L'enorme portone di quercia si aprì con un inquietante cigolio.
L'imponente uscio, una volta sicuramente maestoso, ora, era solamente
vetusto e scheggiato.
I battenti d'ottone pregiato dalle intricate
forme,ora, ossidati.
Kaede mosse un passo sugli scalini di marmo bianco
dalle venature perla coperti da foglie rosse di acero.
La superficie opaca del prezioso materiale piena
di crepe e sudiciume.
Il lungo mantello nero si mosse come un fantasma
dai riflessi violacei che il tessuto scuro traeva dai raggi della pallida
luna, che timida faceva capolino dalle fronde degli aceri e dalli plumbee
nubi, dando a quell'oscuro signore un aspetto
evanescente.
Rukawa alzò lentamente il volto permettendo ai
suoi occhi color dell'universo più profondo, di osservare, anche solo per
un istante, la malinconia dell'astro notturno, dal colore così simile
alla sua pelle.
Si concesse, per un lungo attimo, di godere del
frusciare leggero delle foglie
secche che erano restie ad abbandonare gli sicuri rami a cui erano aggrappate.
Le figure nere dei tronchi degli aceri che ornavano il lungo viale e il
maestoso giardino, che si piegavano alla gelida brezza di una notte
d'inverno, sembravano uomini deformi che si contorcevano agitando le
scheletriche braccia in cerca di aiuto per scappare dalla loro prigionia.
Eppure la mentre traditrice gli rammentava che c'era stato un tempo in cui
quei possenti aceri gli erano sembrati così belli e rassicuranti.
Scostò lo sguardo lasciando che i capelli d'ebano e il cappuccio scuro
celassero il suo volto proteggendolo dai ricordi.
Varcò la soglia e quell'unico passo riecheggiò
nella casa deserta come un grido di dolore.
La porta si richiuse alle sue spalle con un tonfo
secco facendo piombare il
maniero, nuovamente, nella più profonda oscurità, prima infranta da uno
spicchio di luce donatogli dalla pallida luna, che stagliava l'ombra di
Kaede lunga e maestosa sul pavimento coperto di polvere.
La casa era nella più fitta oscurità e un pesante silenzio avvolgeva
tutto
come una soffocante coperta. Ma Kaede non necessitava di luce per muoversi
in quella casa che conosceva fin troppo bene.
Mosse un altro passo.
Ancora riecheggiò quell'urlo agghiacciante.
Così vuota...
così silenziosa...
così..
...morta...
Quella dimora: prima vita e luce, colore e calore... ora era fredda e
spoglia come il più gelido degli inverni.
Un sospiro affranto uscì dalle sue labbra mentre quell'unica lacrima
argentea
percorreva lentamente i suoi lineamenti androgini, baciandone le labbra
morbide, per poi infrangersi al suolo inquinando la sua purezza con la
polvere sporca e piena di orrori di quella casa.
Camminò stancamente movendosi nelle tenebre senza remore o esitazione.
Si fermò.
Anche se non poteva vedere, sapeva perfettamente cosa si stagliava di
fronte
a lui.
Imponente come mai lo era stata,
Inquietante come mai era apparsa,
Di fronte a lui, si trovava la porta degli orrori dietro la quale tutto
gli
era stato tolto, dove l'inferno aveva trovato dimora, dove quelle fiamme
dannante si erano portate via tutto ciò che era a lui più caro.
Ed era dietro quella porta che solo una volta all'anno, gli era concessa
la
possibilità di rivivere, ancora, solamente una volta ancora, la
felicità.
Prese un profondo respiro, percorse la superficie scheggiata dell'uscio
come
un cieco che per imprimersi nella mente i connotati di una persona
percorre
i suoi lineamenti con le dita. Le mani diafane scivolarono sulla maniglia
gelida, abbassandola.
Con uno scricchiolio la porta si aprì lentamente e Kaede entrò nella
sala.
Posato un piede lo ritrasse immediatamente quando il tintinnio dei vetri
lo
avvertì che aveva calpestato uno dei molteplici frammenti di finestre
infrante. Preso coraggio alzò il volto guardando di fronte a se. Le
finestre
enormi sul lato sinistro della sala erano tutte rotte, ma nonostante ciò,
non un alito di vento penetrava nel locale.
Tutto era rimasto esattamente come quel giorno.
La luna che riusciva a invadere tutto con i suoi raggi che passavano,
miracolosamente, tra le fronde degli alberi che sembravano essersi
scostate
proprio per permettere alla luce argentea di inondare la stanza enorme. Il
pavimento costellato da frammenti di vetro.
Perfetti vetri senza un filo di polvere, ma ancora macchiati di sangue,
sangue che non si era seccato.
Tutto come allora.
Kaede esitò.
L'unico punto dove la luce non batteva era quello dove il suo sguardo si
era
violentato per posarsi. Nella penombra si intravedeva un enorme vetrina...
Kaede si avvicinò tremante.
Un passo e un altro che infrangevano nuovamente quei piccoli cocci.
Finché, col cuore che doleva all'impazzata, si fermò di fronte al vetro.
Tutto come quel giorno in cui era rientrato dopo un viaggio di soli due
giorni, e aveva trovato il suo inferno.
Ansimò affranto e disperato, nonostante fossero anni che lui era
costretto a
vedere quello spettacolo agghiacciante.
Dietro quella vetrina perfetta, unico cambiamento allo scenario, un enorme
palo di legno piantato a fondo nel suolo. Legato in cima a quel palo, a
qualche metro da terra..lui...
Il suo amore dai capelli rossi.
Il corpo avvolto da un lenzuolo malridotto intinto di sangue che lo
avvolgeva come una benda. Le braccia legate in alto con catene
arrugginite,
le mani piene di tagli e graffi su cui ancora il sangue brillava fresco.
Il
volto reclinato di lato, l'espressione sconvolta dal dolore che neppure
l'abbraccio della morte era riuscita a lenire. I suoi capelli rossi,
intinti
del colore del sangue appiccicato alla sua fronte. Il corpo martoriato,
gli
strappi su quella veste improvvisata lasciavano chiaramente a vedere
profonde ferite e squarci sulla pelle. Hanamichi era legato al palo con
pesanti catene che avvolgevano le gambe sovrapposte. I suoi piedi, da dove
ancora colava sangue, erano stati segnati profondamente con marchi incisi
col fuoco. Le gambe gli erano state spezzate con un pesante martello. E
come
opera di dimostrazione di disprezzo, al collo un cilicio con un guinzaglio
di cuoio che pendeva. (cilicio: strumento usato nell'epoca cortese per
l'autopunizione. Collare o cintura con applicate borchie metalliche.
Veniva
legato al collo o alla vita con gli spuntoni verso l'interno in modo che
ad
ogni movimento si venisse infilzati. ndA) Lungo il collo rivoli di sangue
ancora fresco scintillavano mentre gli spuntoni dolorosi dell'attrezzo
erano
conficcati nella gola del suo amante.
Gocce di sangue destinate a cadere per anni e
anni, sempre e ancora, senza mai fermarsi.
Il suo corpo, costretto a mantenere il calore di
un essere, appena morto.
Appoggiò la mano tremante sul vetro trasparente.
-Amore...- un sussurro implorante, come se
sperasse che chiamandolo, tutto fosse finito.
-Hana...- Quella parola.
In fondo, solo un nome.
In realtà, sinonimo di vita.
Ambrosia che concede l'alito di un respiro.
Ragione di esistenza.
Scopo di sopportare la sofferenza.
Era solo un nome, in fondo.
Hanamichi Sakuragi.
Eppure dietro ad un appellativo, sono celate
miliardi di parole.
Infiniti canti, che comunque, non riescono ad
esprimere appieno il valore di un semplice nome.
Come Dante che, senza riuscirci, prova a spiegare
come sono magnifici e stupefacenti i cerchi concentrici che sono attorno a
Dio, può solo provare ad esprimere ciò che prova, lo stesso, quel
semplice nome, non può essere spiegato o raccontato.
Può solo essere trasmesso.
E ora quel nome è troppo denso di emozioni per
essere pronunciato senza essere schiacciati dai sentimenti.
E Kaede cadde a terra, sui vetri con gli occhi
fissi sul corpo martoriato di colui che gli aveva insegnato cosa vuol dire
sorridere.
-Che ti hanno fatto amore... che ti hanno fatto
piccolo... Perché a te amore mio.. perché?- domande che non avranno mai
risposta.
Le ripeteva ormai da sei anni, ogni volta sempre
le stesse.
Nonostante non ottenesse mai replica, nonostante
fossero sei anni che le cercava, non le trovava, e mai le avrebbe trovate.
-Ti amo...- un sussurro spezzato mentre gli occhi
si chiudevano di nuovo, troppo sofferenti per guardare ancora.
E la mente trasportata dal suono di quel nome
rievoca giorni lontani, in cui, la sofferenza vera, era solo una parola
senza significato.
Il suo do'hao.
Il suo amato do'hao.
Insieme in quella grande casa, in cima al colle
che svettava sul piccolo villaggio.
Rukawa, il Signore di quelle terre.
E Hanamichi, quel ragazzo che impunemente l'aveva
chiamato volpaccia.
Che poi gentilmente gli aveva offerto quella rosa
blu, così rara, dicendo che era come i suoi occhi.
Quello sfacciato ragazzo senza famiglia, che con
una rosa donata col sorriso, aveva distrutto tutto ciò in cui Rukawa
credeva.
Aveva preso quella rosa con gli occhi larghi.
Nessuno gli aveva mai fatto un dono così.
I più ricchi vestiti e i più puri destrieri.
E invece, quel giovane, con una semplice rosa, gli
aveva trafitto il cuore.
E quel sorriso devastato l'anima.
-Chi sei tu?- gli aveva chiesto.
-Io sono un Tensai!- aveva detto lui con un
ghigno.
-Do'hao!- aveva risposto con ironia.
-Ehi! Sono Hanamichi Sakuragi! Un Tensai... per
chi mi conosce. Semplicemente nessuno per gli altri. Ovvero per tutti!-
aveva aggiunto sorridendo.
E con quella rosa stretta tra le mani era tornato
al castello quella sera.
Tornato con una certezza nel cuore: ma più si
sarebbe chiesto cosa era l'amore.
Nuovamente la stessa goccia scarlatta cadde
perpetua a terra in quella pozza che mai si seccava e mai si allargava.
Condannata a cadere per sempre senza trovare mai
tregua.
Come lui, condannato a cadere per sempre
nell'agonia senza trovare tregua.
Ma come quella goccia, anche lui aveva un
appiglio: una sola, una sola volta all'anno era concesso al sangue di non
stillare, al cuore di non soffrire, alla mente di non ricordare, solo di
vivere per quel momento.
Il suono cupo di un pendolo che mai avrebbe
cessato di scandire il tempo, batté i suoi undici rintocchi.
Riecheggiarono pesante in quella sala, dove il
tempo scorreva, senza poter intaccare nulla.
Ancora un'ora di dolore, e poi, solo per pochi
minuti, non avrebbe sofferto.
Il dolore e la disperazione al ricordo di quei
giorni felici.
Chi ha detto che i ricordi rendono viva una
persona?
Chi mai aveva potuto dire che quando qualcuno ci
lascia, tramite il suo ricordo, lei sarà sempre accanto a noi?
Chi mai ha potuto dirlo?
Solo uno che mai aveva perso una persona così
vitale.
Perché più lui ricordava più moriva dentro,
quando con i ricordi della sua voce che sussurrava il suo amore, i suoi
occhi splendenti di innocente bellezza, giungeva anche la consapevolezza
che mai più avrebbe goduto di quei momenti.
E allora i ricordi corrodono e uccidono.
Falsi appigli a cui aggrapparsi.
Appena li afferri per non impazzire si rivelano un
tranello diabolico che ti fanno precipitare sempre più in basso.
Che ti fanno svegliare nel cuore della notte
urlando.
Che ti destano di soprassalto illudendoti che lui
è lì, accanto a te nel letto enorme, ma che poi si rivela essere vuoto.
Il loro amore: eterno come il tempo, infrangibile
come un diamante.
Il più prezioso dei diamanti.
-Se solo non me ne fossi andato...-
due giorni.
Solamente due giorni li avrebbero divisi.
E invece, niente li avrebbe più riuniti.
Aveva sentito distrattamente, quel giorno, di quei
due bambini che erano scomparsi.
Hanamichi era molto dispiaciuto.
I suoi occhi si erano intristiti.
E lui non aveva potuto far altro che baciarlo e
stringerlo a se dicendo che sicuramente stavano bene, che magari volevano
solo fare una marachella per una spada di legno che i genitori non avevano
voluto comprar loro.
E Hanamichi aveva sorriso nuovamente annuendo un
po' rincuorato.
Rukawa era partito baciandolo, promettendogli che
sarebbe tornato entro due giorni, di non preoccuparsi e di stare attento.
Perché da quando il villaggio aveva scoperto la
loro relazione, parlavano di loro come deviati.
Non erano mancati gli insulti e le uova marce al
loro passaggio in carrozza.
Ma li avevano sempre ignorati .
Finché gli insulti non si erano rivolti
specialmente ad Hanamichi accusandolo di aver deviato il loro padrone.
Di bramare solo al suo potere.
E se ne era andato comunque con un peso nel cuore.
E quando era tornato, aveva scoperto la
disperazione.
Aveva scoperto l'oblio più nero: ci era cascato
in pieno.
Era entrato nella casa chiamando Hanamichi ma
aveva trovato solo il loro migliore amico, Akira Sendoh, in lacrime
inginocchiato a terra col giardiniere Mitsui, la cuoca Ayako e il
falegname Miyagi.
Tutti stretti in singulti in uno straziante
cordoglio.
E lui aveva capito le urla lanciate da quelle
lacrime.
Il nome singhiozzato dai loro sguardi.
-Dove è Hanamichi...- aveva chiesto con la voce
stridula e incrinata.
Ma il suo cuore già sapeva.
Già urlava.
Ma la sua mente No.
La sua mente, il suo essere si erano aggrappati
ancora disperatamente a quell'appiglio chiamato speranza che poteva
portare a due strade: la felicità assoluta, o la disperazione più nera.
E lui sapeva già a quale strada lo avrebbe
condotto.
-Kaede! Abbiamo provato! Abbiamo cercato di
fermarli!- aveva singhiozzato Sendoh alzando il volto pieno di graffi e
lividi gonfio di lacrime.
-Signor Rukawa... abbiamo tentato.. abbiamo
provato ma loro ci hanno rinchiusi e... il signor Sakuragi...- Ayako
strillava impazzita tra le braccia del fidanzato Ryota che scuoteva la
testa in rassegnazione.
Mitsui era stato l'unico che aveva avuto il
coraggio di avvicinarsi a lui con lo sguardo carico di dolore e rabbia.
-Mi dispiace signore...-
-Dove è Hanamichi!!!!- aveva ripetuto Rukawa
urlando, cercando di ignorare le loro urla.
Hanamichi stava bene, ne era certo!
Non era successo niente!
Massimo lo avevano accusato di qualcosa che non
aveva commesso!
Sicuramente sarebbe stato solo depresso ed
arrabbiato e avrebbe girato come una belva in gabbia nella loro stanza
aggredendo chi capita nei paraggi.
Loro stavano piangendo perché in un impeto di
collera li aveva licenziati!
Si! Senza dubbia era così!
DOVEVA essere così!!
Perché se ad Hanamichi fosse successo qualcosa
lui..
lui sarebbe morto.
Impazzito.
Distrutto.
Annientato.
-Dove è! Dimmi dove è!- aveva preso il
giardiniere per il bavero fissandolo con furia e ansia negli occhi.
Il giovane con una piccola cicatrice sul mento
aveva abbassato il volto incapace di frantumare la speranza che albergava
in quegli occhi blu.
Aveva alzato il braccio tremante indicando il
portone della sala da ballo.
Rukawa aveva fissato la porta mollando la presa
sul servitore e si era diretto verso la sala correndo.
-No Kaede no!!! Non andare là ti imploro! Non
aprire quella porta! Kaede non farlo!- aveva cercato di fermarlo Akira.
Rukawa lo aveva fissato mentre i giovani gli si avvicinavano.
-Non entri... la prego signore... non entri.- lo
aveva implorato Miyagi. Nei suoi occhi solo supplica.
Li aveva allontanati con un braccio ignorando le
loro urla e i loro tentativi di fermarlo.
Aveva spalancato la porta urlando il nome del suo
amato.
Ma quando il suo piede calpestò uno dei miliardi
di vetri infranti al suolo, l'urlo di Ayako era diventato solo un eco
indistinto nella sua mente. La ragazza era svenuta tra le braccia del
fidanzato.
-Hana...- aveva balbettato quando la
raccapricciante realtà gli era balzata agli occhi in tutta la sua
crudeltà.
-Kaede...- lo aveva chiamato Akira. Ma Rukawa non
l'aveva ascoltato. Era corso verso quel palo dove lo avevano martoriato.
Era giunto ai piedi di Hanamichi e aveva alzato il
volto sconvolto, implorando che nulla fosse vero.
Vide gli occhi nocciola socchiusi e appannati
dall'agonia e dalle lacrime.
Il respiro ridotto ad un rantolo spezzato. Il
cilicio conficcato a fondo nella sua gola, rendeva ogni boccata d'aria
letale.
-Hana!!! Akira!! E' vivo vieni! Tiriamolo giù!-
aveva strillato con panico lavorando con le catene nel tentativo di
liberando.
-Resisti amore resisti!!!- implorava come una
nenia.
-No!!! Fermo Kaede!! Fermo!!!- Akira lo aveva
bloccato stringendogli i polsi... Ma prima che con furia Rukawa si
liberasse, spiegò con voce afflitta-Se lo liberi morirà!!! Kaede... sta
morendo... non c'è nulla da fare... ma se devi dirgli qualcosa...
diglielo ora... Se lo liberi... morirà all'istante... - Kaede si bloccò.
Guardò il suo amore morente e i suoi occhi si fissarono sull' arnese di
tortura. Quegli spuntoni... creavano e ostruivano allo stesso tempo i
buchi che gli perforavano la gola... se l'avesse sfilato... Hanamichi
sarebbe dissanguato subito....
Se lo avesse slegato e portato a terra.... le
costole rotte si sarebbero sicuramente conficcate nei suoi polmoni.
Kaede era caduto in ginocchio tremando.
-Ka...e...- un sussurro strozzato.
-Hana... piccolo...- aveva pigolato alzandosi e
carezzandogli le gambe .. Hanamichi stava troppo in alto... Avrebbe voluto
baciarlo, accarezzarlo... stringerlo a se per non lasciarlo solo nel
momento della morte.
-Mi dispiace... se solo non fossi partito...-
-Promettimi...- lo interruppe il rosso.
-Promettimi che vivrai anche per me... promettimi che cercherai un'altra
persona speciale che ti ami...- Gli occhi velati e sofferenti, la voce
così flebile da essere appena udibile. Gli spuntoni acuminati che si
conficcavano sempre più a fondo nella carne.
-Come puoi chiedermi di innamorarmi?! Come puoi chiedermi
di vivere?!? Tu sei la mia vita! Tu sei la persona che amo!!! Non voglio
vivere se tu non sei con me!- aveva urlato disperato il giovane.
-Non... non voglio... che il nostro amore... porti
te nella tomba... Ti amo Kaede... ti prego... vivi per me... per noi...
Solo... ti prego... non chiamare più nessuno Do'hao..- un debole sorriso
aveva increspato il volto pallido e sofferente di Sakuragi.
-Non chiamerò nessuno do'hao!!! Non lo farò... perché
nessuno riuscirà mai a prendere il tuo posto...- Era caduto nuovamente in
ginocchio. -Ti prometto... che vivrò... Ma non chiedermi di innamorarmi
ancora... Questo non puoi chiedermelo...-
-Allora sii felice... ti amo... Ba..ka...Kits...-
Rukawa aveva alzato di colpo lo sguardo terrorizzato. Hanamichi aveva gli
occhi ancora socchiusi...ma...
le pupille completamente dilatate.
Le labbra socchiuse non emettevano sospiro.
Hanamichi era morto.
Lo aveva lasciato obbligandolo a suggellare una
promessa, che non sapeva se sarebbe stato in grado di mantenere.
-Hanaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!!!!!!!!!!!!-
aveva urlato disperato. Come se si fosse trattato di un segnale, le catene
si erano spezzate di colpo e il corpo inerme del Rossino era caduto
pesantemente a terra in posizione innaturale.
-Hana...- aveva sussurrato affranto il moretto
avvicinandosi e prendendo il cadavere tra le braccia.
-Piccolo..- aveva sussurrato guardando il volto
ferito dell'amante.
-Addio...- chiuse gli occhi mentre con la mano
abbassava le palpebre del suo amore perduto.
Aveva liberato il corpo delle catene mentre Akira
faceva da muto spettatore con nel cuore, lo stesso cordoglio di chi perde
un fratello.
I catenacci erano caduti a terra con clangore
mettallico.
Aveva sfilato delicatamente il cilicio come se
avesse avuto paura di fare troppo male ad Hanamichi. I suoi occhi si erano
posati sui larghi e profondi fori nella gola bronzea.
Le sue mani si erano strette attorno allo
strumento imbrattandosi di sangue.
Aveva sollevato il corpo lentamente e lo aveva
portato, in silenzio, fuori dalla stanza.
I servi lo avevano fissato con pietà e tristezza.
Le donne erano scoppiate in lacrime nel vedere lo scempio che il corpo del
loro amato padroncino aveva subito.
Kaede lo aveva delicatamente riposto sul loro
letto coprendolo con un lenzuolo bianco.
-Non resteranno impuniti amore... non lo
permetterò...- aveva sussurrato baciando un'ultima volta le gelide labbra
un tempo calde e dolci.
Era uscito dalla stanza chiudendo dentro essa la
sua disperazione e recuperando la sua lucidità.
In quel caso, folle lucidità.
-Akira! Ayako! Mitsui! Miyagi!- aveva urlato.
Questi erano accorsi immediatamente.
-Cosa Kaede?-
-Akira! Voglio che tu vada al villaggio. Voglio
che tu identifichi tutti, e sottolineo tutti gli assassini, nessuno
escluso. Se non te ne ricordi alcuni, portati tutta la servitù che ti
serve, non voglio che neppure uno di quei vermi rimanga impunito .- aveva
sibilato con disprezzo. - Voglio che li porti in galera e dia ad ognuno di
loro venti frustate! Non mi importa se sono donne, uomini, vecchi o
bambini! Non mi importa! E se anche uno solo di loro osa lamentarsi,
riferisci che gli sarà riservato lo stesso trattamento che loro hanno
usato su Hanamichi!- urlò indicando la porta della stanza.
-Quando hai finito chiamami perché voglio proprio
sapere cosa ha fatto di male Hana per meritarsi tutto questo! E ti
assicuro che, dovessero saltare delle teste, lo scoprirò!- Akira era
diventato improvvisamente freddo e distaccato.
-Vado immediatamente, e ti giuro che nessuno di
loro verrà risparmiato- Akira si era voltato e si era diretto verso
l'ingresso chiamando alcuni servitori che si affrettarono a seguirlo.
-Ayako...- aveva chiamato con voce stanca.
-Si Signore?- la ragazza si era fatta avanti
timidamente con il volto ancora sconvolto e rigato di lacrime.
-So che è difficile per te...- aveva cominciato
Rukawa con tono pacato - ma vorrei che lo sistemassi meglio che puoi...
e... vorrei che gli confezionassi l'abito più bello di tutti i tempi! Ne
fai sempre di molto belli per Ryota... Ti darò tutta la stoffa che vuoi:
raso, seta, velluto, damasco... tutto quello che vuoi...- aveva chiesto,
quasi supplicato. La ragazza rispose con un sorriso triste sul volto.
-Glielo farò blu Signore... il suo colore
preferito .- aveva risposto inchinandosi e sparendo su dalle scale per
cominciare il suo lavoro.
-Mitsui...-
-Si!- aveva risposto deciso il giardiniere.
-Voglio che tu mi procuri tutte le rose blu che
riesci a trovare. Comprale, coltivale, raccoglile... non mi importa!
Voglio che tu ne trovi il più possibile. D'ora in poi... vorrei che nel
giardino ci fossero solo fiori azzurri e blu... possibilmente rose.-
-certo...- Mitsui era corso in giardino.
-E ora tu Miyagi.... Ti procurerò mogano,
quercia, faggio... dimmi tu quale è più consono... voglio che tu ricavi
una splendida.. la più magnifica...- per quanto si fosse sforzato non era
riuscito a completare la frase.
Pronunciare quella parola era l'equivalente di
ammettere che il suo Hanamichi era scomparso per sempre.
E nessuno gliel'avrebbe mai ridato.
-Non c'è bisogno che continui. Ho capito. - la
mano del ragazzo si era posata sulla spalla del padrone. Rukawa aveva
annuito semplicemente voltandosi e rientrando nella stanza.
Un singhiozzo sfuggì dalle sue labbra riecheggiando
nell'enorme sala vuota illuminata dalla luna.
La goccia di sangue cadde nuovamente sul pavimento
con un tonfo inquietante.
-Sei bellissimo... Sei bellissimo anche così...-
mormorò con un sorriso amaro.
Il corpo privo di vita non si mosse.
- Sei un angelo. Scommetto che sei il più bello
lassù...- le sue dita fiorarono leggere il vetro.
-Mitsui ti saluta... e Ryota e Ayako si sono
sposati sai? Hanno chiamato il loro bambino Hanamichi...Hanno detto che
sperano sia un ragazzo meraviglioso come te- abbassò il volto.
-Dopo possiamo andare da Akira se vuoi... è stato
e sarà il migliore amico che si possa avere....- sussurrò.
Akira...
I giorni erano trascorsi lenti e dolorosi.
Avevano punito i responsabili dello scempio.
Loro erano convinti che Hanamichi avesse rapito i
due bambini e li tenesse nascosti da qualche parte per le sue pratiche da
deviato...
Invece i bambini erano tornati lo stesso
pomeriggio.
Erano andati nel bosco e si erano persi.
E Hanamichi era morto per uno stupido
pregiudizio...
Ma il suo cuore non era più in grado di provare
furia, rabbia o sentimenti che non fossero la disperazione.
Al funerale aveva fissato quella bara come se
Hanamichi avesse potuto alzarsi e tornare da lui.
Aveva pregato intensamente perché accadesse.
Ma la bara rimaneva chiusa, immobile.
L'aveva vista coprirsi di terra e avrebbe voluto
fermare il becchino.
Hanamichi non amava i luoghi piccoli e stretti.
Hanamichi sarebbe stato solo li dentro, al buio.
E se si fosse svegliato?
Se si fosse svegliato li dentro si sarebbe
spaventato.
Non potevano metterlo in quel brutto posto...
Hanamichi meritava di meglio.
Avrebbe volti urlare di tirarlo fuori di li! Di
portarlo nella loro stanza!
Perché avrebbe potuto svegliarsi!
E lui adorava guardare Hanamichi svegliarsi.
Ma la parte razionale della sua mente sapeva che
Hanamaichi non avrebbe mai più aperto gli occhi.
Che non sarebbe mai tornato da lui.
Hanamichi era morto.
Per sempre.
Niente gliel'avrebbe restituito.
Niente e nessuno.
Era di nuovo solo...
I giorni erano passati lenti, dolorosi, perpetui.
Non un giorno diverso dall'altro.
Che piovesse, nevicasse o ci fosse il sole, per
lui non faceva differenza.
Ogni giorno passato senza il do'hao, non aveva
senso che fosse vissuto.
Come la notte.
Adorava la notte.
Silenzio, pace, quiete. Il buio che avvolgeva
tutto come una calda e soffice coperta rendeva tutto così perfetto.
Meravigliosa.
Ma se poi non c'è il sole a donare colore, luce e
a svegliare il mondo, la notte non è più fatta di pace, ma di
desolazione.
Non c'è più quiete, c'è solitudine.
Non più il buio tiepido e morbido, ma soffocante
e oppressivo.
E le sue giornate erano tutte fatte di notti a cui
non seguiva il giorno.
Alcune volte era stato sul punto di farla finita,
ma le ultime parole che Hana gli aveva rivolto, lo avevano sempre fermato.
Gli aveva fato promettere che sarebbe vissuto
anche senza di lui.
E si sentiva un verme, perché non sapeva quanto a
lungo sarebbe riuscito a mantenerla quella promessa.
Perché gli mancava, gli mancava da impazzire.
Era nato circondato dalla bambagia, ma non aveva
mai sorriso, non aveva mai gioito.
Ma quando aveva incontrato quel Rossino casinista
non solo aveva imparato a sorridere, ma aveva imparato anche ad amare.
Una cosa che mai aveva provato.
E gli era stato strappato tutto.
Ed era tornato nell'oblio del freddo, nell'apatia
totale.
Ogni tanto, capitava, che di notte lo sognasse.
Non ricordava mai cosa gli diceva.
Lo vedeva sofferente e piangente a terra, gli
diceva qualcosa, ma non riusciva mai a sentire, non riusciva mai a capire
cosa quelle labbra tentavano di comunicargli.
Provava a raggiungerlo, tentava ogni volta di
fermare le sue lacrime, ma appena stava per sfiorarlo, tutto spariva.
Per diversi minuti, quando si svegliava dopo quel
sogno ricorrente, quegli occhi disperati lo tormentavano.
Si chiedeva perché, perché neppure in sogno
riusciva a salvarlo.
Perché neppure in un mondo creato da lui non
riusciva a non farlo piangere.
E in un giorno in cui quegli occhi dorati erano
diventati insostenibili aveva deciso.
Non si era fermato a riflettere e lo aveva fatto.
Aveva violato ogni legge, ogni patto.
Aveva violato qualsiasi tabù pur di riaverlo con
se, almeno una volta ancora.
-E' quasi ora Hana, ti potrò rivedere ancora...-
accarezzò nuovamente il vetro che lo separava da quel corpo caldo eppure
privo di vita. -Ancora un attimo Hana... solo un altro po', e staremo
insieme.-
La sua colpa, la sua condanna.
Pur di poterlo stringere ancora una volta tra le
braccia,
pur di sentire nuovamente quella voce pronunciare
il suo nome...
Pur di riaverlo per se, aveva venduto la sua anima
al Diavolo.
Un patto stretto col sangue.
Le parole di quella promessa fatta col demonio,
gli rimbombavano ancora nella testa:
-Ti invoco Signore dei Dannati! Appari al mio
cospetto padrone del regno del peccato.
Ascolta la mia voce, Signore dell'oblio!-
un mucchio di libri mai letti nell'enorme
biblioteca dove aveva trovato Il Libro Proibito delle Evocazioni.
Un libro all'inizio comprato solo per il suo
aspetto pregiato: la sua copertina di pelle nera con ricamata d'oro la
stella a cinque punte rovesciata.
Le scritte dorate pregiate a identificarlo come il
libro dannato.
Le pagine dal bordo del colore cupo del sangue.
le formule dell'evocazioni scritti in eleganti
caratteri neri.
Si era disperatamente aggrappato ad uno stupido
libro.
La disperazione si era talmente insinuata in lui
riempiendolo a poco a poco lo aveva privato della ragione.
Aveva invocato il Demonio per poter stipulare un
patto con lui che gli permettesse di riaverlo con sé.
E il Diavolo aveva risposto al suo appello pronto
a cibarsi della disperazione di un uomo.
Erano comparse lingue di fuoco che pur ardendo con
furia non bruciavano nulla di ciò che riempiva la stanza.
E quella voce che veniva dall'oltretomba gli
chiese cosa volesse uno stupido moccioso dal Signore del Caos e dell'Odio.
-Voglio stipulare con te un patto.- aveva risposto
con tono gelido.
-Hanamichi Sakuragi è morto. Io lo rivoglio. Lo
rivoglio con me. In cambio, quando la mia avita avrà termine... potrai
fare quello che vuoi della mia anima.- aveva detto senza remore o timore.
E il demonio aveva accettato...
Una sola volta all'anno, nella giorno in cui
Hanamichi è deceduto, nell'istante stesso in cui il suo corpo ha esalato
il suo ultimo respiro, in quella stanza, il tempo avrebbe cessato di
scorrere.
E una sola notte all'anno, Hanamichi avrebbe
potuto raggiungerlo.
Il Diavolo aveva marchiato la sua anima
dichiarandola sua, stipulando così il patto fatale, dopo di che, se ne
era tornato nelle fiamme dell'inferno.
Era caduto a terra privo di forze, segnato da
quella promessa fatta col sangue, scritta nella sua anima.
Akira era corso nella stanza allarmato dal
chiasso.
Era entrato in tempo per vedere le fiamme
ritirarsi, e Kaede cadere a terra.
-Kaede!!- il ragazzo aveva urlato raggiungendo
l'amico a terra col fiato corto.
-Kami Kaede...che hai fatto...- sussultò
inginocchiandosi cinereo accanto all'amico prendendogli la mano e
stringendola mentre questo ansimava pesantemente col volto più pallido
del solito e il sudore che gli appiccicava le ciocche scure sulla fronte.
Lo sguardo di Sendoh si posò sul libro e con mano
tremante e con occhi increduli prese il libro aperto osservando le pagine.
I suoi occhi si dilatarono all'infinito quando
lesse il rituale che l'amico aveva compiuto.
-Mi dispiace...- sussurrò Rukawa.
-Ma che hai fatto... che hai fatto!- aveva
commentato scotendo la testa incredulo e disperato lasciando cadere il
libro che si chiuse con un tonfo a terra.
Il ragazzo più vecchio abbracciò il volpino
piangendo.
- Perché Kaede, perché?!- continuava a chiedere.
-Non posso vivere senza di lui Akira... Ci ho
provato... ma proprio non ci riesco. Mi manca troppo.- gli aveva
confessato ricambiando la stretta.
-Che cosa...- provò a chiedere Sendoh ma Rukawa
lo aveva preceduto:
-Gli ho venduto l'anima- Akira ebbe un sussulto
-In cambio, nel giorno della sua morte, io potrò rincontrarlo, in quella
notte, lo rivedrò...- spiegò abbassando il capo. Sendoh era incredulo,
non sapeva cosa dire.
Lo amava a tal punto?
Era davvero innamorato a quel punto di Hanamichi,
che pur per poterlo sfiorare anche solo un'altra volta aveva venduto la
sua anima al Diavolo in persona?
-Si Akira...- gli aveva risposto Rukawa come se
avesse letto nei suoi pensieri.
-Lo amo, lo amo alla follia, lui era ed è la mia
vita, per quanto io sia forte Akira, non ho le energie per vivere senza di
lui... non ci riesco...- stava per concludere la frase quando l'urlo
agghiacciante di una delle cameriere lacerò l'aria.
In seguito al suo, molte altre urla riempirono la
reggia.
Kaede venne aiutato da Akira per alzarsi e insieme
si diressero verso la zona degli strilli.
-Cosa è successo?!- chiese concitatamente il
ragazzo dai capelli a punta notando il gruppo di servitori raggruppati
intorno ad alcune cameriere in preda allo Shock che tremavano
convulsamente con il volto cinereo.
-Signore!- Mitsui si era avvicinato a Rukawa che
ora faceva a meno del supporto di Akira. Il volto del giardiniere era
pallido e sconvolto e le sue membra tremavano.
-Il signorino....- Rukawa aveva spalancato gli
occhi incredulo.
Si era voltato di scatto osservando la porta
socchiusa della stanza dove si era consumata la tragedia.
La porta era socchiusa, ma lui non poteva comunque
osservare l'interno.
-Signor..Rukawa...Sakuragi... E'...lì...- aveva
balbettato Ayako sconvolta tra le braccia di un cinereo Ryota.
Gli altri servi avevano continuato a bisbigliare
sconvolti osservando il loro padrone avvicinarsi alla porta maledetta.
-Kaede cosa...?- ma Rukawa non aveva degnato di
risposta l'amico. Aveva spinto l'uscio lentamente entrando nella stanza.
I suoi piedi avevano calpestato i frammenti di
vetro.
Il suo sguardo era puntato sul pavimento.
Tutto come quel giorno di sei mesi prima...
Con uno sforzo incredibile, stringendo la maniglia
in maniera spasmodica, aveva alzato piano il volto.
Sapeva già cos avrebbe visto.
E il suo sguardo si era infranto contro il palo
dove Hanamichi giaceva legato, gli occhi socchiusi e vuoti, quelle gocce
di sangue ancora fresco che scorrevano.
Poteva vederle anche da lì.
Le sue ginocchia non erano riuscite a resistere
facendo piombare il moretto inginocchiato in quella miriade di cristalli
tagliente.
Il patto stipulato col Diavolo gli si piantò in
testa.
In quella sala, il tempo si era fermato al momento
esatto in cui Hanamichi è deceduto, nell'attimo esatto in cui l'anima del
suo innocente do'hao aveva abbandonato quel corpo martoriato.
-Kami Sama...- Akira entrato nella stanza aveva
sussultato.
-Chi... chi è stato?!?!?- aveva urlato il ragazzo
in preda al panico e all'angoscia.
-Chi ha fatto questo a Kaede?! Chi ha osato?!-la
servitù si era ritratta intimorita da quelle parole.
-Nessuno di loro Akira...nessuno di loro....- e
Sendoh si era voltato di scatto verso l'amico ancora inginocchiato che gli
voltava le spalle.
I suoi occhi si erano spalancati, capendo,
all'istante, perché il corpo di Hanamichi era tornato in quella sala.
Il pendolo batté con furia i dodici rintocchi
della mezzanotte.
Kaede sorrise tristemente raccogliendo da terra un
frammento di finestra.
Il pugnale improvvisato riluceva tra le sue mani
come un diamante.
Alzò il volto verso Hanamichi.
-Arrivo...- sussurrò recidendosi con decisione e
indifferenza il polso. Il sanngue colò cupo e abbondante.
Il coccio cristallino tinto di rosso venne
lasciato cadere a terra.
Il pezzo di vetro toccò il suolo senza emettere
suono mentre cristalli rubini schizzavano come piccoli fuochi d'artificio
intaccando, nuovamente, la lucente perfezione dei vetri infranti.
Kaede lasciò cadere l'arto lungo il suo corpo
mentre osservava la vetrina che lo separava da Hanamichi sparire.
-Ci siamo...- bisbigliò avvicinandosi al palo
barcollando.
La pozza di sangue ai piedi di Hana si seccò di
colpo, la stilla carminio aveva cessato di cadere.
Ad ogni passo il moretto lasciava dietro di se una
scia rossa testimone del suo atto.
Posò con riverenza un bacio sul dorso dei piedi
di Hanamichi.
Gelidi, il corpo di Hanamichi era diventato
gelido.
-Ti amo...- sussurrò prima di lasciarsi cadere
stancamente a terra.
Si trascinò faticosamente fino ad appoggiarsi con
la schiena al palo di legno.
La testa gli cadde pesantemente su un lato mentre
il suo respiro diventava sempre più lento.
Il sangue scorreva dal suo polso come un piccolo
ruscello macchiando i suoi abiti scuri.
Chiuse gli occhi aspettando paziente che quella
morte fittizia che ormai conosceva bene, lo avvolgesse nel suo manto
scuro.
I vetri attorno a lui presero a fremere.
Il tintinnio inquietante dei cocci che venivano a
contatto riempiva la sala spoglia.
La sua pelle diventava sempre più esangue e il
suo respiro sempre più flebile.
E i cocci fremettero sempre di più...
-Eccomi....- disse in un sussurrò in udibile
mentre tirava il suo ultimo respiro.
A quel segnale i frammenti di vetro si sollevarono
di scatto in aria mentre, come se un'orchestra stazzasse nella sala, si
avvertirono suoni di archi e violini.
La musica triste e violenta allo stesso tempo,
come in una festa dove gli unici ballerini erano quelli frammenti
cristallini che ora schizzavano impazziti per tutto il salone.
Le finestre venivano ricomposte quando i cocci si
univano fondendosi a ricreare la superficie perfetta delle vetrate.
Il cadavere di Hanamichi ebbe un fremito.
Il corpo esangue di Kaede sussultò.
Un nuovo fremito nel cadavere martoriato.
Un nuovo sussulto nel corpo privo di vita.
Le dita del rossino si mossero impercettibilmente.
Le labbra si socchiusero ancora di più in un
ansito spezzato.
Le pupille si restrinsero riacquistando luce.
Hanamichi si inarcò violentemente sdoppiandosi.
In quello stesso istante anche l'ultimo vetro
infranto tornò al suo posto e la musica nella sala cessava
improvvisamente lasciando solo un'eco a testimoniare il suo passaggio.
Sakuragi spalancò gli occhi per poi serrarli
gemendo mentre cadeva al suolo a pancia in giù a causa dello slancio.
Scosse confuso la testa passandosi la mano illesa tra i capelli carminio.
Gemette flebilmente rimettendosi in piedi.
Barcollò un po' per poi voltarsi lentamente verso il palo conficcato al
suolo.
Il cadavere di lui stesso tornato mortalmente
immobile.
La luce della luna giocò con i suoi capelli
traendone riflessi cupi, e con il suo abito di velluto bordeaux.
Abbassò lo sguardo verso Kaede che sussultava ai
piedi della trave.
-Kaede...- sussurrò dolcemente avvicinandosi al
corpo.
Il proprio corpo impalato sparì con il sostegno a
cui era legato lasciando che Kaede cadesse all'indietro.
Ma solamente il corpo privo di vita del giovane
toccò terra, perché il Kaede vivo si ritrovò seduto tra le sue stesse
gambe.
Si massaggiò la testa dolorante con gli occhi
ancora chiusi quando il sussurro dell'amato glieli fece spalancare.
-Kaede...- Rukawa fissò i suoi occhi cobalti in
quelli di cioccolato fuso dell'amato.
-Hana...- si alzò non dando importanza all'altro
se stesso cadavere che sparì immediatamente.
I loro occhi si incatenarono.
Rukawa posò una mano sulla guancia di Hanamichi
accarezzandone la pelle setosa.
-Mi sei mancato...- sussurrò. Il rossino posò la
propria mano su quella di Kaede poggiata sul suo volto.
-Anche tu..- i due si avvicinarono con urgenza
congiungendo le loro labbra suggellando e rinnovando quella promessa di
amore eterno.
Le mani di Kaede si lasciarono avvolgere dai
morbidi capelli rossi del ragazzo.
La sua lingua danzava dolcemente con quella del
compagno assaporandone il sapore dolce e deciso che tanto gli era mancato.
Un gusto, tuttavia, salato, si intromise in quello
dolce del rossino e Kaede capì che il suo ragazzo stava piangendo.
Si staccò da lui per fissarlo negli occhi liquidi
con sguardo preoccupato.
Già una volta Hanamichi aveva pianto...
Al loro primo incontro dopo la sua morte.
-Piccolo...che succede...?- chiese sussurrando con
voce tenera incorniciando il volto dell'amato con le mani.
-Mi dispiace...vederti soffrire così...-
sussurrò Hanamichi.
-Cosa dici Hana... Io vivo in virtù di questi
momenti...- tentò di rassicurarlo.
-Proprio per questo Kaede... Io... Ti sto solo
impedendo di continuare a vivere... Tu non sei più tu... Da quando me ne
sono andato aspetti nel dolore e nell'angoscia queste poche ore in cui
possiamo stare assieme. E non è giusto Kaede...- disse abbassando il capo
e scotendo piano la testa -Non è giusto...- Alzò nuovamente il volto
rigato da nuove lacrime -Io ti ho fatto promettere di vivere Kaede... di
vivere! Non di esistere semplicemente come stai facendo tu! Ti amo troppo
per vederti logorare così!- singhiozzò abbracciandolo.
-Hana... E' vero... io ti ho promesso che avrei
vissuto. E ci ho provato, devi credermi, ma tu era la mia unica gioia, eri
tu la mia vita. Io morivo e vivevo nei tuoi sorrisi. Ho provato ad
uscire... Ma tutti i volti che incontravo, mi ricordavano quelli delle
persone he ti avevano fatto questo Hana, che ti avevano portato via da me.
Ed ogni altro che incontravo, mi pareva nulla in confronto a te. Tu volevi
che fossi felice piccolo. E io sono felice solo quando sto accanto a te.-
concluse cullandolo nel suo abbraccio. Hanamichi non rispose stringendosi
di più a lui.
-L'ho sempre detto che sei una Baka Kitsune... Non
riesci a fare nulla senza il Tensai...- bisbigliò.
-E' vero... Non riesco a fare nulla senza il mio
Do'hao...- rispose sorridendo dolcemente all'amante che ricambiò il
sorriso.
Rukawa asciugò le lacrime del rossino con
gentilezza.
-Andiamo da Akira?- chiese Hanamichi. Rukawa
annuì.
Vederlo piangere era stato straziante.
Come quella prima volta in cui Hana e lui si erano
incontrati.
Hanamichi era accasciato al suolo e piangeva,
piangeva disperato singhiozzando e ripetendo all'infinito quell'unica
domanda: perché?
Come scordare le sue parole..
- Perchè Kaede perché l' hai fatto?!?!?- aveva
urlato in preda alla disperazione.
-Perchè non potevo andare avanti senza di te...-
aveva ammesso il Signore. Ma Hanamichi piangeva sempre più forte.
-Perchè?! Perchè Kaede?! Perchè gli hai donato
la tua anima?! Cosa sono pochi anni di lontananza se poi avremmo potuto
stare un'eternità insieme?! Invece ora... ora....-Kaede lo aveva stretto
unendosi al suo pianto.
Era disperato quando aveva compiuto quel gesto
sconsiderato.
Non aveva pensato, aveva agito.
-Mi dispiace amore... mi dispiace... Non ce la
facevo più....a svegliarmi senza trovarti accanto a me. Non sopportavo
più il silenzio che regnava in questa casa. Non ce l'ho fatta! Perdonami
Hana! Perdonami!- insieme avevano pianto facendo rieccheggiare i loro
singulti nella grande sala.
E Akira aveva visto tutto... e il cuore gli si era
spezzato...
Da quando il corpo di Hanamichi era riapparso, i
servitori si erano licenziati. Gli unici rimasti erano quelli più fedeli:
Ayako, Ryota e Hisashi.
Ma la presenza di quel cadavere rendeva la vita
impossibile agli occupanti della casa e si erano trasferiti altrove e la
dimora era stata bollata come infestata dagli spettri e più nessuno ci si
era avvicinato.
Il villaggio era diventato una città fantasma.
Avevano tutti lasciato la piccola collina in preda
ai sensi di colpa o alla paura che il loro Signore decidesse di punire
anche gli innocenti per sfogare la sua rabbia e il suo dolore.
Akira lo aveva visto vivere ogni giorno attendendo
quella notte fatidica in cui avrebbe riabbracciato Hanamichi.
E soffriva con lui vedendolo contare i giorni.
E quella notte, aveva assistito alla loro
tristezza.
Riuniti eppure divisi, stavolta, per sempre.
Non aveva sopportato il dolore di quelle due anime
il cuio unico peccato era stato quello di amarsi troppo.
Non avrebbe potuto sopportare oltre le lacrime di
quelli che considerava suoi fratelli.
Rukawa stringeva la mano di Hanamichi mentre
insieme varcavano la soglia d'ingresso della loro ex-dimora.
Il vento gelido spiraleggiò tra i due ragazzi che
camminavano sul confine tra la vita e la morte.
Non erano vivi, non erano morti.
Due anime rese materiali, con un cuore fittizio
che batteva nel petto, con sangue fasullo che scorreva nelle vene, un
amore sincero e puro, a riempire due scatole perfette.
Ma mentre uno di loro, alla fine di quelle ore
concessegli, sarebbe tornato in vita, l'altro, non avrebbe potuto che
tornare dove le anime trovano pace, separandosi, ancora una volta dal suo
amore eterno.
Percorsero il vialetto di marmo coperto da foglie
secche.
-Mi manca questo posto...- sussurrò Hanamichi
accarezzando una foglia rossastra di acero che si era chinato a
raccogliere.
-Senza di te...era vuoto, spoglio, banale.
Rasentava lo squallido- gli rispose il moretto camminando accanto a
Sakuragi.
-Grazie...- riuscì solo a bisbigliare Hanamichi.
-Come stanno gli altri?- chiese guardando distrattamente le foglie secche
che calpestava mentre lentamente si dirigevano sul retro della casa.
-Mitsui ti saluta...- ripeté il moretto come
quando si era trovato di fronte al cadavere dell'amato. -Ayako e Miyagi si
sono sposati- gli occhi di Hanamichi brillarono sorridendo.
-Davvero?! E'...fantastico!- esultò sinceramente
contento. Rukawa gli sorrise fermando la camminata e attirandolo a se
posando le sue labbra sulle sue.
Piccoli baci teneri senza frenesia. Solo leggeri
tocchi pieni di dolcezza.
-E non è tutto...- gli sussurrò guardandolo
negli occhi. -Il loro bambino... lo hanno chiamato Hanamichi...- gli disse
con una luce emozionata nello sguardo osservando gli occhi nocciola
allargarsi per poi diventare improvvisamente liquidi.
-N..non so cosa dire...I..io... vorrei
tanto...vederlo... di... di loro che ne sono onorato...che... sarà
senz'altro fantastico come loro due...- un dito sulle labbra pose fine a
quella valanga di parole.
-Sarà fantastico, perché è il loro bambino, e perché
porta il tuo nome! Speriamo che perché ha il tuo nome non sia anche un
do'hao...- ironizzò poggiando le mani sui fianchi del rossino attirandolo
a se baciandolo in una carezza intima.
-Baka kitsune! Sarà un Tensai! Poiché porta il
nome del tensai dei tensai!- Rimbeccò con voce bassa fissandolo negli
occhi. Gli sorrise congiungendo nuovamente le loro bocche.
-Andiamo, Akira ci aspetta...- disse Rukawa
incamminandosi intrecciando le dita delle sue mani a quelle del rossino.
-Sono davvero contento per loro... Si meritano un
po' di felicità! So che sono stati anni difficili per tutti.- Kaede
annuì, erano quasi arrivati, Akira li aspettava.
-Tu mi nascondi qualcosa, vero Kaede?- ruppe
improvvisamente il silenzio Hanamichi.
Il respiro di Rukawa si mozzò e il moretto si
fermò, Hanamichi, avanti di pochi passi, attese.
Al momento di stupore e shock, seguì quello della
ragione.
Era ovvio che se ne fosse accorto...
Sorrise quasi rassegnato scotendo la testa e
riprendendo a camminare al fianco di Hanamichi.
-A quanto pare non ho poi questa perfetta maschera
di ghiaccio che tutti decantano.- disse sospirando.
-Avanti Kaede! Siamo stati insieme dodici anni.
Vuoi che non mi accorga se nascondi qualcosa? Sarò morto, ma sono un
Tensai anche da trapassato!- disse ridendo per sdrammatizzare.
-Do'aho...-
-Baka Kitsune! Idiota a chi?-
-A te do'hao!- Cadde il silenzio.
-Allora? che hai?- domandò nuovamente Hanamichi.
-Ne parliamo dopo...- Il rossino annuì lasciando
cadere l'argomento.
I due si fermarono: si trovavano di fronte ad
Akira.
-Ciao Akira...- disse Hanamichi dolcemente.
-Scusa se non veniamo spesso...-
Sakuragi allungò una mano carezzando il marmo
bianco della lapide.
Le lettere dorate modellate in un corsivo classico
ed elegante portavano la scritta:
Akira Sendoh.
Più che un amico un fratello che ha permesso a
due anime dannate, di stare insieme.
Grazie.
Kaede
Kaede e Hanamichi si inginocchiarono sulla tomba.
Il loro salvatore, il loro benefattore.
Lui, con il suo sacrificio, aveva permesso ad
Hanamichi e Rukawa di stare insieme per sempre.
-Grazie mille Akira... Senza di te, saremmo stati
perduti.- mormorò Hanamichi versando per il fratello una lacrima sincera
di profondo affetto.
-Grazie Akira, per me, sei sempre stato un
fratello, che non si arrabbiava se ero scorbutico, non si offendeva se ero
freddo, che mi ha sempre sostenuto. E anche stavolta, mi sei stato vicino
e mi hai salvato. Grazie.- disse Rukawa poggiano una rosa bianca sulla sua
tomba, colta da un cespuglio li accanto.
Hanamichi si chinò posando un bacio sulle
incisioni dorate.
Kaede fece lo stesso.
Il vento soffiò gelido e pungente carezzando il
freddo marmo come se volesse anch'egli rendere omaggio con le sue
invisibili labbra, a quel martireche che aveva sacrificato la sua vita per
la felicità di quella che aveva sempre considerato la sua famiglia.
Lo sguardo di Hanamichi si posò accanto alla
tomba di Akira.
La brezza gli accarezzò il viso scostando le
ciocche carminio a velargli lo sguardo, ma la cosa non sembrava
infastidirlo.
Lo sguardo era perso e vuoto.
-Hana che hai?- gli chiese preoccupato Kaede
posando leggero una mano sul braccio dell'amante.
-Fa sempre effetto...- rispose sorridendo
mestamente scotendo la testa. Rukawa seguì lo sguardo del compagno
capendo, improvvisamente, cosa lo avesse impressionato: accanto alla tomba
di Akira, c'era quella di Hanamichi.
-Guardare la propria tomba, deve fare uno strano
effetto.- concordò Hanamichi.
-Si, anche in questi momenti, dove sembri vivo,
quella lapide ti ricorda che in verità tu non esisti più. Ti ricorda che
tutto quello che senti è fasullo, che sono emozioni che non dovresti più
provare. Quella lapide, ti ricorda che stai assaggiando il frutto
proibito. Qualcosa che non avresti più dovuto avere. E' come ad una
persona che viene confiscato qualcosa, ma nonostante ciò, ogni tanto,
contro ogni legge, ritorna a prenderla tra le mani, gioendone per qualche
attimo, ma poi, è costretto a rimetterla apposto. Quella lapide, mi
ricorda, che per il mondo Hanamichi Sakuragi è morto. Che stavolta è
scomparso davvero, che non sono loro, stavolta, a non volermi guardare,
vedere, Hanamichi Sakuragi, il rossino, se ne è andato veramente...-
abbassò lo sguardo. -Mi fa quasi sentire un criminale...- aggiunse con un
sorriso tirato alzando lo sguardo.
Lanciò un ultimo sguardo alla lapide con incise
lettere d'oro:
Hanamichi Sakuragi.
Che ha donato luce alle tenebre.
Una macchia rossa, in un mondo nero.
La mia vita è finita con la tua.
Kaede (*)
Si voltò verso Kaede che lo fissava con la sua
espressione imperturbabile sul volto, perso in chissà quali pensieri.
-Per stanotte, amore, dimentica tutto...-
Hanamichi annuì.
-Ciao Akira... grazie...- salutò il rossino
inchinandosi con gratitudine.
Akira Sendoh.
Amico di famiglia del giovane Kaede Rukawa che a
soli sedici anni era diventato il Signore della collina dopo la prematura
scomparsa dei sui genitori.
Colui che era rimasto vicino a Kaede e Hanamichi
fino all'ultimo...
....e oltre....
Aveva visto Hanamichi morire senza fare nulla.
Aveva visto Kaede distruggersi, senza che lui
avesse potuto impedirlo.
Aveva visto il suo migliore amico vendere la sua
anima al demonio per poter stare ancora una volta con la persona che amava
più della sua stessa vita.
Ed infine aveva assistito al loro pianto, uniti
per qualche minuto, ma poi, sarebbero stati divisi per sempre.
La goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
Non poteva sopportare di vederli soffrire,
disperarsi senza che lui avesse potuto fare nulla per aiutarli.
Come quel giorno in cui Kaede aveva dato l'anima
al male, lui si diresse in quella biblioteca con la determinazione negli
occhi di chi va a morire per una causa in cui crede.
Aveva spalancato la porta della biblioteca mentre
l'eco dei singhiozzi di Hanamichi sembrava dargli più forza.
Aveva afferrato il libro e pronunciato la formula.
E l'inferno si era scatenato.
Le sue parole, la sua condanna e il suo riscatto.
La loro salvezza.
-La mia anima. Ora. Ti dono ora la mia anima in
cambio di quella di Kaede. Libera la sua anima e prendi la mia.-
Rukawa si riscosse dai ricordi.
Tentò di non pensare ad Akira che interrompeva il
pianto di quella prima volta sorridendo loro dicendo che voleva loro bene,
e che ora, niente li avrebbe più divisi.
Non voleva pensare ad Akira che lo aveva guardato
e gli aveva detto che era libero,.
Non voleva ricordare Akira sparirgli davanti agli
occhi.
Non voleva rammentare la corsa disperata sua e di
Hana verso la biblioteca dove avevano trovato il cadavere di Sendoh.
Non voleva pensare al fatto che Akira era morto
per colpa di un SUO errore, di un SUO colpo di disperazione.
E soprattutto, non voleva ricordare, le parole che
Akira gli aveva scritto su un foglio prima di andare, parole che dicevano
che qualcosa per loro, che sarebbe finalmente stato utile.
Perché ricordare quelle parole significava
convincersi che lui non era stato in grado di far capire ad Akira quanto
lui era stato fondamentale nella sua vita, come era stato un fratello, un
padre, un amico.
Significava ammettere, ricordare che lui aveva
fallito, su tutta la linea.
Non aveva salvato il suo amore e non era riuscito
a trasmettere il suo affetto all'unica persona rimastagli come famiglia.
Le loro labbra si cercarono accarezzate
dall'oscurità che regnava nella stanza da letto in cui erano entrati.
Le tende si erano lentamente abbassate precludendo
alla luna la vista dei due ragazzi uniti in quel bacio carico di
nostalgia.
La stanza era circondata dalla penombra che
accarezzava i due corpi vicini con le sue braccia leggere e vellutate.
Le mani del volpino calarono leggere sui suoi
fianchi accarezzando il corpo come se avesse paura di frantumare quel
corpo di vetro.
-Ti voglio...- sussurrò a fior di labbra il
rossino avvampando immediatamente. Rukawa lo guardò negli occhi per
qualche istante scambiando con lui frasi d'amore e fiducia.
Le labbra si congiunsero ancora mentre le dita
alabastrine sbottonavano la giacca di velluto sanguigna. Hanamichi la
lasciò cadere a terra cominciando a sua volta a slacciare il laccio che
teneva legato al volpino il lungo mantello scuro.
L'indumento cadde a terra con un leggero fruscio.
Kaede fece sdraiare Hanamichi sul letto,
scalciando il mantello di tenebra che giaceva a terra dimenticato.
I loro respiri non si lasciarono un attimo mentre
le mani esploravano leggere come battiti d'aria il corpo dell'altro con il
timore di vederlo sparire da un momento all'altro.
Kaede slacciò la camicia cangiante di Hanamichi
facendo scorrere finalmente le mani alabastrine sul petto bronzeo.
Hanamichi inarcò la schiena. Il contatto con le
mani bollenti del compagno e la contrastante freschezza della camicia
scura di seta lo fecero sospirare.
Hanamichi giocò con i bottoni della maglia di
Kaede fino a liberare il petto dell'amante dalle mani vogliose della
gelida seta.
Separarono le loro labbra per riprendere fiato.
Nella penombra creata dai raggi della luna che
forzavano le pesanti tende di damasco, Kaede godette della visione del
rossino steso sotto di lui il volto arrossato, le labbra gonfie col colore
delle ciliege.
La camicia cangiante che si apriva come un fiore a
svelare la pelle dorata creando un contrasto ipnotico.
Gli occhi d'ambra brillavano in estatica
adorazione del corpo sopra il suo.
Kaede vi posò una mano incapacitato di resistere
a tanta bellezza.
Hanamichi sospirò a quel leggero contatto.
-Sei bellissimo...- sussurrò al moretto.
Imponente, bello, maestoso il corpo statuario a
gattoni su di lui.
I lembi della camicia nera in un contrasto
doloroso con la pelle nivea e delicata.
Gli occhi blu scintillanti di amore, dolcezza e
passione.
I capelli arruffati e le guance purpuree.
-No, tu sei bellissimo...- lo contraddisse
abbassandosi nuovamente ad assaggiare quelle labbra che tanto gli erano
mancate.
-Come si dice: la morte ti fa bello...- soffiò il
rossino passando le braccia attorno al collo dell'amante.
-Do'hao- fu la risposta appena sussurrata a fior
di labbra.
Il volpino sfilò definitivamente la camicia al
rossino per poi fare altrettanto con la propria.
Si stese del tutto sul corpo del rossino
provocando ad entrambi una sensazione elettrizzante, conosciuta eppure
dimenticata.
Kaede scese con le labbra sullo zigomo, andò a
stuzzicare il lobo dell'orecchio dell'amante che si tese sotto quall
carezza. Le mani grandi e abbronzate di Sakuragi percorsero ogni vertebra
della schiena del compagno.
Kaede scese con la bocca suggendo centimetro dopo
centimetro il petto bronzeo che si alzava e abbassava con frenesia.
Il gusto reso leggermente salato dal sudore che lo
ricopriva come una leggera patina di rugiada.
Con la lingua giocò con i capezzoli inturgiditi
mentre le mani anticipavano il percorso futuro della bocca, massaggiando
in carezze riverenti gli addominali del giovane che si tendeva e arcuava
pregando un maggior contatto.
Uno dopo l'altro, le lunghe dita curiose
slacciarono i pantaloni scuri che fasciavano elegantemente le lunghe gambe
tornite e muscolose.
I pantaloni e la biancheria intima del rossino
raggiunsero gli altri capi dimenticati a a terra.
Sakuragi liberò un gemito di soddisfazione quando
finalmente la sua virilità tesa fu libera dalla sua prigionia di stoffa.
Kaede continuò a suggere la pelle marmorea sotto
le sue labbra.
Una lacrima sfuggì al controllo di Kaede
scivolando lungo lo zigomo, carezzando la pelle bollente del volto, per
poi rotolare sul corpo bronzeo.
Questa scivolò languida sui pettorali per poi
cadere nell'ombelico.
Rukawa seguì diligentemente la scia lasciata dal
cristallo di mare riprendendosi il frutto di una sua debolezza.
Ma non era il tempo di avvelenarsi il sangue e i
pensieri con rimpianti e dolore.
Ora doveva pensare al presente, vivere, per una
volta, al minuto.
Affondò con dolcezza la lingua nell'ombelico
facendo arcuare Hanamichi che emise un gemito strozzato.
Quel suono ebbe il potere di riportarlo al
presente.
La pelle bollente del suo amante, calda, liscia,
vellutata, i suoi gemiti e ansiti spezzati, il suo corpo che bramava
attenzioni a lungo mancate.
No, non era quello il momento di darsi ai
rimpianti.
Scese ancora trovandosi di fronte la virilità
pulsante del rossino che implorava attenzioni.
Abbassò il volto soffiando sul membro bollente
facendo tendere il ragazzo vittima delle sue torture.
-Kaede...- sussurrò in preda alla passione. Il
ragazzo raccolse la sua preghiera succhiando la punta del membro teso.
Hanamichi si inarcò arpionando il lenzuolo candido liberando un urlo roco
di sorpresa. Rukawa continuò a seviziare con ingordigia la punta del
sesso di Hanamichi che inarcò il bacino in cerca di più appagamento.
Kaede fece scivolare una mano sulle lenzuola in cerca della mano
dell'amante con cui intrecciò le dita una volta incontrata. Aprì la
bocca avvolgendo completamente la virilità del rosso che si inarcò
liberando un urlo di piacere, stringendo di riflesso la mano del volpino
che ricambiò la stretta.
Ora nessuno gliel'avrebbe portato via, per quei
magici momenti, nessuno avrebbe potuto separarli ..
Cominciò a succhiare con avidità il sesso retto
allo spasmo del rosso Sakuragi.
Lo sentiva tendersi, gemere, urlare, ansimare.
Tutto questo per lui.
Era a causa sua se ora quei sospiri erano vere e
propria urla di goduria.
Era a causa sua se ora quei respiri acellerati
erano ansiti spezzati sul nascere.
Era a causa sua se quella pelle dorata ora era
rossa e sudata.
Era a causa sua se quella dita intrecciate con le
proprie stringevano convulsamente.
......era a causa sua se tutto ciò, ormai, gli
era concesso solo una volta l'anno......
Quel pensiero lo sfiorò appena perché Hanamichi
urlando il suo nome si inarcò venendo nella bocca del compagno.
Rukawa chiuse gli occhi ingoiando con calma
gustando quel sapore unico con lentezza. La mano di Hanamichi che nel
momento dell'orgasmo aveva stretto la sua con foga, ora giaceva mollemente
abbandonata, lasciando che il volpino ne accarezzasse il dorso con il
pollice.
Kaede fissò l'amante stravolto adagiato
languidamente tra le lenzuola.
-Kaede- ansimò in un soffio, gli occhi che si
accesero a quella parola, a quel semplice nome. Rukawa gli accarezzò il
volto con la mano abbassandosi a baciare quelle labbra gonfie dal colore
delle fragole.
La mano libera del rossino intrecciò le sue dita
con i capelli serici del moretto. Si separarono per respirare fissandosi
negli occhi.
-Ti voglio Kaede...- ripeté Hanamichi con dolce
determinazione. Il moro annuì non proferendo parola, insicuro su come la
sua voce avrebbe potuto uscire.
Con una mano si slacciò con foga i pantaloni con
qualche difficoltà.
L'altra mano, l'altra mano no, quella doveva
restare intrecciata con quella di Hana, perché avrebbe potuto sfuggire,
sparire come sei anni prima di fronte ai suoi occhi, senza che lui avesse
potuto far nulla per salvarlo, per tenerlo ancora un po' con se.
Una volta liberata il suo sesso eretto, si sdraiò
nuovamente sul corpo nell'amante facendo scorrere una scarica di brividi
lungo la schiena di entrambi, per trovare sfogo in un lungo gemito di
piacere. Le labbra di Rukawa calarono come la falce della morte sulla gola
di Hanamichi suggendo e succhiando, imprimendosi nella mente il sapore
dolce del compagno.
La mano diafana del rossino percorse la schiena di
Sakuragi finché non giunse al solco delle natiche. L'indice e il medio
violarono quella linea di confine penetrando con dolcezza il ragazzo che
si agitava sotto di lui.
Si inarcò gemendo a quell'intrusione mandando le
due virilità tese a sfiorarsi.
-Ti amo...- sussurrò Rukawa sfilando le dita
provocando una leggera protesta del rossino.
-Anch'io- le dita intrecciate si strinsero
convulsamente quando il Signore lo penetrò con un'unica spinta, dolce, ma
decisa.
Hanamichi urlò il suo piacere arcuandosi
violentemente. Rukawa azzannò il suo stesso grido.
Voleva ascoltare solo la voce di Hana, solo la
sua.
Succhiò quasi con violenza il collo dell'amato
che gemeva e urlava mentre il membro duro lo prendeva sempre più a fondo.
E Kaede ansimava, i suoi denti affondavano bramosi
nella pelle uniformemente dorata della gola dell'amante, la sentiva
vibrare scossa dalla voce di Hanamichi.
Affondò, un'ultima volta, risucchiato dal calore
di quel corpo bollente, quella guaina calda che lo avvolgeva, facendolo
sentire completo.
Venne liberando finalmente la sua voce che si unì
a quella di Hanamichi che si inarcò violentemente spalancando gli occhi,
le loro mani strette in un tacito patto.
La luna stava tramontando, sparendo all'orizzonte
mentre la luce soffusa dell'alba tingeva di rosa pastello, giallo come il
cuore della margherita.
-E' già ora...- sussurrò Hanamichi con
rammarico. Kaede annuì mesto.
Si trovavano in piedi nella sala degli orrori,
sotto la luce dell'alba che piano piano filtrava dalle tende.
-Dimmi Kaede, dimmelllo ora cosa mi hai tenuto
nascosto...- lo pregò con gli occhi colmi di lacrime. Kaede lo strinse a
se.
I vetri delle finestre scricchiolarono:
l'incantesimo stava per finire.
-Dimmelo Kaede...dimmelo!- lo implorò in lacrime
mentre sentiva che la vita lo stava lasciando nuovamente.
-Sto morendo Hana...- sussurrò fissandolo negli
occhi. Li vide dilatarsi. Hanamichi perse colore, scuotere la testa
incredulo.
-No...- soffiò incredulo e disperato. Alcune
finestre si frantumarono cadendo a terra tingendosi del colore del sangue.
-Due anni, al massimo... poi staremo insieme
Hana...- sussurrò con un sorriso agrodolce.
Hanamichi pianse, pianse col cuore.
Le ultime finestre andarono in frantumi e con esse
l'incantesimo si spezzò anche quell'anno.
Kaede vide le mani dell'amante sfumare nel nulla
dalla sua stretta.
-Hana!- urlò nonostante non potesse fare nulla.
Il volto del suo amato si distorse un'ultima volta in un dolce sorriso
smentito dalle lacrime che gli solcavano le gote.
-Ti amo e ti amerò per sempre
Kaede...arrivederci...- questo è quello che lesse sulle labbra
dell'amante prima che scomparisse del tutto.
-Anche io Hana...- sussurrò prima di sentire le
forze venire meno.
La testa gli pulsava dolorosamente.
Le orecchie fischiavano in maniera insopportabile.
I polmoni bruciavano.
Il petto squassato da un dolore profondo.
Poi, il buio.
Aprì lentamente gli occhi sentendosi stordito.
ome ogni anno si ritrovò sul pavimento, steso
sopra i frammenti cristallini.
Si alzò barcollando tenendosi la testa con una
mano ancora scombussolato. Quando riuscì a mettere a fuoco la vista, ciò
che vide gli si piantò nel petto come un pugnale rovente.
Di nuovo quel palo, di nuovo Hanamichi morto, di
nuovo quel volto tirato dal dolore. Di nuovo quegli occhi vacui privi di
vita.
Tutto tornato al doloroso presente.
Si avvicinò barcollando. La luce dell'alba lo
rendeva bellissimo.
Avrebbe voluto toccarlo ancora una volta, ma di
nuovo quella vetrina a separarli.
-Arrivederci Hana...- sussurrò sfiorando il vetro
trasparente.
Stava per andarsene ma un particolare lo gelò sul
posto.
Sul volto di Hanamichi rotolò cristallina una
lacrima che baciò le sue labbra per poi cadere a terra accanto alla pozza
di sangue cupo in cui la stilla carminio, perpetua, aveva ripreso a
cadere.
Kaede sorrise dolcemente allontanandosi voltando
le spalle ad Hanamichi.
-Ci vediamo tra un anno...-
Dolore.
Immenso, struggente.
Avvolgente con le sue spire soffocanti che gli
strisciano in gola impedendogli di respirare.
Acido solforico che scivola silenzioso e letale
nello stomaco, corrodendo e bruciando.
Vento caldo che soffia sulla tua pelle
accaldandola e bruciandola come tizzoni ardenti.
Agonia, lenta e dolorosa agonia.
-Devo andare...- le parole uscivano soffocate
dalle sue labbra, la vista offuscata da una nebbiolina letale.
-Non puoi muoverti!!- sbottò affranta Ayako
stringendo la mano di Rukawa steso nel letto a baldacchino circondato da
cuscini di seta.
Ma Rukawa la ignorò tentando di alzarsi.
-No! No Rukawa! Non farlo! Stai male! Non ti reggi
in piedi!- tentò di fermarlo Mitsui spingendolo sui cuscini. La pelle del
giardiniere al contatto con la sua ustionante, pareva fresca.
Le membra tremavano violentemente, la pelle
smunta, il volto scavato.
La malattia lo stava divorando.
Ma finché gli era concesso di respirare, voleva
poterlo vedere, sfiorare ancora, prima che la morte lo accogliesse tra le
sue braccia.
Perché il dubbio che non potesse raggiungere il
suo Hana per colpa della colpa di cui si era macchiato stringendo un patto
col Demonio, lo divorava più di quel malore letale.
Se non avessero più potuto vedersi, se non
avessero più potuto stare insieme, voleva almeno godere di quei momenti
per cui aveva commesso quel peccato mortale.
-Devo... vederlo...- annaspò tentando di alzarsi
nonostante il capogiro violento che lo sorprese.
-Non puoi! Non ti reggi in piedi! Come pretendi
di...- tentò di dissuaderlo Ayako.
-Potrebbe... essere...l'ultima...- boccheggiò.
Non riusciva a stare in piedi.
Ayako aveva ragione.
Probabilmente non sarebbe riuscito neppure ad
arrivare alla vecchia villa.
Ma quell'incontro, era la sua vita.
Quell'ultimo bagliore di speranza.
Aveva una paura dannata di morire.
Morire e non poterlo più vedere. Morire ed essere
giudicato per il suo patto.
Doveva vederlo, doveva stringerlo a se, o sarebbe
impazzito.
-Devo...- ma le parole vennero soffocate da un
violento attacco di tosse.
-Ayako a ragione Kaede! Non dovresti andare da
nessuna parte!-
Rukawa non credette alle sue orecchie. Quella era
la voce di...
-Akira?- biascicò incredulo. Il moretto sedeva
sul letto affianco a lui. Ayako tremava incredula mentre Mitsui balbettava
parole senza senso.
-Akira in...bhe... si insomma sono io!- disse
sorridendo.
La testa gli girava.
Akira... Akira era li? Ma non poteva essere.
Improvvisamente si sentiva più leggero, la testa
aveva smesso di dolergli.
-Come...- tentò di dire. Si mise seduto
incredibilmente senza fatica.
-Sono un Tensai, l'ho portato indietro!- Il suo
cuore prese a battere furiosamente.
Si girò di scatto incredulo a quello che le sue
orecchie sentivano.
Hanamichi.
Hanamichi di fronte a lui, con quel completo bordeaux
del loro ultimo incontro.
Il suo volto luminoso, con uno splendido sorriso
carico di tenerezza e dispiacere.
Il suo cuore si sciolse incredulo alla visione meravigliosa
che si trovava di fronte.
Era bellissimo, ogni volta che lo vedeva, era
sempre più splendido.
Si chiese distrattamente come ogni volta riuscisse
a migliorare la sua bellezza divina.
Kaede allungò una mano tremante per accarezzare
quel volto che gli pareva troppo bello per essere vero.
La malattia lo aveva evidentemente fatto
impazzire: non era possibile che Hanamichi e Akira fossero lì con lui,
loro erano morti...
Akira aveva donato la sua anima al Diavolo e
Hanamichi... Hanamichi non poteva essere lì.
Ma se quella pazzia gli permetteva di vederlo
comunque, di poter avere li con lui anche Akira che ora, per colpa sua,
probabilmente stava agonizzando senza fine tra le fiamme dell'inferno,
avrebbe accettato la follia.
La sua mente devastata dalla disperazione doveva
aver ricreato per lui, il suo desiderio impossibile, probabilmente per
farlo soffrire di più quando la morte si sarebbe fatta avanti portandolo
via da loro, dalla sua illusione.
-No Kaede, non stai sognando, siamo noi, baka
kitsune...- sembrò leggergli nella mente il rossino accompagnando la mano
di Kaede al suo volto.
-Come è possibile...- si ritrovò a chiedere il
moretto.
-Devi venire con noi Kaede.- disse mesto Akira.
-E' ora di andare amore.-
Improvvisamente Kaede capì perchè il suo malore
era scomparso.
Hanamichi e Akira erano lì, per portarlo via.
-Voi siete...-
-Mitchy!- lo salutò Hanamichi sorridendo
intrecciando le proprie dita con quelle di Kaede.
-Si, siamo morti, anzi per la precisione io sarei
anche dannato, ma Hanamichi non so come, mi ha salvato!- spiegò allegro
Sendoh.
-Siamo qui, perchè, è l'ora Kaede, devi venire
con noi...è ora...-disse con rammarico Hanamichi abbassando il capo.
-Volete dire che...- Ayako singhiozzò nascondendo
il volto tra le mani. Akira si alzò posandogli una mano sulla spalla.
-Ci lasciate, ci lasciate tutti... Prima
Hanamichi, poi Sendoh e ora... ora anche Rukawa...- singhiozzò affranta.
-Nostro figlio non vi conoscerà mai... e voi siete le persone più
fantastiche che...- non riuscì a continuare sconvolta dai singulti.
-Siate felici ragazzi... porterò a Ryota i vostri
saluti...- riferì loro Mitsui con voce incrinata.
-Grazie Hisashi...- disse con occhi lucidi
Hanamichi. -Grazie mille, le rose, sono bellissime...- sussurrò
sciogliendo il contatto con Kaede per avvicinarsi a Mitsui abbracciandolo.
-Grazie Ayako, di tutto, il vestito è meraviglioso. Grazie di aver
chiamato tuo figlio Hanamichi e grazie di essere così fantastica. Grazie
a Ryota perchè è una persona eccezionale. E grazie a tutti voi per
essergli stati sempre vicini.- concluse inchinandosi.
-Ma ora, dobbiamo proprio andare... saremo sempre
con voi, ve lo prometto.-
Kaede, si alzò dal letto, senza fatica, senza
dolore.
Non ebbe bisogno di guardare il letto per sapere
che il suo corpo giaceva privo di vita tra le lenzuola.
Ayako sussultò.
Rukawa si avvicinò ad Hanamichi baciandolo con
passione.
Ancora una volta si erano riuniti, ma stavolta era
per sempre.
Niente li avrebbe più separati.
-Insieme...- sussurrò sulle labbra del rossino.
-Di nuovo...- continuò Akira poggiando una mano
sulla spalla ad entrambi.
-Per sempre...- concluse Hanamichi perdendosi nel
mare blu di dolcezza degli occhi del volpino mentre insieme cominciavano a
sfumare.
-Grazie, di tutto.- disse Rukawa mentre con le
mani intrecciate a quelle di Hanamichi svaniva riunito, per sempre, al suo
eterno amore, a cui la morte lo aveva costretto a separarsi, ma che poi,
l'aveva riunito per tutta l'eternità.
Fine
R:O_O ma...ma...
E: auguri Ru!!!^O^'''''''''
H: O_O ma...ma...
E: c'è la lemon!!>.<
R: si ma...
E: Ma c'è la lemon!!!^^
H: ho capito però...
E:Insomma!!! C'è la lemon!!>.<
R:....
H:.......
E: non ti piace Ru?ç_ç è per il tuo
compleanno!!!ç_ç
R&H: almeno c'è la lemon...-.-
E^^;;;;;;
Ragazzi voglio i commenti!!>.< Mi sono
impegnata tanto tanto per questa ficci!!!ç_ç
Ancora auguri Ru! Scus ail ritardo!!!!
Che bello! La prima ficci dell'anno!!^_-
(*)Non rompete sulle scritte sulle lapidi...-.- a
quei tempi magari ci scrivevano un papiro!!>.< Magari con qualche
scritta più bellina...-.-