A better life
capitolo 9
di
Rikku19
Tibby era Los Angeles.
Era sta invitata a una premiere.
Da un certo produttore di serie tv che di nome faceva JJ.
E io ero al Four Season.
Ero stato invitato a cena.
Da un certo aspirante prete che di nome faceva Jess.
Sorseggiai l'ultimo bicchiere di Chateau Merlot del Novanta.
"fenomenale" disse Jess.
Annuii.
"i vini europei hanno qualcosa in più dei nostri"
Avevo passato il fine settimana in casa.
La scuola era diventata del tutto secondaria.
Tibby era diventata una vera celebrità.
Persone che prima la guardavano diffidenti, dopo il primo episodio della sua
serie Tv erano venute a stringerle la mano, ad abbracciarla, a invitarla
alle feste più esclusive.
Il quarterback della squadra di football l'aveva invitata a uscire.
E la professoressa di chimica le aveva regalato un nove, chiedendole
l'autografo.
Io brillavo della sua luce riflessa.
In molti cercavano di far amicizia con me per arrivare a lei.
E, nonostante le tonnellate di aspiranti amici, ero fuori a cena con un
ragazzo che sopportavo a malapena.
E l'uomo che amavo stava a Los Angeles a sbaciucchiare una rock star, o
presunta tale.
Avevo comprato il suo cd pochi mesi prima.
La mattina dopo, quando mi ero svegliato sul divano, l'avevo scalgliato giù
dalla finestra, colpendo il fattorino del takeaway al piano di sotto.
Ero a pezzi.
Avevo preso qualche pasticca dall'armadietto di Tibby.
Speravo di stare un po' meglio.
Magari di avere qualche piacevole allucinazione: un campo di fiori, un
coniglietto di pezza rosa...
No.
Avevo visto David Apllegate che palpeggiava Dean Sayler.
Nella mia vecchia cameretta.
Ed ero al mio tavolo riservato in uno dei migliori ristoranti della città.
Con Jess che mi guardava implorante, ormai da due ore.
"ti voglio, Shane"
Cercai di ridere.
Ma uscì solo un suono rauco.
"lo so che non mi ami. lo so che non mi vuoi. e so che sei triste" continuò
"no, Jess, tu non sai un cazzo"
Lo urlai.
la coppietta di turisti accanto al nostro tavolo si voltò scandalizzata.
"non mi importa. lo sai"
Lo guardai interrogativo.
"vieni a letto con me, stasera"
Sentii le sue mani intrufolarsi al di sotto della tovaglia di cotone bianco.
Mi sfiorarono un ginocchio.
E sempre più su.
Appoggiò la mano.
E tirò giù la zip.
"andiamo a casa mia" dissi soltanto.
Si sa: la carne è debole.
Lo sbattei sul letto.
Non lo spogliai.
Lo presi io.
Con rabbia, con ferocia.
Gli feci male.
Non si eccitò, non venne.
Io feci i miei comodi.
E lui continuava imperterrito a sorridermi dolcemente.
Lo schiaffeggiai.
Immaginai fosse David.
Squillò il telefono diverse volte.
Squillò anche il cellulare.
Ma continuai per ore a fare del male a Jess.
Mi sentivo in colpa.
Ma scacciavo il pensiero.
"l'ha voluto lui" mi dicevo "io non l'ho obbligato a fare niente"
Non lo baciai.
E mi sentivo male ogni volta che quelle frasi facevano capolino nella mia
mente.
Sapevo come si sentiva Jess.
L'avevo vissuto anche io, in uno squallido cesso di uno squallido bar.
Gli chiesi di andarsene.
Non se ne andò.
Poggiò il capo sul mio addome mentre fumavo una sigaretta.
Mentre guardavo il soffitto.
Mentre notavo un ragnetto minuscolo che attraversava in fretta la parete.
"baciami"
Mi stava implorando.
Gli lanciai un'occhiataccia.
Feci un'altro tiro.
"baciami, Shane"
Gli espirai il fumo in faccia.
Tossì, e chiuse gli occhi.
Cercai di alzarmi e di levarmelo di dosso.
MI trattenne per un braccio.
Ero pronto a schiaffeggiarlo, di nuovo.
Ma vidi quegli occhi dolci, smarriti, che avevano avuto la forza di dire tutto
quello che io avevo sognato di dire a quell'uomo bello da morire.
E lo baciai.
Dolce.
Appassionato.
Immaginai che fosse lui.
Immaginai di far passare le mie dita tra i suoi capelli lunghi e di tirarlo
verso di me.
Scossi la testa.
David Applegate stava a Los Angeles, probabilmente passando una notte di
fuoco con la sua nuova fiamma Dean Sayler.
O una mattina di fuoco.
Qualunque fosse l'ora a Los Angeles, David non si sarebbe creato problemi.
David Applegate era sempre disponibile, quando si trattava di sesso.
"resta, questa notte" lo dissi impulsivamente.
Me ne pentii immediatamente, quando vidi gli occhi di Jess che si
illuminavano.
E la sua bocca che si piegava in un sorriso da cucciolo innocente.
Mi abbracciò.
E spensi la luce.
Erano le tre del mattino.
Squillava il cellulare.
E contemporaneamente il citofono.
Alle tre del mattino.
Si arprì la porta.
Era buio.
"Tibby?" chiesi, assonnato.
Nessuno rispose.
Jess dormiva ancora.
Sentii la poltrona poco distante dal letto scricchiolare, soltanto come
quando qualcuno ci si siede sopra.
Accesi la lampada accanto al letto, allarmato.
"chi c'è?"
Non mi rispose.
Lo vedevo, nella penombra.
Con quel berretto da baseball e gli occhiali da sole.
"David?"
"ciao, Shane"
Mi scrollai Jess di dosso, rizzandomi a sedere.
Istintivamente mi coprii.
Arrossi imbarazzato.
Guardava Jess che si stava svegliando.
"sei andato a letto con lui?"
Era gelido.
Tanto gelido da essere minaccioso.
Abbassai lo sguardo.
Non risposi.
"lo sapevo che eri solo una puttana"
Alzai lo sguardo.
Lo sentii alzarsi.
Jess aveva guardato la scena straito e imbarazzato.
David Applegate, quel David Applegate l'aveva sorpreso a letto con il
ragazzo di cui Jess era innamorato.
Non aveva proferito parola.
Mi aveva visto uscire di casa portandosi via un lenzuolo, e inseguire David
giù per le scale.
Lo chiamai diverse volte.
Incurante dei pochi passanti che mi osservavano incuriositi.
Non si voltò.
Riuscii a raggiungerlo, in mezzo alla strada, con il telo azzurro avvolto
quasi come una toga.
Lo afferrai per un braccio.
Mi gettò contro il muro.
"che cazzo credevi di fare?"
Me lo sibilò a pochi centimetri dal viso.
Era furioso.
Alzò la voce.
"Scopare con il primo che capitava appena io me ne ero andato? ti sei fatto
pagare, almeno? hai guadagnato bene? e al mio ritorno infilarti di nuovo
come se nulla fosse nel mio letto?"
Abbassai lo sguardo.
Mi sentivo colpevole.
Ma non ne avevo nessun motivo.
Noi non eravamo mai stati una coppia.
Lo dissi ad alta voce.
"noi non siamo mai stati una coppia"
"ah, no? ero solo uno a cui spillare cena e dopo cena? un cazzo con cui
farti fottere quando ne avevi voglia? nessuno può trattarmi in questo modo!"
ruggì
Mi divincolai dalla sua stretta.
Lo spinsi via.
Mi ersi in tutta la mia altezza, pronto a fronteggiarlo.
In quel momento mi resi conto di essere cresciuto parecchio negli ultimi
mesi.
Mancavano solo pochi centimetri, e l'avevo raggiunto.
Ma lui rimaneva sempre più muscoloso.
Gli puntai il dito contro.
"io sono quello che cercava le scopate? io? ero io quello che ti chiamava a
tutte le ore del giorno chiamandoti Sean e dicendoti ti voglio? ero io? Ero
io quello che non si faceva sentire per giorni e poi di punto in bianco
chiamava dicendo di volermi scopare? ero io quello che chiedeva centinaia di
dollari a notte? eri tu che me li davi! e io li prendevo perché ne avevo
bisogno. ne avevo bisogno per comprarmi dei bei vestiti da mettere quando mi
portavi in posti eleganti. ne avevo bisogno perché non volevo che Tibby
facesse quella vita! ne avevo bisogno per il college!"
Glielo urlai in faccia.
Distolse lo sguardo, facendo finta di nulla.
Continuando a mantenere quell'aria offesa.
Gli tirai un ceffone.
E proseguii.
"e chi è quello che non si è fatto sentire per tre mesi, ventitre giorni e
nove ore? Sì, ero ridotto a contare le ore! Le ore! Le ore dall'ultima volta
che ti ho sentito, dall'ultima volta che ti ho visto! Chi è che tratta male
chi? io? e mi domandavo cosa facevi, con chi eri, come andavano le riprese
se pensavi a me... E un bel giorno mi portano un giornale, e mi dicono, devi
leggere assolutamente, e io penso che sia qualcosa sul film, e no, è su di
te, con un altro, mano nella mano, che progettate di comprare casa insieme,
e vi scambiate frasettine dolci come due fidanzatini del cazzo! Scusa tanto
se cerco di farmene una ragione e andare avanti!"
"andare avanti scopandoti quel pivellino?"
"forse quel pivellino riesce a darmi cose che tu non riesci a darmi!"
Glielo sputai in faccia.
"cosa? uno sguardo docile e ubbidiente che ti segue ovunque vai?"
"voglio solo che questa mia vita di merda sia migliore di come sia mai
stata. Amore! voglio solo un po' di amore, Cristo!"
Spalancò gli occhi.
Mi guardò stranito.
Terrorizzato.
Aprì la bocca.
La richiuse.
La aprì di nuovo.
"io..."
"oh, lascia perdere... non mi sono mai aspettato nulla da te! e soprattutto,
non aspetterò che tu possa dimostrare un briciolo di carattere adesso!"
Mi voltai pronto ad andarmene a casa e sfogare le lacrime che iniziavano a
fare capolino.
Mi afferrò per il lenzuolo.
Il lenzuolo cadde a terra.
Mi spinse in un vicolo cieco.
Mi abbracciò.
E mi baciò.
Mi prese in braccio.
Gli circondai i fianchi con le gambe nude.
Mi fece girare.
Iniziai a ridere, mentre le lacrime iniziavano a scendere.
Mi coprì con il lenzuolo.
Mi avvolse come si avvolge un bambino.
Estrasse il cellulare.
Chiamò un'auto.
Iniziò a piovere.
E lui iniziò a ridere.
continua...
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