About a river 6

di Nuel

 




TITOLO: About a river

AUTORE: Nuel

SERIE: originale

PARTE: 6/6

RATING: angst (ma col lieto fine!)

PAIRING: Michele-Ludovico

DECLAMER: Miei, miei, solo miei, ma se qualcuno offre una cifra ragionevolmente alta.... £______£ ..... LI VENDO!^^ (ehm, tranne Luf!)

ARCHIVIO: Ysal




ABOUT A RIVER


di Nuel




Luf mi svegliò come ogni mattina con un bacio al sapore di caffé. La mia tazza fumante mi aspettava in cucina, come sempre, con la torta di mele che Luf faceva ogni tre giorni. Gli ultimi mesi erano stati testimoni del nostro ritorno alla normalità. Luf continuava a vivere da me, anche perché, per scrivere la tesi, non aveva bisogno di tornare all’ università.

Allergico alle diavolerie moderne, Luf si ostinava a scrivere su un blocco, anziché usare il mio computer. Le rare volte in cui trovavo il blocco dimenticato sul tavolo sbirciavo per sapere a che punto fosse arrivato, ma non ci trovai mai una parola in più. C’erano disegnini, c’erano pezzi di canzoni e note scritte su un pentagramma irregolare, scarabocchiate e cancellate. Luf voleva tornare a cantare, era evidente. Cercava di comporre una nuova canzone, ma non aggiungeva una virgola alla sua tesi. In qualche modo, capivo che non si sarebbe più laureato, e non gli dicevo niente.

Il mio lavoro, dopo tutto quello che era successo, mi sembrava più facile, ormai mi ci ero abituato, e poi, al mio ritorno, trovavo Luf, immerso nella lettura, divorava due libri a settimana in quel periodo. Trovavo la cena pronta, il bucato lavato e stirato e la casa pulita: la mia vita si era semplificata, e Luf era sempre sorridente e pronto a conversare o a fare l’ amore ogni volta che ne avevo voglia. Raramente la cosa partiva da lui, ma mi ero abituato a non farci più caso. Usciva poco, ma, almeno, faceva la spesa da solo, qualche volta andavamo al cinema od a cena fuori. Per chiunque ci guardasse dall’esterno, eravamo il ritratto di una coppia felice.

Quel giorno, però, ricevetti una telefonata da Kabir. Ogni tanto mi capitava di sentirlo, conversavamo piacevolmente come un tempo, parlavamo di lavoro, ma anche del procedere delle nostre vite. Suo padre era morto, aveva avuto un altro figlio... dettagli di una vita che, con me, condivideva solo dei ricordi affettuosi.

Quel giorno, però, riconobbi subito, nella sua voce, un tono grave. Kabir mi chiese se stavo ancora con Luf e come stesse andando tra noi. Io risposi generico che procedeva tutto come al solito, che Luf si stava riprendendo bene... lui rimase in silenzio e poi, cogliendomi di sorpresa, mi chiese come mai fossi a Parigi, quel giorno di alcuni anni prima, in cui ci eravamo incontrati.

-Io... te l’ho già detto: avevo rotto col mio ragazzo...-

-E poi te ne sei andato in fretta e furia quando ti dissi che avevamo rintracciato il killer che aveva ucciso mio fratello. Michele, era quell’ uomo il tuo ragazzo?-

Mi sentii gelare, non sapevo cosa rispondere. Era quell’ uomo il mio ragazzo? Tecnicamente si.... ma l’uomo che io amavo era dolce, lavorava all’università e non avrebbe fatto male ad una mosca. Almeno, tale era la facciata di Kurtz che io conoscevo.

-Abbiamo catturato quell’uomo, Michele. Aveva una tua foto con sè. I miei uomini l’hanno torturato, e lui ha fatto il tuo nome... Tu dimmi che con quell’uomo non c’entri nulla, e io ti crederò. Lo uccideremo e tutto questo finirà per sempre. Ma se tu vuoi che io non lo faccia uccidere, ammettendo la vostra relazione, io lo risparmierò per te. Sarà il mio ultimo regalo, Michele. Dovrai lasciare l’Ambasciata, l’appartamento, e uscire dalla mia vita per sempre, portandotelo dietro. Pensaci bene: è cieco, Michele, e non so se tornerà più a camminare. I miei uomini non sono stati molto gentili con lui. Pensa al ragazzo con cui stai adesso, se si merita che tu rinunci a tutto quello che avete ora per uno sporco assassino-

-Dov’è, Kabir?-

-Se sei sicuro, lo farò trasferire in un ospedale lì, a Roma-

-Si, rimandamelo, ti prego- Cominciai a singhiozzare e Kabir riagganciò il telefono. Sapevo di averlo deluso, di aver tradito la sua amicizia, ma non piangevo per questo, piangevo per Kurtz, piangevo per Luf e piangevo anche per me.

Piangevo perché le due persone che avevo più a cuore soffrivano: Kurtz, a cui avevo negato un’altra possibilità benché mi avesse detto di aver cambiato vita. Se fossi partito con lui, tutto questo non sarebbe accaduto. E Luf, che viveva in un limbo senza dolore e senza gioia, perché io lo tenevo con me, ma non ricambiavo quel suo sentimento profondo ed assoluto. E la colpa di tutto ero io: avrei distrutto di nuovo il suo fragile equilibrio, avrei dovuto dirgli che Kurtz era ancora nella mia vita. Avevo bisogno di calmarmi e di prendere tempo.

Preparai una lettera di dimissioni, dando motivazioni personali per la mia rinuncia a quel posto, ma non dissi nulla a Luf. Per circa una settimana finsi di recarmi al lavoro tutte le mattine, finché non mi giunse la notizia dell’arrivo a Roma di Kurtz.

Mi recai da lui in ospedale, un gruppo di medici affaccendati lo sequestrò immediatamente per fargli tutte gli esami necessari. Io aspettavo nella sua stanza che ve lo riportassero. L’avevo visto di sfuggita, coperto di ematomi e lividi, con i capelli biondi incrostati di sangue... Potevo solo aspettare che me lo riportassero e mi dicessero qualcosa. Alcune ore più tardi, decisi di telefonare a Luf; gli dissi che avrei passato la notte a vegliare un amico che aveva avuto un incidente, in ospedale. Luf mi chiese subito se avevo bisogno di qualcosa, ma gli risposi che non si doveva preoccupare e che mi aspettasse a casa.

Passai la notte in bianco, con la compagnia dei "bip" di una delle macchine a cui era collegato Kurtz, incosciente, allacciato a un numero infinito di tubicini, canalette, fili.... nemici odiosi che si insinuavano nel suo corpo, e che io non potevo strappare.

A metà mattina tornai a casa. Luf era sorpreso di vedermi, mi chiese del mio amico e se ero stanco, si propose di prepararmi una bella colazione, ma io dovevo parlargli. Era arrivato il momento, non potevo continuare a fingere.

-Mi sono licenziato, Luf-

-Cosa?- Mi chiese sorpreso.

-Kabir ed io, abbiamo parlato, ci sono dei motivi per cui io non posso continuare ad appoggiarmi a lui, così ho lasciato il posto, e devo lasciare anche questa casa...-

Luf mi sorrise, la preoccupazione comparsa sul suo bel viso alle mie prime parole si era sciolta in un’ espressione dolce e rassicurante.

-Non importa, non mi spiace lasciare quattro muri ed un tetto, Michele! Casa mia sei tu, mi basta che restiamo assieme e non importa dove andremo! I ricordi più belli, anche se legati agli oggetti, sono dentro al cuore! Una casa vale l’altra!-

Io acconsentii, muovendo meccanicamente la testa. Tutti i bei discorsi che avevo preparato, lui li aveva resi inutili con poche frasi.

-C’è ancora l’appartamento, a Padova. Potresti tornare lì...-

-Da solo?- Mi chiese senza capire.

-Te l’ho detto: c’è una persona in ospedale, e devo starle vicino. Non c’è nessun altro che possa farlo-

-Allora, io preparerò il trasloco, intanto, se vuoi uscire di qui, potremo stare in una pensione, non ci vorrà tanto per portare via le nostre cose...-

-Luf!- Lo interruppi. -Tu devi tornare alla tua vita di prima: devi laurearti, cantare, devi trovarti qualcuno che ti ami davvero...- Gli accarezzavo i capelli, parlando senza più pensare. Lo vidi impallidire. Credo che, quando morirà, la sua pelle bianca assumerà quella sfumatura.

-Cosa vuoi dire, Michele?- Mi chiese con la voce affievolita e tremante.

-Si tratta...- Sospirai, dovevo dirglielo, nonostante la nausea, nonostante un fischio sordo nelle orecchie, dovevo dirglielo. - Si tratta di Kurtz-

Luf si alzò, mettendosi di fronte a me, con le braccia lasciate penzoloni lungo i fianchi, col viso incredulo e stravolto.

-Credevo.... credevo che fosse uscito dalle nostre vite- Mormorò aspettandosi da me una conferma.

-L’ho tenuto fuori dalla tua- Gli risposi. Sapevo che gli avrei fatto un male cane, ma se avesse pensato che Kurtz avesse continuato ad avere un ruolo, nella mia vita, per lui sarebbe stato più facile lasciarmi andare. Perché ormai non avevo più dubbi: avrei passato il resto della mia esistenza con Kurtz.

Luf non disse niente, non singhiozzò, soltanto, due silenziose scie bagnate attraversarono il suo viso delicato, rigandolo di mascara nero. Luf mi guardava, ma sembrava che non mi vedesse, feci per abbracciarlo, ma lui si scostò da me. Andò in camera, ci si chiuse dentro a chiave, e cominciò a piangere. Sentivo i suoi singhiozzi disperati da dietro la porta, sentivo gli strappi del suo cuore in quelli della carta.... Luf stava distruggendo le foto, i biglietti di festività varie, che rimandavano un’immagine fasulla di noi, di un "noi" che non esisteva.

Il giorno dopo spalancò la porta e si diresse al bagno senza neppure degnarmi di uno sguardo. Vomitò e si lavò la faccia. Si trucco, si pettino, e finalmente si mise di fronte a me. Aveva lo sguardo fermo e deciso. E’ per questo che, adesso, siamo qui.

-Voglio parlare con lui!-

-Non è possibile, Luf- Mi veniva da piangere, ma volevo trattenermi, non era giusto, davanti a lui. Luf, però, lo capì. Mi abbracciò, abbandonando la belligeranza di pochi secondi prima.

-E’ così grave?-

Cominciai a piangere a dirotto.

-Facciamo i turni, se vuoi. Così tu ti riposi-

Lo guardai più che sorpreso. Questo era Luf: capace di qualunque cosa per me, anche di straziarsi l’anima con le sue stesse mani.

-No, non è giusto. Non posso chiedertelo-

-Pensaci bene, perché non insisterò per questo-

-No, Luf. Grazie- Lo abbracciai. Luf meritava tutto il bene possibile, quindi, di sicuro non meritava me.

Nei giorni successivi, mentre io restavo al capezzale di Kurtz e mi facevo vedere pochissimo a casa, Luf organizzò il trasloco. Aveva preso a dormire nell’altra camera, ed aveva spedito le sue cose a Padova, chiedendomi dove dovesse far recapitare le mie. Dal momento che non avevo ancora nessuna idea, in merito, propose di tenerle lui, fino a quando non avessi avuto un indirizzo, ma io rifiutai, preferendo noleggiare un magazzino per gli oggetti.

Poi, quando, due settimane fa, Kurtz mi ha riconosciuto, sono rientrato a casa a notte inoltrata, ho svegliato Luf, e dopo un bacio che lo ha completamente spiazzato, gli ho detto che Kurtz si era svegliato.

-Visto?- Mi ha detto semplicemente lui. Ero troppo felice per accorgermi della sua amarezza, per rendermi conto che avevo sbagliato a baciarlo in quel modo.

-Dormi con me, Michele- Mi ha supplicato Luf e io, senza pensarci, mi sono infilato a letto con lui.

Anni passati a condividere momenti belli e momenti brutti, anni passati a fare l’amore per festeggiare e per consolarci..... Le abitudini sono tali perché si fanno delle cose senza fermarsi a pensarci. Ho cominciato a baciarlo, ad infilare le mani nel suo pigiama. Luf era ritroso, ma poi si è lasciato andare, ripetendomi mille volte che mi ama. Per ritrovarmelo in lacrime, sul mio petto, la mattina dopo.

-Io sono stato sempre questo, vero?-

-Cosa?-

-Una scopata facile...-

-No, Luf, che ti metti in testa, adesso?-

Luf si è alzato, guardandomi con gli occhi umidi.

-Un ragazzo carino, a cui ti sei anche affezionato, che ti tornava utile quando avevi bisogno di eliminare le energie in eccesso o di dimenticare le cose brutte-

-No! Ti voglio bene, Luf. Io ci ho provato, veramente. Mi devi credere-

-Ti credo, Michele- Mi ha detto, mentre i suoi occhi si riempivano di nuovo di lacrime e si dirigeva in bagno.

Il telefono ha suonato. Era l’ospedale. Finalmente avrei saputo come stava Kurtz.

Dicendo a Luf che uscivo, mi sono precipitato all’ospedale. Tutte le altre faccende potevano aspettare.

Ascoltando le parole del medico, tenevo la mano di Kurtz, incredulo che non potesse vedermi. La ferita da arma da fuoco, che aveva riportato alla testa, aveva danneggiato irrimediabilmente i suoi splendidi occhi azzurri. A causa del trauma aveva dei vuoti di memoria, intere parti della sua vita erano scomparse. Aveva subito delle lesioni anche alle vertebre, ma non erano troppo gravi. Una di esse, scheggiandosi, aveva danneggiato un nervo e per un tempo non facilmente quantificabile, Kurtz non avrebbe potuto camminare. Di sicuro avrebbero dovuto operarlo.

Quando il medico ci ha lasciti soli, mi sono seduto sul suo letto e lo ho abbracciato, cercando di non fargli male. Aveva al braccio solo la flebo, tutto il resto era sparito progressivamente, nei giorni precedenti.

-Di chi è questo buon profumo, scoiattolo?-

-Scusa- Mi sono ritratto imbarazzato.

-E di cosa? Di esserti giustamente fatto una vita? Stai ancora con quel ragazzo di quando ti telefonai?-

-Si-

-Mi fa piacere- Mi ha detto con un filo di voce.

-Ma.... ora che ci sei tu...-

-Michele non essere sciocco! Io non ho nulla da offrirti, sono un invalido, ormai! Vorresti buttare via un rapporto che dura da... quanto tempo, Michele?-

-Quattro anni-

-Quattro anni...-Ha sospirato- E’ così tanto che non ci vediamo! Siamo quasi due estranei...-

-No! Non è vero! Io ti amo! Non ho mai smesso di pensare a te, non ho mai amato nessun altro!-

-E quel ragazzo?-

-Gli voglio bene... e lui lo sa......-

Tornato a casa ho trovato un biglietto di Luf: "Mi trovi a questo numero. E’ un ostello giovani. Rimarrò qui finché avrai bisogno di me. Ti amo, Luf"

Ecco cosa avevo ottenuto! Ho chiamato subito il numero che Luf mi aveva lasciato, mi hanno passato la sua camera e lui ha risposto subito.

-Luf....-

-Ciao Michele-

-Torna a casa-

-No. Io non sono il tuo giocattolo-

-Ho bisogno di te, Luf-

-Si, finché il tuo tedesco non guarisce. Così continui ad amare lui e a fottere me-

-Mi spiace per ieri notte.... lo sai che ti voglio bene-

-Lo so.... per questo sono venuto qui. Così eviteremo di dirci cose di cui ci pentiremmo. Ricordati che voglio parlare con quell’individuo! Tu sei il mio ragazzo fino a quel momento, Michele!-

-Va bene. Appena starà meglio-

Una settimana dopo i medici hanno suggerito un trasferimento in una clinica privata in cui opera un famoso chirurgo, a Francoforte. Kurtz s’è illuminato all’idea di tornare in Germania...... non lo avrei creduto così legato alla sua patria, ma forse erano solo le sue condizioni a spingerlo in tale direzione.

Così, mentre l’ospedale organizzava il trasferimento, Luf ed io abbiamo prenotato due posti in un volo per Francoforte. Luf mi ha tenuto forte la mano per tutto il viaggio. Sapeva, in cuor suo, che ormai era questione di pochi giorni, e poi, le nostre strade si sarebbero divise.

Le visite, per Kurtz si sono susseguite per tre giorni. Tre estenuanti giorni che ho passato al suo fianco, vedendo medici ed infermiere, mentre Luf restava chiuso in albergo, ad aspettare il mio ritorno.

E adesso sono qui. E’ quasi un’ora che Luf è nella stanza di Kurtz.... non so cosa darei per sapere cosa si stano dicendo! Sei anni di vita mi sono passati davanti in un’ora..... Ma ecco che la porta si apre....

-Luf...-

-Non c’è nulla che posso fare per farti cambiare idea?-

-.....-

-Io ho fatto del mio meglio.... se tu mi avessi amato, Michele.....-

-Mi dispiace..... dai non piangere....-

-Come faccio? Io ho solo te.....-

-Scusa.... ho un nodo in gola, Luf... non so cosa dirti....-

-Dammi un bacio... l’ ultimo....-

-.......-

-Addio Luf-

-Michele?-

-No!-

"Ora devo entrare nella camera di Kurtz..... senza guardarmi in dietro, altrimenti..... non riuscirò a lasciare Luf..... se solo smettesse di singhiozzare..."

"clac"

-Sei tu Michele?-

-Si, amore. Avete parlato tanto....-

-In realtà no... è rimasto qui a farmi compagnia.... ti ama davvero tanto Michele... dovresti ripensarci-

-No, è con te che voglio stare, e ho rimandato già troppo a lungo!-

-Siediti qui, accanto a me-

-Di cosa avete parlato?-

-Mi ha chiesto perché ti chiamo scoiattolo-

-Davvero? Sai che non me lo hai mai detto?!-

-Sul serio?-

-Già! Perché non lo dici anche a me?-

-D’accordo! Quando ero piccolo, la mia famiglia non era molto unita, mio padre era nell’esercito e passava pochissimo tempo con me e la mamma. Così io non andai mai a fare un pick nick con loro. E’ un’abitudine molto frequente anche adesso, andare nel bosco in torno a Berlino a fare i pic nic. Non potendoci andare con i miei, io ci andavo spesso da solo, anche marinando la scuola.... andavo nel bosco ed attiravo gli scoiattoli con pezzettini di pane della mia merenda. Immaginavo che fossero i miei genitori, dei fratelli, o degli amici con cui ero uscito per festeggiare qualcosa di bello...

quando ti vidi, lungo il viale alberato che porta dalle segreterie alla facoltà.... i tuoi occhi grandi, i tuoi capelli castani... mi vennero in mente gli scoiattoli di quando ero piccolo. Non osavo sperare che tu avresti frequentato uno dei miei corsi, invece....-

-Mi notasti quel giorno?-

-Si-

-Anch’io ti vidi allora per la prima volta!.... E poi? Di cosa avete parlato?-

-Nient’ altro-

E’ bastato questo a convincere Luf.... il mio incontro con Kurtz è stato voluto dal destino e nessuna forza al mondo ci potrà più separare.




Fine

di Nuel







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