedere la
cassetta sull’NBA che aveva registrato il giorno prima. Si infilò i
pantaloni della tuta e si avvicinò al letto. Tirò il lenzuolo sul corpo
di Sakuragi, coprendolo.
– Se continua a comportarsi così, non riuscirò a trattarlo come
prima! –
Sakuragi
si stiracchiò, sbadigliando. Aveva dormito proprio bene! Aprì gli occhi
sicuro di trovarsi nel suo futon, a casa sua…. si ritrovò nella stanza
di Rukawa!
“Ma
che diavolo è successo? Ah, mi ricordo, il signor Takeshi mi ha invitato
a restare per la notte, la kitsune non voleva… io ho aspettato che lui si
addormentasse per poter restare nel suo letto… LUI DOV’E’?!”
Si
rizzò a sedere e gli cadde l’occhio sulla sveglia.
“LE
NOVE?! MA PERCHE’ QUELLA VOLPE SPELAC……”
“La
finisci di urlare?”
Rukawa
era entrato nella stanza, la palla da basket in mano.
“Perché
non mi hai svegliato? Mi hai fatto perdere la scuola!”
Rukawa
alzò le spalle.
“Io
non sono la tua sveglia!”
“BAKA
KITSUNE!! IO…. ma che stai facendo?”
Rukawa
si tolse la maglietta, restando a torso nudo, cercando qualcosa
nell’armadio. Hanamichi deglutì a vuoto, lo sguardo scese giù per la
linea del collo, sulle spalle, la schiena muscolosa, la linea dei fianchi
che si intravedeva leggermente sotto i pantaloni…. dovette distogliere lo
sguardo per impedirsi di alzarsi e andare a baciare ogni centimetro di
quella pelle!
“….
are
con me?”
Le
orecchie di Hanamichi colsero un sussurro, ritrovò il coraggio di alzare
lo sguardo su Rukawa.
“Che
hai detto? Non ho capito?”
Rukawa
incrociò le braccia al petto.
“Ti
chiedevo se avevi voglia di fare qualche tiro con me, nel mio
giardino….”
Hanamichi
si preoccupò.
“Sei
sicuro di poterlo fare?”
Negli
occhi di Rukawa passò un lampo.
“Io
sto bene. Perché non dovrei giocare?”
“Kitsune
sei stato in coma, ricordi? I medici hanno detto…”
“Sakuragi
vuoi giocare o no? Io posso sempre farlo da solo, non sarebbe la prima
volta!”
Rukawa
si avviò verso la porta, sulla soglia si girò a guardarlo da sopra una
spalla.
“Allora?”
“Fammi
almeno mettere i pantaloni!” grugnì Hanamichi.
Rukawa
non lo aspettò, scese di sotto. Hanamichi lo trovò intento a fare una
spremuta d’arancia in cucina. Senza una parola gli porse il bicchiere
colmo. Hanamichi restò senza fiato.
“Per
me, kitsune?!”
“Hn.”
Erano
in giardino da una ventina di minuti: Rukawa tirava da fermo, la caviglia
gli faceva ancora un po’ male. Hanamichi provava ad imitare quei tiri
perfetti, ma il risultato non era il medesimo! Sakuragi si stava
decisamente innervosendo: perché non riusciva a fare canestro?
Avvertirono nitidamente il suono del telefono: Rukawa rientrò in casa per
rispondere. Hanamichi restò davanti al canestro e continuava a
sbagliare….
“Ma
per la miseria! Perché diavolo non entra questa stupida palla?!”
Fallì
l’ennesimo lancio e ormai la sua frustrazione era alle stelle: non
riusciva ad imparare i tiri liberi!
“Perché
a me non riesce! SIGH!”
“E’
la mano il problema, la metti male.”
“Eh?”
Rukawa
lo fissava dalla porta-finestra.
“Il
movimento di lancio deve essere fluido, non sono solo le braccia a tirare,
è tutto il corpo che deve accompagnarlo. Tu sei troppo rigido, inoltre le
mani…. dai, ti faccio vedere!”
Rukawa
si portò dietro di lui.
“Innanzitutto,
piega le ginocchia… ora, porta le braccia sopra la testa…”
Rukawa
gli sistemò le mani in posizione di tiro senza allontanarsi da lui, con
il risultato che Hanamichi era completamente andato! Avvertiva chiaramente
il corpo di Rukawa premuto contro il suo, petto contro schiena, il battito
del suo cuore lento e regolare, il suo respiro sul collo… Hanamichi si
morse le labbra per cercare di riprendere il controllo, ma non riuscì ad
impedirsi di girare la testa per guardarlo. In quel preciso istante Rukawa
abbassò il viso su di lui e si ritrovarono a pochissimi centimetri
l’uno dall’altro, le labbra ad un soffio. Hanamichi non riusciva a
staccare lo sguardo da quella bocca, che sapeva essere morbida e
vellutata…. la palla gli scivolò dalle mani, rimbalzando al suolo, ma
loro non se ne accorsero nemmeno. Si protesero maggiormente l’uno verso
l’altro….
“Ragazzi,
siete qui?”
L’idillio
venne interrotto dal signor Takeshi: i due ragazzi si separarono
frettolosamente ed Hanamichi sentiva il viso in fiamme, il cuore che gli
martellava furiosamente nel petto. Rukawa non perse la sua espressione
tranquilla, ma Hanamichi vide un leggero tremito nelle sue mani, mentre
raccoglieva la palla.
Rukawa
era in camera sua, sdraiato sul letto, le mani dietro la nuca, quando sentì
la voce del padre che lo chiamava dal piano di sotto.
“Kaede,
vuoi scendere un attimo, per favore?”
Pensò
di far finta di non aver sentito, ma tanto suo padre sarebbe salito a
cercarlo, era meglio andare a vedere cosa volesse. Si limitò a scendere
le scale e a rendersi visibile. Suo padre era in salotto, un grande mazzo
di fiori bianchi sul tavolo.
“Volevo
chiederti di venire con me.”
“Dove?”
“Oggi
è l’anniversario della morte di tua madre…”
“Allora?”
“Non
vuoi andare a trovarla al cimitero? Nemmeno oggi!”
“No!”
Rukawa
voltò le spalle per andarsene.
“Kaede,
aspetta! Dobbiamo parlare. Non è possibile che tu non voglia mai andare
da lei!”
Rukawa
si voltò nuovamente verso di lui.
“Mia
madre non è lì! E’ sempre qui! – si portò una mano al petto,
all’altezza del cuore – è dentro di me, non certo lì!”
Suo
padre gli si avvicinò e alzò una mano per carezzargli una guancia, ma
Rukawa fece un passo indietro, impedendoglielo.
“Quello
che hai detto è molto bello, Kaede, ma io lo so che non lo fai solo per
quello, non abbiamo mai parlato di quello che è successo quel giorno, non
credi sia arrivato il momento di farlo?”
“Perché
dovremmo? Parlarne non cambierà il risultato. È perfettamente
inutile!”
“Kaede,
io non capisco questa tua assurda pretesa di tenerti tutto dentro. E’
normale che tu soffra ancora per la morte di tua madre, che ne senta la
mancanza! Non c’è niente di sbagliato nell’ammetterlo! Se non vuoi
parlarne con me, fallo con Hanamichi, lui è tuo amico, ti capirà!”
“Tu
non sai niente di me! Non venirmi a dire quello che devo fare! E quello
che tu chiami amico è lo stesso che la prima volta che mi ha visto mi ha
pestato e che, da quando lo conosco, non fa che ripetermi quanto mi odi!
Ti sbagli di grosso sul suo conto!”
Il
padre di Rukawa rimase allibito.
“Non
può essere! Io l’ho visto in ospedale, era preoccupato da morire per te
e poi è sempre stato qui in questi giorni…”
“Non
mi interessa quello che credi e neanche quello che fai! Se vuoi andare al
cimitero, fallo! Lascia solo che ti dica che sei un ipocrita e che io non
sopporto le persone così!”
“Che
stai dicendo?”
“Vai
a trovare mia madre, quando non sei stato capace di rimanere fedele alla
sua memoria….”
“Kaede,
smettila!”
Il
padre di Rukawa si stava alterando.
“Vorresti
farmi credere che durante i tuoi viaggi non te la sei mai spassata con
qualche sgualdrina?”
Gli
arrivò uno schiaffo in piena faccia, talmente violento da azzittirlo
all’istante. Si portò una mano sulla guancia colpita, gli occhi
scintillanti di rabbia.
“Io
sono tuo padre, Kaede, mi devi del rispetto, non dimenticarlo!”
“Benissimo,
ora che hai ribadito il concetto, me ne posso tornare in camera mia!”
Sakuragi
suonò il campanello, gli andò ad aprire il signor Takeshi, scuro in
volto. Hanamichi si preoccupò.
“E’
successo qualcosa? Suo figlio sta bene,vero?”
Il
padre di Rukawa annuì.
“Sì,
entra… Kaede è in camera sua, và da lui… io devo uscire.”
Sakuragi
lo vide prendere dei fiori ed andare via.
–
La kitsune deve averne combinata un’altra delle sue, ne sono sicuro! -
Arrivò
davanti alla camera di Rukawa, la porta era socchiusa e la aprì
leggermente. Rukawa era seduto per terra al centro della stanza, con le
gambe incrociate e giocava con il suo gatto: lo accarezzava sulla testa e,
anche a quella distanza Hanamichi avvertì le fusa di Tommy, poi Rukawa lo
prese in braccio e il gatto gli strofinò il muso sul viso e lui sorrise.
Un sorriso bellissimo e dolcissimo. Per Hanamichi fu una visione estatica:
quel viso già stupendo lo diveniva ancora di più quando abbandonava il
solito broncio, cosa tra l’altro che Hanamichi adorava! Immaginò
l’emozione di vedersi rivolgere un simile sorriso!
Rukawa
strinse Tommy al petto e si rialzò, depositando il gatto sul letto, poi
si avvicinò alla scrivania e Hanamichi gli vide prendere la foto che lo
ritraeva con sua madre. Sul volto di Rukawa si dipinse una tale tristezza
che ad Hanamichi mancò il fiato…. decise di bussare per dargli il tempo
di riprendersi, immaginò che non volesse assolutamente che lui lo
vedesse in quel modo…
Rukawa
gli borbottò qualcosa di simile un invito ad entrare.
“Ciao,
kitsune.”
“Ah,
sei tu! Da dove sei entrato?”
“Certo
non da una finestra, che dici?!”
“Può
darsi….”
“Mi
ha fatto entrare tuo padre…. a proposito, che gli hai combinato? Aveva
una faccia così scura…. KITSUNE, ma che hai fatto sulla guancia? Ce
l’hai arrossata!”
“Sakuragi,
per i miei gusti hai fatto fin troppe domande!”
“E
dai, lo dovresti aver capito che con me puoi parlare….”
Rukawa
alzò un sopracciglio in modo ironico.
“Certo,
come no…” aggiunse sarcastico.
“Kitsune,
io ti darò il tormento se non ti decidi, lo sai vero?”
Rukawa
si voltò verso la finestra.
“Sia
ben chiaro… te lo dico solo perché spero che tu, dopo, decida di
tacere… mio padre voleva che andassi con lui al cimitero. Contento?”
“Ahhhh,
certo, ora è tutto chiaro! Kitsune, cosa hai le pigne nel cervello?!
Spiegati!”
Rukawa
si limitò ad indicargli la foto e Hanamichi intuì.
“Ha
a che fare con tua madre, giusto?”
Rukawa
annuì.
“Dunque,
vediamo – continuò Hanamichi- è l’anniversario della sua morte e tuo
padre voleva che lo accompagnassi, uhn?”
“Già.”
Hanamichi
gli si avvicinò e parlò con voce bassa.
“Neanche
a me piacciono i cimiteri, non ci vado mai…. come è morta tua madre?”
Rukawa
si voltò di scatto.
“Non
sono affari tuoi e poi non capiresti!”
Sul
volto di Hanamichi passò un lampo di autentico dolore.
“Sì
che posso capirti! Nessuno lo può meglio di me! Mio padre è morto e per
colpa mia….”
Rukawa
spalancò gli occhi per la sorpresa e Sakuragi continuò nella sua
spiegazione.
“Stavo
tornando a casa, quando come al solito mi sono messo nei guai, facendo a
pugni con dei ragazzi più grandi… al mio arrivo trovai mio padre steso a
terra… aveva un malore e io corsi a chiedere aiuto, ma quei ragazzi con
cui mi ero azzuffato, avevano cercato rinforzi e volevano vendicarsi… non
ho fatto in tempo e mio padre è morto, soltanto per colpa mia….”
Si
era seduto sul letto, mentre parlava e ora era in silenzio, lo sguardo
basso, le mani sulle ginocchia. Il peso di quel rimorso lo schiacciava
ancora.
Rukawa
si sedette accanto a lui, cominciando a raccontare.
“Mia
madre veniva a prendermi tutti i giorni all’asilo, io la aspettavo
appena fuori il cancello, cercando di scorgerla tra quelle degli altri
bambini…. venne anche quel giorno, ma era in ritardo così, quando mi
vide da solo davanti alla scuola, attraversò senza attenzione…. ho visto
un’automobile arrivare a grande velocità, ma mia madre non se
accorse…. io l’ho chiamata, ho urlato, ma lei ha continuato ad avanzare
verso di me, fin quando quella macchina non le è piombata addosso…. è
morta sul colpo…”
La
voce di Rukawa si spense in un sussurro ed Hanamichi lo guardò con la
coda dell’occhio: aveva le mani serrate a pugno ed era più pallido del
solito. Si erano ritrovati a condividere la medesima esperienza, lo stesso
dolore….
Rimasero
in silenzio, ognuno a fare i conti con i propri sensi di colpa, la
sofferenza, la mancanza…… Sakuragi, però, non era tipo da crogiolarsi
in quella malinconia, cercò di sdrammatizzare.
“Tommy…..
vieni
qua, su….vieni da zio Hanamichi….”
Il
gatto miagolò e gli saltò in braccio, accocolandoglisi in grembo. Rukawa
però ne fu infastidito: Tommy si era sempre fatto toccare esclusivamente
da lui e ora ubbidiva ai richiami di Sakuragi?! Prese il gatto dalle gambe
di Sakuragi con malcelato disappunto.
“Ehi,
kitsune, perché?”
“E’
mio!” fu la laconica risposta.
“Mica
te lo mangio! Volevo solo giocarci….. non ti credevo così possessivo!”
“Hn.”
Il
gatto alla fine decise per loro, andandosene!
“Tra
i due contendenti, il terzo gode!” fu il commento di Hanamichi.
“E
che c’entra?”
“Bè,
lo volevo io, lo volevi tu… e lui se ne va…”
Rukawa
guardò Tommy uscire elegantemente dalla stanza.
“In
fondo non mi dispiace che ti piaccia il mio gatto….”
Era
una frase che non comportava alcuna risposta, ma Sakuragi decise che era
arrivato il momento di tentare la sorte, era passato abbastanza tempo,
secondo i suoi criteri…. doveva buttarsi, in fondo rischiava solo di
essere linciato!!
“Veramente
a me piaci tu!”
Rukawa
non si scompose minimamente, si limitò a guardarlo ironico.
“Cos’è,
hai scoperto che non mi odi? Ti sono solo antipatico?”
Hanamichi
si sentì avvampare.
“Non
sto scherzando! A me piaci tu e non come amico….”
Hanamichi
si sentiva soffocare dall’imbarazzo, ma lo guardò dritto negli occhi.
Rukawa emise un impercettibile sospiro.
“Io
non ti credevo quando dicevi di essere mio amico e ancora meno ti credo
ora!”
“Ma
perché? Io….”
Rukawa
gli fece cenno di tacere e continuò.
“Tu
sei sempre stato attratto dalle ragazze e forse ora, credi di volermi… ma
tra qualche tempo, tornerai a pensare alla Akagi e ad odiare me!”
“Io
non ti ho mai odiato – si animò Sakuragi – o almeno, lo dicevo, ma
ormai era diventata un’abitudine, un modo di dire….”
Rukawa
sbuffò.
“Senti,
lo so che non riesci a credermi dopo tutti i miei insulti, le mie botte,
ma il fatto è che….. ora so perché mi comportavo così….”
“Per
la tua Harukina.” Lo scimmiottò Rukawa.
“NO,
LEI NON C’ENTRA – urlò Sakuragi – io non ce l’avevo con te per
via di Haruko, ma perché mi ignoravi, perché io per te non esistevo e
non lo sopportavo! La prima volta che ti sei girato verso di me e hai
pronunciato il tuo nome, io mi sono innamorato di te!”
“Sì,
certo… è per questo che mi hai preso a testate, no? Io avrei dovuto
capire che tu mi amavi! Sei proprio un do’aho se credi che ci possa
credere! Da quando ti conosco hai detto troppo scemenze perché io ora
possa reputarti sincero!”
Sakuragi
si sentì disperato: aveva trovato il coraggio di confidargli i propri
sentimenti e pagava il prezzo dell’assurdo comportamento avuto prima
dell’incidente di Rukawa. Che poteva fare? Che poteva dire per
convincerlo che quella era la verità?
Rukawa
si alzò da vicino Sakuragi e si appoggiò al muro di fronte al letto con
la schiena, le braccia incrociate al petto. Era veramente curioso di
vedere cos’altro avesse in programma il do’aho: cos’altro avrebbe
inventato? Non gli piaceva essere preso in giro né essere ingannato: non
gli dispiaceva quel discorso, soprattutto se fatto da Sakuragi… però non
riusciva a fidarsi di lui. Gli sembrava sincero, quello sì: Sakuragi era
troppo semplice perché riuscisse a mentire su una cosa del genere, ma lui
non era tipo da buttarsi in storie senza importanza, non perdeva tempo in
cose inutili…. se Sakuragi era innamorato di lui, non si sarebbe
arreso…
Aspettò
la mossa successiva, sperando fosse quella giusta…
Vide
Hanamichi rimuginare su qualcosa, poi alzarsi e rivolgergli un’occhiata
talmente bruciante da fargli venire i brividi. Sakuragi gli si avvicinò
con determinazione e Rukawa sciolse le braccia che aveva tenuto incrociate
fino ad allora, con un gesto fulmineo Hanamichi gli afferrò un polso e lo
bloccò al muro. Rukawa si irrigidì, non capendo cosa avesse in mente
l’altro, avvertì soltanto un braccio di Hanamichi che gli cingeva la
vita e vide il suo viso che si avvicinava.
“Vediamo
se con questo capisci che sono sincero, stupida volpe!”
Hanamichi
sussurrò queste parole sulla labbra di Rukawa e un attimo dopo vi aveva
posato sopra la sua bocca. Aveva il cuore a mille, per l’emozione e la
paura di essere rifiutato, invece sentì il corpo di Rukawa rilassarsi
contro di lui e le sue labbra socchiudersi: voleva che quel bacio
divenisse più intimo! Hanamichi lo strinse forte a sé, assaporando ogni
centimetro di quella bocca meravigliosa. Fu un bacio così coinvolgente,
che nessuno dei due avrebbe saputo dire quanto fosse durato, ma a un certo
punto dovettero riprendere fiato e si separarono. Rimasero l’uno davanti
all’altro in silenzio, il respiro più veloce, nessuno dei due parlò,
si limitarono a guardarsi negli occhi, finchè non fu Rukawa ad
avvicinarsi, ad abbracciarlo e a baciarlo. Questa volta le loro mani
andarono alla scoperta dei reciproci corpi: Hanamichi le fece scorrere tra
i capelli, sulla schiena di Rukawa, quest’ultimo le insinuò sotto la
maglietta dell’altro.
Erano
seduti vicini sul letto di Rukawa, le spalle poggiate contro il muro.
Hanamichi si avvicinò all’altro, depositandogli un bacio sul collo
candido ed ebbe la gradevole sensazione di sentirlo rabbrividire sotto le
sue labbra.
“Ora
finalmente mi credi, kitsune?”
“Hn.”
“Che
c’è, kitsune? Hai ancora qualche dubbio?! Guarda che io….”
“Sakuragi,
ma vuoi stare zitto? Perché devi sempre riempire il silenzio con le
parole? Nella maggior parte dei casi sono superflue!”
“Ah
sì? E senza parlare come ti avrei convinto a baciarmi, eh?”
“Convinto?!
Sakuragi, io ho risposto al tuo bacio perché ne avevo voglia, non perché
blateravi!”
“Kitsune,
io non ho mai conosciuto nessuno più indisponente di te!”
“Hn.”
Hanamichi
stette in silenzio per pochi secondi, beandosi del profilo perfetto di
Rukawa.
“Kitsune?”
“Hn.”
“Posso
chiamarti per nome?”
Rukawa
volse leggermente il viso verso di lui.
“Se
ti fa piacere….”
“Kaede….-
assaporò il sapore di quella parola – sì, mi piace proprio!”
“Umph.”
Stare insieme.
Hanamichi
pensava che stare seduto su un divano con la testa della kitsune sulle sue
gambe, fosse una, o meglio la cosa più piacevole che avesse mai
sperimentato…. passava le dita tra i suoi capelli, giocherellando con
quelle ciocche setose e ogni tanto si chinava su quella bocca di cui non
si stancava mai. Rukawa era rilassato e aveva gli occhi chiusi: dopo
l’ennesimo bacio di Hanamichi li aprì, perché gli piaceva scorgere
l’espressione adorante in quello sguardo caldo e affettuoso. Vide
Hanamichi avvicinarsi a un palmo di naso che lo scrutava con attenzione.
“Che
cosa ho di strano, do’aho? Perché mi fissi così?”
Sakuragi
non rispose subito, gli sembrava di affogare in un oceano, scuro e
profondo.
“Da
quando hai gli occhi blu, kitsune?”
“Dalla
nascita, do’aho!”
Hanamichi
sghignazzò nella sua maniera un po’ maniacale.
“Certo
che quella sera i tuoi genitori erano particolarmente inspirati…”
“Che
vuol dire?”
“Ehm,
Rukawa, ti hanno spiegato che i bambini non li porta la cicogna né
tantomeno si trovano sotto i cavoli?”
Rukawa
con una mossa fulminea si rizzò a sedere e gli assestò un pugno.
“AHIAAA,
KITSUNE! MA SEI SCEMO?”
“Ti
ho mai detto che sei un idiota?”
“Un
milione di volte – si lamentò Hanamichi – e adesso dove vai?”
Rukawa
si era alzato con tutta l’intenzione di finirla lì con le coccole.
“Voglio
fare qualche tiro a canestro….”
Con
enorme frustrazione di Hanamichi, Rukawa si avviò verso la portafinestra
e uscì nel giardino.
“Mannaggia
la mia boccaccia! Se stavo zitto non se ne andava! Ha ragione la kitsune,
devo imparare a tacere… ora, per farmi perdonare gli preparo la merenda:
toast e spremuta d’arancia, fa tanto America!”
Fu
indaffarato per un buon quarto d’ora, poi uscì dalla cucina per andare
a chiamare Rukawa, ma in salotto ne incontrò il padre: guardava il figlio
tirare a canestro. Hanamichi gli si avvicinò.
“E’
bravo, vero?”
“Ah,
sei tu… sì, anche troppo!”
Hanamichi
aggrottò le sopracciglia, interdetto e un po’ deluso.
“Come?
Non è fiero di lui? Dicono grandi cose di lui, in molti sono pronti a
scommettere che ha una luminosa carriera davanti a sè! Diventerà un
campione!”
“Io
sono orgoglioso di Kaede, moltissimo, ma questo suo talento è un
ossessione! Ci tiene così tanto a diventare un giocatore professionista,
conosco anch’io il suo sogno di andare a giocare nell’ NBA, ma…. e se
non ci riuscisse? Se qualcosa gli impedisse di realizzarlo? Qualcosa che
andasse al di là della sua volontà o dell’impegno…. prendi
l’incidente che ha avuto: per fortuna non ha avuto conseguenze, ma se si
fosse infortunato in modo tale da non poter continuare a giocare? Cosa ne
sarebbe di lui? Non ho idea di come reagirebbe di fronte a un’eventualità
simile!”
Hanamichi
avvertì un brivido di paura a quelle parole, perché rappresentavano una
realtà possibile, in tanti non arrivavano al professionismo e poi
l’America…. era un sogno così grande da realizzare per un giapponese!
La delusione poteva essere tremenda! Hanamichi aveva visto gli effetti di
una simile perdita su Mitsui e ricordò come Rukawa non avesse detto una
sola parola contraria al suo ritorno in squadra, lui che aveva avuto la
peggio in quella rissa! Come se lo capisse, come se avesse intuito il
baratro in cui era caduto un giocatore impossibilitato a
continuare….. Hanamichi scosse la testa e guardò il signor Takeshi molto
seriamente.
“A
lui non succederà! Lui è nato per giocare, quello è il suo destino!”
Il
padre di Rukawa gli sorrise benevolmente.
“Forse
hai ragione tu! In fondo credevo che Kaede non avrebbe mai avuto un amico,
invece ora ha te.”
Sakuragi
arrossì, grattandosi la testa.
“Bè,
in effetti…. ora vado a chiamarlo: ho preparato la merenda!”
Rukawa
potè finalmente tornare agli allenamenti e a scuola: tornare a giocare!
Hanamichi fece in modo di restare solo con lui negli spogliatoi prima che
iniziassero, voleva dirgli quanto fosse contento che lui fosse rientrato
in squadra, che gli era mancato, tantissimo, ma il tempo stringeva, non
poteva dirgli tutte quelle cose. Così, si limitò ad abbracciarlo da
dietro, mentre Rukawa cercava la sua maglietta della Nike nella borsa.
“Fammi
finire di vestirmi! Faremo tardi e Akagi si arrabbierà.”
“Ho
solo bisogno di un bacio, kitsune.” Glielo sussurrò.
Rukawa
si voltò nel suo abbraccio e gli passò le braccia intorno al collo.
“Non
mi sembra il momento, ma….”
Rukawa
gli premette una mano sulla nuca e lo attirò a sé, dandogli uno di quei
baci sensuali che trasformavano Hanamichi in gelatina tremante….
afferrò
Rukawa, premendoselo contro, le mani andarono oltre il bordo dei
pantaloncini, ma Rukawa si tirò indietro.
“Hanamichi….”
Il suo era un avvertimento sussurrato. Si voltò, prendendo la maglietta e
riuscendo finalmente ad infilarla.
“Tu
mi fai perdere il controllo, kitsune! Dove diavolo hai imparato a baciare
così?”
Rukawa
si chinò ad allacciarsi una scarpa.
“Ho
avuto un ottimo maestro!”
Hanamichi
divenne paonazzo.
“Kitsune,
dimmi subito chi è? Io lo sgozzo, lo….”
“Idiota!
Io non parlo mai con nessuno, lo sai, come sarebbe possibile, secondo te,
che io abbia mai baciato qualcuno prima di te? Stavo scherzando!”
Sakuragi
sospirò di sollievo, non avrebbe minimamente tollerato che qualcuno
avesse osato toccare il suo volpacchiotto!! In quel momento pensò di
rivelare a Rukawa cosa fosse successo in ospedale, quando lui era ancora
in coma.
“Andiamo,
o Akagi ci romperà la testa!”
“Kaede,
aspetta un momento! Ho bisogno di parlarti.”
“Adesso
no!”
“Per
favore, devo confessarti una cosa….”
C’era
urgenza nella sua voce, Rukawa rimase.
“Quel
pomeriggio, a casa tua, non è stata la prima volta che ti baciavo.”
Rukawa
si accigliò.
“Ah,
no?!”
“No,
vedi, io…. insomma, mentre eri in coma, io ho fatto chiarezza nei miei
sentimenti e l’ho fatto, ti ho baciato!”
Rukawa
sembrò pensarci un attimo, poi gli rivolse un’occhiata molto maliziosa,
era la prima volta che Hanamichi gli vedeva una simile espressione e
rabbrividì piacevolmente..
“Mi
hai fatto qualche altra cosa di cui dovrei essere informato?”
Sakuragi
arrossì atrocemente e balbettò un: “No,
non c’è altro.”
Rukawa
lo afferrò per un braccio.
“Andiamo,
do’aho!”
I
ragazzi dello Shohoku furono tutti molto felici del ritorno di Rukawa in
squadra e Akagi dovette faticare non poco per imporre la sua volontà:
sembravano tutti impazziti!
Sakuragi
e Rukawa tornarono insieme a casa di quest’ultimo: il padre era dovuto
andare a Tokio e quella sera non sarebbe rientrato. Rukawa aveva
approfittato della sua mancanza per invitare Hanamichi a dormire da lui.
Naturalmente questi aveva subito accettato, contentissimo e a Rukawa
piaceva avere quell’effetto su di lui. Mangiarono prima di andare a casa
in un locale vicino alla scuola insieme agli altri, avevano insistito fino
a convincere il solito ritroso Rukawa!! Quando arrivarono a casa, andarono
subito in camera di Rukawa: ad Hanamichi piaceva quella stanza, forse
perché gli ricordava quel pomeriggio in cui aveva finalmente ammesso a se
stesso di essersi innamorato di Rukawa.
“Che
ne dici di vederci un po’ di televisione? È ancora presto…”
“Non
ne ho voglia.”
“Allora
che vuoi…..”
Le
parole gli morirono in gola. Hanamichi gli aveva dato le spalle fino a
quel momento, era vicino alla scrivania e stava guardando la fotografia
che ritraeva Rukawa bambino, gli piaceva tanto! Quando si girò verso di
lui, Rukawa si stava togliendo la camicia e aprì l’armadio per riporla.
Hanamichi lo fissò, mentre sentiva crescere dentro di sé il desiderio e
l’eccitazione. Come riusciva a fargli quell’effetto? Il suo corpo non
era una novità, l’aveva visto spogliato più di una volta,
eppure….. si avvicinò e gli passò le braccia intorno alla vita,
baciandogli una spalla. Rukawa si girò per guardarlo in viso.
“Non
avere quell’espressione, sembra che tu non mi abbia mai visto!”
Hanamichi
non gli rispose nemmeno, lui che aveva sempre la risposta pronta, quando
era così vicino a Rukawa, riusciva solo a pensare che era troppo bello
per essere vero!
Alzò
una mano, poggiandone il palmo sulle guancia di Rukawa, la fece scivolare
lungo il collo, la passò sul torace. Rukawa si strinse maggiormente
contro di lui ed Hanamichi perdette il controllo. Si avventò sulla bocca
di Rukawa che schiuse immediatamente le labbra, si avvicinò al letto e lo
spinse sopra, facendolo sdraiare. Baciò e accarezzò ogni centimetro di
pelle, tornando ad assaporare quelle labbra morbide da cui uscivano lievi
gemiti di piacere. Rukawa teneva gli occhi chiusi, le mani andarono sotto
la felpa di Hanamichi, la sollevò per assaporare il contatto con la sua
pelle. Hanamichi era ormai preda del desiderio, ogni suo senso reclamava
di più: senza smettere di baciarlo, cominciò a sbottonargli i jeans e
Rukawa si agitò sotto di lui, ma non ci badò.
“Hanamichi,
no!” quello di Rukawa era un avvertimento, ma lui ignorò anche quello,
finchè le mani di Rukawa non gli bloccarono i polsi e lo allontanarono.
Hanamichi
fu, dapprima sorpreso, poi furioso: non capiva il motivo di quella
interruzione, stava andando tutto così bene….
“CHE
TI PRENDE STUPIDA VOLPE? COSA C’E’ CHE NON VA’ ADESSO?!
“Non
c’è bisogno che urli, do’aho, non sono sordo.”
“NON
DEVO URLARE? Bè, certo, scusa sa…. ci stiamo baciando, la cosa sta
piacevolmente degenerando e tu mi interrompi! Posso sapere almeno il perché?”
Rukawa
si stava riallacciando i jeans e si infilò una maglietta.
“Non
ne abbiamo ancora parlato e…..”
Fu
interrotto da Hanamichi.
“Per
una volta non potresti fare qualcosa senza aver pianificato ogni
particolare? Un po’ di spontaneità e naturalezza non sono la fine del
mondo!”
Rukawa
continuò, senza modificare il corso dei suoi pensieri.
“….
non
mi pareva avessimo deciso chi fa cosa a chi!”
Hanamichi
sbuffò, stringendo i pugni lungo i fianchi.
“E
va bene! Dobbiamo parlarne? Perfetto, ok! Io voglio fare l’amore con te,
voglio poterti dimostrare quanto tu sia importante per me, voglio darti
tutto quello che non hai avuto finora, perché forse sono nato proprio per
questo… .io ti voglio Kaede, in ogni senso!”
Hanamichi
parlò tutto di un fiato, emozionato: non era facile parlare di certe
cose, con Rukawa poi!!
“E
perché dovrei permetterti di farmi una cosa del genere?!”
La
voce di Rukawa si levò gelida nella stanza e Hanamichi si sentì
sprofondare in un cupo dolore di fronte a quel rifiuto. Abbassò gli
occhi, il viso in fiamme.
“Certo,
perché dovresti?!”
Voltò
le spalle a Rukawa e fece per uscire dalla stanza. Si fermò davanti alla
porta, voltando la testa sopra una spalla.
“Comunque,
se preferisci, io non ho alcun problema a fare il contrario….”
Aprì
la porta ed uscì.
Rukawa
rimase immobile per alcuni secondi, poi lasciò andare il respiro in un
sospiro. Non riusciva a capacitarsi del perché avesse reagito in quel
modo esagerato e decisamente crudele: Hanamichi non se lo meritava, non
questa volta!
–
Non avrei mai pensato che sarebbe riuscito a farmi sentire un vigliacco:
lui ha avuto il coraggio di dirmi quello che prova, quello che vorrebbe,
ma è pronto a rinunciarci per me! Ed io?! Perché gli ho fatto credere di
essere contrario, quando anch’io sento di averne bisogno, di volerlo? La
mia è pura e semplice paura: paura di dimostrare quello che provo, paura
che un atto d’amore possa rendermi più debole ai suoi occhi… sono
proprio uno sciocco.-
Uscì
dalla stanza e scese le scale in cerca di Hanamichi: lo trovò in cucina
davanti al lavandino, l’acqua che scorreva dal rubinetto.
“Se
vuoi dell’acqua fresca ce n’è una bottiglia in frigo.”
Hanamichi
sussultò, non lo aveva sentito arrivare. Rukawa lo sentì tirare su con
il naso, gli si avvicinò e poggiò la guancia sulla sua spalla. Hanamichi
strinse le mani sul bordo del lavandino, indeciso se voltarsi e prenderlo
a schiaffi o ripagarlo con la sua stessa moneta, l’indifferenza. Non
fece nessuna delle due cose, perché Rukawa lo prese per le spalle,
invitandolo a voltarsi e lui non ebbe il coraggio di guardarlo negli
occhi. Rukawa, per la prima volta, lasciò che le sue azioni fossero
dettate dai sentimenti del momento. Sfiorò il mento di Sakuragi con una
mano, voleva guardare i suoi occhi caldi e profondi che tanto gli
piacevano.
“Mi
dispiace, scusa…”
Hanamichi
sgranò gli occhi di fronte all’insolito spettacolo della volpe che si
scusava.
“Non
avrei dovuto trattarti in quel modo. Vuoi tornare di sopra con me?”
Hanamichi
lo guardò porgergli la mano, invitandolo a prenderla.
“Cosa
vorresti fare adesso, Kaede? Non voglio che tu lo faccia solo per farmi
contento o perché adesso ti senti in colpa! Io posso aspettare o fare
come tu preferisci.”
“E’
questo quello che voglio….”
Rukawa
gli prese il volto tra le mani, baciandolo. Hanamichi ne approfittò per
bloccarlo tra le sue braccia e poggiargli la fronte sulla sua.
“Parlami,
Kaede, ti prego!”
Rukawa
si tirò indietro, mordendosi un labbro. Non gli piaceva parlare di se
stesso, o meglio, non ci riusciva…. era più forte di lui, le parole
sembravano non trovare voce…. ma doveva fare uno sforzo, stavolta era
importante.
“Non
ti azzardare a prendermi in giro o me la paghi!” Puntualizzò.
Hanamichi
annuì.
“Ho
avuto paura – confessò – avevo capito cosa volevi e ho avuto paura.
Ricordati questo momento, perché non credo che mi sentirai tanto presto
confessarti una cosa simile!”
Hanamichi
tornò a sorridere, quel senso di rifiuto che aveva rischiato di
soffocarlo fino a qualche minuto prima, era scomparso.
Tornarono
in camera di Rukawa e fu proprio quest’ultimo a prendere l’iniziativa:
cominciò a baciare Hanamichi sulla bocca, sul mento, lungo la mascella,
l’orecchio….
Hanamichi
intanto lo accarezzava, aggrappandosi ai suoi vestiti, resistendo
all’impulso di strapparglieli di dosso per deliziarsi della sua pelle.
Rukawa tra un bacio e l’altro riuscì a sfilargli la felpa, passando le
mani sul petto di Hanamichi, un’espressione stupenda ed accesa su quel
volto solitamente tranquillo. Fece un passo indietro.
“Avanti,
spogliami!”
Hanamichi
ansimò, mentre gli toglieva i vestiti, lasciandoli cadere sul pavimento,
osservando ogni particolare di quel corpo modellato dal basket. Fece
distendere Rukawa sul letto, senza mai distogliere gli occhi dai suoi.
Scese con la bocca a scoprirne il corpo, voleva farlo rilassare, voleva
sentire i suoi sospiri, voleva riuscire a dargli piacere. Compensò la sua
mancanza di esperienza con l’intuito, in fondo bastava fargli quello che
avrebbe voluto l’altro facesse a lui! Il suo volto scese maggiormente e
quando avvertì le mani dell’altro stringersi convulsamente ai suoi
capelli ed emettere un gemito di puro piacere, Hanamichi esultò.
Rukawa
non avrebbe mai creduto che esistessero sensazioni simili e ci si abbandonò
completamente, assecondando i
movimenti della bocca di Hanamichi, aggrappandosi alla sua testa. Andava
tutto bene, senonchè, quando Rukawa avvertì di essere al limite, non
seppe che fare! Si sollevò, puntandosi sui gomiti.
“Hana….
fermati….io
non…”
L’altro
non lo ascoltò e continuò quella piacevole tortura. Rukawa gridò,
ricadendo sulle lenzuola. Hanamichi risalì il suo corpo, coprendolo di
baci umidi. Quando arrivò al viso, gli scostò la frangia umida di sudore
dalla fronte.
“Sei
bellissimo!” gli mormorò a fior di labbra e Rukawa se lo tirò contro,
offrendogli la bocca. Hanamichi ne assaporò ogni angolo, gli mordicchiò
le labbra. Dovette staccarsi da quel corpo stupendo per finire di
spogliarsi e si riempì gli occhi di Rukawa languidamente sdraiato sul
letto. Si liberò dei jeans e dei boxer piuttosto velocemente, ansioso di
tornare a toccare quella pelle morbida. Si sdraiò nuovamente su di lui,
intrecciando le dita della sua mano con quelle dell’altro. Lo guardò
negli occhi, chiedendo tacitamente il permesso a continuare.
Rukawa
annuì lievemente.
Hanamichi
cominciò ad entrare dentro di lui, sforzandosi di essere delicato, ma
avvertì chiaramente l’altro irrigidirsi sotto di lui.
Rukawa
si sentiva sommergere da un dolore mai conosciuto fino a quel momento e
dovette esercitare tutto il suo controllo per non spingerlo lontano da sé.
Soffocò il grido di dolore che gli era salito alle labbra e si aggrappò
alle spalle dell’altro con un gemito.
Le
braccia di Hanamichi lo circondarono immediatamente, avvertì la sua voce
che gli carezzava l’orecchio.
“Io
ti amo, Kaede…. pensa solo a questo…. io ti amo…. lasciati amare da
me!”
Rukawa
cercò di regolarizzare il respiro, si rilassò lentamente, permettendo ad
Hanamichi di entrare a far parte completamente del suo corpo. Sentiva
ancora qualcosa dentro di sé ribellarsi a quel trattamento, ma scacciò
quella sensazione con le parole di Hanamichi: gli aveva chiesto di
lasciarsi amare e lui lo avrebbe fatto, perché anche lui lo amava. Si era
innamorato di un adorabile testamatta, che gli aveva fatto ritrovare la
voglia di aprire il suo cuore ad altri sentimenti oltre l’ambizione
sportiva. Lo aveva ricoperto di un amore dolce e passionale che lo faceva
sentire bene. Sentì invadersi da una sensazione meravigliosa di calore
che sovrastò ogni residuo di fastidio.
Hanamichi
si mosse piano dentro di lui, soffocando nella sua bocca il piacere che
gli procurava quel contatto così intimo e profondo.
Rukawa
cercò di assecondare i movimenti dell’altro e venne ricompensato da
ondate di piacere che divenivano sempre più intense. Pose le mani sui
fianchi di Hanamichi e lo attirò ancora di più dentro di sé, mugolando
di piacere e inarcandosi contro di lui.
Hanamichi
continuava a baciarlo, ma Rukawa sentiva il bisogno di dirgli quello che
provava per lui e quello era il momento migliore: ora che si era lasciato
andare, ora che stava concedendo il suo corpo all’unica persona che
aveva avuto voglia di toccargli il cuore. Staccò le labbra da quelle
dell’altro e alzò lo sguardo verso Hanamichi, sul suo viso acceso,
sugli occhi brillanti di passione. Prese fiato per riuscire a parlare.
“Hana….
aspetta
un attimo….”
“Che
c’è Kaede?”
Hanamichi
stava facendo uno sforzo enorme per rimanere fermo, il suo respiro era
affannoso.
“Niente.
Volevo solo dirti che ti amo.”
E
sorrise, lasciando che tutto quello che provava trasparisse da quel gesto.
Hanamichi restò incantato, gli carezzò una guancia con la mano.
“Non
smettere, ti prego. Continua a sorridere come solo tu sai fare!”
Rukawa
cercò di accontentarlo, ma quando Hanamichi ricominciò a muoversi dentro
di lui, il piacere tornò più forte di prima, il sorriso scomparve per
far posto a un’espressione così sensuale da spingere Hanamichi a
movimenti sempre più veloci, che portarono entrambi al culmine nello
stesso momento. Hanamichi si lasciò andare sul corpo dell’altro,
affondando il viso nell’incavo della sua spalla. Nessuno dei due parlò,
non avevano né la forza per farlo né le parole per esprimere i
sentimenti che li avevano portati ad unire i loro corpi e le loro anime.
Lasciarono che il silenzio fosse pieno solo dei loro respiri, delle loro
carezze.
Rukawa
fu svegliato da un bacio che qualcuno gli stava dando sul collo, per tutta
risposta si girò dall’altra parte, ma i baci continuarono e si rassegnò
all’idea di dover aprire gli occhi. Hanamichi era sdraiato vicino a lui,
voltato su un fianco e non la smetteva di depositare baci sulla sua pelle.
“Buongiorno.”
“Hn.”
“Ti
stavo guardando dormire.”
“Non
potevi continuare a farlo? Io ho sonno!”
Hanamichi
ridacchiò.
“Sì,
capisco! Ieri sera ti ho stancato parecchio, eh?”
Per
tutta risposta gli arrivò un cuscino in piena faccia!
“Deficiente!”
“Oi
kitsune, non è carino insultare quello che da stanotte è il tuo amante,
sai?”
“Tu
non dire scemenze, io non ti offendo! Ora cosa stai facendo?”
Hanamichi
stava tirando un lembo del lenzuolo, scoprendo il corpo nudo di Rukawa.
“Devo
controllare una cosa… sì, è perfetto!”
“Che
cosa?” chiese esasperato Rukawa.
“Bè,
prima stavo pensando che dovrei farti tatuare il mio nome, anzi no, meglio
“proprietà di Hanamichi Sakuragi”! ho già deciso dove farlo
scrivere, che ne pensi?”
Le
mani di Hanamichi scesero ad accarezzare il fondoschiena del compagno, che
si girò di scatto a guardarlo.
“Che
sto con un deficiente e pure maniaco.”
Hanamichi
sghignazzò.
“Ma
se ti piaccio proprio per questo!”
“Hn.”
“E
daaaai! Ammettilo, ti ho conquistato proprio per…..”
Rukawa
lo baciò all’improvviso, impedendogli di continuare.
Hanamichi
si voltò, finendogli addosso.
“Lo
vedi che non mi resisti?!”
“Finiscila!
Farei qualunque cosa per farti tacere!”
“Ma
davvero?! Che strano, ho una gran voglia di parlare stamattina!! Sarei
costretto a baciarmi a lungo, temo!”
“Soltanto?
Pensavo anche a dell’altro, in verità….”
“E
poi il maniaco sarei io, eh?”
Passarono
tranquillamente due settimane, tra scuola, allenamenti e notti bollenti!
Il padre di Rukawa aveva ripreso a lavorare a tempo pieno e mancava spesso
da casa: Sakuragi ne approfittava per stare più tempo possibile vicino
alla sua kitsune. Anche quella sera avrebbe dormito da Rukawa con lui, nel
suo letto. E proprio a questo stava pensando, mentre in palestra si
giocava una partitella!!
“Sakuragi,
ma ti svegli?! Segui il gioco!!” la voce profonda del capitano lo fece
sobbalzare.
“Eh?!
Sì, sì Akagi, non urlare!”
Lui
e Rukawa giocavano nella stessa squadra, ma Rukawa continuava a non
passargli la palla! A Sakuragi però da un po’ non glie ne importava un
bel niente: prima pensava che lo facesse apposta, per indispettirlo, ma
ora sapeva che Rukawa, quando giocava, se poteva, faceva tutto da solo.
Era nella sua indole, non c’era niente da fare! Rukawa mise a segnò
l’ennesimo canestro: si passò un braccio sulla fronte per asciugare il
sudore con la sua immancabile fascia nera di spugna. Sakuragi lo guardava
e deglutì a vuoto: perché gli sembrava sempre più bello ogni volta che
posava gli occhi su di lui?! Niente e nessuno aveva mai avuto
quell’effetto su di lui: si sentiva fiero, orgoglioso….. commosso che
quello splendore avesse scelto proprio lui come compagno! Scosse la testa,
doveva concentrarsi: Rukawa non sopportava che non si impegnasse durante
gli allenamenti, ma il fatto era che quando lo vedeva giocare, Sakuragi
non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, gli succedeva quando diceva
di odiarlo, figurarsi ora! Perché doveva essere così sensuale, mentre
palleggiava in mezzo al campo?! Sakuragi ormai era andato: perso dietro
alle sue fantasie, non si accorse del passaggio di Kogure e perse la
palla.
”Sakuragi!!”
“Scusa,
Akagi, scusa!”
“Vuoi
tornare tra noi, do’aho?! Ci stai facendo giocare con un uomo in
meno!”
Rukawa
lo stava guardando dal centro del campo e parlò con la sua solita voce
calma e bassa. A Sakuragi vennero i brividi…. di piacere! Non resisteva
più, doveva fare qualcosa! Si mosse verso di lui, senza staccargli gli
occhi di dosso.
Rukawa
si posò le mani sui fianchi, sbuffando: che aveva intenzione di fare
quella testamatta?!
“Sakuragi,
fermati! Che vuoi fare?”
Akagi
era preoccupato, non voleva che quei due cominciassero a litigare come al
solito, facendo perdere tempo a tutti!
“La
colpa è tua se non riesco a giocare, stupida kitsune!”
“Mia?!”
Sakuragi
ormai era vicinissimo.
“Sì!
Sei talmente bello che non ti resisto! Troppo eccitante!” gli passò una
mano sulla nuca e se lo tirò contro, baciandolo.
Rukawa
non si scompose minimamente, gli passò le braccia intorno e rispose al
bacio.
Nella
palestra successe di tutto:
“Mitsui,
guarda come sono carini insieme!”
“Sì,
Kogure…. dammi un bacio!”
Akagi
quasi stramazzò al suolo, che diavolo era successo nella sua squadra?!
Miyagi
ne approfittò per avvicinarsi ad Ayako.
“Aya-chan,
perché non ci uniamo alla loro felicità? Me lo dai un bacio?”
Ayako
per una volta volle accontentarlo: gli schioccò un sonoro bacio sulla
guancia!
“Ma
loro non si baciano così!” si lamentò il playmaker.
“Ryota,
accontentati!”
Intanto
Sakuragi e Rukawa riuscirono a staccarsi l’uno dall’altro.
“Ti
pareva il momento, Hanamichi?”
“No,
ma morivo dalla voglia di farlo!” fece uno dei suoi gran sorrisi.
“Hn.”
In
qualche modo riuscirono a concludere gli allenamenti, dopo la doccia i due
ragazzi si mossero verso casa di Rukawa.
"Oggi
mi hai stupito, lo sai?”
Rukawa
e Sakuragi erano sdraiati sul letto e si baciavano.
“Perché?”
Sakuragi gli morse dolcemente un labbro.
“Non
credevo avresti avuto il coraggio di mostrare a tutti quello che c’è
tra noi. Tu non sei come me, tu temi il giudizio degli altri, di quello
che pensano di te, oggi invece…. hai visto le facce degli altri?”
“Sì,
erano molto invidiosi!”
“Eh?”
“Il
mio ragazzo è il più bello della scuola, anzi no, del mondo!”
“Scemo,
baciami!”
Sakuragi
si chinò su di lui.
“Il
merito è tutto tuo, Kaede, se riesco a vincere le mie paure…. ti amo da
impazzire!”
Rukawa
insinuò le mani nei boxer di Sakuragi.
“Fa
l’amore con me, Hana!”
“Kaede,
Kaede, svegliati!”
Sakuragi
scuoteva lievemente il suo compagno per una spalla, Rukawa si voltò
dall’altra parte, tirandosi il lenzuolo sopra la testa, ma Sakuragi non
mollò, gli si accoccolò contro, sussurrandogli in un orecchio:
“Dai,
alzati! È una bellissima giornata, possiamo andare al mare, rosolarci al
Sole…..”
“Io
mi scotto!”
“Bè,
va bene, non ci spogliamo! Però andiamo, dai!”
Rukawa
non rispose né tantomeno si mosse.
“Kitsune,
ti prego, non siamo mai andati al mare insieme! Non faccia…”
Rukawa
si era girato verso di lui, con gli occhi chiusi e gli aveva chiuso la
bocca con una mano.
“Va
bene – mormorò – tra poco mi alzo, lasciami altri dieci minuti, ok?”
Si
voltò nuovamente, abbracciando il cuscino. Sakuragi si chinò a dargli un
bacio sui capelli.
“Io
vado a preparare la colazione, tu vestiti!!”
“Hn.”
Rukawa
avrebbe tranquillamente dormito per parecchie ore ancora, ma si sforzò di
svegliarsi: voleva far contento quella rumorosa scimmia rossa, una volta
ogni tanto! Si alzò e cercò a tentoni i jeans e la canottiera,
indossandoli. Si sedette nuovamente sul letto, tirando un ginocchio al
petto e, cominciando ad infilarsi un calzino. L’intera operazione era
stato eseguita praticamente ad occhi chiusi! Sentì la porta che si
apriva.
“Sono
quasi pronto…”
Hanamichi
era fermo a bocca aperta (*) di fronte all’unica persona in grado di
fargli dimenticare chi fosse, dove fosse ed altri irrilevanti particolari
di questo genere! Continuava a fissare quel ragazzo meraviglioso seduto
sul letto, semiaddormentato, le sue spalle larghe, le braccia muscolose.
Avanzò verso di lui e si inginocchiò, avendo così il viso all’altezza
di quello dell’altro e lo baciò con tutto il desiderio e la passione
che gli suscitava anche il solo guardarlo.
“Non
volevi andare al mare?” riuscì a chiedere Rukawa, quando Sakuragi
abbandonò le sue labbra per scendere lungo il suo collo.
Ansimavano
entrambi, ormai eccitati.
“La
giornata non è poi così bella…”
“Ma
io mi sono vestito ormai!” si lamentò Rukawa che intanto però cercava
di togliere la camicia ad Hanamichi.
“Problema
di facile risoluzione – rispose Hanamichi, spingendolo indietro per
farlo sdraiare – ora ci penso io a spogliarti!”
I
vestiti di entrambi finirono in un mucchio informe sul pavimento e
Hanamichi ricominciò a baciare Rukawa sdraiato sotto di lui, ma quando
cercò di andare oltre, con una mossa fulminea, Rukawa si girò, facendo
in modo di finirgli sopra.
Hanamichi
restò perplesso.
“Kitsune,
che…..?”
“Pensavo
che potremmo fare al contrario, oggi.”
“Eh?!”
Hanamichi era un po’ preoccupato da quella variazione.
Rukawa
sorrise in modo malizioso.
“Non
fare quella faccia, do’aho, non pensavo ad uno scambio di ruoli, ma di
posizione…”
Hanamichi
respirò un po’ più rilassato.
“Ahhh…!
Ottima idea, sembra quasi una delle mie…. avanti, vediamo cosa sai
fare!”
Rukawa
si sistemò sopra di lui e Hanamichi gli posò le mani sui fianchi.
“Sai,
Kaede, anche da questo angolazione sei stupendo!”
Non
riuscì ad aggiungere altro, travolto dalla sensazione esaltante del corpo
di Rukawa che accoglieva il suo, che lo circondava di quel calore che
mandava a fuoco ogni singola parte del suo corpo e lo faceva smettere di
pensare.
“Muoviti,
Kaede….” Hanamichi supplicò il suo amante di dargli ancora più
piacere, ma Rukawa indugiava di proposito, gli piaceva vederlo preda del
suo potere, bisognoso di lui. Quando cominciò a muoversi, Rukawa gettò
la testa indietro, gemendo di piacere, le mani di Hanamichi che gli
carezzavano la pelle, la sua voce che lo incitava a non fermarsi… quando
arrivarono al culmine, Hanamichi intrecciò le sue dita con quelle di
Rukawa e gridò di piacere insieme a lui. Rukawa si lasciò scivolare su
Hanamichi e avvertì subito le braccia dell’altro che gli circondavano
le spalle, la sua bocca che si posava sui suoi capelli. Restarono in
silenzio per un po’, ascoltando l’uno il respiro dell’altro, poi
Rukawa si mosse, mettendosi a sedere e guardò prima se stesso poi
Hanamichi.
“Sarà
meglio farsi una doccia, siamo un disastro…”
Si
alzò, avviandosi verso il bagno, Hanamichi si sollevò su un gomito a
guardarlo andar via. Si lasciò ricadere con un sospiro, un po’ triste.
C’era qualcosa del comportamento dell’altro che ancora un po’ lo
infastidiva, o meglio, acuiva la sua naturale insicurezza: Rukawa gli
aveva concesso il suo corpo, ma il suo cuore, i suoi pensieri….
Hanamichi
sapeva ancora così poco! Rukawa gli aveva detto di amarlo la notte che
avevano fatto l’amore per la prima volta, da allora più niente, come se
ormai non fosse più necessario, mentre Hanamichi ne sentiva un bisogno
immenso.
Rukawa
tornò, avvolto nel suo accappatoio bianco, i capelli bagnati. Si sedette
sul bordo del letto.
“Tu
non vai a lavarti?” poggiò una mano sul petto di Hanamichi.
“Tra
un attimo….”
“Hn.”
Rukawa
fece per alzarsi, ma Hanamichi gli prese la mano che l’altro ancora
teneva su di lui.
“Kaede,
aspetta…… devo chiederti una cosa.”
Rukawa
annuì, invitandolo a continuare.
“Ecco,
io….. – Hanamichi alzò finalmente gli occhi per guardarlo – tu sei
contento? Voglio dire, sei felice di stare con me?”
“Che
domanda è, do’aho? Non starei con te, se non lo fossi!”
“Ho
paura di perderti…..”
“Perdermi?!”
“Sì,
io lo so che tu mi ami, ma ci sono dei momenti che non so più
niente….. ti sento lontano da me….. io non sono come te, sicuro di
tutto… tu sei la cosa più importante della mia vita!”
Hanamichi
aveva il viso arrossato per l’emozione, tutto in lui tradiva il
nervosismo che quella discussione gli suscitava. Rukawa rimase tranquillo,
ma lo guardò dolcemente: era uno spettacolo un po’ inusuale vedere il
grande tensai che ammetteva le sue paure, le sue incertezze…. aveva
sempre sospettato che si nascondesse qualcosa del genere dietro
quell’esuberanza eccessiva! Amava un ragazzo che era un vero
attaccabrighe, ma dal cuore buono e tenero, capace di una passione calda e
avvolgente…..
“Ascoltami
bene, perché te lo dirò una sola volta. Neanche io posso avere la
certezza che tu mi vorrai per sempre, potresti stancarti dei miei silenzi,
del mio carattere. Il nostro stare insieme dipende dalla volontà di
entrambi, dai sentimenti reciproci….. è vero, io sono più sicuro di te,
praticamente in tutto, ma non do per scontato il tuo amore, perché quella
non sarebbe sicurezza, ma arroganza e presunzione. Io non sono così. Come
vedi, ora non ho più il controllo su tutto: ti sei portato via un po’
delle mie certezze.”
Hanamichi
sentì un piacevole calore nascere dallo stomaco e salire man mano a
scaldargli il cuore, l’anima…. la risposta di Rukawa era più
significativa di mille giuramenti d’amore eterno, considerando anche il
numero di parole che aveva adoperato per lui!! Lo abbracciò forte.
“Ti
amo, Kaede, talmente tanto…..”
“Non
è necessario che mi soffochi per dimostrarmelo! Dai, lasciami…..”
intanto però, rideva.
“Kitsune,
sei senza cuore!”
Rukawa
gli baciò le labbra.
“Sarà….
però
ti amo.”
Hanamichi
si buttò su di lui, mandandolo disteso sul letto.
“Sai
una cosa, Kaede?”
“Hn?”
“Tu
prima parlavi del fatto che io mi sono preso un po’ delle tue
certezze…. bè, non è esatto – Hanamichi allentò la cintura
dell’accappatoio dell’altro, aprendolo – mi sono preso anche
qualcos’altro….. hai dimenticato di aggiungere che sono stato il primo
ad averti!” gli baciò maliziosamente il torace.
“Avermi?!
Tu non hai un bel niente…..”
“E
ti pareva! Devi sempre aggiungere qualcosa, eh?”
“….
a
parte il mio cuore, ma considerando che hai appena detto che non ne ho
uno…..”
“Oi
kitsune, tu non mi prendi mai sul serio, non vorrai farlo proprio
adesso!!”
“Certo
che no, do’aho!”
“Ahhh,
credevo! Comunque, se veramente intendi farmi dono del tuo cuore, ti
prometto, ti giuro, che farò in modo che resti mio, lo conserverò per
sempre!”
Hanamichi
era serio, come mai in vita sua: avrebbe mantenuto quella promessa a
qualunque costo.
“E’
il minimo che mi aspetto da te, Hanamichi!”
Fine.
(*)
chi volesse avere un’idea di ciò che Hanamichi vede, può andare nei
link e cliccare sul sito di Miyuki, da lì andare su download e guardare
l’immagine intitolata wall3. Secondo me, lì Rukawa è semplicemente
splendido ( eufemismo ^_^ ) !! Non per niente è diventato lo sfondo del
mio computer. Oh, soave visione!!! ^_^
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