Salve gente!Volevo fare un qualcosa di divertente‘sta volta,
perché ho letto
“Il primo appuntamento” di Ally che mi ha divertito molto, ma pare che non
tiri l’aria giusta. Sarà che come al solito è notte e sono triste, però sono
scaduta nel romanticismo sfrenato...vi prego non me ne vogliate...sono fatta
così.
Beh spero vi piaccia.
Chiedo perdono se Hana è O.O.C.(e se lo è anche Ru),
purtroppo io penso siano fatti più o meno così.
Critiche e commenti sono graditi.
La dedico a Naj e a Ria perché se la meritano e sono due
angeli, ed alle mie amiche perché non la leggeranno mai.
E a tutti coloro che sono per gli amori impossibili.
Enjoy
A chi piace la musica
di Yu
Quella mattina Hanamichi non riusciva ad essere presente, se ne stava
sull’erba nel giardino della scuola dietro la palestra, senza la minima
voglia di frequentare le lezioni, continuava a pensare ( _oooh!
Incredibile!!!ndYu -_-ndHana) e cosa ancora più assurda pensava a lui.
Non
riusciva a toglierselo dalla testa!
Si
era insinuato nel suo cuore e nella sua mente senza che riuscisse ad
impedirlo. ( _anche perché tonto com’era non se n’era accorto!ndYu)
Erano
giorni che ci pensava...da quando lo aveva scorto mentre se ne stava seduto
su una panchina del parco e, pensando che stesse dormendo come suo solito,
si era fermato ad osservarlo, per poi accorgersi del suo sguardo
incredibilmente triste. Solo in quell’istante aveva capito quanto in realtà
Rukawa fosse solo e quanto nessuno avesse mai fatto nulla per aiutarlo.
Non
ci aveva mai pensato che anche lui potesse soffrire. Lo aveva sempre
ritenuto indifferente a tutto, per questo lo detestava, gli dava fastidio il
suo comportamento strafottente, la sua aria di superiorità, gli dava
fastidio l’idea che egli fosse in grado di non avvertire la sofferenza,
mentre a lui toccava soffrire! L’idea di essere considerato da lui meno di
zero!
Per
questo lo odiava e non per via di Haruko.
Un’insulsa ragazzina.
In
verità Haruko era semplice, normale, stupida persino, e questo lo attirava
perché sapeva di desiderare la normalità, la serenità, perché gli stupidi
sono sempre felici e lui voleva essere felice e allora si comportava da
stupido.
E
cosa aveva ottenuto in tutti quegli anni?
Aveva
sofferto ancora di più!
E
nessuno se n’era accorto, nessuno gli avrebbe creduto se fosse andato a
dirgli: “Oggi sono triste, perché io sono sempre triste.”
Avrebbero riso.
E se
lui fosse stato zitto?
Allora gli avrebbero chiesto “Hanamichi, ma stai male?”
Era
davvero ironico.
Si
era infine ritrovato a scoprire che l’unico che fosse stato sincero con lui,
che l’unico che forse avrebbe potuto capirlo, era colui che da sempre diceva
di odiare.
Stupido!
Tra
tutte le persone che avrebbe potuto prendere di mira aveva scelto proprio
quella che preferiva!
Stupido!
Ammirava la sua forza e il suo distacco, ammirava il suo talento e la sua
bellezza, ammirava la sua grazia e la sua eleganza, ammirava tutto quello
che c’era in Rukawa e che lui non possedeva.
Odiava la sua indifferenza, ma avrebbe voluto esser capace di fare lo
stesso.
E se
lo sentiva che c’era qualcosa di costruito in essa, ma era troppo irritante
per fermarsi a pensarci, finché non lo aveva visto coi suoi occhi, che
Rukawa non era soltanto quello che lui avrebbe voluto essere, era quello che
avrebbe voluto che lui fosse per poterlo amare.
Una
persona da amare.
Amare.
E se
lo avesse saputo?
Non
poteva pensare che lui fosse come gli altri, però...non poteva certo
dirglielo così, come se nulla fosse...
“Sai,
Rukawa, fin ora ti ho sempre mentito...questo non è il mio vero carattere e
per questo...io ti amo...”
Sì,
certo.
Come
risposta si sarebbe meritato una caterva di insulti, ma Rukawa, nella più
rosea delle prospettive, gli avrebbe probabilmente concesso uno “Tzk...”.
Non
sentì dei passi avvicinarsi e non si accorse della persona che, uscita dalla
palestra, aveva camminato lentamente fino a lui, finché non avvertì una
presenza accanto a sé.
Rukawa con gli auricolari nelle orecchie gli si era disteso accanto,
sull’erba verde e morbida, le braccia dietro la nuca, gli occhi blu
socchiusi, i capelli corvini che ondeggiavano con lo stesso ritmo dell’erba
accarezzata dal vento.
Un’immagine così vivida, esprimeva appieno il sapore dell’estate che stava
giungendo, era così limpida e così serena l’atmosfera che permeava quel
momento.
Era
assolutamente stupendo.
Ed
era lì, tranquillo, come se fosse stata una cosa normale.
Come
se lo sguardo che gli aveva lanciato qualche giorno prima, lasciandolo
spiazzato, fosse valso più di mille parole, più di qualunque spiegazione.
Come
se adesso avessero potuto vivere sostenendosi l’uno l’altro.
E
guardava il cielo, così azzurro da sembrare finto, quel cielo che avrebbe
nauseato Hanamichi in qualsiasi altro momento, ma che in quel momento
sembrava dire “Guardati, stupido uomo, adesso puoi essere felice come tutti
gli altri!”
E
guardava il cielo, Kaede, come suonava dolce quel nome, ignaro di tutto.
Chissà perché poi si era sdraiato là accanto a lui, che seduto a gambe
incrociate cercava di fissare la sua attenzione sui petali che cadevano
lievi dai rami scossi dal vento
Chissà?
Forse
riteneva che oggi non fosse giornata per litigare, o forse aveva deciso che
la reazione di Hanamichi al suo sguardo significava tregua, o comprensione.
La
reazione attonita di Hanamichi al suo sguardo che chiedeva aiuto.
Perché Kaede non ce la faceva più a sopportarlo quel mondo.
Il
mondo che lo ignorava, che spacciava falsi sentimenti per veri, pieno di
ipocriti e persone che non potevano capirlo.
Lui
odiava quel mondo e avrebbe voluto dirlo ridendo, ma non ci riusciva, perché
aveva bisogno di qualcuno che glielo insegnasse, o soltanto che gli facesse
amare quel mondo.
E
aveva capito che Hanamichi era diverso dagli altri e proprio per questo il
rossino non lo ricopriva di lodi e non fingeva come gli altri, lo trattava
come lui si meritava di essere trattato.
E poi
quando al parco aveva sollevato lo sguardo e lo aveva scorto, in piedi
sotto
la pioggia, che cominciava a cadere, di cui probabilmente non si era nemmeno
accorto...se ne stava là, le braccia lungo i fianchi, e lo guardava, come se
lo avesse visto per la prima volta, Rukawa si rese conto di stare fissandolo
con lo stesso sguardo di un bambino disperato.
Soltanto lo sguardo era diverso nella sua solita espressione indifferente,
ma a Sakuragi quello bastava, per accorgersene, che anche lui soffriva.
Rukawa disteso su quel prato verde, accanto a lui, chiuse gli occhi,
emettendo un lieve sospiro.
Hanamichi con la coda dell’occhio lo notò e ne approfitto per perdersi a
contemplare la sua bellezza, si volse di un poco lentamente, restando seduto
e prese a carezzare con lo sguardo la pelle d’alabastro, pensando a come
sarebbe stato poter sfiorare i suoi capelli di seta o baciare le labbra
morbide e rosate.
Poteva avvertire il suo respiro regolare mischiarsi col soffio del vento che
attraversava i fili d’erba e le fronde degli alberi.
Il
tempo scorreva così lentamente in una situazione tanto inconsueta.
Sembrava davvero un sogno.
In
fin dei conti avrebbe potuto svegliarsi da un momento all’altro.
Rukawa dormiva, o forse soltanto si era perso ad ascoltare la musica.
Considerò l’idea di andarsene, accarezzo quella di baciarlo, ma il vago
dubbio che potesse non essere un sogno lo fermò, che cosa provava per lui?
Non
riusciva a comprenderlo.
Che
cos’è l’amore?
Non
riusciva la sua mente a formulare un pensiero diverso da questo “Alzati e
siediti sopra di lui. Le cose verranno da sole.”
Ma
come poteva?
Allora glielo disse.
Lo
sussurro così che fosse stato impossibile che se accorgesse.
Tutto
quello che usciva dalla sua mente passò direttamente alla sua bocca.
- Ti
chiedo di perdonarmi Kaede, perché so che non puoi sentirmi e sono un
vigliacco e non sono forte, ma vorrei che tu non soffrissi e vorrei vederti
sorridere e vorrei...stare con te. Lo sai, non so se questo sia amore, ma se
lo è, allora io credo di amarti. – Fu allora che Kaede spalancò gli occhi di
colpo, per un attimo il rosso, anche il suo volto aveva assunto una simile
sfumatura, vi scorse un’ombra di sbigottimento e un fondo di dolcezza, ma
probabilmente era soltanto il riflesso di quel cielo sereno nei suoi occhi
splendidi.
Restarono immobili a fissarsi per qualche istante.
Rukawa lo guardava e ad Hanamichi, la cui mente era collassata, sembrava il
solito sguardo freddo, per questo gli diede le spalle
Il
moro si levò a sedere e sportosi verso Hanamichi, si tolse l’auricolare
destro e lo posò al suo orecchio, Sakuragi si voltò guardandolo
interrogativo e con il cuore impazzito e lo stomaco in subbuglio, soltanto
per averlo così vicino. Poiché non aveva tolto l’altro auricolare i loro
volti quasi si toccavano, il rosso rimase immobile, come pietrificato,
continuando a scrutarlo attonito.
-
Cosa senti? – gli domandò Rukawa.
-
Niente. – il rossino rispose, aggrottando le sopracciglia.
Aveva
sentito le sue parole???Allora perché non lo stava picchiando a sangue???
Non
riusciva a capire dove volesse arrivare.
E
cercò, abbassandosi un poco, di scrutare i suoi occhi sotto la frangia
scura.
Senza
dargli il tempo di tirarsi indietro, che dato il suo stato emotivo -
psicologico sarebbe stata un’operazione molto impegnativa, Rukawa, per un
attimo pari ad un battito d’ali di una farfalla, così rapido da poter essere
scambiato per una sensazione immaginata, posò le sue labbra su quelle di
Hanamichi.
Il
rossino si limitò a fissarlo sotto shock, per poi arrossire fino alla radice
dei capelli e puntare il suo sguardo verso il walkman, per un attimo se ne
domandò l’utilità, e poi riportarlo timidamente su di lui.
- E’
scarico, do’hau. – spiegò Rukawa.
- Ma
allora...perché... sei venuto qui? – mormorò Hanamichi ancora incredulo.
E
allora Rukawa fece qualcosa di incredibile per Hanamichi.
Come
faceva a non capire quello stupido, chiassoso, adorabile idiota?
Per
un solo istante, sorrise, un sorriso vero, puro, che veniva dal profondo del
cuore.
-
Volevo ascoltare il tuo respiro. – disse soltanto.
Hanamichi non ebbe più parole e per un tempo interminabile non fece nulla,
poi scoppiò a ridere come faceva di solito davanti alla gente, quando
segnava uno slam dunk.
E
Rukawa temette che avrebbe cominciato ad auto proclamarsi il Genio assoluto
e cose così, ma non lo fece, solo lo prese per il collo e lo abbracciò e lo
stritolò, da quanto forte lo strinse. Sussurrandogli all’orecchio e
ripetendoglielo come un mantra, “tiamotiamotiamotiamo” e continuando a
ridere a crepapelle.
- Do’hau.
– si limitò a rispondere Rukawa.
Così
il rossino lo fece cadere sull’erba morbida, finendogli sopra e si baciarono
con passione,in quel mattino di fine primavera in cui gli studenti erano a
lezione, mentre solo il vento portava notizia del loro amore e le foglie li
osservavano silenziose.
*owari*
Beh...è
finita...
Ru:
...
Hana:
Uffa devi sempre farmi sembrare così negativo! Però mi piace perché Kacchan
è tanto romantico...^^
Ru:
Due anni!Due fo**utissimi anni per aspettare una ca**o di scena lemon in
sfide...Ed ora QUESTO?!Dillo...dillo che tu VUOI MORIRE!!!
Yu:
Ahem...
Ru ß
armato di motosega tanta di uccidere l’autrice.
Yu:
Oh...insomma!Sono stufa della gente come te!Andate tutti a FA***LO!!!Mi hai
rotto!!!Tu non hai idea di quanto io possa diventare sadica!Aspetta,aspetta
che continuo di là!Sei anche troppo fortunato,capito?!
ß
autrice armata di tastiera-bulldozer
Allora, SONO STATA CHIARA?!
Ru:
Hn...
Ok,
That’s all folks!
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