PAIRING: RuHana

DISCLAMEIRS: I pg di slam sono di Inoue.

DEDICHE:Auguri Ru!!^^;;;;;;;;;;;;;;;;;;;;;;;;;;;

NOTE: Bhe! il lieto fine però c'è!!>.<


ALMENO UNA VOLTA ANCORA... 

di Eny


 




L'enorme portone di quercia si aprì con un inquietante cigolio. L'imponente uscio, una volta sicuramente maestoso, ora, era solamente vetusto e scheggiato.

I battenti d'ottone pregiato dalle intricate forme,ora, ossidati.

Kaede mosse un passo sugli scalini di marmo bianco dalle venature perla coperti da foglie rosse di acero.

La superficie opaca del prezioso materiale piena di crepe e sudiciume.

Il lungo mantello nero si mosse come un fantasma dai riflessi violacei che il tessuto scuro traeva dai raggi della pallida luna, che timida faceva capolino dalle fronde degli aceri e dalli plumbee nubi, dando a quell'oscuro signore un aspetto
evanescente.

Rukawa alzò lentamente il volto permettendo ai suoi occhi color dell'universo più profondo, di osservare, anche solo per un istante, la malinconia dell'astro notturno, dal colore così simile alla sua pelle.

Si concesse, per un lungo attimo, di godere del frusciare leggero delle foglie
secche che erano restie ad abbandonare gli sicuri rami a cui erano aggrappate.
Le figure nere dei tronchi degli aceri che ornavano il lungo viale e il maestoso giardino, che si piegavano alla gelida brezza di una notte d'inverno, sembravano uomini deformi che si contorcevano agitando le scheletriche braccia in cerca di aiuto per scappare dalla loro prigionia.
Eppure la mentre traditrice gli rammentava che c'era stato un tempo in cui quei possenti aceri gli erano sembrati così belli e rassicuranti.
Scostò lo sguardo lasciando che i capelli d'ebano e il cappuccio scuro celassero il suo volto proteggendolo dai ricordi.

Varcò la soglia e quell'unico passo riecheggiò nella casa deserta come un grido di dolore.

La porta si richiuse alle sue spalle con un tonfo secco facendo piombare il
maniero, nuovamente, nella più profonda oscurità, prima infranta da uno
spicchio di luce donatogli dalla pallida luna, che stagliava l'ombra di
Kaede lunga e maestosa sul pavimento coperto di polvere.
La casa era nella più fitta oscurità e un pesante silenzio avvolgeva tutto
come una soffocante coperta. Ma Kaede non necessitava di luce per muoversi
in quella casa che conosceva fin troppo bene.
Mosse un altro passo.
Ancora riecheggiò quell'urlo agghiacciante.
Così vuota...
così silenziosa...
così..
...morta...
Quella dimora: prima vita e luce, colore e calore... ora era fredda e
spoglia come il più gelido degli inverni.
Un sospiro affranto uscì dalle sue labbra mentre quell'unica lacrima argentea
percorreva lentamente i suoi lineamenti androgini, baciandone le labbra
morbide, per poi infrangersi al suolo inquinando la sua purezza con la
polvere sporca e piena di orrori di quella casa.
Camminò stancamente movendosi nelle tenebre senza remore o esitazione.
Si fermò.
Anche se non poteva vedere, sapeva perfettamente cosa si stagliava di fronte
a lui.
Imponente come mai lo era stata,
Inquietante come mai era apparsa,
Di fronte a lui, si trovava la porta degli orrori dietro la quale tutto gli
era stato tolto, dove l'inferno aveva trovato dimora, dove quelle fiamme
dannante si erano portate via tutto ciò che era a lui più caro.
Ed era dietro quella porta che solo una volta all'anno, gli era concessa la
possibilità di rivivere, ancora, solamente una volta ancora, la felicità.
Prese un profondo respiro, percorse la superficie scheggiata dell'uscio come
un cieco che per imprimersi nella mente i connotati di una persona percorre
i suoi lineamenti con le dita. Le mani diafane scivolarono sulla maniglia
gelida, abbassandola.
Con uno scricchiolio la porta si aprì lentamente e Kaede entrò nella sala.
Posato un piede lo ritrasse immediatamente quando il tintinnio dei vetri lo
avvertì che aveva calpestato uno dei molteplici frammenti di finestre
infrante. Preso coraggio alzò il volto guardando di fronte a se. Le finestre
enormi sul lato sinistro della sala erano tutte rotte, ma nonostante ciò,
non un alito di vento penetrava nel locale.
Tutto era rimasto esattamente come quel giorno.
La luna che riusciva a invadere tutto con i suoi raggi che passavano,
miracolosamente, tra le fronde degli alberi che sembravano essersi scostate
proprio per permettere alla luce argentea di inondare la stanza enorme. Il
pavimento costellato da frammenti di vetro.
Perfetti vetri senza un filo di polvere, ma ancora macchiati di sangue,
sangue che non si era seccato.
Tutto come allora.
Kaede esitò.
L'unico punto dove la luce non batteva era quello dove il suo sguardo si era
violentato per posarsi. Nella penombra si intravedeva un enorme vetrina...
Kaede si avvicinò tremante.
Un passo e un altro che infrangevano nuovamente quei piccoli cocci.
Finché, col cuore che doleva all'impazzata, si fermò di fronte al vetro.
Tutto come quel giorno in cui era rientrato dopo un viaggio di soli due
giorni, e aveva trovato il suo inferno.
Ansimò affranto e disperato, nonostante fossero anni che lui era costretto a
vedere quello spettacolo agghiacciante.
Dietro quella vetrina perfetta, unico cambiamento allo scenario, un enorme
palo di legno piantato a fondo nel suolo. Legato in cima a quel palo, a
qualche metro da terra..lui...
Il suo amore dai capelli rossi.
Il corpo avvolto da un lenzuolo malridotto intinto di sangue che lo
avvolgeva come una benda. Le braccia legate in alto con catene arrugginite,
le mani piene di tagli e graffi su cui ancora il sangue brillava fresco. Il
volto reclinato di lato, l'espressione sconvolta dal dolore che neppure
l'abbraccio della morte era riuscita a lenire. I suoi capelli rossi, intinti
del colore del sangue appiccicato alla sua fronte. Il corpo martoriato, gli
strappi su quella veste improvvisata lasciavano chiaramente a vedere
profonde ferite e squarci sulla pelle. Hanamichi era legato al palo con
pesanti catene che avvolgevano le gambe sovrapposte. I suoi piedi, da dove
ancora colava sangue, erano stati segnati profondamente con marchi incisi
col fuoco. Le gambe gli erano state spezzate con un pesante martello. E come
opera di dimostrazione di disprezzo, al collo un cilicio con un guinzaglio
di cuoio che pendeva. (cilicio: strumento usato nell'epoca cortese per
l'autopunizione. Collare o cintura con applicate borchie metalliche. Veniva
legato al collo o alla vita con gli spuntoni verso l'interno in modo che ad
ogni movimento si venisse infilzati. ndA) Lungo il collo rivoli di sangue
ancora fresco scintillavano mentre gli spuntoni dolorosi dell'attrezzo erano
conficcati nella gola del suo amante.

Gocce di sangue destinate a cadere per anni e anni, sempre e ancora, senza mai fermarsi.

Il suo corpo, costretto a mantenere il calore di un essere, appena morto.

Appoggiò la mano tremante sul vetro trasparente.

-Amore...- un sussurro implorante, come se sperasse che chiamandolo, tutto fosse finito.

-Hana...- Quella parola.

In fondo, solo un nome.

In realtà, sinonimo di vita.

Ambrosia che concede l'alito di un respiro.

Ragione di esistenza.

Scopo di sopportare la sofferenza.

Era solo un nome, in fondo.

Hanamichi Sakuragi.

Eppure dietro ad un appellativo, sono celate miliardi di parole.

Infiniti canti, che comunque, non riescono ad esprimere appieno il valore di un semplice nome.

Come Dante che, senza riuscirci, prova a spiegare come sono magnifici e stupefacenti i cerchi concentrici che sono attorno a Dio, può solo provare ad esprimere ciò che prova, lo stesso, quel semplice nome, non può essere spiegato o raccontato.

Può solo essere trasmesso.

E ora quel nome è troppo denso di emozioni per essere pronunciato senza essere schiacciati dai sentimenti.

E Kaede cadde a terra, sui vetri con gli occhi fissi sul corpo martoriato di colui che gli aveva insegnato cosa vuol dire sorridere.

-Che ti hanno fatto amore... che ti hanno fatto piccolo... Perché a te amore mio.. perché?- domande che non avranno mai risposta.

Le ripeteva ormai da sei anni, ogni volta sempre le stesse.

Nonostante non ottenesse mai replica, nonostante fossero sei anni che le cercava, non le trovava, e mai le avrebbe trovate.

-Ti amo...- un sussurro spezzato mentre gli occhi si chiudevano di nuovo, troppo sofferenti per guardare ancora.

E la mente trasportata dal suono di quel nome rievoca giorni lontani, in cui, la sofferenza vera, era solo una parola senza significato.

Il suo do'hao.

Il suo amato do'hao.

Insieme in quella grande casa, in cima al colle che svettava sul piccolo villaggio.

Rukawa, il Signore di quelle terre.

E Hanamichi, quel ragazzo che impunemente l'aveva chiamato volpaccia.

Che poi gentilmente gli aveva offerto quella rosa blu, così rara, dicendo che era come i suoi occhi.

Quello sfacciato ragazzo senza famiglia, che con una rosa donata col sorriso, aveva distrutto tutto ciò in cui Rukawa credeva.

Aveva preso quella rosa con gli occhi larghi.

Nessuno gli aveva mai fatto un dono così.

I più ricchi vestiti e i più puri destrieri.

E invece, quel giovane, con una semplice rosa, gli aveva trafitto il cuore.

E quel sorriso devastato l'anima.

-Chi sei tu?- gli aveva chiesto.

-Io sono un Tensai!- aveva detto lui con un ghigno.

-Do'hao!- aveva risposto con ironia.

-Ehi! Sono Hanamichi Sakuragi! Un Tensai... per chi mi conosce. Semplicemente nessuno per gli altri. Ovvero per tutti!- aveva aggiunto sorridendo.

E con quella rosa stretta tra le mani era tornato al castello quella sera.

Tornato con una certezza nel cuore: ma più si sarebbe chiesto cosa era l'amore.

Nuovamente la stessa goccia scarlatta cadde perpetua a terra in quella pozza che mai si seccava e mai si allargava.

Condannata a cadere per sempre senza trovare mai tregua.

Come lui, condannato a cadere per sempre nell'agonia senza trovare tregua.

Ma come quella goccia, anche lui aveva un appiglio: una sola, una sola volta all'anno era concesso al sangue di non stillare, al cuore di non soffrire, alla mente di non ricordare, solo di vivere per quel momento.

Il suono cupo di un pendolo che mai avrebbe cessato di scandire il tempo, batté i suoi undici rintocchi.

Riecheggiarono pesante in quella sala, dove il tempo scorreva, senza poter intaccare nulla.

Ancora un'ora di dolore, e poi, solo per pochi minuti, non avrebbe sofferto.

Il dolore e la disperazione al ricordo di quei giorni felici.

Chi ha detto che i ricordi rendono viva una persona?

Chi mai aveva potuto dire che quando qualcuno ci lascia, tramite il suo ricordo, lei sarà sempre accanto a noi?

Chi mai ha potuto dirlo?

Solo uno che mai aveva perso una persona così vitale.

Perché più lui ricordava più moriva dentro, quando con i ricordi della sua voce che sussurrava il suo amore, i suoi occhi splendenti di innocente bellezza, giungeva anche la consapevolezza che mai più avrebbe goduto di quei momenti.

E allora i ricordi corrodono e uccidono.

Falsi appigli a cui aggrapparsi.

Appena li afferri per non impazzire si rivelano un tranello diabolico che ti fanno precipitare sempre più in basso.

Che ti fanno svegliare nel cuore della notte urlando.

Che ti destano di soprassalto illudendoti che lui è lì, accanto a te nel letto enorme, ma che poi si rivela essere vuoto.

Il loro amore: eterno come il tempo, infrangibile come un diamante.

Il più prezioso dei diamanti.

-Se solo non me ne fossi andato...-

due giorni.

Solamente due giorni li avrebbero divisi.

E invece, niente li avrebbe più riuniti.

Aveva sentito distrattamente, quel giorno, di quei due bambini che erano scomparsi.

Hanamichi era molto dispiaciuto.

I suoi occhi si erano intristiti.

E lui non aveva potuto far altro che baciarlo e stringerlo a se dicendo che sicuramente stavano bene, che magari volevano solo fare una marachella per una spada di legno che i genitori non avevano voluto comprar loro.

E Hanamichi aveva sorriso nuovamente annuendo un po' rincuorato.

Rukawa era partito baciandolo, promettendogli che sarebbe tornato entro due giorni, di non preoccuparsi e di stare attento.

Perché da quando il villaggio aveva scoperto la loro relazione, parlavano di loro come deviati.

Non erano mancati gli insulti e le uova marce al loro passaggio in carrozza.

Ma li avevano sempre ignorati .

Finché gli insulti non si erano rivolti specialmente ad Hanamichi accusandolo di aver deviato il loro padrone.

Di bramare solo al suo potere.

E se ne era andato comunque con un peso nel cuore.

E quando era tornato, aveva scoperto la disperazione.

Aveva scoperto l'oblio più nero: ci era cascato in pieno.

Era entrato nella casa chiamando Hanamichi ma aveva trovato solo il loro migliore amico, Akira Sendoh, in lacrime inginocchiato a terra col giardiniere Mitsui, la cuoca Ayako e il falegname Miyagi.

Tutti stretti in singulti in uno straziante cordoglio.

E lui aveva capito le urla lanciate da quelle lacrime.

Il nome singhiozzato dai loro sguardi.

-Dove è Hanamichi...- aveva chiesto con la voce stridula e incrinata.

Ma il suo cuore già sapeva.

Già urlava.

Ma la sua mente No.

La sua mente, il suo essere si erano aggrappati ancora disperatamente a quell'appiglio chiamato speranza che poteva portare a due strade: la felicità assoluta, o la disperazione più nera.

E lui sapeva già a quale strada lo avrebbe condotto.

-Kaede! Abbiamo provato! Abbiamo cercato di fermarli!- aveva singhiozzato Sendoh alzando il volto pieno di graffi e lividi gonfio di lacrime.

-Signor Rukawa... abbiamo tentato.. abbiamo provato ma loro ci hanno rinchiusi e... il signor Sakuragi...- Ayako strillava impazzita tra le braccia del fidanzato Ryota che scuoteva la testa in rassegnazione.

Mitsui era stato l'unico che aveva avuto il coraggio di avvicinarsi a lui con lo sguardo carico di dolore e rabbia.

-Mi dispiace signore...-

-Dove è Hanamichi!!!!- aveva ripetuto Rukawa urlando, cercando di ignorare le loro urla.

Hanamichi stava bene, ne era certo!

Non era successo niente!

Massimo lo avevano accusato di qualcosa che non aveva commesso!

Sicuramente sarebbe stato solo depresso ed arrabbiato e avrebbe girato come una belva in gabbia nella loro stanza aggredendo chi capita nei paraggi.

Loro stavano piangendo perché in un impeto di collera li aveva licenziati!

Si! Senza dubbia era così!

DOVEVA essere così!!

Perché se ad Hanamichi fosse successo qualcosa lui..

lui sarebbe morto.

Impazzito.

Distrutto.

Annientato.

-Dove è! Dimmi dove è!- aveva preso il giardiniere per il bavero fissandolo con furia e ansia negli occhi.

Il giovane con una piccola cicatrice sul mento aveva abbassato il volto incapace di frantumare la speranza che albergava in quegli occhi blu.

Aveva alzato il braccio tremante indicando il portone della sala da ballo.

Rukawa aveva fissato la porta mollando la presa sul servitore e si era diretto verso la sala correndo.

-No Kaede no!!! Non andare là ti imploro! Non aprire quella porta! Kaede non farlo!- aveva cercato di fermarlo Akira. Rukawa lo aveva fissato mentre i giovani gli si avvicinavano.

-Non entri... la prego signore... non entri.- lo aveva implorato Miyagi. Nei suoi occhi solo supplica.

Li aveva allontanati con un braccio ignorando le loro urla e i loro tentativi di fermarlo.

Aveva spalancato la porta urlando il nome del suo amato.

Ma quando il suo piede calpestò uno dei miliardi di vetri infranti al suolo, l'urlo di Ayako era diventato solo un eco indistinto nella sua mente. La ragazza era svenuta tra le braccia del fidanzato.

-Hana...- aveva balbettato quando la raccapricciante realtà gli era balzata agli occhi in tutta la sua crudeltà.

-Kaede...- lo aveva chiamato Akira. Ma Rukawa non l'aveva ascoltato. Era corso verso quel palo dove lo avevano martoriato.

Era giunto ai piedi di Hanamichi e aveva alzato il volto sconvolto, implorando che nulla fosse vero.

Vide gli occhi nocciola socchiusi e appannati dall'agonia e dalle lacrime.

Il respiro ridotto ad un rantolo spezzato. Il cilicio conficcato a fondo nella sua gola, rendeva ogni boccata d'aria letale.

-Hana!!! Akira!! E' vivo vieni! Tiriamolo giù!- aveva strillato con panico lavorando con le catene nel tentativo di liberando.

-Resisti amore resisti!!!- implorava come una nenia.

-No!!! Fermo Kaede!! Fermo!!!- Akira lo aveva bloccato stringendogli i polsi... Ma prima che con furia Rukawa si liberasse, spiegò con voce afflitta-Se lo liberi morirà!!! Kaede... sta morendo... non c'è nulla da fare... ma se devi dirgli qualcosa... diglielo ora... Se lo liberi... morirà all'istante... - Kaede si bloccò. Guardò il suo amore morente e i suoi occhi si fissarono sull' arnese di tortura. Quegli spuntoni... creavano e ostruivano allo stesso tempo i buchi che gli perforavano la gola... se l'avesse sfilato... Hanamichi sarebbe dissanguato subito....

Se lo avesse slegato e portato a terra.... le costole rotte si sarebbero sicuramente conficcate nei suoi polmoni.

Kaede era caduto in ginocchio tremando.

-Ka...e...- un sussurro strozzato.

-Hana... piccolo...- aveva pigolato alzandosi e carezzandogli le gambe .. Hanamichi stava troppo in alto... Avrebbe voluto baciarlo, accarezzarlo... stringerlo a se per non lasciarlo solo nel momento della morte.

-Mi dispiace... se solo non fossi partito...-

-Promettimi...- lo interruppe il rosso. -Promettimi che vivrai anche per me... promettimi che cercherai un'altra persona speciale che ti ami...- Gli occhi velati e sofferenti, la voce così flebile da essere appena udibile. Gli spuntoni acuminati che si conficcavano sempre più a fondo nella carne.

-Come puoi chiedermi di innamorarmi?! Come puoi chiedermi di vivere?!? Tu sei la mia vita! Tu sei la persona che amo!!! Non voglio vivere se tu non sei con me!- aveva urlato disperato il giovane.

-Non... non voglio... che il nostro amore... porti te nella tomba... Ti amo Kaede... ti prego... vivi per me... per noi... Solo... ti prego... non chiamare più nessuno Do'hao..- un debole sorriso aveva increspato il volto pallido e sofferente di Sakuragi.

-Non chiamerò nessuno do'hao!!! Non lo farò... perché nessuno riuscirà mai a prendere il tuo posto...- Era caduto nuovamente in ginocchio. -Ti prometto... che vivrò... Ma non chiedermi di innamorarmi ancora... Questo non puoi chiedermelo...-

-Allora sii felice... ti amo... Ba..ka...Kits...- Rukawa aveva alzato di colpo lo sguardo terrorizzato. Hanamichi aveva gli occhi ancora socchiusi...ma...

le pupille completamente dilatate.

Le labbra socchiuse non emettevano sospiro.

Hanamichi era morto.

Lo aveva lasciato obbligandolo a suggellare una promessa, che non sapeva se sarebbe stato in grado di mantenere.

-Hanaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!!!!!!!!!!!!- aveva urlato disperato. Come se si fosse trattato di un segnale, le catene si erano spezzate di colpo e il corpo inerme del Rossino era caduto pesantemente a terra in posizione innaturale.

-Hana...- aveva sussurrato affranto il moretto avvicinandosi e prendendo il cadavere tra le braccia.

-Piccolo..- aveva sussurrato guardando il volto ferito dell'amante.

-Addio...- chiuse gli occhi mentre con la mano abbassava le palpebre del suo amore perduto.

Aveva liberato il corpo delle catene mentre Akira faceva da muto spettatore con nel cuore, lo stesso cordoglio di chi perde un fratello.

I catenacci erano caduti a terra con clangore mettallico.

Aveva sfilato delicatamente il cilicio come se avesse avuto paura di fare troppo male ad Hanamichi. I suoi occhi si erano posati sui larghi e profondi fori nella gola bronzea.

Le sue mani si erano strette attorno allo strumento imbrattandosi di sangue.

Aveva sollevato il corpo lentamente e lo aveva portato, in silenzio, fuori dalla stanza.

I servi lo avevano fissato con pietà e tristezza. Le donne erano scoppiate in lacrime nel vedere lo scempio che il corpo del loro amato padroncino aveva subito.

Kaede lo aveva delicatamente riposto sul loro letto coprendolo con un lenzuolo bianco.

-Non resteranno impuniti amore... non lo permetterò...- aveva sussurrato baciando un'ultima volta le gelide labbra un tempo calde e dolci.

Era uscito dalla stanza chiudendo dentro essa la sua disperazione e recuperando la sua lucidità.

In quel caso, folle lucidità.

-Akira! Ayako! Mitsui! Miyagi!- aveva urlato. Questi erano accorsi immediatamente.

-Cosa Kaede?-

-Akira! Voglio che tu vada al villaggio. Voglio che tu identifichi tutti, e sottolineo tutti gli assassini, nessuno escluso. Se non te ne ricordi alcuni, portati tutta la servitù che ti serve, non voglio che neppure uno di quei vermi rimanga impunito .- aveva sibilato con disprezzo. - Voglio che li porti in galera e dia ad ognuno di loro venti frustate! Non mi importa se sono donne, uomini, vecchi o bambini! Non mi importa! E se anche uno solo di loro osa lamentarsi, riferisci che gli sarà riservato lo stesso trattamento che loro hanno usato su Hanamichi!- urlò indicando la porta della stanza.

-Quando hai finito chiamami perché voglio proprio sapere cosa ha fatto di male Hana per meritarsi tutto questo! E ti assicuro che, dovessero saltare delle teste, lo scoprirò!- Akira era diventato improvvisamente freddo e distaccato.

-Vado immediatamente, e ti giuro che nessuno di loro verrà risparmiato- Akira si era voltato e si era diretto verso l'ingresso chiamando alcuni servitori che si affrettarono a seguirlo.

-Ayako...- aveva chiamato con voce stanca.

-Si Signore?- la ragazza si era fatta avanti timidamente con il volto ancora sconvolto e rigato di lacrime.

-So che è difficile per te...- aveva cominciato Rukawa con tono pacato - ma vorrei che lo sistemassi meglio che puoi... e... vorrei che gli confezionassi l'abito più bello di tutti i tempi! Ne fai sempre di molto belli per Ryota... Ti darò tutta la stoffa che vuoi: raso, seta, velluto, damasco... tutto quello che vuoi...- aveva chiesto, quasi supplicato. La ragazza rispose con un sorriso triste sul volto.

-Glielo farò blu Signore... il suo colore preferito .- aveva risposto inchinandosi e sparendo su dalle scale per cominciare il suo lavoro.

-Mitsui...-

-Si!- aveva risposto deciso il giardiniere.

-Voglio che tu mi procuri tutte le rose blu che riesci a trovare. Comprale, coltivale, raccoglile... non mi importa! Voglio che tu ne trovi il più possibile. D'ora in poi... vorrei che nel giardino ci fossero solo fiori azzurri e blu... possibilmente rose.-

-certo...- Mitsui era corso in giardino.

-E ora tu Miyagi.... Ti procurerò mogano, quercia, faggio... dimmi tu quale è più consono... voglio che tu ricavi una splendida.. la più magnifica...- per quanto si fosse sforzato non era riuscito a completare la frase.

Pronunciare quella parola era l'equivalente di ammettere che il suo Hanamichi era scomparso per sempre.

E nessuno gliel'avrebbe mai ridato.

-Non c'è bisogno che continui. Ho capito. - la mano del ragazzo si era posata sulla spalla del padrone. Rukawa aveva annuito semplicemente voltandosi e rientrando nella stanza.

Un singhiozzo sfuggì dalle sue labbra riecheggiando nell'enorme sala vuota illuminata dalla luna.

La goccia di sangue cadde nuovamente sul pavimento con un tonfo inquietante.

-Sei bellissimo... Sei bellissimo anche così...- mormorò con un sorriso amaro.

Il corpo privo di vita non si mosse.

- Sei un angelo. Scommetto che sei il più bello lassù...- le sue dita fiorarono leggere il vetro.

-Mitsui ti saluta... e Ryota e Ayako si sono sposati sai? Hanno chiamato il loro bambino Hanamichi...Hanno detto che sperano sia un ragazzo meraviglioso come te- abbassò il volto.

-Dopo possiamo andare da Akira se vuoi... è stato e sarà il migliore amico che si possa avere....- sussurrò.

Akira...

I giorni erano trascorsi lenti e dolorosi.

Avevano punito i responsabili dello scempio.

Loro erano convinti che Hanamichi avesse rapito i due bambini e li tenesse nascosti da qualche parte per le sue pratiche da deviato...

Invece i bambini erano tornati lo stesso pomeriggio.

Erano andati nel bosco e si erano persi.

E Hanamichi era morto per uno stupido pregiudizio...

Ma il suo cuore non era più in grado di provare furia, rabbia o sentimenti che non fossero la disperazione.

Al funerale aveva fissato quella bara come se Hanamichi avesse potuto alzarsi e tornare da lui.

Aveva pregato intensamente perché accadesse.

Ma la bara rimaneva chiusa, immobile.

L'aveva vista coprirsi di terra e avrebbe voluto fermare il becchino.

Hanamichi non amava i luoghi piccoli e stretti.

Hanamichi sarebbe stato solo li dentro, al buio.

E se si fosse svegliato?

Se si fosse svegliato li dentro si sarebbe spaventato.

Non potevano metterlo in quel brutto posto...

Hanamichi meritava di meglio.

Avrebbe volti urlare di tirarlo fuori di li! Di portarlo nella loro stanza!

Perché avrebbe potuto svegliarsi!

E lui adorava guardare Hanamichi svegliarsi.

Ma la parte razionale della sua mente sapeva che Hanamaichi non avrebbe mai più aperto gli occhi.

Che non sarebbe mai tornato da lui.

Hanamichi era morto.

Per sempre.

Niente gliel'avrebbe restituito.

Niente e nessuno.

Era di nuovo solo...

I giorni erano passati lenti, dolorosi, perpetui.

Non un giorno diverso dall'altro.

Che piovesse, nevicasse o ci fosse il sole, per lui non faceva differenza.

Ogni giorno passato senza il do'hao, non aveva senso che fosse vissuto.

Come la notte.

Adorava la notte.

Silenzio, pace, quiete. Il buio che avvolgeva tutto come una calda e soffice coperta rendeva tutto così perfetto.

Meravigliosa.

Ma se poi non c'è il sole a donare colore, luce e a svegliare il mondo, la notte non è più fatta di pace, ma di desolazione.

Non c'è più quiete, c'è solitudine.

Non più il buio tiepido e morbido, ma soffocante e oppressivo.

E le sue giornate erano tutte fatte di notti a cui non seguiva il giorno.

Alcune volte era stato sul punto di farla finita, ma le ultime parole che Hana gli aveva rivolto, lo avevano sempre fermato.

Gli aveva fato promettere che sarebbe vissuto anche senza di lui.

E si sentiva un verme, perché non sapeva quanto a lungo sarebbe riuscito a mantenerla quella promessa.

Perché gli mancava, gli mancava da impazzire.

Era nato circondato dalla bambagia, ma non aveva mai sorriso, non aveva mai gioito.

Ma quando aveva incontrato quel Rossino casinista non solo aveva imparato a sorridere, ma aveva imparato anche ad amare.

Una cosa che mai aveva provato.

E gli era stato strappato tutto.

Ed era tornato nell'oblio del freddo, nell'apatia totale.

Ogni tanto, capitava, che di notte lo sognasse.

Non ricordava mai cosa gli diceva.

Lo vedeva sofferente e piangente a terra, gli diceva qualcosa, ma non riusciva mai a sentire, non riusciva mai a capire cosa quelle labbra tentavano di comunicargli.

Provava a raggiungerlo, tentava ogni volta di fermare le sue lacrime, ma appena stava per sfiorarlo, tutto spariva.

Per diversi minuti, quando si svegliava dopo quel sogno ricorrente, quegli occhi disperati lo tormentavano.

Si chiedeva perché, perché neppure in sogno riusciva a salvarlo.

Perché neppure in un mondo creato da lui non riusciva a non farlo piangere.

E in un giorno in cui quegli occhi dorati erano diventati insostenibili aveva deciso.

Non si era fermato a riflettere e lo aveva fatto.

Aveva violato ogni legge, ogni patto.

Aveva violato qualsiasi tabù pur di riaverlo con se, almeno una volta ancora.

-E' quasi ora Hana, ti potrò rivedere ancora...- accarezzò nuovamente il vetro che lo separava da quel corpo caldo eppure privo di vita. -Ancora un attimo Hana... solo un altro po', e staremo insieme.-

La sua colpa, la sua condanna.

Pur di poterlo stringere ancora una volta tra le braccia,

pur di sentire nuovamente quella voce pronunciare il suo nome...

Pur di riaverlo per se, aveva venduto la sua anima al Diavolo.

Un patto stretto col sangue.

Le parole di quella promessa fatta col demonio, gli rimbombavano ancora nella testa:

-Ti invoco Signore dei Dannati! Appari al mio cospetto padrone del regno del peccato.

Ascolta la mia voce, Signore dell'oblio!-

un mucchio di libri mai letti nell'enorme biblioteca dove aveva trovato Il Libro Proibito delle Evocazioni.

Un libro all'inizio comprato solo per il suo aspetto pregiato: la sua copertina di pelle nera con ricamata d'oro la stella a cinque punte rovesciata.

Le scritte dorate pregiate a identificarlo come il libro dannato.

Le pagine dal bordo del colore cupo del sangue.

le formule dell'evocazioni scritti in eleganti caratteri neri.

Si era disperatamente aggrappato ad uno stupido libro.

La disperazione si era talmente insinuata in lui riempiendolo a poco a poco lo aveva privato della ragione.

Aveva invocato il Demonio per poter stipulare un patto con lui che gli permettesse di riaverlo con sé.

E il Diavolo aveva risposto al suo appello pronto a cibarsi della disperazione di un uomo.

Erano comparse lingue di fuoco che pur ardendo con furia non bruciavano nulla di ciò che riempiva la stanza.

E quella voce che veniva dall'oltretomba gli chiese cosa volesse uno stupido moccioso dal Signore del Caos e dell'Odio.

-Voglio stipulare con te un patto.- aveva risposto con tono gelido.

-Hanamichi Sakuragi è morto. Io lo rivoglio. Lo rivoglio con me. In cambio, quando la mia avita avrà termine... potrai fare quello che vuoi della mia anima.- aveva detto senza remore o timore.

E il demonio aveva accettato...

Una sola volta all'anno, nella giorno in cui Hanamichi è deceduto, nell'istante stesso in cui il suo corpo ha esalato il suo ultimo respiro, in quella stanza, il tempo avrebbe cessato di scorrere.

E una sola notte all'anno, Hanamichi avrebbe potuto raggiungerlo.

Il Diavolo aveva marchiato la sua anima dichiarandola sua, stipulando così il patto fatale, dopo di che, se ne era tornato nelle fiamme dell'inferno.

Era caduto a terra privo di forze, segnato da quella promessa fatta col sangue, scritta nella sua anima.

Akira era corso nella stanza allarmato dal chiasso.

Era entrato in tempo per vedere le fiamme ritirarsi, e Kaede cadere a terra.

-Kaede!!- il ragazzo aveva urlato raggiungendo l'amico a terra col fiato corto.

-Kami Kaede...che hai fatto...- sussultò inginocchiandosi cinereo accanto all'amico prendendogli la mano e stringendola mentre questo ansimava pesantemente col volto più pallido del solito e il sudore che gli appiccicava le ciocche scure sulla fronte.

Lo sguardo di Sendoh si posò sul libro e con mano tremante e con occhi increduli prese il libro aperto osservando le pagine.

I suoi occhi si dilatarono all'infinito quando lesse il rituale che l'amico aveva compiuto.

-Mi dispiace...- sussurrò Rukawa.

-Ma che hai fatto... che hai fatto!- aveva commentato scotendo la testa incredulo e disperato lasciando cadere il libro che si chiuse con un tonfo a terra.

Il ragazzo più vecchio abbracciò il volpino piangendo.

- Perché Kaede, perché?!- continuava a chiedere.

-Non posso vivere senza di lui Akira... Ci ho provato... ma proprio non ci riesco. Mi manca troppo.- gli aveva confessato ricambiando la stretta.

-Che cosa...- provò a chiedere Sendoh ma Rukawa lo aveva preceduto:

-Gli ho venduto l'anima- Akira ebbe un sussulto -In cambio, nel giorno della sua morte, io potrò rincontrarlo, in quella notte, lo rivedrò...- spiegò abbassando il capo. Sendoh era incredulo, non sapeva cosa dire.

Lo amava a tal punto?

Era davvero innamorato a quel punto di Hanamichi, che pur per poterlo sfiorare anche solo un'altra volta aveva venduto la sua anima al Diavolo in persona?

-Si Akira...- gli aveva risposto Rukawa come se avesse letto nei suoi pensieri.

-Lo amo, lo amo alla follia, lui era ed è la mia vita, per quanto io sia forte Akira, non ho le energie per vivere senza di lui... non ci riesco...- stava per concludere la frase quando l'urlo agghiacciante di una delle cameriere lacerò l'aria.

In seguito al suo, molte altre urla riempirono la reggia.

Kaede venne aiutato da Akira per alzarsi e insieme si diressero verso la zona degli strilli.

-Cosa è successo?!- chiese concitatamente il ragazzo dai capelli a punta notando il gruppo di servitori raggruppati intorno ad alcune cameriere in preda allo Shock che tremavano convulsamente con il volto cinereo.

-Signore!- Mitsui si era avvicinato a Rukawa che ora faceva a meno del supporto di Akira. Il volto del giardiniere era pallido e sconvolto e le sue membra tremavano.

-Il signorino....- Rukawa aveva spalancato gli occhi incredulo.

Si era voltato di scatto osservando la porta socchiusa della stanza dove si era consumata la tragedia.

La porta era socchiusa, ma lui non poteva comunque osservare l'interno.

-Signor..Rukawa...Sakuragi... E'...lì...- aveva balbettato Ayako sconvolta tra le braccia di un cinereo Ryota.

Gli altri servi avevano continuato a bisbigliare sconvolti osservando il loro padrone avvicinarsi alla porta maledetta.

-Kaede cosa...?- ma Rukawa non aveva degnato di risposta l'amico. Aveva spinto l'uscio lentamente entrando nella stanza.

I suoi piedi avevano calpestato i frammenti di vetro.

Il suo sguardo era puntato sul pavimento.

Tutto come quel giorno di sei mesi prima...

Con uno sforzo incredibile, stringendo la maniglia in maniera spasmodica, aveva alzato piano il volto.

Sapeva già cos avrebbe visto.

E il suo sguardo si era infranto contro il palo dove Hanamichi giaceva legato, gli occhi socchiusi e vuoti, quelle gocce di sangue ancora fresco che scorrevano.

Poteva vederle anche da lì.

Le sue ginocchia non erano riuscite a resistere facendo piombare il moretto inginocchiato in quella miriade di cristalli tagliente.

Il patto stipulato col Diavolo gli si piantò in testa.

In quella sala, il tempo si era fermato al momento esatto in cui Hanamichi è deceduto, nell'attimo esatto in cui l'anima del suo innocente do'hao aveva abbandonato quel corpo martoriato.

-Kami Sama...- Akira entrato nella stanza aveva sussultato.

-Chi... chi è stato?!?!?- aveva urlato il ragazzo in preda al panico e all'angoscia.

-Chi ha fatto questo a Kaede?! Chi ha osato?!-la servitù si era ritratta intimorita da quelle parole.

-Nessuno di loro Akira...nessuno di loro....- e Sendoh si era voltato di scatto verso l'amico ancora inginocchiato che gli voltava le spalle.

I suoi occhi si erano spalancati, capendo, all'istante, perché il corpo di Hanamichi era tornato in quella sala.

Il pendolo batté con furia i dodici rintocchi della mezzanotte.

Kaede sorrise tristemente raccogliendo da terra un frammento di finestra.

Il pugnale improvvisato riluceva tra le sue mani come un diamante.

Alzò il volto verso Hanamichi.

-Arrivo...- sussurrò recidendosi con decisione e indifferenza il polso. Il sanngue colò cupo e abbondante.

Il coccio cristallino tinto di rosso venne lasciato cadere a terra.

Il pezzo di vetro toccò il suolo senza emettere suono mentre cristalli rubini schizzavano come piccoli fuochi d'artificio intaccando, nuovamente, la lucente perfezione dei vetri infranti.

Kaede lasciò cadere l'arto lungo il suo corpo mentre osservava la vetrina che lo separava da Hanamichi sparire.

-Ci siamo...- bisbigliò avvicinandosi al palo barcollando.

La pozza di sangue ai piedi di Hana si seccò di colpo, la stilla carminio aveva cessato di cadere.

Ad ogni passo il moretto lasciava dietro di se una scia rossa testimone del suo atto.

Posò con riverenza un bacio sul dorso dei piedi di Hanamichi.

Gelidi, il corpo di Hanamichi era diventato gelido.

-Ti amo...- sussurrò prima di lasciarsi cadere stancamente a terra.

Si trascinò faticosamente fino ad appoggiarsi con la schiena al palo di legno.

La testa gli cadde pesantemente su un lato mentre il suo respiro diventava sempre più lento.

Il sangue scorreva dal suo polso come un piccolo ruscello macchiando i suoi abiti scuri.

Chiuse gli occhi aspettando paziente che quella morte fittizia che ormai conosceva bene, lo avvolgesse nel suo manto scuro.

I vetri attorno a lui presero a fremere.

Il tintinnio inquietante dei cocci che venivano a contatto riempiva la sala spoglia.

La sua pelle diventava sempre più esangue e il suo respiro sempre più flebile.

E i cocci fremettero sempre di più...

-Eccomi....- disse in un sussurrò in udibile mentre tirava il suo ultimo respiro.

A quel segnale i frammenti di vetro si sollevarono di scatto in aria mentre, come se un'orchestra stazzasse nella sala, si avvertirono suoni di archi e violini.

La musica triste e violenta allo stesso tempo, come in una festa dove gli unici ballerini erano quelli frammenti cristallini che ora schizzavano impazziti per tutto il salone.

Le finestre venivano ricomposte quando i cocci si univano fondendosi a ricreare la superficie perfetta delle vetrate.

Il cadavere di Hanamichi ebbe un fremito.

Il corpo esangue di Kaede sussultò.

Un nuovo fremito nel cadavere martoriato.

Un nuovo sussulto nel corpo privo di vita.

Le dita del rossino si mossero impercettibilmente.

Le labbra si socchiusero ancora di più in un ansito spezzato.

Le pupille si restrinsero riacquistando luce.

Hanamichi si inarcò violentemente sdoppiandosi.

In quello stesso istante anche l'ultimo vetro infranto tornò al suo posto e la musica nella sala cessava improvvisamente lasciando solo un'eco a testimoniare il suo passaggio.

Sakuragi spalancò gli occhi per poi serrarli gemendo mentre cadeva al suolo a pancia in giù a causa dello slancio. Scosse confuso la testa passandosi la mano illesa tra i capelli carminio.

Gemette flebilmente rimettendosi in piedi. Barcollò un po' per poi voltarsi lentamente verso il palo conficcato al suolo.

Il cadavere di lui stesso tornato mortalmente immobile.

La luce della luna giocò con i suoi capelli traendone riflessi cupi, e con il suo abito di velluto bordeaux.

Abbassò lo sguardo verso Kaede che sussultava ai piedi della trave.

-Kaede...- sussurrò dolcemente avvicinandosi al corpo.

Il proprio corpo impalato sparì con il sostegno a cui era legato lasciando che Kaede cadesse all'indietro.

Ma solamente il corpo privo di vita del giovane toccò terra, perché il Kaede vivo si ritrovò seduto tra le sue stesse gambe.

Si massaggiò la testa dolorante con gli occhi ancora chiusi quando il sussurro dell'amato glieli fece spalancare.

-Kaede...- Rukawa fissò i suoi occhi cobalti in quelli di cioccolato fuso dell'amato.

-Hana...- si alzò non dando importanza all'altro se stesso cadavere che sparì immediatamente.

I loro occhi si incatenarono.

Rukawa posò una mano sulla guancia di Hanamichi accarezzandone la pelle setosa.

-Mi sei mancato...- sussurrò. Il rossino posò la propria mano su quella di Kaede poggiata sul suo volto.

-Anche tu..- i due si avvicinarono con urgenza congiungendo le loro labbra suggellando e rinnovando quella promessa di amore eterno.

Le mani di Kaede si lasciarono avvolgere dai morbidi capelli rossi del ragazzo.

La sua lingua danzava dolcemente con quella del compagno assaporandone il sapore dolce e deciso che tanto gli era mancato.

Un gusto, tuttavia, salato, si intromise in quello dolce del rossino e Kaede capì che il suo ragazzo stava piangendo.

Si staccò da lui per fissarlo negli occhi liquidi con sguardo preoccupato.

Già una volta Hanamichi aveva pianto...

Al loro primo incontro dopo la sua morte.

-Piccolo...che succede...?- chiese sussurrando con voce tenera incorniciando il volto dell'amato con le mani.

-Mi dispiace...vederti soffrire così...- sussurrò Hanamichi.

-Cosa dici Hana... Io vivo in virtù di questi momenti...- tentò di rassicurarlo.

-Proprio per questo Kaede... Io... Ti sto solo impedendo di continuare a vivere... Tu non sei più tu... Da quando me ne sono andato aspetti nel dolore e nell'angoscia queste poche ore in cui possiamo stare assieme. E non è giusto Kaede...- disse abbassando il capo e scotendo piano la testa -Non è giusto...- Alzò nuovamente il volto rigato da nuove lacrime -Io ti ho fatto promettere di vivere Kaede... di vivere! Non di esistere semplicemente come stai facendo tu! Ti amo troppo per vederti logorare così!- singhiozzò abbracciandolo.

-Hana... E' vero... io ti ho promesso che avrei vissuto. E ci ho provato, devi credermi, ma tu era la mia unica gioia, eri tu la mia vita. Io morivo e vivevo nei tuoi sorrisi. Ho provato ad uscire... Ma tutti i volti che incontravo, mi ricordavano quelli delle persone he ti avevano fatto questo Hana, che ti avevano portato via da me. Ed ogni altro che incontravo, mi pareva nulla in confronto a te. Tu volevi che fossi felice piccolo. E io sono felice solo quando sto accanto a te.- concluse cullandolo nel suo abbraccio. Hanamichi non rispose stringendosi di più a lui.

-L'ho sempre detto che sei una Baka Kitsune... Non riesci a fare nulla senza il Tensai...- bisbigliò.

-E' vero... Non riesco a fare nulla senza il mio Do'hao...- rispose sorridendo dolcemente all'amante che ricambiò il sorriso.

Rukawa asciugò le lacrime del rossino con gentilezza.

-Andiamo da Akira?- chiese Hanamichi. Rukawa annuì.

Vederlo piangere era stato straziante.

Come quella prima volta in cui Hana e lui si erano incontrati.

Hanamichi era accasciato al suolo e piangeva, piangeva disperato singhiozzando e ripetendo all'infinito quell'unica domanda: perché?

Come scordare le sue parole..

- Perchè Kaede perché l' hai fatto?!?!?- aveva urlato in preda alla disperazione.

-Perchè non potevo andare avanti senza di te...- aveva ammesso il Signore. Ma Hanamichi piangeva sempre più forte.

-Perchè?! Perchè Kaede?! Perchè gli hai donato la tua anima?! Cosa sono pochi anni di lontananza se poi avremmo potuto stare un'eternità insieme?! Invece ora... ora....-Kaede lo aveva stretto unendosi al suo pianto.

Era disperato quando aveva compiuto quel gesto sconsiderato.

Non aveva pensato, aveva agito.

-Mi dispiace amore... mi dispiace... Non ce la facevo più....a svegliarmi senza trovarti accanto a me. Non sopportavo più il silenzio che regnava in questa casa. Non ce l'ho fatta! Perdonami Hana! Perdonami!- insieme avevano pianto facendo rieccheggiare i loro singulti nella grande sala.

E Akira aveva visto tutto... e il cuore gli si era spezzato...

Da quando il corpo di Hanamichi era riapparso, i servitori si erano licenziati. Gli unici rimasti erano quelli più fedeli: Ayako, Ryota e Hisashi.

Ma la presenza di quel cadavere rendeva la vita impossibile agli occupanti della casa e si erano trasferiti altrove e la dimora era stata bollata come infestata dagli spettri e più nessuno ci si era avvicinato.

Il villaggio era diventato una città fantasma.

Avevano tutti lasciato la piccola collina in preda ai sensi di colpa o alla paura che il loro Signore decidesse di punire anche gli innocenti per sfogare la sua rabbia e il suo dolore.

Akira lo aveva visto vivere ogni giorno attendendo quella notte fatidica in cui avrebbe riabbracciato Hanamichi.

E soffriva con lui vedendolo contare i giorni.

E quella notte, aveva assistito alla loro tristezza.

Riuniti eppure divisi, stavolta, per sempre.

Non aveva sopportato il dolore di quelle due anime il cuio unico peccato era stato quello di amarsi troppo.

Non avrebbe potuto sopportare oltre le lacrime di quelli che considerava suoi fratelli.

Rukawa stringeva la mano di Hanamichi mentre insieme varcavano la soglia d'ingresso della loro ex-dimora.

Il vento gelido spiraleggiò tra i due ragazzi che camminavano sul confine tra la vita e la morte.

Non erano vivi, non erano morti.

Due anime rese materiali, con un cuore fittizio che batteva nel petto, con sangue fasullo che scorreva nelle vene, un amore sincero e puro, a riempire due scatole perfette.

Ma mentre uno di loro, alla fine di quelle ore concessegli, sarebbe tornato in vita, l'altro, non avrebbe potuto che tornare dove le anime trovano pace, separandosi, ancora una volta dal suo amore eterno.

Percorsero il vialetto di marmo coperto da foglie secche.

-Mi manca questo posto...- sussurrò Hanamichi accarezzando una foglia rossastra di acero che si era chinato a raccogliere.

-Senza di te...era vuoto, spoglio, banale. Rasentava lo squallido- gli rispose il moretto camminando accanto a Sakuragi.

-Grazie...- riuscì solo a bisbigliare Hanamichi. -Come stanno gli altri?- chiese guardando distrattamente le foglie secche che calpestava mentre lentamente si dirigevano sul retro della casa.

-Mitsui ti saluta...- ripeté il moretto come quando si era trovato di fronte al cadavere dell'amato. -Ayako e Miyagi si sono sposati- gli occhi di Hanamichi brillarono sorridendo.

-Davvero?! E'...fantastico!- esultò sinceramente contento. Rukawa gli sorrise fermando la camminata e attirandolo a se posando le sue labbra sulle sue.

Piccoli baci teneri senza frenesia. Solo leggeri tocchi pieni di dolcezza.

-E non è tutto...- gli sussurrò guardandolo negli occhi. -Il loro bambino... lo hanno chiamato Hanamichi...- gli disse con una luce emozionata nello sguardo osservando gli occhi nocciola allargarsi per poi diventare improvvisamente liquidi.

-N..non so cosa dire...I..io... vorrei tanto...vederlo... di... di loro che ne sono onorato...che... sarà senz'altro fantastico come loro due...- un dito sulle labbra pose fine a quella valanga di parole.

-Sarà fantastico, perché è il loro bambino, e perché porta il tuo nome! Speriamo che perché ha il tuo nome non sia anche un do'hao...- ironizzò poggiando le mani sui fianchi del rossino attirandolo a se baciandolo in una carezza intima.

-Baka kitsune! Sarà un Tensai! Poiché porta il nome del tensai dei tensai!- Rimbeccò con voce bassa fissandolo negli occhi. Gli sorrise congiungendo nuovamente le loro bocche.

-Andiamo, Akira ci aspetta...- disse Rukawa incamminandosi intrecciando le dita delle sue mani a quelle del rossino.

-Sono davvero contento per loro... Si meritano un po' di felicità! So che sono stati anni difficili per tutti.- Kaede annuì, erano quasi arrivati, Akira li aspettava.

-Tu mi nascondi qualcosa, vero Kaede?- ruppe improvvisamente il silenzio Hanamichi.

Il respiro di Rukawa si mozzò e il moretto si fermò, Hanamichi, avanti di pochi passi, attese.

Al momento di stupore e shock, seguì quello della ragione.

Era ovvio che se ne fosse accorto...

Sorrise quasi rassegnato scotendo la testa e riprendendo a camminare al fianco di Hanamichi.

-A quanto pare non ho poi questa perfetta maschera di ghiaccio che tutti decantano.- disse sospirando.

-Avanti Kaede! Siamo stati insieme dodici anni. Vuoi che non mi accorga se nascondi qualcosa? Sarò morto, ma sono un Tensai anche da trapassato!- disse ridendo per sdrammatizzare.

-Do'aho...-

-Baka Kitsune! Idiota a chi?-

-A te do'hao!- Cadde il silenzio.

-Allora? che hai?- domandò nuovamente Hanamichi.

-Ne parliamo dopo...- Il rossino annuì lasciando cadere l'argomento.

I due si fermarono: si trovavano di fronte ad Akira.

-Ciao Akira...- disse Hanamichi dolcemente.

-Scusa se non veniamo spesso...-

Sakuragi allungò una mano carezzando il marmo bianco della lapide.

Le lettere dorate modellate in un corsivo classico ed elegante portavano la scritta:

Akira Sendoh.

Più che un amico un fratello che ha permesso a due anime dannate, di stare insieme.

Grazie.

Kaede

Kaede e Hanamichi si inginocchiarono sulla tomba.

Il loro salvatore, il loro benefattore.

Lui, con il suo sacrificio, aveva permesso ad Hanamichi e Rukawa di stare insieme per sempre.

-Grazie mille Akira... Senza di te, saremmo stati perduti.- mormorò Hanamichi versando per il fratello una lacrima sincera di profondo affetto.

-Grazie Akira, per me, sei sempre stato un fratello, che non si arrabbiava se ero scorbutico, non si offendeva se ero freddo, che mi ha sempre sostenuto. E anche stavolta, mi sei stato vicino e mi hai salvato. Grazie.- disse Rukawa poggiano una rosa bianca sulla sua tomba, colta da un cespuglio li accanto.

Hanamichi si chinò posando un bacio sulle incisioni dorate.

Kaede fece lo stesso.

Il vento soffiò gelido e pungente carezzando il freddo marmo come se volesse anch'egli rendere omaggio con le sue invisibili labbra, a quel martireche che aveva sacrificato la sua vita per la felicità di quella che aveva sempre considerato la sua famiglia.

Lo sguardo di Hanamichi si posò accanto alla tomba di Akira.

La brezza gli accarezzò il viso scostando le ciocche carminio a velargli lo sguardo, ma la cosa non sembrava infastidirlo.

Lo sguardo era perso e vuoto.

-Hana che hai?- gli chiese preoccupato Kaede posando leggero una mano sul braccio dell'amante.

-Fa sempre effetto...- rispose sorridendo mestamente scotendo la testa. Rukawa seguì lo sguardo del compagno capendo, improvvisamente, cosa lo avesse impressionato: accanto alla tomba di Akira, c'era quella di Hanamichi.

-Guardare la propria tomba, deve fare uno strano effetto.- concordò Hanamichi.

-Si, anche in questi momenti, dove sembri vivo, quella lapide ti ricorda che in verità tu non esisti più. Ti ricorda che tutto quello che senti è fasullo, che sono emozioni che non dovresti più provare. Quella lapide, ti ricorda che stai assaggiando il frutto proibito. Qualcosa che non avresti più dovuto avere. E' come ad una persona che viene confiscato qualcosa, ma nonostante ciò, ogni tanto, contro ogni legge, ritorna a prenderla tra le mani, gioendone per qualche attimo, ma poi, è costretto a rimetterla apposto. Quella lapide, mi ricorda, che per il mondo Hanamichi Sakuragi è morto. Che stavolta è scomparso davvero, che non sono loro, stavolta, a non volermi guardare, vedere, Hanamichi Sakuragi, il rossino, se ne è andato veramente...- abbassò lo sguardo. -Mi fa quasi sentire un criminale...- aggiunse con un sorriso tirato alzando lo sguardo.

Lanciò un ultimo sguardo alla lapide con incise lettere d'oro:

Hanamichi Sakuragi.

Che ha donato luce alle tenebre.

Una macchia rossa, in un mondo nero.

La mia vita è finita con la tua.

Kaede (*)

Si voltò verso Kaede che lo fissava con la sua espressione imperturbabile sul volto, perso in chissà quali pensieri.

-Per stanotte, amore, dimentica tutto...-

Hanamichi annuì.

-Ciao Akira... grazie...- salutò il rossino inchinandosi con gratitudine.

Akira Sendoh.

Amico di famiglia del giovane Kaede Rukawa che a soli sedici anni era diventato il Signore della collina dopo la prematura scomparsa dei sui genitori.

Colui che era rimasto vicino a Kaede e Hanamichi fino all'ultimo...

....e oltre....

Aveva visto Hanamichi morire senza fare nulla.

Aveva visto Kaede distruggersi, senza che lui avesse potuto impedirlo.

Aveva visto il suo migliore amico vendere la sua anima al demonio per poter stare ancora una volta con la persona che amava più della sua stessa vita.

Ed infine aveva assistito al loro pianto, uniti per qualche minuto, ma poi, sarebbero stati divisi per sempre.

La goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

Non poteva sopportare di vederli soffrire, disperarsi senza che lui avesse potuto fare nulla per aiutarli.

Come quel giorno in cui Kaede aveva dato l'anima al male, lui si diresse in quella biblioteca con la determinazione negli occhi di chi va a morire per una causa in cui crede.

Aveva spalancato la porta della biblioteca mentre l'eco dei singhiozzi di Hanamichi sembrava dargli più forza.

Aveva afferrato il libro e pronunciato la formula.

E l'inferno si era scatenato.

Le sue parole, la sua condanna e il suo riscatto.

La loro salvezza.

-La mia anima. Ora. Ti dono ora la mia anima in cambio di quella di Kaede. Libera la sua anima e prendi la mia.-

Rukawa si riscosse dai ricordi.

Tentò di non pensare ad Akira che interrompeva il pianto di quella prima volta sorridendo loro dicendo che voleva loro bene, e che ora, niente li avrebbe più divisi.

Non voleva pensare ad Akira che lo aveva guardato e gli aveva detto che era libero,.

Non voleva ricordare Akira sparirgli davanti agli occhi.

Non voleva rammentare la corsa disperata sua e di Hana verso la biblioteca dove avevano trovato il cadavere di Sendoh.

Non voleva pensare al fatto che Akira era morto per colpa di un SUO errore, di un SUO colpo di disperazione.

E soprattutto, non voleva ricordare, le parole che Akira gli aveva scritto su un foglio prima di andare, parole che dicevano che qualcosa per loro, che sarebbe finalmente stato utile.

Perché ricordare quelle parole significava convincersi che lui non era stato in grado di far capire ad Akira quanto lui era stato fondamentale nella sua vita, come era stato un fratello, un padre, un amico.

Significava ammettere, ricordare che lui aveva fallito, su tutta la linea.

Non aveva salvato il suo amore e non era riuscito a trasmettere il suo affetto all'unica persona rimastagli come famiglia.

Le loro labbra si cercarono accarezzate dall'oscurità che regnava nella stanza da letto in cui erano entrati.

Le tende si erano lentamente abbassate precludendo alla luna la vista dei due ragazzi uniti in quel bacio carico di nostalgia.

La stanza era circondata dalla penombra che accarezzava i due corpi vicini con le sue braccia leggere e vellutate.

Le mani del volpino calarono leggere sui suoi fianchi accarezzando il corpo come se avesse paura di frantumare quel corpo di vetro.

-Ti voglio...- sussurrò a fior di labbra il rossino avvampando immediatamente. Rukawa lo guardò negli occhi per qualche istante scambiando con lui frasi d'amore e fiducia.

Le labbra si congiunsero ancora mentre le dita alabastrine sbottonavano la giacca di velluto sanguigna. Hanamichi la lasciò cadere a terra cominciando a sua volta a slacciare il laccio che teneva legato al volpino il lungo mantello scuro.

L'indumento cadde a terra con un leggero fruscio.

Kaede fece sdraiare Hanamichi sul letto, scalciando il mantello di tenebra che giaceva a terra dimenticato.

I loro respiri non si lasciarono un attimo mentre le mani esploravano leggere come battiti d'aria il corpo dell'altro con il timore di vederlo sparire da un momento all'altro.

Kaede slacciò la camicia cangiante di Hanamichi facendo scorrere finalmente le mani alabastrine sul petto bronzeo.

Hanamichi inarcò la schiena. Il contatto con le mani bollenti del compagno e la contrastante freschezza della camicia scura di seta lo fecero sospirare.

Hanamichi giocò con i bottoni della maglia di Kaede fino a liberare il petto dell'amante dalle mani vogliose della gelida seta.

Separarono le loro labbra per riprendere fiato.

Nella penombra creata dai raggi della luna che forzavano le pesanti tende di damasco, Kaede godette della visione del rossino steso sotto di lui il volto arrossato, le labbra gonfie col colore delle ciliege.

La camicia cangiante che si apriva come un fiore a svelare la pelle dorata creando un contrasto ipnotico.

Gli occhi d'ambra brillavano in estatica adorazione del corpo sopra il suo.

Kaede vi posò una mano incapacitato di resistere a tanta bellezza.

Hanamichi sospirò a quel leggero contatto.

-Sei bellissimo...- sussurrò al moretto.

Imponente, bello, maestoso il corpo statuario a gattoni su di lui.

I lembi della camicia nera in un contrasto doloroso con la pelle nivea e delicata.

Gli occhi blu scintillanti di amore, dolcezza e passione.

I capelli arruffati e le guance purpuree.

-No, tu sei bellissimo...- lo contraddisse abbassandosi nuovamente ad assaggiare quelle labbra che tanto gli erano mancate.

-Come si dice: la morte ti fa bello...- soffiò il rossino passando le braccia attorno al collo dell'amante.

-Do'hao- fu la risposta appena sussurrata a fior di labbra.

Il volpino sfilò definitivamente la camicia al rossino per poi fare altrettanto con la propria.

Si stese del tutto sul corpo del rossino provocando ad entrambi una sensazione elettrizzante, conosciuta eppure dimenticata.

Kaede scese con le labbra sullo zigomo, andò a stuzzicare il lobo dell'orecchio dell'amante che si tese sotto quall carezza. Le mani grandi e abbronzate di Sakuragi percorsero ogni vertebra della schiena del compagno.

Kaede scese con la bocca suggendo centimetro dopo centimetro il petto bronzeo che si alzava e abbassava con frenesia.

Il gusto reso leggermente salato dal sudore che lo ricopriva come una leggera patina di rugiada.

Con la lingua giocò con i capezzoli inturgiditi mentre le mani anticipavano il percorso futuro della bocca, massaggiando in carezze riverenti gli addominali del giovane che si tendeva e arcuava pregando un maggior contatto.

Uno dopo l'altro, le lunghe dita curiose slacciarono i pantaloni scuri che fasciavano elegantemente le lunghe gambe tornite e muscolose.

I pantaloni e la biancheria intima del rossino raggiunsero gli altri capi dimenticati a a terra.

Sakuragi liberò un gemito di soddisfazione quando finalmente la sua virilità tesa fu libera dalla sua prigionia di stoffa.

Kaede continuò a suggere la pelle marmorea sotto le sue labbra.

Una lacrima sfuggì al controllo di Kaede scivolando lungo lo zigomo, carezzando la pelle bollente del volto, per poi rotolare sul corpo bronzeo.

Questa scivolò languida sui pettorali per poi cadere nell'ombelico.

Rukawa seguì diligentemente la scia lasciata dal cristallo di mare riprendendosi il frutto di una sua debolezza.

Ma non era il tempo di avvelenarsi il sangue e i pensieri con rimpianti e dolore.

Ora doveva pensare al presente, vivere, per una volta, al minuto.

Affondò con dolcezza la lingua nell'ombelico facendo arcuare Hanamichi che emise un gemito strozzato.

Quel suono ebbe il potere di riportarlo al presente.

La pelle bollente del suo amante, calda, liscia, vellutata, i suoi gemiti e ansiti spezzati, il suo corpo che bramava attenzioni a lungo mancate.

No, non era quello il momento di darsi ai rimpianti.

Scese ancora trovandosi di fronte la virilità pulsante del rossino che implorava attenzioni.

Abbassò il volto soffiando sul membro bollente facendo tendere il ragazzo vittima delle sue torture.

-Kaede...- sussurrò in preda alla passione. Il ragazzo raccolse la sua preghiera succhiando la punta del membro teso. Hanamichi si inarcò arpionando il lenzuolo candido liberando un urlo roco di sorpresa. Rukawa continuò a seviziare con ingordigia la punta del sesso di Hanamichi che inarcò il bacino in cerca di più appagamento. Kaede fece scivolare una mano sulle lenzuola in cerca della mano dell'amante con cui intrecciò le dita una volta incontrata. Aprì la bocca avvolgendo completamente la virilità del rosso che si inarcò liberando un urlo di piacere, stringendo di riflesso la mano del volpino che ricambiò la stretta.

Ora nessuno gliel'avrebbe portato via, per quei magici momenti, nessuno avrebbe potuto separarli ..

Cominciò a succhiare con avidità il sesso retto allo spasmo del rosso Sakuragi.

Lo sentiva tendersi, gemere, urlare, ansimare.

Tutto questo per lui.

Era a causa sua se ora quei sospiri erano vere e propria urla di goduria.

Era a causa sua se ora quei respiri acellerati erano ansiti spezzati sul nascere.

Era a causa sua se quella pelle dorata ora era rossa e sudata.

Era a causa sua se quella dita intrecciate con le proprie stringevano convulsamente.

......era a causa sua se tutto ciò, ormai, gli era concesso solo una volta l'anno......

Quel pensiero lo sfiorò appena perché Hanamichi urlando il suo nome si inarcò venendo nella bocca del compagno.

Rukawa chiuse gli occhi ingoiando con calma gustando quel sapore unico con lentezza. La mano di Hanamichi che nel momento dell'orgasmo aveva stretto la sua con foga, ora giaceva mollemente abbandonata, lasciando che il volpino ne accarezzasse il dorso con il pollice.

Kaede fissò l'amante stravolto adagiato languidamente tra le lenzuola.

-Kaede- ansimò in un soffio, gli occhi che si accesero a quella parola, a quel semplice nome. Rukawa gli accarezzò il volto con la mano abbassandosi a baciare quelle labbra gonfie dal colore delle fragole.

La mano libera del rossino intrecciò le sue dita con i capelli serici del moretto. Si separarono per respirare fissandosi negli occhi.

-Ti voglio Kaede...- ripeté Hanamichi con dolce determinazione. Il moro annuì non proferendo parola, insicuro su come la sua voce avrebbe potuto uscire.

Con una mano si slacciò con foga i pantaloni con qualche difficoltà.

L'altra mano, l'altra mano no, quella doveva restare intrecciata con quella di Hana, perché avrebbe potuto sfuggire, sparire come sei anni prima di fronte ai suoi occhi, senza che lui avesse potuto far nulla per salvarlo, per tenerlo ancora un po' con se.

Una volta liberata il suo sesso eretto, si sdraiò nuovamente sul corpo nell'amante facendo scorrere una scarica di brividi lungo la schiena di entrambi, per trovare sfogo in un lungo gemito di piacere. Le labbra di Rukawa calarono come la falce della morte sulla gola di Hanamichi suggendo e succhiando, imprimendosi nella mente il sapore dolce del compagno.

La mano diafana del rossino percorse la schiena di Sakuragi finché non giunse al solco delle natiche. L'indice e il medio violarono quella linea di confine penetrando con dolcezza il ragazzo che si agitava sotto di lui.

Si inarcò gemendo a quell'intrusione mandando le due virilità tese a sfiorarsi.

-Ti amo...- sussurrò Rukawa sfilando le dita provocando una leggera protesta del rossino.

-Anch'io- le dita intrecciate si strinsero convulsamente quando il Signore lo penetrò con un'unica spinta, dolce, ma decisa.

Hanamichi urlò il suo piacere arcuandosi violentemente. Rukawa azzannò il suo stesso grido.

Voleva ascoltare solo la voce di Hana, solo la sua.

Succhiò quasi con violenza il collo dell'amato che gemeva e urlava mentre il membro duro lo prendeva sempre più a fondo.

E Kaede ansimava, i suoi denti affondavano bramosi nella pelle uniformemente dorata della gola dell'amante, la sentiva vibrare scossa dalla voce di Hanamichi.

Affondò, un'ultima volta, risucchiato dal calore di quel corpo bollente, quella guaina calda che lo avvolgeva, facendolo sentire completo.

Venne liberando finalmente la sua voce che si unì a quella di Hanamichi che si inarcò violentemente spalancando gli occhi, le loro mani strette in un tacito patto.

La luna stava tramontando, sparendo all'orizzonte mentre la luce soffusa dell'alba tingeva di rosa pastello, giallo come il cuore della margherita.

-E' già ora...- sussurrò Hanamichi con rammarico. Kaede annuì mesto.

Si trovavano in piedi nella sala degli orrori, sotto la luce dell'alba che piano piano filtrava dalle tende.

-Dimmi Kaede, dimmelllo ora cosa mi hai tenuto nascosto...- lo pregò con gli occhi colmi di lacrime. Kaede lo strinse a se.

I vetri delle finestre scricchiolarono: l'incantesimo stava per finire.

-Dimmelo Kaede...dimmelo!- lo implorò in lacrime mentre sentiva che la vita lo stava lasciando nuovamente.

-Sto morendo Hana...- sussurrò fissandolo negli occhi. Li vide dilatarsi. Hanamichi perse colore, scuotere la testa incredulo.

-No...- soffiò incredulo e disperato. Alcune finestre si frantumarono cadendo a terra tingendosi del colore del sangue.

-Due anni, al massimo... poi staremo insieme Hana...- sussurrò con un sorriso agrodolce.

Hanamichi pianse, pianse col cuore.

Le ultime finestre andarono in frantumi e con esse l'incantesimo si spezzò anche quell'anno.

Kaede vide le mani dell'amante sfumare nel nulla dalla sua stretta.

-Hana!- urlò nonostante non potesse fare nulla. Il volto del suo amato si distorse un'ultima volta in un dolce sorriso smentito dalle lacrime che gli solcavano le gote.

-Ti amo e ti amerò per sempre Kaede...arrivederci...- questo è quello che lesse sulle labbra dell'amante prima che scomparisse del tutto.

-Anche io Hana...- sussurrò prima di sentire le forze venire meno.

La testa gli pulsava dolorosamente.

Le orecchie fischiavano in maniera insopportabile.

I polmoni bruciavano.

Il petto squassato da un dolore profondo.

Poi, il buio.

Aprì lentamente gli occhi sentendosi stordito.

ome ogni anno si ritrovò sul pavimento, steso sopra i frammenti cristallini.

Si alzò barcollando tenendosi la testa con una mano ancora scombussolato. Quando riuscì a mettere a fuoco la vista, ciò che vide gli si piantò nel petto come un pugnale rovente.

Di nuovo quel palo, di nuovo Hanamichi morto, di nuovo quel volto tirato dal dolore. Di nuovo quegli occhi vacui privi di vita.

Tutto tornato al doloroso presente.

Si avvicinò barcollando. La luce dell'alba lo rendeva bellissimo.

Avrebbe voluto toccarlo ancora una volta, ma di nuovo quella vetrina a separarli.

-Arrivederci Hana...- sussurrò sfiorando il vetro trasparente.

Stava per andarsene ma un particolare lo gelò sul posto.

Sul volto di Hanamichi rotolò cristallina una lacrima che baciò le sue labbra per poi cadere a terra accanto alla pozza di sangue cupo in cui la stilla carminio, perpetua, aveva ripreso a cadere.

Kaede sorrise dolcemente allontanandosi voltando le spalle ad Hanamichi.

-Ci vediamo tra un anno...-

Dolore.

Immenso, struggente.

Avvolgente con le sue spire soffocanti che gli strisciano in gola impedendogli di respirare.

Acido solforico che scivola silenzioso e letale nello stomaco, corrodendo e bruciando.

Vento caldo che soffia sulla tua pelle accaldandola e bruciandola come tizzoni ardenti.

Agonia, lenta e dolorosa agonia.

-Devo andare...- le parole uscivano soffocate dalle sue labbra, la vista offuscata da una nebbiolina letale.

-Non puoi muoverti!!- sbottò affranta Ayako stringendo la mano di Rukawa steso nel letto a baldacchino circondato da cuscini di seta.

Ma Rukawa la ignorò tentando di alzarsi.

-No! No Rukawa! Non farlo! Stai male! Non ti reggi in piedi!- tentò di fermarlo Mitsui spingendolo sui cuscini. La pelle del giardiniere al contatto con la sua ustionante, pareva fresca.

Le membra tremavano violentemente, la pelle smunta, il volto scavato.

La malattia lo stava divorando.

Ma finché gli era concesso di respirare, voleva poterlo vedere, sfiorare ancora, prima che la morte lo accogliesse tra le sue braccia.

Perché il dubbio che non potesse raggiungere il suo Hana per colpa della colpa di cui si era macchiato stringendo un patto col Demonio, lo divorava più di quel malore letale.

Se non avessero più potuto vedersi, se non avessero più potuto stare insieme, voleva almeno godere di quei momenti per cui aveva commesso quel peccato mortale.

-Devo... vederlo...- annaspò tentando di alzarsi nonostante il capogiro violento che lo sorprese.

-Non puoi! Non ti reggi in piedi! Come pretendi di...- tentò di dissuaderlo Ayako.

-Potrebbe... essere...l'ultima...- boccheggiò.

Non riusciva a stare in piedi.

Ayako aveva ragione.

Probabilmente non sarebbe riuscito neppure ad arrivare alla vecchia villa.

Ma quell'incontro, era la sua vita.

Quell'ultimo bagliore di speranza.

Aveva una paura dannata di morire.

Morire e non poterlo più vedere. Morire ed essere giudicato per il suo patto.

Doveva vederlo, doveva stringerlo a se, o sarebbe impazzito.

-Devo...- ma le parole vennero soffocate da un violento attacco di tosse.

-Ayako a ragione Kaede! Non dovresti andare da nessuna parte!-

Rukawa non credette alle sue orecchie. Quella era la voce di...

-Akira?- biascicò incredulo. Il moretto sedeva sul letto affianco a lui. Ayako tremava incredula mentre Mitsui balbettava parole senza senso.

-Akira in...bhe... si insomma sono io!- disse sorridendo.

La testa gli girava.

Akira... Akira era li? Ma non poteva essere.

Improvvisamente si sentiva più leggero, la testa aveva smesso di dolergli.

-Come...- tentò di dire. Si mise seduto incredibilmente senza fatica.

-Sono un Tensai, l'ho portato indietro!- Il suo cuore prese a battere furiosamente.

Si girò di scatto incredulo a quello che le sue orecchie sentivano.

Hanamichi.

Hanamichi di fronte a lui, con quel completo bordeaux del loro ultimo incontro.

Il suo volto luminoso, con uno splendido sorriso carico di tenerezza e dispiacere.

Il suo cuore si sciolse incredulo alla visione meravigliosa che si trovava di fronte.

Era bellissimo, ogni volta che lo vedeva, era sempre più splendido.

Si chiese distrattamente come ogni volta riuscisse a migliorare la sua bellezza divina.

Kaede allungò una mano tremante per accarezzare quel volto che gli pareva troppo bello per essere vero.

La malattia lo aveva evidentemente fatto impazzire: non era possibile che Hanamichi e Akira fossero lì con lui, loro erano morti...

Akira aveva donato la sua anima al Diavolo e Hanamichi... Hanamichi non poteva essere lì.

Ma se quella pazzia gli permetteva di vederlo comunque, di poter avere li con lui anche Akira che ora, per colpa sua, probabilmente stava agonizzando senza fine tra le fiamme dell'inferno, avrebbe accettato la follia.

La sua mente devastata dalla disperazione doveva aver ricreato per lui, il suo desiderio impossibile, probabilmente per farlo soffrire di più quando la morte si sarebbe fatta avanti portandolo via da loro, dalla sua illusione.

-No Kaede, non stai sognando, siamo noi, baka kitsune...- sembrò leggergli nella mente il rossino accompagnando la mano di Kaede al suo volto.

-Come è possibile...- si ritrovò a chiedere il moretto.

-Devi venire con noi Kaede.- disse mesto Akira.

-E' ora di andare amore.-

Improvvisamente Kaede capì perchè il suo malore era scomparso.

Hanamichi e Akira erano lì, per portarlo via.

-Voi siete...-

-Mitchy!- lo salutò Hanamichi sorridendo intrecciando le proprie dita con quelle di Kaede.

-Si, siamo morti, anzi per la precisione io sarei anche dannato, ma Hanamichi non so come, mi ha salvato!- spiegò allegro Sendoh.

-Siamo qui, perchè, è l'ora Kaede, devi venire con noi...è ora...-disse con rammarico Hanamichi abbassando il capo.

-Volete dire che...- Ayako singhiozzò nascondendo il volto tra le mani. Akira si alzò posandogli una mano sulla spalla.

-Ci lasciate, ci lasciate tutti... Prima Hanamichi, poi Sendoh e ora... ora anche Rukawa...- singhiozzò affranta. -Nostro figlio non vi conoscerà mai... e voi siete le persone più fantastiche che...- non riuscì a continuare sconvolta dai singulti.

-Siate felici ragazzi... porterò a Ryota i vostri saluti...- riferì loro Mitsui con voce incrinata.

-Grazie Hisashi...- disse con occhi lucidi Hanamichi. -Grazie mille, le rose, sono bellissime...- sussurrò sciogliendo il contatto con Kaede per avvicinarsi a Mitsui abbracciandolo. -Grazie Ayako, di tutto, il vestito è meraviglioso. Grazie di aver chiamato tuo figlio Hanamichi e grazie di essere così fantastica. Grazie a Ryota perchè è una persona eccezionale. E grazie a tutti voi per essergli stati sempre vicini.- concluse inchinandosi.

-Ma ora, dobbiamo proprio andare... saremo sempre con voi, ve lo prometto.-

Kaede, si alzò dal letto, senza fatica, senza dolore.

Non ebbe bisogno di guardare il letto per sapere che il suo corpo giaceva privo di vita tra le lenzuola.

Ayako sussultò.

Rukawa si avvicinò ad Hanamichi baciandolo con passione.

Ancora una volta si erano riuniti, ma stavolta era per sempre.

Niente li avrebbe più separati.

-Insieme...- sussurrò sulle labbra del rossino.

-Di nuovo...- continuò Akira poggiando una mano sulla spalla ad entrambi.

-Per sempre...- concluse Hanamichi perdendosi nel mare blu di dolcezza degli occhi del volpino mentre insieme cominciavano a sfumare.

-Grazie, di tutto.- disse Rukawa mentre con le mani intrecciate a quelle di Hanamichi svaniva riunito, per sempre, al suo eterno amore, a cui la morte lo aveva costretto a separarsi, ma che poi, l'aveva riunito per tutta l'eternità.

Fine

R:O_O ma...ma...

E: auguri Ru!!!^O^'''''''''

H: O_O ma...ma...

E: c'è la lemon!!>.<

R: si ma...

E: Ma c'è la lemon!!!^^

H: ho capito però...

E:Insomma!!! C'è la lemon!!>.<

R:....

H:.......

E: non ti piace Ru?ç_ç è per il tuo compleanno!!!ç_ç

R&H: almeno c'è la lemon...-.-

E^^;;;;;;

Ragazzi voglio i commenti!!>.< Mi sono impegnata tanto tanto per questa ficci!!!ç_ç

Ancora auguri Ru! Scus ail ritardo!!!!

Che bello! La prima ficci dell'anno!!^_-

(*)Non rompete sulle scritte sulle lapidi...-.- a quei tempi magari ci scrivevano un papiro!!>.< Magari con qualche scritta più bellina...-.-

 

 

 




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