After Life Chronicles

Prologo “Risarcimento Danni”

di Rikku19

 

Il soffitto bianco.
Le pareti bianche.
Le coperte bianche.
Le finestre bianche.
Il cielo bianco.
Senza pioggia.
Tutto fottutamente bianco.
Giacente in un letto dell’ospedale, Ethan Sanders, osservava il piccolo pallido sole decadente tramontare dietro un larghissimo edificio di cemento, edificio in disuso da decenni.
Si sentiva come quel vecchio capannone abbandonato.
Sorrise stanco, e sospirò.
Era ora di tirare le somme.
Mancavano meno di due ore.
La rabbia si era mutata da tempo in muta accettazione.
“voglio un risarcimento danni.
Non è giusto.
Quando sono nato, quando ero bambino mi raccontavano della mia futura vita, di come avrei vissuto felicemente la mia esistenza, di come mi sarei iscritto all’università, di come sarei diventato un medico famoso, proprio come mio padre.
Beh, è evidente che la fama di mio padre non è bastata a salvarmi la vita.
Già è così.
Nessuno ti dice che puoi morire prima di aver realizzato anche solo uno di tutti i tuoi sogni.
È ingiusto, ti ripetono, chi sarai, cosa diventerai, che brillerai tra i migliori, sposerai una ragazza degna di te, e invece nessuno ti dice che i tuoi polmoni si perforano e sei tanto grave che nemmeno un trapianto ti può salvare la vita.
Sto morendo.
Fa uno strano effetto dirselo così, nero su bianco.
Non è come dire morirò.
O neppure me ne andrò, no.
Sto morendo.
Sto morendo e basta.
Non c’è niente da fare, il dottore mi ha fatto chiaramente capire che è questione di ore.
Che strano. Quando avvertivo le prime fitte al petto, mi hanno portato del cardiochirurgo più costoso d’Europa, compagno d’università di mio padre, quella stessa università in cui io non andrò, che mi ha diagnosticato una disfunzione al ventricolo destro, pensavo solo di avere mangiato troppo ad una festa fra amici, o di aver fumato qualcosa di non propriamente legale…
E poi la disfunzione si è allargata anche ad entrambi gli atri, nonostante l’intervento di microchirurgia subíto.
E ora sto per morire per una perforazione dei polmoni. Buffo, vero? È quasi divertente che per guarire il mio cuore abbiano danneggiato irreparabilmente i miei polmoni. Già, quasi divertente.
Quasi.
Perché non potrò superare la notte.
Ho dei cavi che partono da un enorme, deprimente apparecchio elettronico che manda stimoli di sollecitazione direttamente nei miei polmoni.
Dovrei dire grazie di quello che mi è stato dato.
Beh, grazie, grazie anche di quello che mi è stato tolto.
Mi hanno educato al cristianesimo.
Qual è stato il progetto che avevano per me?
Morire per il trionfo di qualcun altro?
Vana gloria, otterranno, perché io avrei potuto essere il migliore.
Avrei potuto, ma non lo sarò.
Manterrò le mie facoltà mentali ancora per pochi minuti, poi peggiorerò finirò in coma, o morirò subito.
Sono cosciente, sono sveglio, e tutti mi stanno già considerando come un vegetale, una cosa rotta.
Non posso parlare.
Non mi posso muovere.
Ma penso.
Anche se non me lo dicono so che succede nelle loro teste.
No, niente capacità fenomenali, soltanto so chi ho a che fare.
Mia madre piange, disperata, la vedo attraverso il vetro, mi guarda e piange, le parlano, e piange, mi guarda, mi guarda, mi guarda, mi guarda, mi guarda, sempre continuamente, e piange, e piange, e piange.
Piange, sempre.
Mio padre non ne ha la forza.
Di piangere, intendo.
Si sente fallito, rinchiuso nella sua muta rassegnazione, tutti gli anni di studi, di ricerche sono stati inutili per salvare una delle sue poche cose buone successe nella sua vita.
Nemmeno per colpa sua, se vogliamo, solo l’immensa stupidità di una sciocca dottoressa con troppa fretta di andare a casa dal marito convinto che stesse con la sua amante.
Sì è dimenticata il bisturi in qualche parte imprecisata del mio addome che si è spostato per gli affari suoi, lacerando carne al suo passaggio.
Anche un polmone, tra le altre cose.
Se ne sono accorti otto giorni dopo.
Macellai.
Questo l’unico nome con cui definire quest’elite di medici.
Non hanno permesso a mio padre di operarmi.Conflitto d'interessi, dicevano, o qualcosa del genere.
Se non fosse stato per la mia nascita, ora papà starebbe ancora a contrabbandare organi per la mafia russa, oppure starebbe sepolto in una tomba anonima, senza un nome, senza una data, ucciso per colpa di qualche folle terrorista smanioso di gloria.
E infine, lui, la cosa più bella della mia vita, mi guarda, il mio piccolo ometto, cercando di vedere al di là del vetro. La mamma lo prende in braccio, e mi guarda, fa domande e mia madre piange, singhiozza, ma non gli risponde.
I suoi capelli scuri, come i miei, folti e lisci, e gli stessi occhioni nocciola, curiosi, impazienti, vivaci. Mi sfugge una lacrima.
Mi ero promesso di prenderla con spirito, o un po’ di ottimismo, per quanto ottimismo possa avere uno che ha meno di un paio d’ore di vita.
Ti voglio bene, Alfred Sanders jr, piccolo moccioso pestifero!
Tutti i tuoi ricatti per farmi giocare con te, quando ti mettesti a piangere che volevi me per la favola della buona notte, quando ero in vacanza, e non volevi la mamma.
Adesso chi ti darà la buona notte?
Chi ti rimboccherà le coperte?
Per chi sprecherai lacrime per ottenere i tuoi infantili scopi?
Non io.
Non per me.
Lo capirai, quando me ne sarò andato, ciò che mi è accaduto, crescerai, troverai la tua strada, e ti dimenticherai di me. Voglio che tu sia qualcuno, fratellino, non devi morire nell’anonimato, come tuo fratello, no, avrai fama e gloria, realizza i tuoi sogni, anche per qualcuno in un’anonima tomba nel cimitero di famiglia.
Chissà che mi aspetta ora?
La Commedia di quel tipo italiano… o la reincarnazione?
Chi se ne importa…tra qualche minuto lo scoprirò.
Mi sta pure venendo l’abbiocco, come quando bevo troppo vino.
È un progresso, riesco a fare dello spirito.
Riesco a sorridere, l’ultimo sforzo sovrumano.
L’ultimo sorriso.
L’ultimo ciao.
Buona notte a tutti.
La morte non era compresa nel pacchetto di sogni che mi era stato venduto da bambino.
Voglio solo un fottutissimo risarcimento danni”
Il pigolio continuo della macchina mutò in unico solo stridio acuto.
Il dolore al di fuori della stanza s’intensificò.
Domande ingenue d’infante, lasciarono posto ad una cupa rassegnazione.
Ethan Sanders, amato dai genitori, stimato da amici e insegnati, moriva il 12 gennaio 2005, il giorno precedente al suo diciottesimo compleanno.
 


Fine prologo 1