Nota dell’autore: Scusate se questa ff può sembrare un po’ deprimente o cose del genere, ma per prima cosa è la prima ff che scrivo, e poi ero pure depresso mentre la scrivevo, perciò cercate di capirmi^^”…

Naturalmente tutti i diritti sono delle Clamp etc, etc…

 


Clover: L'altro me stesso

di Angel/Dev



Il tempo non passa mai…

Guardo distrattamente l’enorme costruzione di questa nostra prigione.

Qualcuno è seduto dietro di me, la sua schiena appoggiata alla mia, non ha bisogno di guardami per sapere cosa sto facendo, non ha bisogno di parlarmi per sapere a cosa sto pensando, lo sa e basta.

Accanto a noi due si siede anche lui e ci guarda triste.

È stanco di dover stare qui dentro e il tempo non passa mai…

Mi giro verso di lui che vuole dire qualcosa.

Si ferma.

Decide che è meglio non parlare.

Sono le uniche persone con cui io abbia mai parlato, conosco soltanto le loro voci. Non ricordo nessun altro volto se non il loro.

Cambia idea.

- Perché dobbiamo rimanere qui… - parla. La sua non è una domanda, conoscerebbe bene la risposta, è solo un modo per autoconvincersi che non abbiamo altra scelta.

- Vorrei tanto uscire da questo posto… - anch’io lo vorrei, ma è solo lui a dirlo.

Si avvicina a me.

Mi è davanti.

- Non ti piacerebbe uscire da qui, Ce? – è sempre la stessa domanda e io gli do sempre la stessa risposta – Per andare dove…? – ma lui me la rifà ugualmente.

Si alza.

Guarda ancora dietro di me, ma non sono io quello che vede.

Aspetta qualcosa.

Non sa nemmeno lui cosa, ma aspetta.

Il tempo è sempre fermo, immobile, dal momento in qui siamo entrati in questo luogo. Da sempre…

Si è stufato anche di aspettare, sebbene non è possibile non farlo, e torna a sedersi accanto a me.

Lui non gradisce.

Lui, che ha i miei stessi capelli, i miei stessi occhi, il mio stesso viso.

Lui che sa ogni cosa di me…

Ora l’altro dorme. Ma non lui. Lui è ancora sveglio con la schiena sempre appoggiata alla mia e il suo sguardo bloccato su colui che riposa vicino al mio ginocchio, troppo vicino.

Si alza lasciandomi dietro una sensazione di freddo.

Giro il capo verso di lui che mi fissa.

Poi fissa l’altro, e ancora me.

- Mi vuoi bene, Ce? – mi chiede, ma nemmeno questa vuole essere una domanda.

- Sì. – i suoi occhi sono fissi sui miei.

Si è svegliato.

Ci guarda. Tutti e due. Di nuovo.

A lui non importa.

So che vorrebbe che non ci fosse.

Ma per me è diverso.

Lui è uguale a me, ma io non sono come lui…

- Tu devi stare solo con me. Ce. - 

Il tempo non passa mai in questo luogo così grande, ma troppo solitario per tre ragazzi che non hanno altri che loro stessi.

Il tempo non cambia nemmeno ora che lui ansima a fatica. Anzi, è diventato più lento di prima.

Il sangue scorre dalla sua ferita, ma il tempo, quello no.

Lo osservo. Immobile. Come il tempo.

Piano, con lentezza allucinante, si accascia a terra.

I misi occhi puntati su di lui vorrebbero cancellare quell’immagine spaventosa.

Cerca di parlare.

Fa male. Posso sentirlo. Posso sentire il suo dolore.

Si preme la ferita al ventre quasi completamente squarciato. 

Non serve a niente. Il sangue non smette di uscire copioso e il dolore non finisce di farsi sentire. Insopportabile.

Mi guarda.

La sua mano è tesa verso di me.

L’altro me intanto sorrise. Il suo assassino.

- …Be… - non è altro che un sussurro il mio. Un sussurro che non servirà a salvarlo.

La sua mano ora è stretta tra le mie.

I suoi occhi cercano una risposta scrutando tra i miei. Increduli.

Non può sapere perché l’ha fatto, ma io sì. Io so tutto di lui, e lui sa tutto di me.

- Io… - non finisce la frase, non può.

Rimane in sospeso, come il suo sguardo fisso avanti a sé che non vede niente e la sua mano che cade dalle mie.

La sua immagine rimane immortalata nella mia mente e nel tempo che sempre lentamente riprende il suo corso senza mai passare.

L’altro è contento.

L’ha ucciso. È contento.

Ora siamo solo noi due.

- Devi stare solo con me. – Non si cura delle mie lacrime, non comprende il mio dolore. Per lui è inesistente.

- Mi vuoi bene, Ce. – la sua non è ormai più nemmeno una domanda, è un ordine.

- Sì. – il suo corpo è ancora tra le mie braccia.

- Più di chiunque altro? - 

- Sì. – lui l’ha ucciso.

- Per sempre, anche nel futuro? - 

- …Sì. – E’ morto. L’ha ucciso lui. Eppure io continuo a volergli bene perché sono felice solo se sto con lui.

Lui è uguale a me.

Ma non è me…

 

***FINE***



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