All I Want
di Kriss
parte IV
Si lavò e fece un lungo bagno.
Si sentiva ancora un po' intontito, ma rilassato.
Hiro lo aveva portato nel suo appartamento e gli aveva riempito la vasca,
muovendosi attorno a lui premuroso e gentile.
Sembrava davvero preoccupato, e allo stesso tempo conservava il suo solito
atteggiamento allegro, un po' scanzonato, con cui sdrammatizzava le cose e
le alleggeriva.
- Ti ho preparato un po' di the. Ti va? - gli chiese quando lui uscì dal
bagno.
Lo guardava col sorriso sulle labbra, ma Nat notò anche lo sguardo
attento con cui lo scrutava, forse per assicurarsi che stesse veramente
bene.
Si strinse l'accappatoio sul petto e annuì, sentendosi arrossire di
nuovo.
Stava per dirgli di non disturbarsi tanto, ma si zittì in tempo, sicuro
della risposta dell'altro.
Si sentiva strano.
Ancora debole e frastornato, ma anche turbato, perplesso.
Stava succedendo qualcosa.
Dentro di lui, al suo cuore, alla sua anima.
Quasi si stessero animando, svegliando da un torpore che durava ormai da
anni, forse da tutta la vita.
Hiroyuki gli porse il bicchiere, e le dita che sfiorarono per caso le sue
gli diedero un brivido che gli scivolò su tutta la pelle.
Sensazione spropositata, che non riusciva a controllare, come il rossore
che gli saliva alle guance ogni volta che l'altro lo guardava, o gli si
avvicinava, o gli sorrideva più dolcemente del solito.
Abbassò il capo e sussurrò un grazie che quasi non si udì.
Cosa gli prendeva?
Si stava comportando come uno stupido! e un ingrato.
Hiro era così gentile, e disponibile.
Perché non riusciva più a reagire in modo normale?
- Mettiti pure sdraiato. - mormorò il compagno. -
Sarai stanco... -
Lui si schiarì la voce e alzò lo sguardo sull'altro.
- Grazie. - disse ancora.
Hiro lo fissava.
- Dimmi, se hai bisogno di qualcosa. O se ti senti male. Non voglio che tu
ti faccia problemi. -
Nat riuscì a sorridergli.
- E' tutto ok. -
Il suo sguardo era così penetrante, e morbido. Gli sembrava di poterci
affondare dentro.
Si morse il labbro.
Perché aveva quei pensieri?
Perché adesso? all'improvviso?
Di fronte a lui, Hiro alzò un sopracciglio e scosse il capo.
- Sarà... Sei quasi peggio di un giapponese, sai? -
- C...cosa? In che senso? -
- Che non si sa mai se quello che dici è vero o se lo fai solo per non
disturbare troppo. -
Nat fece un risolino, ma distolse lo sguardo, impacciato, e non ribatté.
- Mh... Vado a lavarmi anch'io. Se ti serve qualcosa, chiamami pure. Ti
lascio qua altro the. L'aria condizionata va bene, così? -
- Sì... E' perfetta. -
In effetti, si stava benissimo, un sollievo, dopo l'afa e l'umidità
esterne; ma Nat voleva principalmente che l'altro se ne andasse in bagno,
per poter avere il tempo di far ordine nei propri pensieri,
approfittando della momentanea solitudine.
Non era sicuro di riuscirci, ma almeno avrebbe provato a calmarsi.
Dopo essere usciti dal ristorante, dove aveva mangiato benissimo e si era
divertito come sempre, la luce abbagliante del sole, insieme al caldo del
primissimo pomeriggio, lo avevano colpito, rendendolo d'un tratto molto
debole, come svuotato di tutta l'energia che aveva dentro. Aveva creduto
fosse una cosa momentanea, il lieve malessere di un attimo, invece
d'improvviso si era ritrovato per terra, con Hiro che gli teneva le gambe
in quella posizione assurda e lo sguardo preoccupato fisso su di lui.
Forse era stata la situazione, forse l'imbarazzo in cui si sentiva, ma in
quegli istanti, e in quelli successivi, e in ogni momento da lì in
avanti, la vicinanza di Hiro aveva cominciato a turbarlo in modo
sempre più profondo, inequivocabile.
I suoi occhi, il suo sguardo, la sua preoccupazione.
E il tocco leggero delle sue mani, le dita che gli sfioravano la fronte, i
capelli, le guance...
Ogni gesto gli sembrava contenere molto più di quanto in effetti non ci
fosse, un significato che probabilmente vedeva, e sentiva, solo lui, e che
proprio per questo lo imbarazzava ancora di più.
Non sapeva più cosa stesse provando, non capiva più i propri pensieri,
ed il proprio cuore.
Soprattutto il proprio cuore.
Che sembrava agire per conto proprio.
Si metteva anche a battere più velocemente nei momenti più impensati.
"Perché? Perché? Perché?"
Chiuse gli occhi stringendoli forte, e centinaia di puntini luminosi
glieli punzecchiarono come punte di spilli, facendolo sussultare.
Sospirò piano e tornò ad aprirli, guardandosi attorno e cercando di
distogliere la mente da Hiro.
Era un bell'appartamento, spazioso ed arredato con eleganza, moderno,
essenziale, in stile orientale. Era anche ordinato, senza essere
maniacalmente perfetto.
Nel soggiorno dove Nathan si trovava in quel momento, una parete era
occupata da una bellissima vetrata, che rendeva la stanza luminosissima e
aveva una meravigliosa vista sulle montagne e sulla città.
Vivo, luminoso, piacevole.
Come Hiro....
Nat si passò una mano sugli occhi con un lieve gemito, e lentamente si
mise sdraiato, mentre sentiva lo stomaco tornare a sfarfallare come se al
suo posto ci fossero stati dei moscerini.
Doveva smetterla. Doveva calmarsi.
Era un'assurdità.
Era stupido.
Era inconcepibile.
Lui non si comportava mai così.
Se stava con qualcuno, pensava solo a questi.
Nient'altro contava.
Nessun altro.
Il suo cuore apparteneva solo a quella persona.
Solo a quella persona...
Sì.
E anche adesso era così.
Solo Brad...
Si morse il labbro, appoggiò l'avambraccio alla fronte, lasciò andare
piano il respiro.
Brad sembrava sparito dai suoi pensieri, sparito dai suoi occhi, la sua
immagine non riusciva più ad emergere.
Era sfocata, sempre più lontana...
"Perché..."
- Stai bene? -
La voce di Hiro si levò bassa, ma vicina e improvvisa, e Nat sussultò,
aprendo gli occhi di scatto.
L'altro era accanto a lui, accosciato a lato del divano, e lo osservava.
- Scusa, ti ho svegliato? -
Profumava di muschio, di pulito, e il caldo del bagno gli aveva arrossato
la pelle del viso, facendogli scintillare gli occhi.
- N... no... No... - riuscì a farfugliare Nat, prima di mettersi
nuovamente seduto.
- Rimani sdraiato. - gli disse il compagno; poi, reclinò lievemente il
capo su una spalla e aggrottò la fronte. - Sei sicuro di stare bene? -
No, non lo era affatto.
Ma annuì ugualmente, cercando di essere più convincente possibile.
Hiro non si muoveva di lì, e lo fissava.
Il suo sguardo era penetrante, e dolce, comprensivo...
Nat vide la sua mano levarsi verso di lui, verso il suo volto, e deglutì
a vuoto, mentre il cuore di nuovo aumentava i battiti, quasi urlando,
indeciso su quale fosse il desiderio più forte, che quella mano si
fermasse o che continuasse.
Poi, Hiro si bloccò, quasi di scatto, e sempre con uno scatto tirò
indietro la mano, chiudendola a pugno come a trattenerne qualsiasi
ulteriore movimento. I suoi occhi si staccarono da lui, il suo volto si
abbassò, e l'altro si alzò in piedi, allontanandosi dal divano. E da
lui.
Sembrava teso, rigido.
Cosa stava succedendo?
L'atmosfera era cambiata, in un attimo.
Con un semplice gesto, un respiro, un pensiero.
Ma non toccava solo lui. Pareva avvolgere entrambi.
Forse Hiro si era accorto...
Di cosa?!
Con un tremito, Nat bevve un sorso di the freddo e si schiarì nuovamente
la voce, cercando di calmare il proprio respiro.
- E'... E' molto bello, qui... - mormorò, per dire qualcosa.
- Mh... Grazie. Sono contento che ti piaccia. -
ribatté l'altro, ma sembrava soprappensiero, e continuava a non
guardarlo, tornando subito in silenzio.
Nat prese fiato un paio di volte, ma non riuscì a dire niente.
Perché Hiro non parlava? perché non gli sorrideva?
Forse si era offeso, forse aveva intuito qualcosa dal suo comportamento e
non sopportava più averlo vicino.
Magari non sapeva come dirglielo e...
- Senti, Nathan... -
Finalmente si era voltato, e lo guardava, anche se non fissamente.
Era serissimo, e forse un po' impacciato.
Nat sentì il cuore mancare di un battito e strinse nel pugno la stoffa
del divano, per non sobbalzare in modo troppo evidente.
Doveva andarsene.
Non voleva sentirsi dire in faccia quanto lo avesse deluso; non voleva
sentirsi umiliato.
Non da lui.
- Io... Volevo scusarmi per ieri sera. -
Il pugno si strinse ancora di più. Gli faceva quasi male.
Ieri sera...
Il bacio...
Non ne avevano più parlato.
Neanche ora Hiro lo aveva menzionato, ma Nat capì subito, immediatamente.
Un ricordo che aveva cercato di nascondere, di cancellare.
Che comunque era rimasto vivo e indelebile per tutta la giornata. Solo
assopito, forse, pronto a saltare fuori al minimo accenno. Che lo aveva
colpito più del dovuto, mentre probabilmente non significava niente.
Si sforzò di sorridere, di ridacchiare, mentre la bocca gli si faceva
secca, quasi prosciugata.
- Ah... Non è niente. Figurati. - Provò ad alzarsi in piedi, ma si rese
conto che le gambe non lo avrebbero retto. Sapeva di essere anche
arrossito, avvampato, e si passò una mano fra i capelli, per celare
meglio che poteva l'imbarazzo. - Eri brillo. Eravamo tutti e due un po'
ubriachi. Era una cosa così, uno... uno scherzo, lo so, e non c'è niente
di cui... -
- Non ero affatto ubriaco. - Perentorio, deciso. - Ero lucidissimo;
sapevo perfettamente quello che facevo, e lo desideravo. Non sarei
riuscito ad andarmene, se non lo avessi fatto. -
Nat alzò il capo a guardarlo, lentamente, quasi rendendosi conto piano
piano, ad ogni singola parola, di quello che l'altro stava effettivamente
dicendo.
Hiro sospirò profondamente, come a farsi coraggio, prima di continuare.
- Per questo devo scusarmi. Per questo e... Per tutto. Forse sto
sbagliando, forse potevo lasciare le cose come stavano, ma non ci riesco.
Non riesco a stare zitto. Forse... non voglio stare zitto. Voglio che tu
sappia, anche se non servirà a niente, anche se è tardi. Io... - Sbuffò,
si passò la lingua sulle labbra, mentre Nathan non riusciva a distogliere
lo sguardo da lui, immobile a parte il lieve tremito che gli scuoteva
tutto il corpo. - Ti ho mentito. Da subito. Ti ho imbrogliato, ti ho fatto
credere che..... Non ti ho avvicinato per caso, cioè... non del tutto. Mi
sono offerto di... di aiutarti, e di accompagnarti, perché... perché
volevo conoscerti, stare con te. Perché dal primo momento in cui ti ho
visto, non sono più riuscito a toglierti dalla mia testa. E'... Lo so,
sembra una scusa banale, stupida, e chissà quanti te lo avranno già
detto, ma è la verità. La vera verità. E adesso... più i giorni
passano... no, i minuti.... io sento che... che le cose vanno sempre
peggio. Dentro di me, intendo. Peggio nel senso che non riesco più a
tornare indietro, più a considerarti come un semplice incontro. Sì... più
o meno. - Si portò entrambe le mani alla testa e si tirò indietro i
capelli, con un nuovo sospiro.
Nat non riusciva a muoversi, né a parlare. Lo guardava e basta, il
cervello che cercava di fermare le frasi dell'altro e di dargli un
significato concreto, reale.
Hiro lo aveva baciato.
Non era ubriaco.
Desiderava baciarlo.
E lo aveva avvicinato con una scusa.
Perché.... Perché lo aveva visto e...
Lui?
"Dal primo momento in cui ti ho visto..."
Nessuno diceva una cosa del genere a uno come lui.
Così amorfo, insignificante, goffo, stupido...
Lo stava prendendo in giro??
- Non ho mai fatto una cosa del genere. - Hiro aveva ricominciato a
parlare, e Nat si riscosse. - Te lo giuro! Non mi è mai successo di...
di... arrivare a trovare ogni scusa possibile per... per... - Scosse il
capo e allargò le braccia. - Sei comparso all'improvviso e hai sconvolto
ogni mio metro di giudizio, ogni mia certezza, ogni convinzione. -
Riaprì la bocca, riprese fiato, poi lo lasciò andare in uno sbuffo,
quasi rassegnato.
- Scusa... Ho rovinato tutto... -
Lo sussurrò, tirando le labbra in un mezzo sorriso amaro.
- Mi dispiace. -
Sembrava dispiaciuto sul serio, mortificato.
Sincero...
Pensava davvero quello che aveva detto?
I suoi sguardi, i suoi gesti, i suoi sorrisi, erano dovuti a qualcosa di
più della semplice gentilezza?
Nat sentì il cuore balzargli in gola, il sangue come impazzito che gli
batteva alle tempie, mentre un fremito gli scivolava sulla pelle.
Gli sconvolse i sensi. Piacevolmente.
- Quando ti sentirai un po' meglio, ti riaccompagnerò in albergo. -
Non c’era più allegria, nel suo sguardo, non più entusiasmo.
Pareva essersi spento, irrigidito. Forse imbarazzato da quanto aveva
appena rivelato.
- Non... non hai rovinato niente. – riuscì a dire Nathan, senza neanche
sapere come.
Il cuore gli batteva talmente forte che pareva rimbombare, assordante.
E lui non capiva bene cosa stesse provando esattamente, cosa stesse
succedendo, cosa significasse quella sensazione nuova, un misto di
esaltazione, appagamento e paura, che lo stordiva e lo faceva tremare.
- Non è successo niente... - Agitò le mani di fronte a sé. – C... cioè...
Niente di grave... E’ che... io non... non so cosa... - Si zittì e
chiuse gli occhi, riprendendo fiato e cercando di calmarsi. Aveva
ricominciato a parlare come un imbecille. – Scusa... - esalò poi. –
Non so cosa dire... Non bene, ecco... -
- Non devi dire niente. Non sei obbligato. -
La voce di Hiro era bassa, e calma, un lieve sorriso che gli aleggiava
sulle labbra e negli occhi.
- Ma io voglio parlare lo stesso. – ribatté Nathan.
Voleva provare a spiegarsi, a fargli capire cosa sentiva in quel momento,
e in ogni momento da che lo aveva conosciuto; e magari capirlo meglio
anche lui stesso.
- E’ solo che... che non sono abituato a... a queste cose. – Distolse
lo sguardo, sentendosi arrossire. – Ma... non devi scusarti... Non...
Sono stato benissimo, in questi giorni. Non stavo così bene da... da non
so quanto. Forse da sempre. Ed è stato grazie a te, alla tua sola
presenza. Non rimpiangerò mai di averti conosciuto. Mai... In qualsiasi
modo, per qualsiasi... motivo tu abbia deciso di... di avvicinarmi. -
Finì d’un fiato, il respiro quasi affannato come dopo una corsa e lo
sguardo basso che non osava alzarsi sul compagno.
Si era anche alzato in piedi, senza neppure accorgersene.
Gli sembrava di sentire solo il proprio cuore.
Gli faceva male tutto il petto, e la gola, gli girava la testa.
Barcollò anche, leggermente.
Avvertì il tocco della sua mano subito dopo, leggero, delicato, poco al
di sopra del gomito, e poi la sua voce, bassissima.
- E’ meglio se rimani seduto. -
Nat annuì piano e quasi si lasciò cadere sul divano alle proprie spalle.
Si sentiva bruciare la pelle, delle gote, del collo, del braccio dove Hiro
lo aveva toccato, dove ancora lo stava toccando.
- Grazie... - bisbigliò.
Non sapeva più cosa dire.
Non sapeva se doveva dire ancora qualcosa.
Al momento, riusciva solo a stare così, seduto, rigido, tremante, mentre
il desiderio lo soffocava, e la conseguente paura lo immobilizzava.
- Nat... -
Un soffio, lieve come una carezza, come il tocco delle dita che gli
scostarono i capelli dal viso.
Hiro era accanto a lui, vicino.
- Nat... Non volevo turbarti, non volevo farti del male. Ti riporto in
albergo, se non vuoi rimanere qui. Ti porto dove vuoi. Basta che me lo
dici, che... -
Nathan voltò il capo verso di lui, e l’altro si interruppe.
La luce calda dei suoi occhi era triste. C’erano apprensione,
preoccupazione, dispiacere.
Erano così belli, invece, quando sorrideva.
Non voleva vederlo così.
E non voleva lasciarlo.
Era più forte di lui; l’unica, vera, certezza, che aveva in quel
momento.
Anche se sapeva che non avrebbe dovuto, che non doveva neanche pensarci,
che probabilmente stava sbagliando.
Alzò una mano e gli sfiorò una guancia.
- Non voglio andare via. – mormorò, riuscendo a guardarlo negli occhi.
Li vide spalancarsi stupiti, poi fissarlo intensamente, e capì il passo
che aveva fatto, il significato di quello che aveva appena detto, e di
quello che il proprio cuore gli suggeriva.
Solo la ragione lo aveva tenuto a freno, solo le sue convinzioni, la sua
onestà. Mentre il cuore scalpitava, irrequieto, impaziente, colpito e
surriscaldato da sensazioni nuove e sconvolgenti.
Sensazioni che Hiro aveva risvegliato in lui, e che avevano cancellato
tutto il resto.
Tutto e tutti.
Quand’era successo?
Anche per lui, dal primo momento in cui lo aveva visto?
O da quando gli aveva sorriso, e parlato, mettendolo subito a proprio
agio...
Non lo sapeva, non se n’era nemmeno reso conto.
Ci si era trovato nel mezzo, all’improvviso, e ora, davvero, gli
sembrava difficile poter tornare indietro.
Inspirò, e il fiato gli inciampò in gola.
Hiro si era avvicinato.
La sua mano gli era scivolata lungo la guancia, fino a raggiungergli la
nuca, in un tocco morbido e deciso insieme.
Lo attirava verso l’altro, così come i suoi occhi, neri come la pece,
come la notte più buia.
- Hiro... non... -
Non doveva.
Non poteva.
Se avesse cominciato, non avrebbe più avuto la forza di rinunciarvi.
Ma non fece nulla per opporsi al suo gesto, non fece il minimo sforzo per
sottrarsi alla sua presa.
Rimase immobile, docile, lasciò che il volto dell’altro si avvicinasse
sempre di più, che invadesse la sua vista, il suo mondo, aspettò le sue
labbra.
Erano fresche, morbide, e gli diedero la scossa, mentre l’interno del
suo corpo cominciava ad ingarbugliarsi in modo informe, incomprensibile.
Era come se ogni suo organo interno avesse deciso di cambiare posto
all’improvviso, mischiandosi uno con l’altro.
Stava male, e allo stesso tempo si sentiva leggero e felice come non era
mai stato.
Aprì maggiormente la bocca e accolse la lingua del compagno con
desiderio, e piacere, sfiorandola con la propria e rispondendo pian piano
al suo ardore, che aumentava di secondo in secondo, ma quasi con cautela.
Non c’era foga, non c’era violenza, solo assaggi, e aspettativa,
condivisione, curiosità.
Quasi volesse scoprirlo un po’ per volta, e lasciarsi scoprire.
Senza soffocarlo, senza imporsi.
Anche la sua stretta era dolce, pur nella sua fermezza, e lievi e
stuzzicanti le dita che si muovevano fra i suoi capelli, sulla nuca,
dandogli brividi che gli scivolavano lungo la spina dorsale.
Era così bello, così eccitante...
Nat non si era mai sentito in quel modo.
Si strinse al compagno, tirandolo maggiormente verso di sé, ricambiando
con maggiore intensità il suo bacio, assaporando la sua bocca, la sua
lingua, il suo respiro.
Era inebriante, sconvolgente.
Nuovo.
Con Brad era diverso.
Con Brad, lui si lasciava solo andare, quasi non esisteva, se non nel
piacere immediato, violento, brutale.
Con Brad era solo......
Brad...
BRAD!
Spalancò gli occhi e si tirò indietro con un sussulto, ansimando
sconvolto e ancora intontito.
Hiro lo guardava sbattendo le palpebre, anche lui evidentemente stordito,
e inoltre sorpreso.
- Che c’è, Nat...? -
Sembrava respirare a fatica, esattamente come lui, mentre il suo sguardo
tornava lentamente a farsi più lucido, più presente.
La sua bocca socchiusa, con le labbra ancora rosse e umide e assetate, era
terribilmente seducente, e Nat sentì un groppo salirgli alla gola.
Cosa aveva fatto?
Cosa stava facendo??
... perché il cuore gli faceva così male, ora?...
- Non posso... - sussurrò, e gli occhi cominciarono a pizzicargli. –
Non... non posso... -
Era vero.
Non poteva.
- Io... Io... C’è già... c’è già un altro... e... -
Di fronte a lui, Hiro chiuse gli occhi con un breve sospiro e si girò,
rovesciando la testa all’indietro sullo schienale del divano.
Staccandosi da lui.
Distogliendo lo sguardo da lui.
Nat si sentì quasi morire.
- Ah. Quello... - borbottò Hiro, con voce cupa.
- Quello?? -
- Sì, il tuo... amico. - Fece una lieve smorfia, e Nathan sussultò.
Lo sapeva, lo aveva capito.
E ora lo avrebbe disprezzato.
Avvertì le lacrime fuoriuscire e scivolargli calde lungo le guance
arrossate.
- S... sì... - farfugliò poi. – Lui... E’ il mio ragazzo. Io... lo
so che le cose fra noi non vanno molto bene, ma... ma non posso tradirlo
lo stesso. Non... non è giusto. Non... Anche se... Anche se... -
- Lo ami? -
Hiro era tornato a voltarsi verso di lui, e gli puntava addosso uno
sguardo severo, accigliato, che lo perforò come una lama.
Nat affondò i denti nel labbro inferiore, staccandosi da quegli occhi,
guardando ovunque, annebbiato dalle lacrime.
- Non lo so... Sì. Forse. – Sospirò. - L’ho amato tanto... Ora...
Ora io... -
- E lui? Lui ti ama? -
Non vedeva più il suo sguardo, ma gli parve di sentirlo, penetrante come
il tono della sua voce, sempre più alta.
La lama stava affondando, rigirandosi dolorosamente nella ferita…
- Ssì... Credo di sì... - rispose, quasi senza forze.
A modo suo, Brad lo amava.
A modo suo...
- E questo, te l’ha fatto lui? -
Hiro continuava, insistente, quasi furioso.
Nat tornò a guardarlo, vide i suoi occhi puntati sul suo collo, sul
torace, sui segni e i sui lividi che ancora si intravedevano sulla pelle
chiara, e sobbalzò, cercando di chiudere meglio l’accappatoio.
- E’ questo, che sa darti? E’ questo, il suo amore? -
Sempre più forte, sempre più adirato.
Nat si portò una mano alla bocca, la coprì, mentre le lacrime gli
inondavano le ciglia, il volto, le dita, accecandolo, scivolando fino al
collo.
Rivoli salati che non riusciva a fermare.
- E’ perché ti ama, che ti lascia sempre solo, giorno e notte,
abbandonato in una città straniera e sconosciuta?! -
“ Smettila, Hiro. Smettila, ti prego! ”
Chiuse gli occhi stretti e non riuscì a soffocare un singhiozzo, e un
altro, un gemito, a smettere di piangere.
Era come se Hiro gli avesse aperto il petto e letto nel cuore ciò che più
lo faceva soffrire, i suoi più grandi dubbi, il dolore che lo
attanagliava ormai da mesi, gettandoglielo in faccia, urlandolo per
farglielo sentire meglio, per ricordarglielo, quasi per sottolinearlo.
Deglutì, sospirò, cercò di riprendere fiato. Non riusciva a respirare.
Poi, il tocco delle sue mani lo riscosse.
Gli avevano preso il volto, e glielo accarezzavano dolcemente,
asciugandogli le lacrime.
- Scusami, koibito. – Un sussurro, vicinissimo, e ancora dolce. – Non
volevo. Sono uno stupido, un cretino. – Le sue labbra gli sfiorarono la
fronte, le tempie, le palpebre. – Non ho il diritto di dirti nulla. Ti
ho ingannato, e ora ti sto facendo del male. Ti ho fatto piangere... Ho
cercato di sottrarti a lui, di portarti via. Tu non c’entri. Sono solo
pazzo di gelosia. -
Si staccò di poco, gli sollevò il viso, gli allontanò la mano dalla
bocca.
Nat sbatté le palpebre, per liberarle dalle lacrime e riuscire a vederlo
meglio.
- Perdonami, piccolino. Non volevo ferirti. -
Hiro lo baciò sulle labbra, lo sguardo intenso, tenero, le mani che
ancora gli sostenevano il volto.
Bello, dolce, affettuoso...
Ne aveva bisogno.
Se ne sentiva riempire il cuore.
Come sarebbe riuscito a rinunciarvi?
Gli gettò le braccia al collo e si strinse a lui, appoggiando la fronte
alla sua spalla e ricominciando a piangere.
Non riusciva a fare altro.
- Non piangere, Nat. Non piangere, ti prego. -
Hiro lo abbracciava, accarezzandogli la schiena, i capelli, il collo,
mentre Nat rimaneva aggrappato a lui come un naufrago all’unico
salvagente.
Non sapeva cosa fare, come comportarsi.
Detestava l’infedeltà, il tradimento; non li concepiva, soprattutto in
amore. Si sentiva morire ogni volta che intuiva che Brad era stato con
qualcun altro, e non riusciva comunque a fare altrettanto, a tradirlo a
propria volta anche solo per ripicca.
E allo stesso tempo, in quel caso, non voleva perdere Hiro, non voleva
rinunciare a lui, al suo evidente affetto, a quello che l’altro poteva
offrirgli, e a quanto lui stesso poteva donargli.
- Nat... Nat, non piangere. -
Hiro aveva ragione: doveva smetterla.
Si tirò di poco indietro e provò ad asciugarsi gli occhi, a sorridere, a
calmarsi.
- Scusa... Sono proprio uno stupido. -
- Non sei stupido. – Ora Hiro sorrideva, e anche lui tentava di
asciugargli le lacrime. – E’ che questi occhi meravigliosi non sono
fatti per piangere. -
Nat lo guardò stupito, poi fece un risolino, che si mescolò ad un
singhiozzo, uscendo un po’ strozzato, ma che lo aiutò a tranquillizzarsi.
- Sono così belli, quando sorridi... – continuò l’altro. – Sono
sempre bellissimi, ma quando si illuminano... diventano stupendi.
Incredibili. –
Nat si sentì avvampare e abbassò lo sguardo, imbarazzato.
Perché gli diceva quelle cose?
- Non prendermi in giro. – bisbigliò.
- Non ti sto prendendo in giro! È la verità!! Adoro i tuoi occhi, mi
hanno colpito subito. E... Tutto di te mi ha colpito. Perché credi
che...... – Lo sentì sospirare e tornò ad alzare lo sguardo su di lui.
– Ci sto riprovando, scusami. Ti sto facendo pressioni, e tu non vuoi.
Non devo. E non voglio neppure io. – Lo guardò fisso, poi scrollò il
capo e agitò una mano. – No, non è vero. Ti sto mentendo ancora, e non
è giusto. Lo voglio eccome! Ti voglio come non ho mai voluto nessun
altro. E tremo al pensiero di quando te ne andrai, di quando partirai, e
di quanto poco tempo mi rimane per poterti vedere ancora. E vorrei che
quel... quel Bradley non esistesse per... per averti per me. – Fece un
ghigno, sconsolato, amaro. – Sono solo un ipocrita, lo so... -
Un ipocrita...
Hiro?
E lui, che fremeva dal desiderio di baciarlo di nuovo e non era capace di
ammetterlo?
Aveva paura ad ammetterlo! e si nascondeva dietro scuse e rimorsi e
tentennamenti, per non sentirsi colpevole, per non essere costretto a
guardare in faccia la realtà.
Rimase a fissare il profilo delicato del compagno e sospirò piano.
- Mercoledì. – mormorò poi, quasi soprappensiero.
Hiro volse lo sguardo su di lui, interrogativamente.
- Mh? -
- Parto Mercoledì... -
Hiro chiuse gli occhi per qualche secondo e gemette, e Nat ebbe voglia di
accarezzarlo.
Solo due giorni...
Solo due giorni per vederlo, ascoltarlo, toccarlo.
Per stare con lui.
E poi...
Più niente.
L’addio, la lontananza, il vuoto.
Come poteva farcela?
Come poteva rinunciare a lui in quel modo?
Si perse in quegli occhi scuri, profondi, e si chiese se anche Hiro stesse
pensando le stesse cose.
Deglutì, si morse un labbro.
- Non ce la faccio. – sussurrò poi, esausto ed emozionato allo stesso
tempo.
Hiro aggrottò la fronte, poi stirò le labbra in una smorfia rassegnata,
triste.
Non aveva capito.
Nathan sorrise dentro di sé, poi si sporse verso il compagno e lo baciò
su una guancia, vicinissimo alla
bocca, in un movimento unico, senza indugiare.
Era quello che sentiva, quello che voleva, che desiderava più di
qualsiasi altra cosa.
Stava ascoltando il proprio cuore, e il cuore pensava solo a se stesso.
- Nat... -
Hiro pareva stravolto, incredulo.
Nathan appoggiò la fronte alla sua e sussurrò ancora.
- Non ce la faccio... -
“ Ad andarmene, a lasciarti, a non approfittare di questo momento... “
Non lo disse, ma Hiro lo capì ugualmente.
I suoi occhi scintillarono mentre fissavano i suoi.
- Sei sicuro? -
Nat annuì piano e si abbandonò contro l’altro, attendendo il suo
bacio, aspettandolo come se gli fosse mancato da una vita.
Di nuovo tutto cambiò, tutto divenne luminoso, fresco, nuovo, vivo.
Hiro era dolce e passionale insieme; divorava la sua bocca e intanto lo
accarezzava con delicatezza; lo desiderava, ma non lo sopraffaceva;
sembrava volerlo assaporare poco alla volta, con un’urgenza che
aumentava sempre di più, ma che non diventava mai aggressiva.
E Nathan si rilassò, sempre più sicuro, più tranquillo, lasciandosi
andare e liberando quello che aveva dentro, la propria passione, il
proprio desiderio, rispondendo con frenesìa e con slancio agli attacchi
del compagno.
Lo voleva.
Tutto il resto non contava.
Sarebbe rimasto fuori.
Dai suoi pensieri, dal suo corpo, dalla sua anima.
Lo abbracciò stretto e si ritrovò con le dita affondate nei suoi capelli
lisci, attaccato a lui come temesse di perderlo, senza fiato, quasi senza
coscienza.
Sentì il compagno mugolare nella sua bocca e avvertì la sua eccitazione,
quando l’altro lo sollevò e lo
fece sedere su di sé.
Aveva voglia di ridere, ma non smise di baciarlo, e di stringersi a lui.
Poi, dopo un tempo che gli parve incalcolabile, un istante, o un’eternità,
Hiro si staccò di poco, e lui tornò ad aprire gli occhi, emergendo
lentamente, e non del tutto, dal proprio sogno.
Hiro gli sorrideva, sfiorandogli il naso con il proprio, dandogli piccoli,
brevi baci sulle labbra, che accendevano ancora di più i suoi sensi
eccitati.
- Andiamo, vieni. – bisbigliò, prima di sollevarlo di peso fra le
braccia.
Nat non gli chiese dove.
Non gli importava, o lo immaginava.
Si lasciò trasportare, continuando a guardarlo, ad osservare i suoi
lineamenti delicati, la bocca sottile, il nasino piccolo e ben fatto, gli
occhi allungati, profondi, intensi... E si fece posare su un letto basso e
spazioso, rimanendo in piedi di fronte al compagno, che lo guardava dal
basso, fissandolo.
- Ti voglio, Nat... – lo sentì mormorare, deciso, sicuro. – Non ti
lascerò andare, da adesso in avanti.-
Nella sua voce c’era anche tanta tenerezza da fargli stringere il cuore.
Nat gli appoggiò le mani sulle spalle, le dita che gli accarezzavano il
collo, e sorrise.
- Portami dove vuoi... – ribatté.
Sarebbe stato con lui...
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