Non dico niente su questa ff… a parte che i personaggi sono miei. A & A parte I di Yuki
“ Lasciatemi..lasciatemi..”
“ Quando avremo finito..forse ti lasceremo!! Eh eh!!”
“ Già..il tuo corpicino non è niente male..”
I due uomini continuarono a percuotere e ad abusare del giovane trovato nel bosco intento a cacciare.
Abel era orfano. abitava in una casetta ai confini del bosco di Wellwellin. Per procurarsi del cibo, si era costruito un arco in modo da trafiggere le proprie prede. All’inizio era stato molto difficile imparare ad usarlo, poi con l’aiuto di alcuni ragazzi del paese, aveva acquisito familiarità con ‘l’arma’. Era un giovane non molto alto, ma forte, con fisico tornito dal duro lavoro che permetteva lui di vivere. Non poteva permettersi di andare ad abitare in paese, comunque quando vi si recava veniva rispettato come se fosse un residente di quella contrada immersa nel verde, come avevano sempre fatto con i suoi genitori.
Quella mattina, come almeno due volte a settimana faceva sempre, si era addentrato nel bosco in cerca di qualche preda in grado di rifocillarlo. Il ragazzo non si era accorto di essere pedinato, così quando si era addentrato maggiormente nelle fitta macchia, era stato assalito da due uomini corpulenti. All’inizio gli avevano tappato la bocca, poi uno dei due l’aveva scaraventarlo brutalmente a terra mentre l’altro iniziava a strappargli i vestiti di dosso. Lo avevano toccato ovunque, schiaffeggiato, leccato in punti sensibili e molto intimi. Non riusciva a piangere, ma appena la bocca venne liberata, aveva iniziato a gridare con tutto il fiato che possedeva. I due malviventi lo avevano deriso dicendogli che era inutile sprecare fiato perché nessuno l’avrebbe udito. L’avevano penetrato più e più volte alternandosi, sentiva la carne umida di sperma degli aggressori e del proprio sangue. L’avevano letteralmente dilaniato. Ridevano, facevano battute oscene, chiamandolo con epiteti disgustosi. Non sapeva per quanto era durato quel tempo, che a lui sembrava infinito e, aveva paura a pensare quanto ancora sarebbero andati avanti. Era stremato, dolorante, si sentiva sporco, seppure la colpa non era sua. Strisce di sangue attraversavano anche il proprio volto, causa delle infinite botte ricevute.
Finalmente gli uomini si staccarono dal suo corpo deturpato e accasciato nella terra brulla. Lo guardarono con disprezzo per alcuni attimi. Si allontanarono quel poco da poter parlare senza essere uditi.
Poco dopo Abel vide che stavano riavvicinandosi un brivido percorse tutto il proprio corpo quando notò una lunga corda, con la quale non si attardarono a legarlo ad un albero, nudo e sanguinante. Dettero lui altri calci nello stomaco, nelle gambe. Uno dei due si abbassò, toccandogli il membro con forza, come a volerlo staccare dal corpo del giovane. Un ghigno malefico era sulla bocca dei due uomini. Il ragazzo chiuse gli occhi sperando che finisse quella tortura…sperando di morire.
*-*-*-*
Abel si svegliò. Non era più legato all’albero.. e non si trovava più nel bosco, era sdraiato in un grande letto, coperto da un sottile e morbido lenzuolo. Le ferite del volto e del corpo,erano state fasciate con delle garze. Chiuse nuovamente gli occhi per capire se fosse o meno la sua immaginazione, poco dopo li riaprì..era tutto vero. Si trovava al caldo, lontano dal bosco..ma era al sicuro? Si chiedeva. Sentì dei rumori provenire da non molto lontano. Dei passi gli si avvicinavano sempre più.
“ Oh!! Ti sei ripreso..bene!”
Era la voce di un uomo quella che aveva appena udito, poco dopo vide anche il volto a cui apparteneva. Un giovane, sicuramente poco più grande di lui, sovrastava il suo viso. Iridi blu come il mare notturno, lo scrutavano con attenzione. Le linee del volto bronzeo erano virili, ma non dure...dolci. La bocca morbida era arricciata in un sorriso. Anche se all’apparenza quel giovane sembrava innocuo, dentro sé il ragazzo tremava. Aveva paura di venire nuovamente violato. Il silenzio, che ormai sembrava eterno, venne interrotto nuovamente dalla profonda voce dell’uomo.
“ Come ti chiami?..”
Non ricevendo risposta alcuna, il giovane sorrise ancor di più, questa volta con dolcezza, poi si rivolse nuovamente al ragazzo.
“..Va bene..non importa. Quando ti andrà di farlo, me lo dirai!”
Così dicendo si allontanò nuovamente, per poi tornare con un grande vassoio.
“Hai fame?..”
Abel riuscì a scuotere leggermente la testa in segno di diniego.
“..Bè qualcosa dovrai pur mangiare. Ma se adesso non ti va, non c’è problema, la lascerò al caldo per te!..Ah..scusa non mi sono presentato! Mi chiamo Adrien. Questa è la mia casa, come avrai sicuramente capito..”
Il giovane guardava Adrien con fare sospettoso, quest’ultimo sorrise ancora e iniziò a parlarli in modo calmo e rassicurante. Gli spiegò che l’aveva trovato legato nudo ad un albero in mezzo al bosco, pieno di ferite e con del sangue ovunque. Così l’aveva portato nella sua dimora, che non si distanziava molto dalla macchia e, l’aveva curato insieme alla propria zia, che abitava nella casa affianco. Il rossore sulle guance di Abel si fece pian piano strada, colorandogli totalmente il volto. Sentire tutte quelle cose lo metteva in imbarazzo, seppur grato di essere stato ‘salvato’, ancora però non era sicuro al cento per cento che si trovasse in una situazione migliore..ma anzi, temeva di esser capitato in acque peggiori e, a questo pensiero venne attraversato da un brivido di terrore. Il giovane che gli parlava, lo faceva sorridendogli, cercando di tranquillizzarlo il più possibile. Dopo un po’ si congedò sentendosi chiamare dalla zia.
“Scusami, devo scendere un attimo a sentire cos’ha da dirmi la zia May. Poi te la presenterò..è una donna un po’ burbera ma anche molto dolce e, si affeziona subito alle persone, soprattutto ai giovani in difficoltà. Scoccandogli un sorriso in tralice, uscì dalla stanza. Abel si ritrovò nuovamente solo. Aveva tentato varie volte di mettersi a sedere nel letto, ma con scarsi risultati. Il proprio fisico era totalmente distrutto, così perse le speranze, iniziò a far scorrere lo sguardo fin dove gli era possibile. Si trovava in una grande camera con la finestra molto vicina ai piedi del letto dove giaceva. Notò che fuori il sole stava calando per far strada al manto scuro della notte. Ripensò per un istante a ciò che gli era capitato e, gli vennero dei conati di vomito. Costringendosi a cacciare quei brutti pensieri dalla mente, concentrò lo sguardo sulla parete di fronte, dove vi era appeso un grandissimo quadro, rappresentante un mare in tempesta. Venne portato nuovamente alla realtà sentendo due voci avvicinarsi alla propria porta, una delle quali la riconobbe come quella del ragazzo e, l’altra doveva essere quella della ‘zia’, come l’aveva chiamata l’altro. Una donna corpulenta entrò tutta sorridente nella stanza, si avvicinò al giovane, tastò lui la fronte e, poi con un altro caloroso sorriso gli si rivolse.
“Allora giovanotto! Ti sei ripreso finalmente..penso, almeno a quanto vedono i miei occhi, che con quello che hai passato tu sia fortunato ad essere ancora vivo! Hai perso moltissimo sangue e, la tua temperatura corporea era pari a quella del fuoco che arde nel camino! Per fortuna il mio nipote prediletto, ma non perché è l’unico, ti ha trovato. Credo che tra un paio, massimo tre giorni, ti potrai sedere tranquillamente nel letto e, poi piano piano riuscirai a rimetterti in piedi! Con le cure da parte mia e quelle di Adrien, sarai come nuovo!”
Così dicendo gli accarezzò il volto dolcemente, contrastando, con quel gesto, il tono leggermente brusco anche se bonario della propria voce.
“Te l’avevo detto che mia zia si sarebbe subito affezionata a te!..sai, vorrei poter sapere qual è il tuo nome…”
“Insomma Adrien!..lo vuoi lasciar stare un po’ tranquillo! Povero ragazzo, è normale che non riesca a parlare in una situazione del genere e, poi ricordati, che siamo degli estranei per lui come lui per noi!..anche se lo abbiamo preso e curato, non è detto che si fidi di noi..anche se spero che prima o poi lo farà! Bè vado a dar da mangiare a Rufus e Ilon..ci vediamo più tardi e..ADRIEN…non lo forzare a parlare..”
Lanciando un’occhiata significativa al nipote uscì dalla stanza, lasciandoli soli. Il giovane si mise a sedere su uno sgabello accanto al letto, fissando l’altro. Ci fu un po’ di silenzio, poi decise di spezzare il mutismo che si era creato nella stanza.
“..Va bene..questa volta darò retta alla zia May..però niente mi vieta di parlarti. Giusto?”
Così dicendo gli scoccò un altro sorriso in tralice ed iniziò a parlare di sé, della casa dove abitavano e, del fatto che avendo i genitori lontani, viveva con sua zia, seppur separatamente. Aveva venti anni e, da molto tempo viveva in quella casa. Gli piaceva il mare, così dicendogli indicò il quadro alla parete, anche se sorrideva mentre gli parlava, l’altro aveva notato una strana ombra di tristezza negli occhi profondi, così da tradire il suo atteggiamento, che voleva apparire sereno. La sua voce era bassa e calda, sembrava carezzare l’aria che li avvolgeva. Abel mentre lo ascoltava, continuava a chiedersi il perché lo avesse tratto in salvo, forse, dopotutto, poteva fidarsi di quelle persone. Come promesso non lo forzò a parlare, anche se a volte il silenzio si faceva sempre più opprimente. Affacciatosi alla finestra disse di vedere una bellissima luna nuova, che purtroppo l’altro non riusciva a vedere a causa dell’angolatura del letto. Adrien scoccava molti sorrisi bonari all’altro, cercando di fargli capire che poteva aver fiducia in lui e, che nessuno avrebbe fatto lui del male.
“Ok..adesso ti lascio..sarai stanco di sentirmi blaterale della mia vita! Eh eh..potrai riposarti. Sicuramente la cena è pronta..se vuoi te la porto al posto di quella di prima..fatto lì per lì il pasto è sicuramente meglio e, poi la zia è bravissima a cucinare!”
Abel fece nuovamente un cenno di diniego con la testa, per rifiutare il cibo. Adrien fece spallucce dicendo un semplice “come preferisci!”. Salutandolo uscì dalla camera, lasciando nuovamente solo il giovane. Lentamente quest’ultimo, che era un po’ più rilassato, si addormentò.
Intanto nella cucina la donna e il proprio nipote parlavano e mangiavano, affiancati da due enormi cani, uno nero e l’altro bianco.
“..Dimmi Adrien..che ne pensi di quel povero ragazzo?”
Il nipote alzò lo sguardo dal proprio piatto per portarlo verso la zia, con fare interrogativo.
“In che senso?..”
“Lo sai bene ‘in che senso’..”
Gli disse lanciandogli un’occhiata di chi la sapeva lunga. Il giovane abbassò nuovamente lo sguardo sul piatto, poi rispose mormorando qualcosa.
“..Si..ho capito, ma..adesso voglio solo che si rimetta. E ho bisogno del tuo aiuto..”
“..Certo caro, non preoccuparti. Però sai bene che se quando sarà guarito vorrà andarsene né io, né TU potremo e DOVREMO impedirglielo..va bene?”
Il giovane annuì. Finito di mangiare si avviò verso la camera dell’altro, avvicinandosi al letto, vide che stava dormendo, sorrise nel vedere il volto disteso del ragazzo poi, andò nella propria stanza a rimuginare su ciò che era accaduto. Vedere quel giovane sconosciuto gravemente ferito, per di più nudo e legato ad un albero l’aveva sconvolto. Lì per lì non aveva pensato a cosa alcuna, istintivamente lo aveva portato a casa per curarlo e disinfettarlo con l’aiuto della zia. Era rimasto molte ore ad osservare il volto ambrato dell’altro, cercando di bloccare ogni singolo impulso di accarezzarlo. Quando poi si era svegliato ed aveva incrociato i suoi occhi grigi e puri, aveva fatto richiesta a tutte le proprie forze per sembrare rilassato, in modo da tranquillizzare il ragazzo. Un giovane così innocente, almeno così appariva ai suoi occhi, era stato violato senza ritegno, brutalmente segnato e picchiato. Avrebbe voluto arrivare prima, in modo da trovare il mostro che aveva osato abusare di un giovane immacolato, per poi massacrarlo con le proprie mani. Ma adesso, l’unica cosa che poteva fare, era aiutare quel ‘senza nome’ a tornare quello di prima. Chiunque fosse.
*-*-*-*-*
Un timido raggio di sole si posò sugli occhi di Adrien, costringendolo a svegliarsi. Quella mattina doveva fare varie commissioni per sé e per la zia May. Appena consumata una veloce colazione, si recò nella stanza del giovane. Lo vide che stava osservando la finestra, i riccioli biondi scarmigliati poggiavano morbidamente sul cuscino. Adrien bussò piano per annunciare il suo arrivo. Abel girò di scatto il volto guardandolo e diventando più teso rispetto a pochi istanti prima.
“Scusa..non volevo spaventarti! Ero venuto solo a vedere se eri sveglio..” sorrise.
“Devo andare a fare delle commissioni, comunque torno presto. Non preoccuparti..tra un po’ verrà la zia a vedere come stai e a medicarti…ci vediamo più tardi.”
Senza aspettare risposta, visto che sapeva che non ne avrebbe avuta alcuna, uscì dalla stanza. Abel rimase un po’ a scrutare la porta aperta che dava sul corridoio. Poi tornò a fissare la finestra.
“..Mi sembrano persone affidabili, dopotutto, avrebbero potuto lasciarmi a perire nel bosco!!..” pensò dentro sé il giovane. Immagini della violenza subita tornavano ogni tanto a far visita nella sua mente. Aveva paura, ma un non so che in quella casa e chi vi abitava, riusciva a rasserenarlo un po’. La donna anche se aveva un modo di fare leggermente brusco, aveva dimostrato di essere comprensiva e dolce. Questo soprattutto quando non c’era il nipote in giro. Nel tempo che avevano passato insieme, non aveva fatto altro che curarlo, esonerarlo dal dire o fare qualsiasi cosa che ancora non si sentiva di compiere, come parlare o muoversi e, soprattutto gli aveva parlato del suo giovane nipote, al quale, si capiva bene, era molto affezionata. Quest’ultimo gli rivolgeva sempre enormi sorrisi, che illuminavano i suoi grandi occhi blu. Gli aveva raccontato tante cose sul proprio conto e, Abel aveva inteso che era un nobile, anche se vestiva modestamente, senza eccesso di sfarzo, come anche la camera dove lui stesso stava, era semplice, anche se piena di cose di valore. Non esisteva neanche una presunta servitù, a parte forse ‘quei’ due chiamati ‘ Rufus ’ e ‘ Ilon ’. anche se non aveva sentito altre voci in giro oltre alla ‘zia’ May e al giovane. Sentì dei passi nel corridoio e, un istante dopo comparve la donna con un vassoio pieno di cose da mangiare. Gli si avvicinò accarezzandogli la fronte, con un immenso sorriso, disse che la febbre se n’era andata. Gli offrì del cibo e prima che lui potesse rifiutarlo, come faceva sempre, l’aiutò a mettersi a sedere stando bene attenta a far più delicatamente possibile e, praticamente gli infilò un cucchiaio in bocca, come per imboccare un bambino. All’inizio, tra il dolore di essere a sedere e, il sapore delle vettovagli in bocca, gli vennero nuovamente delle forze di stomaco, rilassatosi poi cercò di ingoiare quel cibo che constatò fosse veramente delizioso. Poco dopo però, scosse la testa cercando di far capire alla donna che non lo voleva più, lei non lo forzò oltre.
“Va bene ragazzo..per stamani mi accontento così..”… “Senti, so che ho impedito a mio nipote di forzarti a parlare, insomma capisco che per te è stato un vero shock quello che ti è accaduto..però..vorrei almeno sapere il tuo nome…Oh, scusami, mi comporto peggio di Adr…”
“A..Abel..” sussurrò il giovane, interrompendo la donna.
Quest’ultima spalancò gli occhi per la sorpresa, poi comparve nuovamente un largo sorriso sul proprio volto.
“Caro ragazzo..Abel..non sai quanto sono felice di sentire la tua voce! Pensa quando lo dirò ad Adrien! Con lui piano piano riuscirai a trovare totalmente la parola! E’ un tipo MOLTO convincente!”
Detto questo gli scoccò un’occhiata di chi la sapeva lunga. Si congedò da lui, anche se non rimase per molto tempo solo. Infatti, Adrien entrò sorridendo e avvicinandosi a lui, gli scompigliò scherzosamente le ciocche dorate mettendosi subito dopo a sedere sul letto.
“Zia May dice che hai parlato..si, insomma che hai detto che ti chiami Abel. Ebbene, Abel, sono molto felice..vedrai, ti ristabilirai presto!” rivolgendogli un altro sorriso continuò a parlargli.
“Ti ho comprato dei vestiti, spero ti piacciano..ah..e soprattutto..questo..”
Dicendo ciò, uscì un istante dalla camera, per poi tornare immediatamente, con un enorme pacchetto e, mettendoglielo fra le mani.
“..Avanti..aprilo!”
Abel rimase un po’ sconcertato. Quel ragazzo non lo conosceva neppure e, gli faceva dei regali. Titubante iniziò a scartare il pacchetto, subito dopo spalancò gli occhi, vedendo un bellissimo arco, completo di dardi con piumaggi blu, colore che ricordava il colore degli occhi di Adrien. Dopo aver fissato per un lungo istante l’oggetto, alzò la testa scuotendola in segno di rifiuto, come a far intendere che non poteva accettare un dono simile.
“Non preoccuparti..con questo sicuramente caccerai meglio, che con quella copia che avevi costruito, seppur quasi perfettamente!..”
Il giovane posò nuovamente lo sguardo sull’arma, per poi rivolgerlo ancora al giovane. Gli occhi grigi brillavano di contentezza. Allungò una mano verso quelle dell’altro e gliela strinse abbozzando un sorriso. Adrien sussultò a quel lieve contatto.
“Non..non c’è bisogno che mi ringrazi. I regali si fanno perché li si vogliono fare e, a me fa piacere avertelo donato.”
“Gr..grazie..”
Riuscì a mormorare Abel. L’altro arrossì lievemente, il tono insicuro e, allo stesso tempo dolce dell’altro lo aveva agitato più del tocco delle sue mani sfregiate. Gli rivolse un fugace sorriso come segno di consenso e, si alzò con un balzo dal letto. Forse troppo di scatto. Infatti incespicò sul piccolo scendiletto rovinando addosso al giovane. Quest’ultimo tirò fuori tutta la voce repressa fino a qualche istante prima, urlando di dolore, fino a fargli salire lacrime bollenti agli occhi. Adrien si alzò con difficoltà, cercando di non aggravare il danno fatto.
“OH..CAVOLO! Perdonami ti prego!”
Così dicendo chiamò a gran voce la zia, che era già a metà corridoio, poiché aveva udito l’urlo disumano. Entrando nella stanza vide il giovane piegato su se stesso in lacrime e il nipote intento ad offendersi con epiteti poco piacevoli. La donna si avvicinò al ragazzo scostando bruscamente il nipote.
“Accidenti ADRIEN!..che diavolo è successo?..”
“Mentre mi alzavo sono inciampato e gli sono piombato addosso.. ti prego cerca di vedere quali altri danni gli ho procurato..mi sento veramente un’idiota!..Scusami..scusami..”
“OK OK..adesso smetti e vammi a prendere delle bende pulite!..Avanti giovanotto, vediamo che cosa ti ha combinato quel maldestro di mio nipote..”
Lo fece sdraiare, gli asciugò le lacrime con un fazzoletto, poi iniziò a togliergli di dosso le garze nuovamente sporche di striscioline di sangue. Fortunatamente lo scontro non aveva creato molte complicazioni, così ripulì le ferite che si erano riaperte e, quando le bende nuove furono a portata di mano, lo fasciò con estrema cura. Finito il tutto, asciugò il volto del giovane, che era nuovamente bagnato di lacrime.
“Vado a farti un po’ di tè..TU..vedi di stare almeno a un metro di distanza da lui!!”
Il nipote della donna annuì, continuando a guardare di sottecchi l’altro. Mise una sedia a debita distanza dal letto e rimase in silenzio. L’altro ancora sconvolto dal dolore, cercò di girare lo sguardo verso il volto di Adrien. Con voce che era appena un sussurro, gli si rivolse.
“Non..non preoccu..parti..ah!..tra..tra un po’ passerà”
Smise per un attimo, poi un risolino fuoriuscì dalle sue labbra, così da far comparire uno sguardo interrogativo sul viso dell’altro.
“..Bè..av..aveva ragione..tua zia..di..dicendo che saresti..riuscito a farmi tirar fuori la voce..eh..eh..”
Adrien si sciolse a quel debole sorriso che gli era stato rivolto nonostante l’accaduto, poi sorrise anch’egli e, facendosi immediatamente serio si alzò e si avvicinò al giovane.
“Scusami..”
Questa volta il tono della voce era ancora più profondo, tanto da far sussultare Abel e, istantaneamente le proprie guance si arrossarono. Rimasero per qualche momento a fissarsi, si era creata un’atmosfera strana intorno a loro, tutto era diventato ovattato, tanto che non sentirono ‘ l’invasione’ nella stanza da parte della zia May. Entrambi sussultarono. La donna li guardò in tralice, senza dire parola alcuna posò il vassoio con il tè su di un comodino, uscendo subito dopo. Passò un lungo istante, poi Adrien spezzò il silenzio.
“Bè..adesso è meglio che vada. Dirò alla zia di aiutarti a bere il tè..se lo faccio io, come minimo te lo rovescio addosso..”
Il giovane gli sorrise e, lo vide uscire dalla stanza.
Un misto di sensazioni si muovevano dentro lui. Il dolore stava pian piano smorzandosi, tanto che qualche istante dopo si addormentò. Non sentì la donna entrare nella stanza, che appena vide che il giovane dormiva si ritirò in cucina.
FINE I parte.
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