Disclaimer: i personaggi sono miei, quindi posso far fare loro tutto ciò che mi pare!!!! ^____^ bella
scusa, eh??


All I Want

di Kriss

parte V


Il sole filtrava ancora dalle tapparelle appena abbassate, lame di luce che tagliuzzavano la stanza e il letto, ridisegnandone i contorni.
Nathan dormiva accanto a lui, la guancia appoggiata al materasso e i capelli dorati come un’aureola attorno alla sua testa. Era rilassato, tenero, bellissimo.
Hiro sollevò una mano e gli sfiorò i capelli con le dita.
Non voleva svegliarlo.
Era così bello rimanere a guardarlo. Così bello immaginare di poterlo vedere in quel modo ogni volta, ogni giorno da lì in avanti; svegliarsi sempre così, con lui accanto.
Non voleva pensare che forse non sarebbe più accaduto.
Hiro aveva avuto molti amanti, ma con nessuno si era sentito tanto coinvolto come con Nat, nessuno gli aveva lasciato tanto, sia a livello fisico che emotivo.
Dopo quel pomeriggio, gli sarebbe stato davvero difficile lasciarlo andare.
Eppure, nonostante quello che aveva assicurato anche prima, sapeva che c’erano ancora molte cose da risolvere, molti problemi, incertezze. Cui preferiva, al momento, non pensare, ma che sicuramente sarebbero venuti fuori quanto prima.
Fece scivolare le dita lungo la schiena nuda del compagno, poi si allungò piano verso di lui e lo baciò sulla fronte.
Nat sospirò e lentamente aprì gli occhi.
- Ciao. – sussurrò, stirandosi con un lieve sorriso.
- Ciao... – ricambiò Hiro.
Sarebbe riuscito a rinunciare anche solo a quello?
Una parola appena sussurrata, un semplice sguardo, un sorriso accennato...
Potevano valere una vita.
Gli accarezzò una guancia e lo baciò di nuovo, sulla bocca. Nat si mosse e si strinse a lui, abbracciandolo stretto, facendo scivolare una gamba fra le sue.
Il suo corpo era così morbido, la sua pelle così liscia...
Meravigliosa da stringere, da assaporare, da possedere.
Hiro avrebbe voluto che il tempo si fermasse, che si congelasse in quel momento, senza cambiare.
Ma sapeva che non sarebbe stato possibile.
Si scostò e guardò il compagno in volto, perdendosi nei suoi occhi verde-azzurro, indugiando, cercando di evitare ciò che sapeva inevitabile.
- Sono le sei. – mormorò alla fine, con voce roca.
Sentì il corpo dell’altro reagire subito, irrigidirsi, e vide la luce dei suoi occhi cambiare, oscurarsi.
- E’ tardi... – ribatté Nathan, teso, e Hiro strinse i denti per soffocare il dolore che gli aveva afferrato il petto, mentre il compagno si scioglieva dal suo abbraccio.
- Devo... devo andare... – farfugliò ancora Nat.
Era in piedi, ora, e si aggirava per la stanza guardandosi attorno confuso, cercando i propri vestiti, ravviandosi i capelli.
La sua figura snella, bianchissima, era come una visione, nella penombra della camera.
Bella da far male.
- Io... io devo... devo andare… -
Sembrava non riuscire a dire altro, e Hiro a ribattere, ad aiutarlo.
Poi lo vide fermarsi, le spalle curve, la testa reclinata in avanti, il corpo scosso dai brividi.
Si alzò a propria volta e lo raggiunse, abbracciandolo da dietro, affondando il volto nei suoi capelli.
- Non piangere, Nat... -
L’altro si appoggiò a lui, continuando a singhiozzare.
- Ti prego, koibito... -
- Non so cosa fare. Non so se... se... -
Hiro lo fece voltare e gli prese il volto fra le mani, asciugandogli le lacrime con le dita e con le labbra.
- Sai che non voglio vederti piangere, mh? – gli bisbigliò, sorridendogli. – Non voglio che questa giornata meravigliosa finisca così. -
Nat si morse un labbro, poi gli fece scivolare le braccia attorno al collo e si aggrappò a lui.
- Scusa. – singhiozzò ancora. – Scusa. Sto rovinando tutto. -
- Non stai rovinando nulla. -
- Sono uno stupido. -
- Shht... -
Rimasero in silenzio per un po’, finché Nathan non si calmò, rilassandosi contro di lui.
- Non so cosa fare... – ripeté alla fine, in un soffio. – Io devo... devo tornare da lui, ma... ma non so... -
Hiro chiuse gli occhi con un sospiro silenzioso.
- Non devi fare niente. – ribatté, cercando di mantenere la voce ferma. – Nel senso... – Si staccò per guardarlo negli occhi. – Pensaci. Rifletti su ciò che desideri veramente, su ciò che ti fa stare meglio, senza farti condizionare da altro. Solo quello che ti dice il cuore... Senza fretta. Io sono qui. Sarò sempre qui, per te. Anche se nel frattempo tu dovessi tornare a Londra. -
Che accidenti stava dicendo?!
- Io aspetterò. -
“Nooo! Va’ subito da lui e digli che fra voi è finita!!”
- Ok? -
“Mollalo e torna da me.”
Nathan annuì piano, lo sguardo lucido fisso nel suo e quel sorriso dolcissimo capace di stordirlo come nient’altro.
- Grazie. – sussurrò, abbracciandolo di nuovo.
Era più rilassato, e anche Hiro si sentì subito più tranquillo, nonostante tutto.
Era vero che lo voleva, che lo desiderava più di qualsiasi altra cosa o persona al mondo, ma era anche vero che non aveva nessuna intenzione di forzarlo, di imporsi, di fargli pressioni.
Era lui che doveva decidere, lui che doveva scegliere.
Lasciò che si rivestisse, lo fece a propria volta, poi lo seguì nel soggiorno.
- Hai sete? – gli chiese, a voce bassa. – Hai bisogno di qualcosa? -
Nat fece un cenno di diniego, lo sguardo perso oltre la vetrata.
- No, grazie. -
Sembrava che nessuno dei due sapesse più cosa dire.
Come fossero in attesa di qualcosa, un responso, o un evento catastrofico.
- Ti... Ti riaccompagno. – si risolse Hiro, alla fine.
Gli faceva male anche solo dirlo.
- Non importa... -
Nat si voltò a guardarlo, alle sue spalle la luce del tramonto che cominciava ad infuocarsi.
- Prendo un taxi, ti ringrazio. Ho... ho bisogno di riflettere, di stare un po’ da solo... -
Fece un sorriso tirato, quasi triste, e Hiro distolse lo sguardo, incapace, al momento, di reggere quello del compagno.
- Te ne chiamo uno. -
- Oh, ma... Posso fare io, lo cerco in strada... -
- Non mi costa nulla. -
A parte, forse, il proprio futuro, la propria vita.
Prese il cordless, compose il numero del centralino, si fece mettere in contatto con chi desiderava, prenotò, chiuse la comunicazione.
- Cinque minuti. -
Cinque minuti...
Sarebbe davvero finito tutto così? un saluto frettoloso, un addio, quella tristezza fra di loro, e l’incertezza, che forse era ancora più dolorosa.
- Hiro, io... – La voce di Nathan si levò alle sue spalle e lui sussultò, prima di voltarsi. – Io... Non me ne sto andando per sempre. Voglio... voglio ancora vederti. Voglio... – Strinse le labbra e deglutì; i suoi occhi stavano di nuovo riempiendosi di lacrime. –
Devo fare un po’ di ordine dentro di me, e... ho bisogno di un po’ di tempo. E tu... tu sei... una persona speciale, e meravigliosa, e... è stato tutto così bello che non riesco nemmeno a descriverlo, e... -
Hiro gli si avvicinò e lo strinse a sé, baciandolo quasi con foga, gioiendo nel sentire la sua immediata risposta, assaporando ancora una volta la dolcezza delle sue labbra, della sua lingua, succhiandola, abbeverandovisi.
Aveva così poco tempo...
- Domani... – ansimò poi, staccandosi dalla sua bocca, ma rimanendo stretto a lui. – Domani sai dove trovarmi. Hai anche i miei numeri di telefono. Chiama quando vuoi, a qualsiasi ora. Non ti preoccupare. Va bene? -
Nat annuì, fece per dire qualcosa, poi il campanello suonò ed entrambi sobbalzarono.
Nathan stava addirittura tremando.
Sorprendendolo, lo baciò di slancio, baci brevi, quasi disperati, come volesse lasciargliene il più possibile nel breve tempo che era rimasto loro.
- Grazie, Hiro. Grazie, grazie, grazie... – ripeté poi, in tanti sussurri, prima di avviarsi alla porta, di rimettersi le scarpe.
La aprì, poi si voltò a guardarlo.
- Ti voglio bene... -
E se ne andò, quasi di corsa.
Hiro rimase a fissare la porta chiusa, mentre una sensazione di vuoto cominciava a farsi largo dentro di lui, togliendogli le forze, e tutta l’energia positiva che aveva cercato di sfoggiare fino a poco prima.
Si chiese se lo avrebbe più rivisto, se lo avrebbe sentito ancora.
E se quei giorni sarebbero rimasti solo il ricordo di un attimo.
Solo un sogno.



Diede le indicazioni al tassista, poi sprofondò nel sedile posteriore.
La sua mente era in subbuglio, il cuore un groviglio di sensazioni che non sapeva definire, non riusciva a fermare.
Era ancora euforico, emozionato, stordito, pieno del sapore e il profumo e il calore di Hiro, che non riusciva più a cancellare, che non VOLEVA cancellare; e allo stesso tempo, era spaventato, teso, irrequieto. 
Non sapeva davvero cosa fare. 
Era successo tutto così in fretta...
L’incontro, la conoscenza, la confidenza sempre maggiore, e poi l’intimità, l’affetto, quel pomeriggio indimenticabile...
Tutto in tre giorni.
Quasi non aveva avuto il tempo di rendersi conto di quanto stesse accadendo dentro di sé.
E adesso, l’idea di rivedere Brad lo terrorizzava.
Non era bravo a mentire, a nascondere emozioni troppo forti e vive. Brad si sarebbe subito accorto di
qualcosa.
E se fosse successo......
Non voleva neanche pensare a cosa avrebbe fatto Brad.
Si rannicchiò ancora di più nel sedile e guardò fuori.
C’era traffico, e l’auto si muoveva lentamente.
Pensò che fosse un bene, così aveva più tempo per riflettere.
A quello che aveva appena lasciato, e a quello verso cui stava andando.
A ciò che desiderava.
Il fatto era che non aveva bisogno di rifletterci molto. Sapeva perfettamente cosa voleva, lo sapeva da quando aveva baciato Hiro la prima volta; magari ancora inconsciamente, ma lo sapeva.
Il difficile, per lui, sarebbe stato ammetterlo, dirlo a Brad, farglielo capire, trovare il coraggio di affrontarlo.
Forse ci sarebbe riuscito a Londra, ma sarebbe stato troppo tardi.
Non voleva fare del male a Hiro.
E intanto, non riusciva a dimenticare di essere andato a letto con un ragazzo mentre era ancora legato ad un altro.
Chiuse gli occhi con un sospiro.
Perché era sempre così codardo e indeciso?
Doveva solo prendere una decisione, doveva solo farsi coraggio.
Il taxi si fermò davanti all’entrata dell’albergo e lui pagò col cuore che già gli batteva più velocemente.
Avrebbe parlato con Brad appena fosse tornato. Gli avrebbe rubato uno dei suoi minuti preziosi per farsi ascoltare.
Per una volta.
L’ultima?
Salì alla stanza ed entrò.
La luce era accesa, e dal salottino provenivano delle voci.
Brad era già lì.
Nathan si sentì all’improvviso così teso che gli sembrava che le gambe non dovessero reggergli.
- Bentornato, Nat. -
Brad era in piedi in mezzo alla stanza, un bicchiere in mano e il suo sorriso affascinante rivolto verso di lui. Seduti sulle poltrone, due signori giapponesi lo guardavano e gli sorridevano a loro volta.
- Oh... Io... Buonasera. – riuscì a dire, inchinandosi.
Che ci facevano quei due nella loro suite?
Brad fece le presentazioni, che Nat ascoltò a malapena, troppo frastornato, quel giorno, per prestare attenzione anche a quella novità, e dopo le quali si scusò e si diresse in camera da letto.
Ci mancava solo quella...
Certo, forse avrebbe avuto più tempo per pensare a cosa dire a Brad, ma anche per perdere il coraggio e la determinazione per farlo.
Sentì i tre uomini, nella stanza accanto, ridere di qualcosa, e questo, stranamente, acuì il suo nervosismo.
Andò in bagno, si fece una doccia veloce e tornò di nuovo in camera.
- Non mi saluti neanche, Nathan? – venne apostrofato, e lui sussultò.
Brad lo aveva raggiunto, e lo guardava con un mezzo sorrisino provocante e malizioso.
Se non lo avesse conosciuto tanto bene, Nat avrebbe giurato che era ubriaco.
Ma difficilmente Brad si lasciava andare fino a quel punto. Voleva avere sempre tutto sotto il proprio controllo, e non beveva mai troppo da intontirsi.
- Ci... ci sono quei due estranei... – si giustificò, impacciato, e distolse lo sguardo.
Non riusciva mai a reggerlo più di tanto, e in quel particolare momento meno che meno.
Sentì il compagno fare un risolino, e si accorse che gli si stava avvicinando.
- Il solito timidone, mh? – Gli era accanto, adesso; si era allungato verso di lui, e cominciò a mordicchiargli il lobo dell’orecchio. - Sei così arrapante, quando arrossisci. – sussurrò poi, mentre Nat affondava i denti nel labbro, cercando di non tremare.
Brad aveva voglia di fare sesso, e come ogni volta cambiava atteggiamento nei suoi confronti, diventando più disponibile, più vicino, anche se sempre con il suo modo aggressivo.
Ma, diversamente dal solito, quella sera a Nat la sua vicinanza non faceva affatto piacere. Per la prima volta da che lo conosceva, gli diede fastidio quel suo cercarlo, il suo blandirlo, e lo infastidirono i suoi baci, le sue carezze sensuali, il suo evidente desiderio, al quale, di solito, si abbandonava compiaciuto. Pensò alle sensazioni che provava, che aveva sempre provato fino a qualche giorno prima, le paragonò a quello che aveva vissuto quel pomeriggio, e seppe chiaramente ciò di cui aveva bisogno, ciò che aveva sempre cercato senza mai provarci veramente, senza mai nemmeno pensarci con consapevolezza. 
La propria sottomissione, le proprie paure, le speranze, l’attesa spasmodica di un qualcosa che credeva potesse venir fuori prima o poi dal loro rapporto: era tutto sbagliato, tutto falso, costrizioni cui aveva sottoposto se stesso e che lo avevano soffocato per troppo tempo.
Ora che aveva scoperto altro, aveva anche capito di poter scegliere.
Era come se si fosse svegliato da un lungo sonno.
- Brad... - Cercò di allontanarsi senza essere troppo brusco. – Non... Ci sono i tuoi ospiti. È... -
- Mh. È vero... -
Il compagno lo lasciò, e lui si trattenne dal sospirare di sollievo.
- Si sono fermati in albergo tornando a Tokyo e li ho invitati a bere qualcosa. Ti dispiace? – Nat fece un cenno distratto di diniego. - Devo concludere con loro un affare importante, e non fa mai male tenersi buoni simili clienti. -
Fece un altro sorrisino, ma Nat non gli stava quasi prestando attenzione.
Si chiedeva quando sarebbe riuscito a parlargli, a spiegarsi, e come avrebbe reagito l’altro.
- Vieni di là anche tu a bere qualcosa con noi. -
Come poteva esordire? E come...
- Cosa? -
Si voltò verso Brad quasi di scatto.
Finalmente aveva afferrato le parole del compagno.
- Vieni di là. C’è dello champagne. -
Era impazzito?
- Oh, no... Non importa. -
- Non fare sempre l’asociale. -
Lo aveva preso per il polso e lo tirava verso di sé, e la porta.
- Ma... Ho... Sono in pantaloncini, e in canottiera, e... -
Brad rise.
- Va bene così. Non ci formalizziamo. -
- Ma... Non so cosa dire... cosa... -
Ormai erano nel salottino, e i due uomini, che stavano ancora bevendo, si voltarono quasi all’unisono, le guance arrossate e il sorriso ancora stampato sul volto.
Nat deglutì a disagio e si inchinò, mentre si domandava che diavolo fosse saltato in testa a Brad di coinvolgerlo nelle sue conoscenze di lavoro.
I due giapponesi, intanto, avevano preso a cicalecciare fra loro, ridacchiando, annuendo, e tornando ogni volta a guardarlo.
Forse lo prendevano in giro per il suo abbigliamento...
Si sentì arrossire e si augurò di potersene tornare presto in camera propria.
- Ecco, tieni. -
Brad gli offrì un calice pieno di liquido dorato, andando poi subito a riempire quelli dei suoi clienti, così che Nat non ebbe modo di rifiutare.
Si sentiva immerso in un’atmosfera strana, quasi irreale, come se vedesse le cose dall’esterno, da lontano; lui non faceva parte di quel mondo, di quel posto, ed era lì solo per sbaglio.
Bevve con gli altri al brindisi che propose Brad, e lo champagne gli scese fresco lungo la gola, pizzicandogli anche il naso.
- Tu ha visto belle cose in Kyoto? -
Uno dei due uomini – si chiamava Okada?- gli si rivolse gentilmente, e lui ritornò più o meno coi piedi per terra.
- Io... Sì, molto belle. -
Meravigliose...
- Cosa è piaciuto di più? -
Gli occhi neri di una persona stupenda...
- Il Riyoanji e il suo giardino zen... -
... il suo sorriso...
- ... le strade che portano al Kyomizudera... -
... le sue carezze sul mio corpo...
- ... il verde che si riflette sul lago al Kinkakuji... -
... i suoi baci...
- ... la foresta di bambù ad Arashiyama... -
... il suo modo di guardarmi mentre entra dentro di me...
Meravigliose...
- Ooo, questo molto ben detto. Sei osservatore attento e sensibile. -
Nat quasi sobbalzò, poi fece un sorriso contrito e abbassò lo sguardo.
Perché d’un tratto la testa gli girava a quel modo? 
Non aveva bevuto molto...
- Dipinge. Forse anche per questo riesce a cogliere sfumature che ad un altro sfuggono. -
Era Brad, che parlava? che diceva quelle cose su di lui??
Gli si era anche avvicinato e gli aveva messo una mano su una spalla, facendogliela scivolare poi piano lungo la schiena.
Davanti a quei due signori, ai suoi clienti.
Che gli prendeva?
E perché lui si sentiva così intontito?
- Siediti, Nat. Sarai stanco. -
Annuì quasi di riflesso e si lasciò cadere seduto sul divano.
Forse era vero che era solo un po’ stanco. Quella giornata era stata estenuante, piena, sconvolgente; era pure svenuto. Quindi era normale che si sentisse......
Spalancò gli occhi e si irrigidì.
C’era qualcuno, seduto accanto a lui, e gli aveva messo una mano su una coscia, gliela accarezzava piano.
- Cosa...? -
Era uno di quei due uomini, Saka... Sakaguchi, o qualcosa di simile, non ricordava, non riusciva a capire.
- Cosa sta......? -
- Tu sei molto carino, sai? -
Il suo fiato gli soffiò sul volto, sapeva di alcool e di fumo, la sua bocca sempre più vicina, le labbra sottili piegate in un sorrisino lascivo.
- Mi... mi lasci. –
Cercò di allontanarsi, si spinse all’indietro, ma alle sue spalle altre mani lo afferrarono, lo bloccarono, gli spostarono le spalline della canottiera.
- Sì. Molto carino. -
Erano ubriachi, impazziti.
Nat provò a liberarsi, ma era troppo debole, svuotato, e gli altri in due, più forti, e decisi a non lasciarlo andare. Sakaguchi gli stava baciando un orecchio, l’altro gli mordicchiava il collo, e la spalla, e le loro mani si stavano infilando sotto i suoi vestiti.
- No! Non... voglio... Brad! -
Perché Brad non interveniva?
Lo guardò, lo chiamò.
L’altro lo fissava con un sorriso malizioso e perverso, e Nat sentì un gelo improvviso al cuore.
Cosa stava succedendo?
- Brad...? – alitò.
- Ti ho già detto che sei arrapante, tesoro? -
Freddo. Faceva un freddo terrificante.
Nat lo guardò avvicinarsi, quasi insensibile a ciò che stavano facendo gli altri due, gli occhi velati dalle lacrime.
Brad gli prese il mento in una mano e gli sollevò il viso.
- Questi due signori sono stanchi, hanno bisogno di sfogarsi un po’. – mormorò con la sua voce sensuale. –
Non vorremo negargli un po’ di divertimento, mh? -
Non era possibile, non era vero. Non stava succedendo sul serio.
Brad lo stava offrendo ai suoi clienti, lo aveva pianificato da subito, non appena quei due avevano mostrato un minimo di interesse nei suoi confronti...
Come se lui fosse stato...
Brad lo baciò con decisione, la lingua impudente subito a frugare nella sua bocca.
... un oggetto.
- Ti divertirai anche tu, vedrai. -
No, no, NO!
- No! Non voglio! – Provò a divincolarsi, scalciò,
diede uno schiaffo a qualcuno. – Lasciatemi! -
Ma sembrava tutto inutile; era troppo debole.
Probabilmente, gli avevano anche messo qualcosa nello champagne.
Li sentì ridacchiare, parlare tutti e tre in giapponese.
- E’ vero. – aggiunse poi Brad, in inglese. – E’ più eccitante, se si agita così. -
Altre risate, e le mani che riprendevano a toccarlo, a tormentarlo.
Erano tante, parevano tentacoli, e lui non riusciva a reagire e, più andava avanti, nemmeno a resistere.
Chiuse gli occhi, stretti, quasi a voler scacciare quell’incubo, e si morse le labbra per soffocare qualsiasi suono tentasse di uscirgli dalla bocca.



Quando Nat era finalmente rientrato, Brad lo aveva salutato con un sorriso.
Si sentiva soddisfatto, quasi euforico; in quei due giorni aveva concluso un affare da milioni di sterline e aveva posto le basi per la portata a termine di un secondo.
Ottime basi.
Aveva scoperto nei due giapponesi un’affinità di gusti che lo aveva portato ad entrare in confidenza con loro, abbastanza da invitarli a bere qualcosa nella sua suite e a parlare di argomenti al di fuori del
lavoro.
L’entrata in scena di Nathan era stata come la proverbiale ciliegina sulla torta.
Brad aveva ipotizzato l’impressione che il ragazzo avrebbe fatto sui due uomini, ed era bastata una loro occhiata d’approvazione nei suoi confronti per fargli decidere il resto.
Fra l’altro, era da tempo che aveva voglia di una nottata un po’ diversa.
E Nat era la vittima perfetta.
Innocente, ingenuo, fragile...
Il suo sguardo sconvolto quando aveva capito che lui non sarebbe intervenuto in suo aiuto, la consapevolezza che si affacciava pian piano sul suo volto arrossato, nei suoi occhi pieni di lacrime, lo
avevano eccitato, e l’idea di quello che sarebbe successo di lì a poco lo aveva fatto fremere di un desiderio quasi accecante.
Nat era così bello, mentre cercava invano di liberarsi dei due uomini, mentre si agitava e allo stesso tempo non riusciva a nascondere il proprio godimento.
Un angelo che si dibatteva, un martire efebo inconsapevole di quanto fosse provocante quel suo negarsi...
Ora gli avevano tolto la canottiera, e Okada, da dietro, gli pizzicava i capezzoli, glieli martoriava, fino a che divennero turgidi, duri come piccoli bottoni, sensibili a qualsiasi stimolo. Sakaguchi si allungò a succhiarli, e Nat si inarcò all’indietro.
Aveva gli occhi chiusi, le labbra strette fra i denti.
Cercava di non urlare, di non dare a vedere quanto gli piacesse, e a Brad scappò un sorrisino. La droga che gli aveva messo nel bicchiere non era solo stordente; sarebbe stato difficile per Nat estraniarsi del tutto, rimanere inerte. Probabilmente impossibile.
Con un sospiro, si chinò sui tre e scompigliò i capelli del compagno.
- Andiamo di là. – disse ai due giapponesi, che si staccarono dal ragazzo di malavoglia ma senza protestare; poi prese Nathan fra le braccia e si avviò verso la camera.
Il ragazzo aveva spalancato gli occhi; prima aveva cercato di divincolarsi, poi si era stretto a lui.
- Brad...? Brad, non... Ti prego... -
Ancora sperava che lui lo tirasse fuori da quella situazione?
Che sciocco.
Lui non aveva nessuna intenzione di perdersi quel divertimento.
- Abbiamo appena cominciato. – gli sussurrò, mentre lo adagiava sul letto, rimanendo ad osservare dall’alto il suo corpo pallido, la posa involontariamente languida.
Era davvero bellissimo.
Per quello lo aveva scelto.
E per il suo essere tanto fedele, e innamorato, e disponibile ogni volta che lui lo voleva.
- Mi gira la testa. – farfugliò il ragazzo, un braccio mollemente appoggiato alla fronte.
- Va bene così. – gli rispose Brad con un nuovo ghigno.
Poi lasciò che i due giapponesi si avvicinassero e salissero a loro volta sul letto. Erano completamente nudi, adesso, e le loro erezioni, non ancora al massimo, svettavano fra la peluria del basso ventre.
Brad ridacchiò e prese una poltrona per mettersi in disparte ad osservare lo spettacolo dalla penombra. 
Sarebbe intervenuto più tardi, nel caso.
Aveva promesso Nat a quei due, dopotutto. Lui poteva averlo quando gli pareva.
E in quel modo poteva vederlo come non lo aveva mai visto.
Stava ancora provando ad indietreggiare, ma i due uomini non glielo permisero. Erano forti, robusti, e troppo arrapati per lasciarselo sfuggire.
Dopo averlo spogliato completamente, cominciarono di nuovo ad accarezzarlo, a stuzzicarlo, leccando il suo corpo ovunque arrivassero, mordicchiandolo, succhiandolo. Era evidente che fremessero dal desiderio, ma sembrava volessero anche farlo godere, quasi per togliergli quella tensione che lo rendeva rigido, e Brad li applaudì mentalmente. Prima o poi Nat avrebbe ceduto, e il tutto sarebbe stato ancora più divertente.
Ognuno dei due si attaccò ad un capezzolo, poi da lì si mosse per discendere o risalire lungo il tronco del ragazzo. Nat cercava di allontanarli con le mani, ma sempre con meno forza; aveva la bocca aperta, ora, ed emetteva gemiti soffocati che non riusciva più a trattenere.
Il suo profilo, la sagoma del suo corpo inarcato, erano qualcosa di stupefacente.
Sakaguchi scese e giocò col suo ombelico; Okada risalì e si prese cura delle sue orecchie, della bocca, del collo. Nathan si contorse, le mani strette al lenzuolo, le braccia aperte come in segno di resa. Il suo pene si era già indurito, muscolo a sé stante incapace di sottomettersi alla ragione.
Sakaguchi gli leccò la punta, la titillò con colpetti leggeri, ammirò i risultati; poi scese dal letto e andò a recuperare un pezzo di stoffa, un fazzoletto, un nastro, una cravatta forse, che legò alla base dell’asta sempre più eretta.
Brad si sporse in avanti piacevolmente sorpreso. 
Sempre più interessanti, questi giapponesi!
Okada, intanto, aveva messo un paio di cuscini sotto la testa della sua vittima e, a cavalcioni su di lui, gli avvicinava il cazzo enorme e congestionato alle labbra, gliele stuzzicava, aspettando il momento giusto per entrare; agli stimoli che venivano dal basso, Nat spalancò la bocca con un breve urlo, e Okada finalmente gliela riempì, cominciando subito a muoversi avanti e indietro, dentro e fuori.
Nello stesso tempo, l’altro aveva allargato le cosce del ragazzo e, sdraiato sotto di lui, gli leccava le parti più intime, solleticava il suo ano, risaliva di nuovo lungo il pene; la sua lingua, che prese a dardeggiare all’interno della piccola apertura fra i glutei, faceva fremere il corpo di Nat come fosse stato colpito da una scossa elettrica.
Brad non ce la faceva più. Si aprì i pantaloni e liberò il proprio membro che premeva impaziente contro la stoffa; lo prese in mano e cominciò a masturbarsi, mentre Sakaguchi si spalmava di vasellina e penetrava Nathan con un colpo solo, violento.
Il ragazzo spalancò gli occhi, e quasi non riuscì a gridare, soffocato dal cazzo che pompava nella sua bocca e che poco dopo gli imbrattò il viso di sperma. 
Dio, la sua espressione sconvolta era così eccitante, il suo corpo dilaniato così sensuale!
E quel nastro che gli impediva di venire, di godere fino in fondo, e che aggiungeva frustrazione, insoddisfazione, sul suo volto angelico, lungo tutte le sue membra.
Divino.
Brad si alzò e si spogliò lentamente, guardando Sakaguchi venire dentro Nat con un grido roco, per poi crollare disteso sul materasso.
Si avvicinò al letto e salì anche lui. Era grande, sembrava fatto apposta.
Nat, ora, era seduto, Okada di fronte a lui che lo leccava, pulendogli il viso e il collo e il petto dal suo stesso seme.
- Prendilo in mano. – disse l’uomo, insaziabile, e il ragazzo obbedì, quasi con slancio, quasi non vedesse l’ora di farlo; si avventò sul suo pene e cominciò a masturbarlo.
Brad sogghignò.
La droga aveva fatto effetto.
Si mise alle spalle del proprio amante e gli rovesciò la testa all’indietro, baciandolo con violenza, e ardore, sentendo con soddisfazione la sua immediata risposta, la foga con cui l’altro gli succhiava la lingua, i gemiti soffocati che gli risalivano dalla gola. Poi si staccò, guardandolo in viso, e sorridendo del suo sguardo perso, voglioso, eccitato allo spasimo.
- Sei bellissimo. -
Lo era davvero. Più di quanto fosse mai stato.
- Vorrei che tu ti potessi vedere adesso. -
Gli morsicò il collo, scivolò su una spalla, poi gli sfiorò un capezzolo con un dito e lo sentì subito ergersi, duro, sensibilissimo. Con un nuovo ghigno, glielo pizzicò con forza, lasciandosi scappare un risolino quando udì il compagno lanciare uno strilletto di dolore misto a godimento.
Poi si scostò e lasciò che Okada facesse voltare il ragazzo, che gli ordinasse di mettersi carponi, che cominciasse a passargli la lingua fra i glutei, facendolo urlare di piacere.
Ora Brad ce lo aveva di fronte.
Stava ansimando, le labbra martoriate dai denti e la lingua che le umettava, rendendole lucide, e rosse. 
- Brad... Ah! no... Brad... -
Sembrava pregarlo, lo chiamava, lo supplicava, gli occhi rossi di pianto, ma scintillanti di desiderio.
- Lo vuoi, vero? – gli sussurrò con un mezzo sorriso.
– Non vedi l’ora di succhiare qualcosa, eh? -
- Sì... Sì, dài... -
Con urgenza, con frenesìa. Non sembrava neppure lui!
Brad si sollevò in ginocchio e gli offrì il proprio cazzo, rosso, congestionato, ormai quasi al massimo dell’erezione. Aspettava solo la sua bocca.
Che lo avvolse subito, famelica; e morbida, setosa.
Nat si attaccò alle sue natiche e cominciò subito a succhiare, come un assetato, la lingua che ruotava  frenetica attorno al membro sempre più duro, le labbra turgide che glielo percorrevano avanti e indietro.
- Bravo così, Nathan. Mmh... sì, Bravissimo. -
Affondò le dita nei suoi capelli e gli tenne la testa attaccata all’inguine, accompagnandola avanti e indietro; nello stesso tempo, di fronte a lui, Okada era nella sua stessa posizione, in ginocchio, e si accingeva a penetrare Nat, mentre Sakaguchi scivolava sotto il ragazzo e tornava a prendersi cura del suo sesso, ormai al limite.
Brad vide Okada affondare dentro Nathan, il corpo del compagno sussultare, poi agitarsi, oscillare a ritmo con le spinte dell’uomo e di Brad stesso, la bocca di Sakaguchi assaporare, mordicchiare, suggere il pene del ragazzo, le sue dita stuzzicare i testicoli, ormai pieni da scoppiare.
Un quadro magnifico.
Quando fu vicino a venire, Brad si strappò dalla presa del compagno e si scostò, lasciandolo con un‘espressione sgomenta e stravolta, la bocca che annaspava in cerca d’aria e di qualcos’altro, continuando comunque ad emettere gemiti rochi e sempre più ansanti.
Si mosse, lo scavalcò, poi si sostituì a Okada, che aveva raggiunto l’orgasmo e si era lasciato cadere di lato finendo fuori dal letto, esausto.
- Eccomi, Nat. – disse, allungandosi sulla sua schiena e facendoci poi passare la lingua, lungo la spina dorsale, dal collo ai glutei, che morsicò, forte, lasciandoci i segni; poi premette il membro duro come l’acciaio contro di lui. – Lo senti? Sto arrivando. -
- Ah! -
Entrò di poco.
- Dimmi che lo vuoi, Nathan. -
Gemiti, mugugnii, il capo che annuiva, strusciando contro il materasso.
- Dillo, Nat! Voglio sentire la tua voce! -
- Sì. Lo voglio! -
- Forte! -
- Lo voglio, Brad! Continua! Entrami dentro!! Fino in fondo!! -
Brad ridacchiò e affondò con un colpo solo, esultando al grido del compagno, e nel vedere le sue mani stringere spasmodiche le lenzuola, la sua pelle lucida di sudore, bianca e tremante, la schiena inarcata sotto di lui.
Si mosse dentro di lui, toccando quel punto che, lo sapeva, lo faceva impazzire, poi lo fece ruotare attorno a sé, per vederlo in faccia, gustandosi il piacere della sua carne stretta intorno al proprio membro, quasi assaporandola meglio.
Sotto di lui, Nat si contorceva dal piacere e dal dolore, il suo volto una maschera di lussuria e frustrazione, le sue mani che cercavano di togliere il nastro che lo bloccava. Senza smettere di spingere, Brad si piegò su di lui e gli succhiò le labbra aride, poi gli ficcò due dita in bocca e con l’altra mano sciolse il nodo, lasciando che anche l’altro potesse finalmente godere fino in fondo. Venne quasi subito, copiosamente, schizzandosi fino in viso, e Brad lo seguì poco dopo, con un ruggito soffocato che sfociò in un sospiro soddisfatto, mentre cadeva sul corpo afflosciato del compagno. 
- Tre uno dopo l’altro. – gli sussurrò in un orecchio, ansimando. – Sei proprio una troietta insaziabile!-
Poi lo baciò su una guancia, umida e salata di sudore e lacrime.



... insaziabile...
Quante volte lo avevano fatto? Quante volte lo avevano penetrato, rivoltato, usato?
Non ricordava. Forse, non lo sapeva nemmeno esattamente.
... insaziabile...
E lui aveva goduto con loro, li aveva implorati, cercati, desiderati.
Non era riuscito a resistere.
Era intontito, confuso, distrutto, ma gli pareva di ricordare vagamente, e con vergogna, quasi tutto quello che aveva fatto, e gli avevano fatto.
Quasi senza costringerlo, se non all’inizio.
... insaziabile...
Deglutì, e la poca saliva che gli era rimasta gli grattò lungo la gola.
Avrebbe avuto voglia di piangere, e di rannicchiarsi su se stesso, lasciare fuori tutto, dimenticare, ma non ci riusciva. In quel momento, era solo capace di rimanere sdraiato sulla schiena, immobile, gli occhi chiusi rivolti al soffitto.
Sentiva freddo. Era dentro di lui, gli stringeva il cuore, gli scivolava lungo le vene, nei muscoli, nelle ossa, percorreva tutto il corpo. E lo lasciava stranamente lucido. Sempre di più.
Esattamente come quella notte.

**Era salito anche Brad, su quel letto, ad un certo punto. Gli era parso strano che non intervenisse anche lui... Lo aveva scopato, lo avevano fatto in tre, uno dopo l’altro, a turno, mentre gli altri, nel frattempo, si divertivano in altri modi. “Ti divertirai anche tu” gli aveva detto Brad. E lui, nonostante il dolore, il disgusto, l’umiliazione più cocente, lo aveva fatto. Bastava che lo sfiorassero perché lui si eccitasse, bastava un tocco perché lui anelasse di più. Dopo qualche minuto di pausa, avevano ricominciato. Brad, sopra di lui, aveva ripreso ad accarezzarlo, e poi a morderlo, e gli altri due a leccarlo e toccarlo e palparlo; e lui non aveva avuto neppure il tempo di pensare di resistere loro, di allontanarli, che già gemeva, strusciandosi e spingendosi contro i loro corpi, e le loro lingue, e le loro mani. Come non desiderasse altro, come se non gli importasse quello che gli stavano facendo, ma solo che lo facessero godere, che non gli lasciassero quell’insoddisfazione che gli bruciava il sangue. E più andava avanti, più si rendeva conto di quanto stava succedendo, più perdeva l’intontimento iniziale, che gli aveva anche impedito di divincolarsi e protestare. Emergeva pian piano dal torpore che aveva colto la sua mente, ma non per questo il suo corpo aveva smesso di desiderare, di volere di più; gli aveva fatto solo più male, perché la mente era tornata a poco a poco razionale, mentre il corpo continuava a reclamare soddisfazione. E lui se ne chiedeva perché, sgomento, ma incapace di fermarsi. Insaziabile...**

... insaziabile...
Come aveva detto Brad, divertito.
Con quel ghigno malizioso, e insieme appassionato.
E lui gli aveva dato ragione.

**Brad ridacchiava, e gli dava ordini, cui lui
obbediva senza opporsi, senza nemmeno provare a ribattere, sebbene il cervello tentasse di farlo tornare alla ragione. Non c’era stato spazio per la ragione. Tutto era sottomesso ai sensi, ai desideri del corpo. Che reclamava sempre di più. Che voleva solo essere toccato e usato e violato. Brad lo aveva fatto sedere su di sé, petto contro schiena, il suo membro duro pronto ad entrare dentro di lui, e lui lo aveva accolto con un piacere quasi frenetico, muovendosi su di lui sempre più veloce, e nello stesso tempo prendendo in bocca un altro pene e con una mano masturbandone un terzo. In quel momento, gli era tornata alla mente la dolcezza e l’unicità del pomeriggio trascorso con Hiro, il suo modo di fare l’amore, il suo modo di coinvolgerlo, dandogli se stesso, aspettandolo, assecondando i suoi desideri, guardandolo in viso per condividere lo stesso piacere, e gli era venuto da piangere. Urlava, si dimenava, gemeva, e intanto piangeva, per un dolore che era interno, e poco aveva a che fare con quello che gli martoriava la pelle. E che aumentava ad ogni affondo, ad ogni tocco, morso, stimolo dei tre uomini. Era andata avanti per quasi tutta la notte; qualche pausa, poi riprendevano. Non sembravano mai stanchi. E il peggio era che non lo era stato neppure lui. E aveva continuato a farsi fare di tutto.**

Ora si sentiva vuoto, e sporco. Dentro e fuori. 
Si passò la lingua sulle labbra aride e fece un respiro più lungo, più profondo.
“Sei stato stupendo, stanotte.” La voce di Brad gli sussurrava nella mente, come un ricordo che vi aleggiava senza riuscire ad andarsene. “E bellissimo. Ti è piaciuto come non mai, eh? Non riuscivi più a smettere!”
Poi, il tocco di una mano che gli accarezzava il petto, fermandosi col palmo aperto su un capezzolo, massaggiandolo piano, per eccitarlo.
Non era un ricordo. Non era un rimasuglio di quella notte.
Spalancò gli occhi e il volto sorridente di Brad gli comparve davanti.
Una morsa dolorosa gli afferrò lo stomaco, e lui sentì il cuore dare un battito più violento.
- Ben svegliato, tesoro. – gli sussurrò l’altro, e a lui venne da vomitare.
Con una vitalità che neppure lui sapeva da dove potesse scaturire, allontanò da sé la mano.
- Non mi toccare! – digrignò con voce roca.
Brad alzò un sopracciglio, ma non smise di sorridere.
- Non dicevi così, stanotte. – ribatté, e riprese a passargli la mano sul petto, a sfiorargli la pelle con le dita.
Nat rabbrividì, ma stavolta non c’era niente di piacevole. Aveva davvero voglia di vomitare.
Si levò a sedere di scatto, e per un attimo una luce accecante e dolorosa gli offuscò la vista. Ma non gli importava: voleva solo tenere Brad lontano da sé. Non avrebbe più sopportato di farsi toccare da lui.
- Lasciami stare! -
Riuscì quasi ad urlare, nonostante le fitte lancinanti al capo. Gli faceva male dappertutto.
Sentì Brad, alle sue spalle, lasciarsi andare ad un sospiro.
- Quante storie per un po’ di sesso a tre. Anzi: a quattro! – Nat si voltò di scatto a guardarlo, fulminandolo. L’altro si era alzato e diretto all’armadio per scegliere i vestiti. – Ci siamo divertiti, tutto qui. Ed è piaciuto anche a te. -
Parlava in tono leggero, quasi allegro; come se quello che era successo fosse stato davvero solo un episodio insignificante, se non per il piacere immediato che aveva procurato. Il passatempo di una notte, un gioco eccitante senza conseguenze.
Senza valore.
Esattamente come lui.
E per Brad pareva tutto così normale, così naturale, che probabilmente non si era neppure posto il problema di come si sarebbe sentito lui. Gli aveva somministrato qualcosa per renderlo più arrendevole, ma non si era preoccupato di quello che avrebbe provato, oltre al piacere fisico.
Come sempre, del resto.
Perché se ne stupiva? e si indignava?
Brad si era sempre comportato così, con lui, e lui non si era mai lamentato, se non dentro di sé, così felice di essere suo da passare sopra a tante cose.
Per amore, si era sempre giustificato.
Ma ora, altri motivi, altre ragioni gli si affacciavano alla mente.
Perché era comodo, perché aveva paura di rimanere da solo, perché era convinto che Brad fosse il massimo che uno come lui potesse meritare, e che era già fortunato ad averlo un po’ per sé; perché non riusciva mai ad imporsi, mai a farsi ascoltare; perché insieme a Brad si annullava, annichilito dalla sua sicurezza, dalla sua padronanza di sé e delle proprie capacità, dalla sua forza e dal suo fascino. Perché aveva sempre creduto di non aver bisogno di altro...
Si mosse lentamente e si alzò in piedi.
- Cosa sono per te, Brad? – chiese pacato.
A dispetto di tutto, si sentiva stranamente tranquillo.
Brad sporse il capo dalle ante dell’armadio e lo guardò interrogativamente.
- Mh? -
- Cosa sono per te. – ripeté.
L’altro aveva già aggrottato la fronte, l’espressione subito mutata; era già irritato.
- Lo sai benissimo. – Tornò ad occuparsi dei vestiti, ignorandolo.
Nathan sospirò piano.
- No, non lo so... – mormorò ancora. Non gli importava, se anche l’altro detestava ascoltarlo, se in quel momento i suoi discorsi gli avrebbero dato fastidio; non si sarebbe fermato, quella volta. – Sono il tuo amante? il tuo giocattolo? una delle tue numerose proprietà? -
La voce gli usciva con scioltezza, come mai gli era successo da che ricordava. Niente incertezze, niente balbettii, niente tentennamenti. Gli pareva anche un po’ vuota, stanca, quasi riflettesse lo sfinimento del suo corpo.
Era stanco, in effetti...
L’altro chiuse l’armadio e si voltò a fronteggiarlo.
- Che ti prende, Nathan? – domandò a propria volta, il tono freddo, tagliente, che gli era abituale in quei frangenti, e che spesso gli serviva per tagliare corto. – Cos’è ‘sta storia, adesso? Non farmi perdere tempo con i tuoi problemi esistenziali idioti e i tuoi piagnucolii. È per stanotte? Mi andava di fare sesso in modo diverso, e mi andava di coinvolgere anche te, oltre che di assecondare quei due pervertiti che probabilmente mi faranno guadagnare milioni anche grazie a questa notte. Va meglio, così? Sei soddisfatto? Era questo che volevi sentire? Mi è piaciuto, ti è piaciuto. Non capisco cosa ci sia da rimuginarci tanto sopra! -
Non capiva...
Era proprio questo: non capiva.
Nat lo guardò infilarsi la camicia, i pantaloni stirati alla perfezione, scegliere la cravatta.
- Non mi hai neanche chiesto se lo volevo... –
insistette, e Brad gli lanciò solo un’occhiataccia.
Lo voleva lui, e tanto bastava. Era questa la risposta.
- Non ho voglia di discuterne più, Nat. Chiaro? Ora devo andare. Ci vediamo stasera. -
Nat si mosse in avanti, mentre l’altro raccoglieva le ultime cose e si dirigeva alla porta.
- No! Devo parlarti. – esclamò a voce più alta.
Non voleva perdere l’occasione anche quella volta.
- Non ho tempo. Ci vediamo stasera. -
- Non ci sarò, stasera. – ribatté subito, d’un fiato, e Brad si fermò.
L’aveva detto, a voce alta, non solo a se stesso, e ora gli pareva tutto più reale, più sicuro.
Non erano solo parole, era quello che desiderava.
Brad non si voltò neppure.
- Piantala di dire stronzate. Ti vengo a prendere qui e andiamo a cena insieme. E vedi di non farmi aspettare. -
Nat sospirò ancora.
- Non ci sarò, Brad. Me ne vado. Volevo parlartene già ieri sera, ma poi... poi non ce n’è stato il tempo, e adesso... Forse quello che è successo ha rafforzato la mia decisione. -
E gli aveva dato ulteriore coraggio.
Non aveva mai parlato così a Brad, ma sorprendentemente si sentiva sicuro, anche se dentro di sé stava tremando.
Vide il compagno, davanti alla porta, sbuffare e agitare una mano.
- Sì, va bene. Ne parliamo dopo, ok? – e aprì il battente.
Non gli importava, non gli credeva; probabilmente, a malapena lo aveva ascoltato.
Nathan strinse i pugni e deglutì, prima di parlare di nuovo.
- Ho conosciuto un ragazzo. Mi piace molto. E ieri ho fatto l’amore con lui. -
Ora sì, stava tremando.
Rimase in piedi, rigido, ad aspettare.
Non ci volle molto.
Brad finalmente si voltò, quasi con uno scatto, lo sguardo perforante fisso su di lui.
- Cos’hai detto? – sibilò.
Ora la sua attenzione si era risvegliata.
La luce dei suoi occhi era più accesa, più intensa.
Aveva messo a fuoco su di lui, e pareva volerlo incenerire.
Un brivido percorse la schiena di Nathan, ma non per questo lo fece tornare sui suoi passi.
Se non parlava in quel momento, non lo avrebbe più fatto.
- Ho fatto l’amore con un ragazzo. Lo volevo, e mi è piaciuto. Moltissimo. Come mai mi era piaciuto prima. 
E ho capito che è quello che voglio. Non ti ho mai tradito prima, ma... ma stavolta è diverso. È da un
po’ che le cose fra noi non vanno, e io ho sempre sperato che potessero migliorare, ma... -
Il manrovescio lo colpì in pieno volto, facendolo barcollare e quasi cadere a terra.
Aveva visto Brad avvicinarsi, aveva visto il suo sguardo, la rabbia che animava i suoi movimenti, ma non aveva smesso di parlare. Voleva dire tutto, liberarsi l’animo, risolvere la cosa. A qualsiasi costo.
Gli arrivò un altro colpo, dalla parte opposta, e le guance cominciarono a bruciargli.
- Cos’è che hai fatto, piccolo stronzo?? -
Il volto dell’altro era ad un soffio dal suo, gli occhi d’acciaio che parevano davvero scintillare.
Nathan deglutì a vuoto, il fiato che gli usciva a scatti.
- Quello che tu hai fatto per anni. – riuscì a mormorare, sorprendendo anche se stesso.
Un ruggito, poi un nuovo schiaffo. No, un pugno. Due. 
Si ritrovò a terra senza neanche capire come.
Brad non lo aveva mai picchiato così. Mai in faccia, mai così forte. Gli piaceva colpirlo, a volte, ma non con tanta violenza.
Si sentì afferrare per i capelli, e con un gemito fu costretto a rialzarsi in piedi, per essere sbattuto contro il muro alle proprie spalle.
- Con che coraggio me lo vieni a raccontare?? Brutta puttana! Ti porto in vacanza, e tu scopi col primo che capita! Ti è piaciuto? Ma pensa!! E chi sarebbe lo stronzo? Uno dei camerieri? il portiere? il ragazzo dell’ascensore?? Chi è che ti ha fatto godere tanto??! -
Stava urlando, furibondo.
Nat sbatté le palpebre e si passò la lingua sulle labbra.
- Un ragazzo che ho conosciuto. – rispose senza pensare, quasi stessero discutendo normalmente.
Sembrava non riuscire a zittirsi, a chiudere lì. – Una persona meravigliosa con cui mi piace stare, anche fuori dal letto. Un... -
Brad gli afferrò la gola e strinse, soffocando ogni sua parola.
- Non ci provare, Nat. – sibilò. – Non metterti a decantare le sue doti davanti a me, a fare paragoni idioti fra me e un qualsiasi sconosciuto. Tu sei mio. MIO, hai capito? e nessuno stronzo, nessuna “persona meravigliosa” può toccarti. Chiaro? - Le dita strinsero ulteriormente, il peso del suo corpo che lo schiacciava contro la parete.
- Chiaro?! -
Più forte, più rabbioso. Fuori controllo per la prima volta da che si conoscevano.
Nat spalancò gli occhi, poi provò a spingerlo via, a liberarsi; non riusciva a respirare e si sentiva sempre più debole, le immagini di fronte a sé sempre più evanescenti, velate.
Annuì, di riflesso, per farlo smettere. 
Aveva paura, ora.
Poi un suono, un trillo metallico si unì al rumore dei loro respiri.
Brad rimase a fissarlo ancora per qualche attimo, quasi non volesse lasciarlo libero per nessun motivo, poi lo lasciò andare e si frugò in tasca, tirando fuori il cellulare con stizza.
- Cazzo! – imprecò prima di rispondere.
Nathan annaspò in cerca d’aria, riprese fiato, poi si lasciò scivolare sul pavimento, mentre di fronte a lui Brad parlava in giapponese con voce cordiale e sicura. 
Tranquillo. Normale. Come non fosse successo nulla.
Poi riattaccò, e Nat sentì il cuore battere più violentemente.
Brad tornò a guardarlo, a fulminarlo.
- Devo andare, sono già in ritardo. Continueremo la nostra discussione stasera. – Gli occhi una fessura, la voce una lama tagliente. – Vedi di non fare altre stronzate, nel frattempo, o è la volta che ti ammazzo sul serio. -
Nat deglutì a vuoto, la pelle che gli pizzicava raggelata, la gola che gli faceva male, e di nuovo annuì, in fretta.
- Bene... -
Brad si allontanò, raggiunse la porta, uscì.
Nat lasciò passare qualche minuto, in cui rimase immobile, seduto sul pavimento fresco, poi chiuse gli occhi e sospirò.
Stava ancora tremando, ma la paura, stranamente, era già scivolata via.




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