I personaggi di Slam Dunk non sono miei. La storia è scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

 

Ichigo



 


 

 

Ali

 

parte VIII

 

di Ichigo

 


“Hanamichi?” la voce di Mitsui attira la mia attenzione.

Lo vedo avvicinarsi e sedersi accanto a me sulla panca, dove mi sono fermato per finire di allacciarmi le scarpe. Lo osservo con la coda dell’occhio e sento che è nervoso, vuole chiedermi sicuramente qualcosa e non me ne stupisco: siamo solo io e lui in spogliatoio, oggi sono arrivato in palestra con un sostanziale  ritardo. Questo perché sono rimasto a lungo indeciso se partecipare o meno agli allenamenti oggi.

Mi sarei volentieri risparmiato un altro pomeriggio come quello di ieri, in cui ho passato ogni secondo a domandarmi quanto tempo mancasse alla fine dell’allenamento, dopo neanche cinque minuti che mi trovavo in campo. Questa situazione si sta rivelando più complicata ed assurda del previsto, però allo stesso tempo, nonostante la cosa mi pesi non poco, non mi va di dare alcuna soddisfazione, di qualunque genere essa sia, a quella stupida volpe che mi ritrovo per compagno di squadra.

In seguito a questo mio ultimo pensiero, stringo le estremità dei lacci con un po’ troppa foga e Mitsui si decide a domandarmi: “tutto bene?” e lo fa con un po’ troppa titubanza nella voce. Insomma, lui è un ex teppista, non è nella sua indole girare intorno alle cose, con me poi! Siamo sempre stati sinceri l’uno con l’altro e ce ne siamo detti di tutti i colori, sbattendoci in faccia insulti e quant’altro e adesso, si mette inutili problemi?

Giuro che se comincia a balbettare come una di quelle sciocche ragazze che girano intorno alla volpe, lo prendo a testate.

Metto giù la gamba che avevo stretta al petto e lo guardo per rispondere alla sua domanda: “si Mitchi, tutto va a meraviglia”.

Il mio compagno però, mi rivolge un’occhiata ed un sorrisetto che non mi piacciono per niente, perché non so come interpretare o, meglio, non mi va giù proprio perché so bene cosa significa. Infatti, mi sta guardando come ti guarderebbe un fratello maggiore che sta per riprenderti su qualcosa e farti la predica.

Accidenti a questo teppista da quattro soldi.

“Non sei in grado di mentire scimmia…è successo qualcosa con Rukawa?”

Al suono di quel nome e l’insinuazione velata dietro la sua domanda, che non mi piace per niente, salto subito sull’attenti: “no, la volpe non c’entra” e per tutta risposta lui alza un sopracciglio. Mi sta facendo infuriare con quella sua aria da superuomo.

Stringo i pugni sulle ginocchia e cerco di mantenere ancora un po’ di calma, che ovviamente non mi riesce perché, subito, inizio a parlare a macchinetta: “io proprio non capisco” mi alzo e comincio a gesticolare e girare per la stanza “quando non mi impegnavo, ricevevo pugni in testa dal gorilla prima e sventagliate da Ayako poi. Ed ora, che invece mi dedico anima e corpo a questo sport, tutti avete da ridire” mi fermo di fronte a lui con le mani sui fianchi sbuffando indispettito.

Questa sottospecie di giocatore mancato non mi crede, glielo leggo in faccia, infatti si alza venendomi vicino e mi da una pacca sulle spalle con fare accondiscendente: “se lo dici tu…e comunque vedi di sistemare le cose alla svelta perché, agendo in questo modo ‘responsabile’ come tu affermi, non stai facendo né un favore alla squadra, né a te stesso. Anche se stai in silenzio ed esegui gli esercizi senza fiatare, ciò non vuol dire che stia migliorando. Il basket è un gioco di testa e di cuore e tu, Hanamichi, ora come ora, non sei in grado di giocarlo” mi dice ed io lì per lì non riesco neanche a reagire perché, seppur in modo contorto, so che ha ragione.

E solo dopo che vedo la porta chiudersi alle sue spalle, sbotto con un: “vai al diavolo Mitsui” appena sussurrato.

***

Aveva ragione il senpai e lui lo sapeva. Si era convinto di poter affrontare Rukawa come niente fosse, illudendosi che quelle parole dure, dettegli dal compagno quella sera all’albergo, gli avrebbero dato la forza di ‘odiarlo’ e la carica per dimostrargli il suo valore, almeno in quello sport che lui tanto considerava.

 “non abbiamo nulla da spartire io e te, che cosa mi rappresenti sentiamo? Te lo dico io, nientectu non sei niente per me!h

Però il suo cuore non ce la faceva a vederlo, a stare a stretto contatto con lui senza poterci eparlaref. Non era così facile, non dopo quella sera, non dopo quellfabbraccio e non dopo aver saputo cosa significhi amarlo con tutto se stesso e continuare a farlo anche dopo essere stato respinto clamorosamente.

Ed era vero anche quello che Mitsui gli aveva detto: per uno come Hanamichi che la testa poi la usava ben poco in campo, il basket, così come la sua vita, erano per lo più azione ed improvvisazione. Era un tipo passionale, istintivo ed ora, lacerato in due da sentimenti contrastanti, queste qualità non bastavano a fare di lui un vero basket man.

Provare allora ad usare la testa? Inutile, era talmente preso da pensieri su Rukawa che non cfera spazio per altro che non fosse lui.

E comunque Mitsui la faceva facile, come poteva rimettere le cose apposto se stavolta, la questione era molto più seria; non era una delle loro solite incomprensioni agonistiche, no, Rukawa era stato chiaro, lui non era niente.

Non sei niente per me”.

Si portò le mani tra i capelli in un chiaro segno di disperazione. Cosa doveva fare, cosa poteva fare? Era il Tensai, eppure davanti a quella situazione si sentiva solo un povero doaho senza nessun’ arma.

E poi…poi c’era anche quel piccolo, gigantesco particolare che gli avevano sbattuto in faccia in malo modo.

Matrimonio.

Rukawa e quella ragazza erano promessi da tempo. Quella verità gli lacerava lfanima ancora di più.

Non ce lo vedeva proprio Rukawa con quellfarpia, cosa ne poteva sapere lei della volpe?

Una cosa però Hanamichi lfaveva sempre avuta chiara fin dallfinizio: allo stesso Kaede quellfimposizione non piaceva per niente, quel ruolo gli andava stretto, lo soffocava.

I suoi occhi parlavano per lui e se anche il suo viso non lo trasmetteva, era una cosa che Hanamichi gli leggeva nel profondo dellfanimo, in quei bellissimi specchi dfacqua scura. E sempre in quelle gemme, Sakuragi aveva scorto la stanchezza, la rassegnazione del compagno a quella situazione.

Era in trappola e non poteva scappare in alcun modo; per questo quel giorno lfaveva trovato così disperatocsolo.

Lfimmagine del ragazzo che aveva imparato a conoscere in quellfanno,  si scontrava alla grande con la figura che aveva preso il posto del moro in quegli ultimi giorni.

Adesso, però, aveva tutti i pezzi del puzzle che combaciavano e che rispondevano a molte delle sue domande, solo che, cferano sempre la reazione isterica di Kaede e le parole dure che aveva rivolto al rosso. Le pensava davvero, o erano dovute solo alla particolare situazione? O al suo orgoglio, che almeno in quella circostanza ne voleva uscire intatto?

Ma se anche avesse risposto a tutto questo, la storia del matrimonio incombeva comunque su entrambi. Arrivati a questo punto, anche sullo stesso Sakuragi.

Sospirò pesantemente dirigendosi finalmente in palestra. Non era sicuro di poter cambiare le cose e che tutto sarebbe tornato apposto, però, ci avrebbe provato comunque.

Lui era il Tensai. 

 

 “Senpai, così?h

“…”

“Senpai?h

“…”

“Rukawa!h

Nh?h

Rukawa rivolse uno sguardo assente alla matricola che, dopo ripetuti richiami, lfaveva scosso per una spalla. Il moro era stato incaricato da Miyagi di insegnare alla matricola la postura migliore per eseguire un tiro libero perfetto, ma subito dopo avergli mostrato come eseguire un lancio impeccabile, Kaede si era estraniato.

Quel pomeriggio non aveva proprio la testa per pensare al basket, la cosa aveva dellfincredibile anche per lo stesso Rukawa; non riusciva assolutamente a concentrarsi ed anche prima di eseguire gli esercizi più semplici, rimaneva pensieroso qualche minuto.

Cosa gli stesse succedendo proprio non lo capiva. Il basket, che da sempre aveva rappresentato un modo per fuggire dalla vita reale, adesso era stato contaminato. Alla fine erano riusciti a raggiungerlo anche lì.

Hanamichi adesso sapeva la verità su di lui, nessuno avrebbe dovuto sapere almeno fino al girono del matrimonio, anzi, se possibile, non sarebbero mai dovuti venirne a conoscenza proprio perché il tutto sarebbe dovuto avvenire solo dopo il liceo.

Da quando la situazione gli era sfuggita completamente di mano, quando gli eventi avevano preso a susseguirsi così velocemente lasciandolo indietro?

Non solo riguardo al proprio futuro, ma aveva perso anche il controllo dei propri sentimenti che non riusciva più a tenere a bada: lui era il ragazzo di ghiaccio, no? Aveva un nome rispettabile ed allora cosfera tutta quella preoccupazione nei confronti di Sakuragi?

Dal giorno in cui si erano incontrati per la prima volta in quellfascensore, il ragazzo aveva preso posto in pianta stabile nella sua mente e forse anchec

Hanamichi era ora!!!h la voce del capitano, leggermente alterata, risuonò nella palestra, interrompendo le considerazioni del numero undici, che stava eseguendo un tiro in sospensione, perfettamente riuscito, nonostante il leggero tremolio del polso che aveva avuto nel sentire pronunciare il nome del compagno.

Rukawa andò a recuperare la palla senza voltarsi, per poi tornare ad occuparsi degli esercizi della matricola, anche se veniva continuamente distratto dai suoi pensieri.

Non capiva perché il fatto che Sakuragi sapesse la verità lo impensieriva tanto e non si spiegava la stretta al cuore nellfaver intravisto i suoi occhi malinconici. Che questo lfavesse provocato il saperlo fidanzato, gli dava ulteriori interrogativi. Sakuragi, fino a prova contraria, lo odiava; quindi il fatto di saperlo promesso avrebbe dovuto sollevarlo, non renderlo triste. Con Rukawa fuori gioco, avrebbe avuto piazza libera con la Akagi, giusto?

E quello stesso sguardo lfaveva avuto quando, nel bagno, si erano detti cose poco piacevoli, quando lui gli aveva detto: gtu non sei niente per meh. Ferendo entrambi con quelle parole.

 

“Cosa ti importa di quel ragazzo?”

 

gNiente, non sei niente per me!”

 

“Senpai!” la voce allarmata del ragazzo più giovane irruppe nell’aria, attirando sui due ragazzi sotto canestro l’attenzione dell’intera palestra.

Rukawa tornò con i piedi per terra, come se si stesse riprendendo da un brutto sogno e si accorse di stare stringendo con forza il pallone che aveva tra le mani, mentre i muscoli di tutto il corpo gli dolevano, tanto si era irrigidito. Di nuovo quello sguardo vacuo lo passò sui visi dei suoi compagni che, fattisi tutti intorno a lui, l’osservavano preoccupato.

“Stai bene Ru?” la voce di Ayako lo fece voltare nella sua direzione, sentendo la mano fresca di lei sulla fronte “forse dovresti…” ma Rukawa non l’ascoltava più. Il suo sguardo era volato oltre la sua sagoma, fermandosi solo nell’incontrare lo sguardo caldo, profondo e preoccupato di Hanamichi, il quale, però, distolse subito gli occhi, cominciando a palleggiare con la testa china.

Irritato per quel comportamento e sentendosi soffocare da quella situazione, Rukawa scansò tutti in malo modo per uscire fuori dalla palestra il più in fretta possibile. Aveva bisogno d’aria.

 

Nessuno capiva cosa fosse successo.

“…non lo so, tutt’a un tratto l’ho visto irrigidirsi e sbiancare. Ho pensato che stesse male e l’ho scosso, ma non rispondeva, ha serrato gli occhi e ha stretto i pugni” la matricola raccontava cosa fosse avvenuto, ancora un po’ turbato: si era spaventato non poco.

I ragazzi si guardavano l’un l’altro cercando delle risposte che però non potevano darsi. Gli sguardi alla fine, confluirono su un’unica persona e in testa la medesima domanda: ‘cosa stava succedendo a quei due?’

“Hanamichi”.

Il rosso si voltò verso il senpai che l’aveva chiamato e smise di palleggiare, fermando la palla con entrambe le mani.

***

“Hanamichi”.

Mitsui mi chiama e si avvicina piano, staccandosi dal gruppetto.

Sapevo che l’avrebbe fatto, mi aspettavo che mi avrebbero messo in mezzo e come dargli torto. Se fosse solo un problema della volpe, sicuramente io sarei la persona meno indicata per andare a parlargli per calmarlo, ci vorrebbe Kogure, adesso. Il quattrocchi saprebbe sicuramente cosa fare. Questa volta però sanno bene tutti quanti che, nella faccenda, in qualche modo sono coinvolto anche io. Non sono stupidi.

Volgo lo sguardo nella palestra, adesso così silenziosa e innaturale, fermandomi su ciascun membro, fissando infine Ayako che mi rivolge un’espressione preoccupata. Lei è forse l’unica ragazza che si preoccupa seriamente per la volpe, per vera amicizia. Un’amica.

Alla fine mi arrendo: “eh va bene, come al solito qui ci vuole il Tensai per mettere in riga una stupida volpe. Vado e torno, voi non battete la fiacca” e nonostante la battuta, non ho molta voglia di ridere e nemmeno loro.

Non appena esco all’aperto, sto per dirigermi alle fontanelle credendo di trovarlo dietro la palestra, quando un rumore sordo ed un sussurrare strano, mi fanno cambiare strada.

Mi ritrovo così nel cortile interno l’edificio e trovo Rukawa così: in piedi mi da le spalle, con il viso rivolto verso l’alto sotto una pioggia leggera di petali di ciliegio buttati giù da un vento gentile che scorre tra i rami, ma che diventa una tempesta precipitandogli addosso, quando Rukawa scaglia con rabbia un pugno contro il tronco dell’albero.

“Merda!” lo sento mormorare tra i denti, prima che cominci a tirare una serie di piccoli pugni per percuotere l’albero, colpi che si fanno sempre più intensi.

‘Scemo così si farà male!’

Mi passo una mano tra i capelli e dopo un sospiro di incoraggiamento esordisco: “ehi kitsune, si può sapere cosa ti ha fatto quell’albero?” faccio qualche passo verso di lui che si volta, guardandomi con un espressione stupita; lo so, non si aspettava di vedermi.

“Mi hanno mandato gli altri, a quanto pare le nostre piccole divergenze influiscono sull’umore della squadra. Che ne dici di un piccolo armistizio?”

“Come?” lo vedo che è perplesso, lo so che non se l’aspettava e sinceramente neanche io, però è per la  squadra e dobbiamo comportarci come persone adulte. I problemi personali non devono interferire con il club, in questo modo non facciamo un favore a nessuno.

“Semplicemente pensavo che almeno quando siamo in palestra potremo comportarci da persone mature” prima che mi interrompa proseguo “non sto dicendo che voglio fare nuovamente a botte con te. Come se nulla fosse successo”.

Lo vedo spalancare gli occhi, sa a cosa mi riferisco e mi rendo conto di essere stato volutamente cattivo con lui, ma in qualche modo mi devo difendere. Deve capire che, anche se ho fatto il ‘primo passo’ rivolgendogli la parola, non ho perso il mio orgoglio e per questo sia debole. Non di fronte a lui.

“Per il resto continueremo ad ignorarci come al solito e se hai paura che tradisca il tuo segreto, o mi lasci scappare qualche parola sulla tua vita privata, stai tranquillo. Non devi preoccuparti…non dirò niente, non sono affari miei, in fondo”.

Lui resta a guardarmi in silenzio e per quanto mi riguarda non ho più nulla da dire, il mio dovere l’ho fatto e me ne posso tornare in palestra. Mi volto, incurvo le spalle infilandomi le mani dentro i pantaloncini, quando la sua voce mi ferma: “perché?”

Con calma mi giro nuovamente e l’osservo, ha fatto un leggero passo in avanti, dopo che mi sono voltato e la cosa mi rende felice.

“È per questo che sei nervoso stasera, no? Non so perché quella ragazza me lo abbia detto, io  e te non siamo amici, l’ho messo in chiaro anche con lei. Ma se hai paura che si venga a sapere a scuola puoi stare tranquillo che io non parlerò. Come hai detto anche tu, io non sono nessuno e non intendo decidere per te se non vuoi dire niente, quindi rilassati”.

Senza aggiungere altro mi volto e rientro in palestra pensando…comincio a pentirmi di quello che ho fatto. Di nuovo gli ho detto delle cose cattive. Accidenti, mi ha ferito è vero, ma non pensavo che mi sarei ritrovato a rinfacciarglielo in questo modo e per ben due volte.

Lo amo eppure ho voluto volontariamente ferirlo.

Quando rientro in palestra da solo, tutti mi guardano in attesa, ma non dico una parola e mi dirigo alla cesta dei palloni e poco dopo di me, fa il suo silenzioso ingresso Rukawa che, con un mugugno assicura Ayako di stare bene e l’allenamento riprende.

Sospiro.

Come sono stanco.

 

Fine capitolo VIII