Addio
di Ki-chan
Oggi dopo mesi passati ad
indagare a raccogliere testimonianze finalmente siamo riusciti ad
arrestare un uomo che aveva ucciso la moglie. È strano dovrei esserne
felice dato che l'ho arrestato, un assassino, ha accoltellato sua moglie
eppure non posso fare a meno di pensare a quegl'occhi. Molti lo ritengono
un pazzo, forse lo è, o forse no, credo che sia troppo facile pensare che
una persona sia pazza per spiegarci simili atti eppure come possiamo
giudicarlo folle quando non sappiamo nulla di lui. La amava ne sono sicuro
e allora perché la uccisa, forse la amava troppo. Non dico che è
innocente e che non deve scontare la sua pena e nemmeno che lo capisco, ma
tento almeno di spiegarmi il suo gesto. O forse sono semplicemente troppo
ingenuo nel pensare che non sempre le persone fanno del male per la gioia
di farlo, semplicemente siamo troppo egoisti.
Sono terribilmente stanco e ho bisogno di parlare con qualcuno perché con
tutte le cose atroci che vedo con il mio lavoro se non ne parlassi ogni
tanto scoppierei.
La casa è deserta come ogni sera. Da quando vivo con Michael tutte le
sere è così. Un bel cambiamento, prima vivevo con cinque fratelli e
certo la compagnia non mancava, non mi sto lamentando, anzi, per certi
versi la solitudine mi piace ma certe sere ho bisogno di qualcuno accanto
a me, semplicemente che mi sorrida quando entro in casa, proprio come i
primi tempi che mi sono trasferito qui, poi col passare del tempo è
cambiato, dopo sei anni sembriamo marito e moglie dopo trent'anni di
matrimonio e tre figli con l'unica eccezione che non abbiamo figli . a sì
che non siamo ancora riusciti a stabilire chi è la moglie. Forse ne
avremmo bisogno entrambi, di una moglie intendo, non necessariamente una
donna, solo qualcuno che sia a casa quando rientri, che ti prepari la cena
o semplicemente che ti ringrazi quando sei tu a prepararla, insomma
qualcuno che ti stia accanto sempre, che ti ascolti, che ti racconti la
sua vita, qualcuno che ti voglia bene nel senso più assoluto .
con questo non voglio dire che io e Michael non ci vogliamo bene ma è
diverso e purtroppo non so nemmeno io in cosa è diverso.
Metto nel microonde il solito cibo surgelato, ormai mangiamo solo quello,
io sono troppo stanco per cucinare e lui arriva sempre tardi.
La cena è pronta giusto quando arriva Michael, un saluto veloce prima di
sparire in camera per cambiarsi. Ci sediamo a tavola mentre alla
televisione viene trasmesso il telegiornale. Tra un boccone e l'altro
comincio a parlare rompendo il silenzio tra noi. Non so nemmeno perché lo
faccio, o meglio so che voglio raccontare a qualcuno la mia tristezza e il
mio turbamento ma la cosa che mi fa rabbrividire è che non ha importanza
che quel qualcuno sia Michael oppure il postino o la prima persona che
incontro per la strada mi basta essere ascoltato.
« oggi abbiamo arrestato l'assassino di cui ti avevo parlato, era andato
nella piccola capanna sul lago dove aveva conosciuto la moglie . l'abbiamo
trovato che piangeva stringendo la fotografia della moglie .
era disperato . » lo guardo e lo vedo fissare lo schermo della
televisione e la mia voce si fa incerta
« ma mi stai ascoltando? »
non si volta nemmeno dice soltanto
« No! Non vedi che sto ascoltando il telegiornale? Stanno dicendo cosa
importanti! »
la mia voce trema insieme al mio corpo a quelle parole e quello che esce
dalle mie labbra è quasi un sussurro.
« più importante di me! »
« oh piantala . lei non ripete, tu si! Me lo racconterai dopo! »
questa volta è la rabbia a prendere il sopravvento.
Non so se rabbia per me stesso o per lui, sta di fatto che assumo un tono
gelido e allo stesso tempo sarcastico per ribattere
« oh certo e quando scusa? Prima che tu esca per andare con i tuoi amici
di lavoro oppure alle tre di notte quando torni troppo stanco e ubriaco?
»
« cos'hai oggi? Se non fossi un uomo direi che hai il ciclo! »
« vai al diavolo! »
mi ritrovo a chiedermi quando siamo diventati così?
Quando io gli ho permesso di farmi cambiare a tal punto da permettergli di
trattarmi come una pezza da piedi. Mi alzo e mi dirigo verso la porta
senza aggiungere altro. Lui mi guarda stupito mentre con la mano tremante
giro le chiavi nella toppa per aprire la porta. Allarmato mi chiede dove
vado.
« esco! »
« a che ora torni? »
sbuffo divertito mentre mi volto verso di lui con gli occhi colmi di
rabbia e dolore e poi dico o forse urlo non so, non so più nulla, non
capisco le mie reazioni e forse comprendo un po' le azioni di quell'uomo
che si è sporcato le mani di sangue.
« Non so quando e SE torno! »
« cosa stai dicendo? »
lo guardo semplicemente e lui capisce che il mio silenzio è la conferma
all'idea che gli sconvolge la mente ma che non vuole ammettere per paura.
Sussurra quasi abbassando la sguardo a fissare il nulla
« mi stai lasciando . »
poi riprende vita, il suo tono si accende anche se non c'è rabbia nelle
sue parole, solo dolore, quello che c'è anche nelle mie
« perché? »
perché? Credo di non saperlo con esattezza nemmeno io forse solo per
riacquistare me stesso come individuo .
ho sempre detto che a nessuno avrei lasciato calpestare la mia
individualità e dignità e invece l'ho lasciato fare a te. Non ho
bisogno di nessuno per esistere. Forse la mia esistenza sarà più triste
e solitaria ma accanto a te non è più esistenza. Ma come poterti dire
tutto questo . lo so cosa penseresti che è solo stupidissimo orgoglio ma
ti sbagli . non è orgoglio è forse la mia incapacità di amare come
fanno tutti gli altri . io ti amo, non posso negarlo, ma a modo mio e
purtroppo con coincide con il tuo modo di amare.
Provo a spiegarti tutto questo. L'unica cosa che mi da la forza di far
uscire le parole è la rabbia, la disperazione e so che quello che dico
non ti fa certo piacere, lo so di arrecarti altro dolore ma ora posso
darti solo questo
« forse semplicemente perché non riesco ad amarti come vorrei, perché
prima di tutto sono un uomo, un essere umano e poi sono il tuo ragazzo e
me l'ero scordato in questi anni accettando che tu fossi più interessato
alla televisione che ai miei problemi, che diventassimo poco più che
degli estranei e ho perso oltre a te anche quello che ero! »
non dice nulla, rimane lì immobile e io fatico a capire cosa sta
pensando, ma non mi devo stupire, non capisco nemmeno quello che sto
pensando io.
Esco senza aggiungere altro, perché in realtà non vi è nient'altro solo
un dolore sordo che mi impedisce di respirare e che mi fa nascere lacrime
amare che però non piango, o forse piangerò lontano da lui. Ma come
posso dirgli quanto sia immenso il mio dolore e come posso dirgli che lui
non mi può aiutare perché in parte causa del mio dolore, che non mi
potrà consolare come ha sempre fatto? Come posso dirglielo senza
causargli altro dolore?
Vago per le strade rinfrescate dal freddo vento d'autunno che mi scuote e
mi fa tremare di freddo dato che uscendo non ho preso il cappotto, a che
serve, tanto tremerei in ogni caso.
Mi siedo su una panchina, sotto la luce accecante del lampione osservo
l'anello che porto al dito, la piccola fede che mi ha regalato, quando me
la diede disse che anche se non ci potevamo sposare potevamo portare le
fedi per ricordarci quanto ci amavamo e ci amiamo tutt'ora, non dubito di
questo, non ne ho mai dubitato, ho solo bisogno di un po' di tempo per
capire se la vita che voglio è davvero questa e per farlo ho bisogno di
stare lontano da lui.
Il vento sembra soffiare ancora più forte e più gelido, mi serro forte
nelle braccia cercando un po' di calore e mentre mi stringo nel suo
maglione, per me enorme, comincio a piangere silenziosamente. Le lacrime
scivolano come fuoco sulla mia pelle mentre il vento soffia facendo
ballare le foglie cadute.
Ormai non ho più lacrime quando Michael mi si avvicina e mi porge il
cappotto, non deve essere stato difficile trovarmi dato che casa nostra è
in fondo alla strada.
Mi accarezza lentamente la guancia arrossata dal freddo mentre
sussurrando, quasi non avesse più forze per parlare, dice
« non mi hai ancora detto il vero perché . »
cerco ancora una volta di tramutare in parole quello che mi turba ma so di
poter risultare incomprensibile, a volte io stesso non riesco a capirmi,
ma io provo ugualmente
« i miei genitori litigavano e forse lo fanno tutt'ora. Ogni sera e noi
dovevamo stare ad ascoltare le cattiverie che si dicevano, non
fraintendermi, non erano mai insulti o cose simili, semplicemente
continuavano a trattarsi male, forse per sfogarsi forse . non lo so, ho
sempre giurato a me stesso che non avrei mai fatto quella fine ma non mi
sono accorto che anche a noi due sta succedendo la stessa cosa e io . io
devo decidere se voglio continuare una vita simile . ho bisogno di tempo
per capire cosa voglio da me stesso e da te . ti prego concedimi un po' di
tempo . »
lo so che per lui è difficile capirmi o forse semplicemente sono io che
ho sempre paura che gli altri non mi comprendano, forse sa bene cosa
provo.
Vedo una lacrime accarezzarti il viso mentre, prima di posarmi un bacio
sulla fronte, dice
« va bene Serguei, come vuoi ma . voglio che sia chiaro che ti amo da
impazzire e ti chiedo di perdonarmi se ti ho fatto soffrire . . . torna
presto da me . ti prego . »
« non ho mai dubitato del tuo amore e nemmeno del mio
»
*** ***
sette mesi dopo
è un anno che non lo vedo e adesso ho paura, ho capito di voler passare
la vita con lui, di volerlo accanto ogni istante, sempre con me, devo solo
dirglielo è questa la cosa più difficile. Spero esca in fretta dal suo
ufficio altrimenti mi verrà un infarto per la tensione.
Sono qui in piedi sul marciapiede di fronte alla compagnia dove lavora. Mi
appoggio alla moto mentre istintivamente vado a cercare con le dita la
fede che non ha mai abbandonato la mia mano. Mi basta sfiorare il metallo
freddo per sentirmi più tranquillo e poi lo vedo. Attraversa la grande
porta a vetri insieme ad altri uomini anch'essi vestiti in giacca e
cravatta, probabilmente i suoi colleghi.
È bellissimo.
Io rimango immobile, non posso fare altro che annegare in lui.
Mi vede e si allontana dal gruppo scusandosi con i colleghi. Si dirige
verso di me. Ha un sorriso magnifico e soprattutto mi mancava da
impazzire.
Sorrido a mia volta immergendomi nei suoi bellissimi occhi verdi fino a
che non è di fronte a me.
Non servono parole.
Mi cinge le spalle con le braccia e mi bacia la fronte, mi stringe forte
prima di abbassarsi a sfiorarmi le labbra con le sue, un bacio dolce e
delicato proprio come il primo che ci siamo scambiati dieci anni fa.
- fine -
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