Alla mia Volpe, beareader delle dive… che è riuscita a fregarmi per benino, questa volta… (ma tanto so che ha barato…)

 Nota: La scommessa prevedeva che come pegno scrivessi una pwp… solo che io ho la fantasia timida… e diciamo che quello che è prodotto è un po’ diverso dalla solita concezione di pwp… spero non vi dispiaccia troppo.

Cipo! N



 


Acqua

di N


 

Aprì la doccia.

Scrosciare d’acqua, aspettando che arrivasse alla giusta temperatura.

Come un fresco temporale, alla fine di quell’ennesima giornata calda.

Si tolse i vestiti a fatica, incollati com’erano addosso, grazie al sudore e all’umidità di quella giornata. Che non era ancora finita, per fortuna.

Allungò una mano sotto il getto, beandosi di quell’iniziale piccolo sollievo. Ma aveva il disperato bisogno di trovare maggiore ristoro.

Quindi Kaede entrò.

E fu subito ‘acqua’.

Che questo fosse un pensiero stupido lo sapeva, eppure era l’unico che poteva concretizzare al meglio le sensazioni che ora provava.

Il piacevole massaggio sulla testa, lo scorrere più lento lungo il collo e poi giù; la carezza sulle spalle e il solletico lungo le gambe lo rilassavano in una maniera unica. Inesprimibile se non con ‘acqua’.

Spesso gli capitava di attribuire ad un semplice sostantivo un insieme di significati complessi e a volte contrastanti. Come ‘basket’. Che racchiudeva passione, sforzo, fatica, delusione, vittoria, appagamento, amore… anche se, ora, amore apparteneva anche ad un altro sostantivo.

Ma a volte, nella sua mente questi sostantivi così forti non potevano convivere, soprattutto se ne stava vivendo uno. E ora stava vivendo ‘l’acqua’, quindi ricacciò indietro il basket e gli allenamenti del pomeriggio.

Si tirò indietro i capelli con entrambe le mani, mentre reclinava leggermente la testa all’indietro. Il tutto per permettere il gentile formicolio delle gocce sulla pelle della fronte e del viso. E rivoli, lungo il collo e sul petto.

Il piccolo bagno illuminato solo da una luce fioca proveniente dall’armadietto, il gelido tepore dell’acqua che scorreva su di lui… avrebbe potuto godere di quella situazione per ore.

Un rumore dall’altra parte della porta lo riscosse.

No, non poteva stare lì ore. Decisamente.

Si insaponò velocemente i capelli, per poi ributtarsi sotto la cascatella.

Ma l’insaponarsi la pelle era un altro discorso. Un discorso in cui la velocità veniva inspiegabilmente battuta dal piacere.

Prese la spugna e vi versò sopra un’abbondante dose di doccia-schiuma.

La spugna aveva una parte ruvida che graffiava piano la pelle, facendola leggermente arrossare. Ricordandogli che era vivo.

La passò piano sulle braccia, partendo dalla spalla, che massaggiò con movimenti circolari, arrivando fino alle mani. Controllò lo stato di lividi vecchi e nuovi, che le consuete risse provocavano e che restavano sempre più del dovuto.

Poi passò al torace. Partì dalla base del collo, socchiudendo gli occhi mentre la schiuma scendeva e lambiva, languida, un capezzolo. Si massaggiò la base della nuca e le spalle, indolenzite, mentre un brivido piacevole nasceva dalla strada che la scia profumata lentamente si apriva lungo il solco della colonna vertebrale.

Poi scese.

E gli occhi si chiusero da soli. Mentre le mani, lente, massaggiavano il petto e gli addominali, la mente, dispettosa, giocava con i suoi desideri. L’ombelico, dove l’acqua e il profumo di doccia-schiuma si fondevano e perdevano, sembrava far perdere anche la sua mente. Desiderava.

Che quella porta si aprisse e fosse varcata dal suo angelo dispettoso.

Che gli prendesse la spugna e che continuasse quel massaggio, lento, piacevole, torturante.

Il profumo leggero del doccia-schiuma marchiava l’aria e la sua pelle.

Dopo, avrebbe adorato il modo in cui il suo angelo avrebbe annusato ogni centimetro, riscoprendo quell’odore che amava. Di cui si sentiva dipendente.

Il suo odore. L’odore di Kaede. Ricordò come avesse tentato di spiegare cosa significasse il suo odore nel naso e nella mente, ma.

Forse ‘odore di Kaede’ era uno di quei sostantivi riassuntivi, inspiegabili e spieganti il tutto.

Come ‘acqua’.

Le mani scesero. E un piccolo sospiro gli scappò mentre passavano gentili sull’inguine.

Il loro allontanarsi fu quasi doloroso. Sicuramente un po’ frustrante.

Per riscuotersi, si lasciò cullare dalle dita sottili e rassicuranti dell’acqua che scendeva su di lui e lo avvolgeva come madre protettiva.

Lasciò che la schiuma se ne andasse, correndo verso il basso, percorrendo tutte le gambe.

Ripreso fiato, Kaede si insaponò le cosce e il resto delle gambe. Le ginocchia nervose e i bianchi polpacci, forti, eppure non troppo formati.

Poi risalì, per sciacquarsi. E gli occhi, mossi da volontà propria, si richiusero.

E apparve di nuovo l’immagine di altre mani, di un'altra bocca su di lui. Gemito.

 

Il box si aprì.

“A cosa stai pensando?” una voce morbida e maliziosa sospirò nel suo orecchio, provocando una scarica lungo tutto Kaede. Ma non aprì gli occhi, trovando tutto ciò eccitante.

Le sue labbra così vicine. La sua lingua che lambiva dolcemente il lobo, mentre parlava.

E le sue dita che curiose vagavano sul suo petto per poi scendere a sfiorargli l’inguine, indagando maliziose, tanto quanto quella voce.

A Kaede scappò un mezzo sorriso.

“Mmm… vediamo gli indizi…” continuò la voce, carezzando gentilmente la linea della mascella.

Un dito passò piano sul suo collo e scese lungo la linea della clavicola verso il braccio, per poi tornare indietro e dirigersi verso l’altra spalla.

“evidente pelle d’oca…” al dito si unirono le altre, accarezzando leggere lo sterno, provocando brividi piacevoli, che fecero sentire vivo Kaede anche più del massaggio della spugna.

“Uhm… tremito leggero del petto… e capezzolino destro curioso che ha messo la testolina fuori… ma avrà freddo!”

e le sue labbra scesero a scaldarlo, scaldando anche Kaede.

Anzi, facendolo andare a fuoco.

Ma non era il momento di agire, questo. Il gioco gli piaceva, non voleva che si interrompesse.

Le sue mani, curiose, gli accarezzarono i fianchi, stringendolo in un abbraccio possessivo. La sua bocca, calda, che si chiuse piano, succhiando leggermente. E leccando, come un gatto.

Poi gli fece sentire i denti, leggeri e l’abbandonò. Lasciando come unico contatto tra i loro corpi la punta della sua lingua sul capezzolo di Kaede. Che pensò di morire. Tutta la passione, l’attesa, la voglia, il bisogno si concentrarono in quel piccolo contatto.Come in un moderno big bang.

Che esplose in mille scintille, quando la lingua dispettosa scese sul suo stomaco e poi giù, verso l’ombelico. Spirali lente, per raccogliere tutto il suo sapore.

E gemito, dalla bocca di Kaede.

“Mmm… vedo che non hai perso del tutto la voce… e qui c’è l’indizio più evidente…”

e le sue mani incontrarono la sua bocca sul sesso di Kaede, mentre questi pensò seriamente che urlare non era poi così indecoroso, in certi momenti.

E che le docce così non erano propriamente ‘rilassanti’, ma.

Decisamente piacevoli. Decisamente totalizzanti.

Decisamente stupende.

“Deve essere proprio un bel pensiero…” parlò, o, meglio, sospirò con la bocca a un millimetro dalla sua pelle. E quella maledetta benedetta lingua, di nuovo a sfiorarlo. E il suo indice che sottolineava la frase, percorrendo il sesso eretto del compagno, dalla base alla punta. Ricevendo solo un trattenere di respiro come risposta.

“…molto stimolante…” e nel percorso inverso venne accompagnato dalle altre dita, che graffiavano leggere la pelle calda e morbida. E questa volta Kaede non potè trattenere un sospiro.

E sentì un sorriso su di sè, che non aveva bisogno di vedere, per sapere sornione e malizioso. Bellissimo.

E con il potere di fargli perdere la testa.

“Allora, a cosa stavi pensando?” ripetè, lambendo con la lingua la punta del sesso di Kaede, che, di nuovo, per un altro infinito attimo, si sentì morire.

Si alzò e le loro pelli si attirarono come calamite. Kaede le sentì venire a contatto, i loro corpi modellarsi e fondersi fra loro. Sentì il suo respiro di nuovo sulla sua bocca e seppe che i suoi occhi lo stavano studiando maliziosi.

E volle perdercisi dentro a quegli occhi. Grandi, infiniti, pieni di qualcosa a cui, spesso, avevano entrambi il terrore di dare un nome. E di passione, calore e sensualità.

E, allora, finalmente, Kaede aprì i propri. Affogando in una cioccolata densa, avvolgente e sensuale. Assolutamente irresistibile.

“A te.”

per poi perdersi in un bacio al sapore di infinito.

Passione, sensualità, calore, fascino, cocciutaggine, contrasto, ingenuità, … amore. Per tutto questo c’era un sostantivo riassuntivo.

Hana’ ed era più forte di qualsiasi altro nome.

Owari

 

 





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