Kanagawa, piccola cittadina sul mare, apprezzata meta turistica estiva, tranquillo rifugio nella stagione fredda.
L'inverno era arrivato anche qui e insieme ad esso il freddo, la neve, la brina mattutina che ricamava candidi pizzi sui rami spogli degli alberi, regalava alle ormai rare ragnatele cristalli preziosi per abbellirle, attraverso i quali filtravano pallidi i raggi del sole dividendosi in una miriade di minuscoli arcobaleni sul suolo, sui tronchi, sulle aiuole deserte.
Il mare era calmo, le onde s'infrangevano pigramente sulla barriera frangiflutti, accarezzando con la loro schiuma biancastra le strane rocce artificiali a forma di Y.
Anche le nuvole in cielo sembravano tranquille, immobili, ma non minacciose, grigiastre ma morbide, come calde coltri poggiate sull'orizzonte.
Un ragazzo stava guardando tutta quella pace.
Un ragazzo alto, più alto della media dei suoi coetanei e bello, di una bellezza eterea e statuaria, con lisci capelli corvini, occhi a mandorla neri e vellutati come una notte serena, le iridi di una sfumatura talmente scura da sembrare blu come il mare quando è in tempesta e un viso dalle dimensioni perfette, un ovale levigato che racchiudeva una bocca carnosa, un naso dritto e quegli occhi profondi. E poi la sua pelle chiara, così candida da farlo sembrare un'apparizione divina e così in contrasto con gli altri suoi colori.
Quel ragazzo aveva da poco compiuto 17 anni. Ed era arrivato ad un punto, nella sua esistenza, in cui doveva prendere una decisione.
Così quella mattina era uscito da casa, era salito sulla sua bicicletta ed aveva raggiunto la tranquilla passeggiata sul mare.
Il mare, con la sua calma immensità, aiuta a pensare e quel ragazzo aveva davvero bisogno di un po' di tempo per se stesso, per riflettere sulla sua esistenza, sui suoi problemi, sui bivi che la vita gli stava imponendo.
La sua mente andò indietro nel tempo, corse veloce verso l'infanzia senza trovare foto felici da conservare nell'album dei ricordi.
Un bambino ricco, circondato da giochi meravigliosi, in una bella cameretta colorata, ma solitaria.
Un bambino ricco e solo, circondato dai litigi di mamma e papà, abituato fin da piccolo a parole come traditrice, puttana, adulterio e divorzio...
Una mamma bellissima ma fredda, talmente impegnata a guardarsi allo specchio da non avere tempo di fare una carezza a quel bambino assetato d'affetto.
Un papà alto, imponente, ammirato... ma troppo impegnato col suo importantissimo ruolo di dirigente da accorgersi a malapena di essere osservato con occhi adoranti le rare volte che riusciva a passare un po' di tempo a casa.
Quel bambino aveva tutto ciò che alla sua età si potesse desiderare, tranne... tranne...
Tranne una mamma e un papà.
Poi era cominciata la scuola e quel bambino affamato di sentimenti sperava di trovare qualcuno che lo avvicinasse e che gli insegnasse il significato delle frasi 'stare in compagnia ' ed 'avere amici'.
Ma a quell'età i bambini sono innocentemente crudeli e lo ghettizzavano, perchè ricco, agiato e nato in una famiglia apparentemente senza problemi.
E il piccolo quando tornava a casa, si chiudeva in camera e piangeva, rompendo i suoi giochi, scrivendo sui muri senza alcuna possibilità di venire ascoltato.
Poi finalmente le scuole medie... e con le medie le prime attività di club extrascolastiche... ma nell'anima di quel bambino infelice c'erano ormai troppi graffi perchè potessero guarire e cicatrizzare senza conseguenze.
Così tutto il suo ardore e la sua voglia di formarsi un'individualità sfociarono nella passione pura e cieca per il gioco del basket.
E il suo era un gioco pieno di talento, di egoismo, di voglia di emergere.
Finalmente i suoi compagni mostravano interesse nei suoi confronti, ammiravano la sua bravura; le ragazzine lo guardavano di nascosto sospirando e ridacchiando tra loro, ma a lui ormai... non interessava più.
Lui voleva giocare, giocare e basta. Diventare il migliore per dimostrare di valere qualcosa.
Era diventato una promessa e in molti, a cominciare dal suo allenatore, avevano riposto in lui le proprie speranze.
Quel ragazzino snello e agile aveva trovato qualcosa in cui buttarsi anima e corpo e non gli interessava più nient'altro.
Tutto il resto era solo sofferenza, dolore, delusione... ma il basket no... giocare gli aveva dato un motivo per andare avanti a dispetto di tutto e di tutti.
Ed ora, quel bambino affamato d'amore era diventato introverso, chiuso e taciturno...
Misterioso, dicevano le sue compagne di classe, incapaci di grattare oltre la bella superficie.
Infine le superiori.
Contrariamente a quanto tutti si sarebbero aspettati, si iscrisse in un liceo la cui squadra non era tra le migliori, pur avendo ricevuto l'invito da istituti rinomati e famosi quali il Kainan e il Ryonan.
Sapeva che ce l'avrebbe fatta anche da lì.... Kaede Rukawa amava le sfide.
La sua scorza si era indurita ulteriormente. Conscio della sua avvenenza e dell'interesse che suscitava nei suoi compagni, continuava imperterrito a disinteressarsi di qualunque cosa non fosse il basket e anche quando lo psicologo della scuola gli diagnosticò una forte narcolessia, il ragazzo si limitò ad alzare le spalle pensando che tanto durante le partite era sempre lucidissimo.
Anche durante i pestaggi era lucido... era il migliore, rimaneva sempre in piedi.
Aveva dovuto imparare a difendersi dagli attacchi di persone a cui dava fastidio la sua aria di superiorità... nessuno si era mai chiesto perchè quel ragazzo si isolasse e se ne stesse sempre in silenzio e così la fama di snob menefreghista gli si era appiccicata addosso come un'etichetta.
Ma a Rukawa non interessava.
Non interessava più.
Aveva imparato a stare solo, e stava bene. Credeva di stare bene. Si sentiva benissimo, altrochè! Forte, invincibile, un talentuoso, intoccabile campione... col cuore pieno di tagli sanguinanti e dolorosi, ma ormai muti.
Il ragazzo portò lo sguardo dall'immensità del mare sulle sue mani.
Mani grandi, forti.
Mani capaci di sbattere in terra qualcuno grosso il doppio di lui..
Mani che potevano infilare una palla in canestro da qualunque distanza... anche a occhi chiusi.
Aveva sempre pensato che la sua bravura e la sua tenacia gli sarebbero bastate, per andare avanti, ma poi... poi aveva conosciuto "lui", la scimmia umana, il tornado vivente, il do'aho per definizione.
Non l'avrebbe mai voluto ammettere, ma quel cretino integrale lo attraeva.
Era attratto dalla sua vitalità, dalla sua voglia di primeggiare, dalla sua testardaggine, dal suo innegabile talento.
Tutto in lui gridava: i suoi occhi curiosi, il suo fisico possente, i suoi capelli color carota, la sua voce stonata.... era rumoroso anche quando stava in silenzio, era il ragazzo più vitale che avesse mai incontrato e lo attraeva da far paura.
Lui non era così.
Non gli interessava alzare la voce, bastava solo infilare un canestro perfetto volando leggero come un soffio di brezza per essere al centro dell'attenzione.
Lui era "comunque" al centro dell'attenzione, perchè era un giocatore geniale, pieno di talento, perfetto.
E tutta questa perfezione se l'era guadagnata con anni e anni di duro, estenuante allenamento oltre il tempo standard, svegliandosi la mattina alle sei per giocare prima di andare a scuola, rimanendo in palestra fino alle undici di sera a provare e riprovare tiri, fino a farli imparare a memoria al suo corpo.
Era diventato anemico a furia di allenarsi, ma lui pretendeva da se stesso la perfezione.
Era questo che ammirava ed invidiava al tempo stesso a Sakuragi: la sua forza e le sue capacità. Era nato per giocare a basket e non lo sapeva. Si era allenato un centesimo di quanto si era allenato lui ed era già considerato un campione.
Rukawa era attratto da tutto questo.
Ma la cosa che più lo aveva colpito era stata "quella" dichiarazione.
Arrivata come un fulmine a ciel sereno.
Piovuta sulla sua testa all'improvviso, inaspettata.
-Ti amo stupida volpe, ma lo vuoi capire o no?-
Dopo avergli urlato in faccia i propri sentimenti, il rossino era rimasto di fronte a lui, gambe larghe, respiro affannato, viso rosso per l'eccitazione e la vergogna.
Rukawa si era limitato a sbuffare e lo aveva lasciato là, solo, imbarazzato e tremante in mezzo al campo da basket.
Non sapeva cosa rispondere, non era abituato ai sentimenti.
E quel rosso scatenato di sentimenti ne aveva fin troppi dentro di sé, e gli si leggevano tutti in viso con una semplicità sconvolgente, Sakuragi era la persona più sincera e spontanea che si potesse incontrare.
Ma anche sensibile e comprensiva.
Rumorosa, arrogante.
Adorabile.
Rukawa si appoggiò una mano sul petto, all'altezza del cuore. Batteva tranquillo, tu-tum tu-tum...
Ma quella sera aveva preso un ritmo allucinante, correva impazzito, veloce come un treno, forte come un tamburo, doloroso come un pugno in pieno stomaco.
Il fatto che qualcuno gli avesse rivelato i propri sentimenti più profondi e preziosi con tale onestà lo aveva spiazzato, non ricordava nemmeno più cosa fosse la sincerità, abituato com'era alla valanga di complimenti da parte di compagni di squadra e ammiratrici in lacrime... non riusciva a capire se fossero disinteressati o meno, così si limitava semplicemente ad ignorarli...
Ma il rossino no... lui era diverso.
La verità della sua dichiarazione, rivelata in perfetto "stile Sakuragi", lo aveva fatto riflettere.
Non subito, ovviamente. Sul momento c'era stato posto solo per lo shock... ma poi, mentre tornava a casa, aveva avuto tutto il tempo e la lucidità di pensare bene cosa comportassero quelle parole non certo gridate con leggerezza.
Sakuragi si era scoperto, e doveva essergli costato parecchio.
Orgoglio, amor proprio, coraggio... buttati al vento.
Se era giunto a tanto, doveva essere sicuramente sincero.
I suoi occhi non mentivano, non era uno scherzo... luccicavano... il loro solito color caffè aveva preso delle sfumature quasi violette...
Erano pieni di ardore, di anima.
Erano vivi, come lui.
Rukawa strinse i pugni, risoluto.
Era giunta l'ora di fare qualcosa, di ricambiare l'onore che gli era stato concesso.
Sakuragi entrò nello spogliatoio fischiettando la sua irritante canzoncina "Ore wa de tensai" felice, ma al tempo stesso deluso che quel giorno l'insensibile volpe di ghiaccio non si fosse fatto vedere agli allenamenti.
---quel pezzo di scemo... io gli rivelo i miei sentimenti e lui mi volta le spalle senza una parola... bah. ma chi me l'ha fatto fare ad essere così sincero con lui? tanto lui di arancione nel cuore ha una cosa sola e non sono di certo i miei capelli... è quel pallone... ---
Hanamichi si avvicinò al proprio armadietto con la testa persa nei suoi pensieri... da un po' di tempo quella volpaccia gli aveva rubato la vita, non riusciva a non pensarlo, a non sognarlo, a non ammirarlo, a non osservarlo mentre correva veloce sul parquet ed infilava la palla a canestro emettendo un lieve sospiro di soddisfazione, un sospiro che sentiva solo Hanamichi e che alle sue orecchie era qualcosa di dannatamente erotico.
Hanamichi scosse la testa in un gesto stizzito...
---uffa, basta adesso. dovevo immaginarlo che a lui non fregava niente di me, si ritiene troppo superiore e allora che resti sul suo piedistallo dorato... ---
Ma il rossino sapeva benissimo di stare mentendo a se stesso... ormai la conosceva troppo bene, quell'adorabile volpe... era freddo, antipatico, taciturno, gasato, sicuro del fatto suo fino all'ennesima potenza, arrogante e menefreghista, ma sotto tutto questo batteva un cuore puro, come solo il cuore delle persone candidamente sincere può essere.
Hanamichi sapeva che Rukawa non aveva voluto fargli del male col suo comportamento... non avrebbe mai fatto del male a nessuno volontariamente.
Aveva agito così perché si era trovato spiazzato...
---ho esagerato... come potevo pretendere che mi si buttasse tra le braccia gridando che mi amava anche lui..---
Hanamichi sorrise tristemente a questo pensiero.
Si sentì stupido e patetico.
E come se non bastasse, il pizzicore fastidioso e traditore delle lacrime cominciò a solleticargli il naso.
Aveva la vista annebbiata quando si avvicinò al proprio armadietto e le lacrime rendevano tutto confuso.
Hanamichi tirò su col naso e si passò una mano sugli occhi.
Appesa alla maniglia dello sportello c'era una busta di carta con stampato il marchio della Chieko Sport.
---embè? chi è il carciofo che si è scordato la roba qui? Sul mio armadietto poi... ---
Hanamichi sollevò la borsa per vedere se c'era qualche indizio che lo avrebbe aiutato a scoprirne il proprietario.
Appeso al bordo con una graffetta rossa c'era un bigliettino.
Una scrittura sconosciuta.
Due sole parole.
'Per Sakuragi'
Hanamichi spalancò gli occhi sorpreso.
-Per me? Ma... -
La curiosità ebbe il sopravvento sullo stupore, Hanamichi aprì il sacchetto e sbirciò al suo interno.
Tessuto bianco, del rosso, del nero.
Il rossino prese tra le mani l'oggetto frusciante, lasciando cadere a terra la borsa di carta.
Una tuta della Nike. Bianca. Le maniche nere, i polsini rossi.
Del nero e del rosso anche sui pantaloni... i colori della loro squadra.
Hanamichi non capiva.
Ci doveva essere un errore...
Si strinse la tuta al petto inebriandosi del buon profumo di nuovo che la permeava.
Profumo di nuovo e di buono.
Un lieve sentore di incenso al sandalo.
Poi, improvvisamente, potente come un montante sotto il mento, una sensazione nitidissima investì il ragazzo.
Incenso... profumo forte e delicato insieme, sensualmente inebriante... Rukawa...
La tuta gli scivolò dalle mani e andò a finire sul pavimento in un mucchio poco decoroso, accanto alla borsa.
---no... no, mi sto sbagliando... sì, ovvio! dio che idiota! Mi sto rendendo ridicolo, la devo fare finita una volta per tutte. probabilmente questa tuta me l'ha regalata Megane-kun, l'altro giorno ho detto che mi sarebbe piaciuto averne una e si sa com'è fatto il senpai... ha il cuore tenero... ---
Hanamichi si autoconvinse battendo un piede per terra e prendendo a testate il muro...
Poi si sentì meglio e si diresse alle docce.
Rukawa stava passeggiando nel cortile della scuola.
Era buio, faceva freddo e lui si strinse la grossa sciarpa azzurra attorno al viso.
Aveva le mani gelate, nonostante le tenesse nelle tasche del cappotto.
Chissà... chissà se aveva fatto bene.
Magari il do'aho avrebbe potuto offendersi, sentirsi umiliato...
Perché aveva tutti questi dubbi? Quella mattina era così convinto!
E poi Kaede Rukawa non aveva mai avuto dubbi in vita sua.
Era sempre stato sicuro delle sue azioni... che gli stava succedendo?
Tutta colpa di quel carciofo dai capelli color carota, accidenti a lui.
---... ---
Non riusciva a pensare a niente.
Anzi, meglio: non gli interessava pensare a niente.
Se il do'aho capiva, buon per lui. Altrimenti voleva dire che era proprio un do'aho, altroché Tensai!
Improvvisamente un fruscìo... .
Il rosso era lì, alle sue spalle.
-Che ci fai qui, kitsune?-
Rukawa non cambiò espressione.
-Mi godo il fresco.-
Hanamichi fece una smorfia.
-Si gela, baka kitsune... . Perché non sei venuto ad allenamento oggi?-
Finalmente l'ombra di un cambiamento nei lineamenti della formidabile ala dello Shohoku: gli luccicavano gli occhi.
-Da quando in qua badi a quello che faccio?-
Hanamichi cercava di non irritarsi, quella volpe era fatto così... . Non avrebbe dimostrato interesse nemmeno a sparargli un colpo in mezzo agli occhi!
-Ehi... io stavo solo cercando di essere GENTILE: sì, ero preoccupato... credevo che fossi stato tanto cretino da non venire ad allenamento perché imbarazzato dal mio comportamento di ieri sera.-
Rukawa abbassò lo sguardo. Cos'era quella sensazione strana alla bocca dello stomaco? Come se si contraesse, come se qualcuno lo stesse mordendo da dentro.
-Non sono imbarazzato.-
Era vero: non l'imbarazzo, ma l'inesperienza, l'incapacità di dire qualcosa di sensato gli legava la lingua.
-OK, allora stai bene. Ci vediamo domani ad allenamento e vedi di esserci... da quando Ryota è diventato capitano se la tira un po' troppo, conta anche il fatto che si è messo con Ayako... bisogna fargli calare le penne con una sfida matricole contro senior e ridimensionarlo un po'!!!!-
Sakuragi sorrise, non il suo solito ghigno con le sopracciglia unite e il naso arricciato, ma un sorriso vero, aperto, schietto, che descriveva in pieno la sua personalità.
Dopodiché voltò le spalle a Rukawa e s'incamminò verso il sentiero del giardino per uscire dalla scuola.
Prima di allontanarsi troppo, però, voltò la testa appena, giusto per riuscire a vedere la figura snella ed elegante di Rukawa risaltare nera contro il blu cobalto del notturno cielo invernale.
-Ah... grazie per la tuta... mi ha fatto davvero piacere ricevere un regalo così bello da parte tua, kitsune!-
Rukawa rimase interdetto, Hanamichi aveva ripreso a camminare come se nulla fosse accaduto, come se l'ultima frase da lui pronunciata non avesse chissà che particolare significato.
Invece lo aveva.
Aveva trovato la tuta.
Magari si era accarezzato il viso con quel tessuto frusciante, ne aveva annusato il profumo.
Aveva capito cosa voleva intendere con quel regalo senza che Rukawa avesse dovuto spiegargli nulla.
Qualcosa si aprì, dentro Rukawa, come un fiore timido che sbuca dalla neve e se ne sta dritto nel freddo ad osservare il mondo in silenzio.
Il ragazzo strinse fortissimo i pugni e fece un passo.
Un altro.
Un altro un po' più veloce.
Non parlò, non serviva parlare...
Raggiunse il rosso e gli afferrò il gomito, traendolo a sé, appoggiandogli il petto alla schiena, il mento alla spalla.
E poi piano, piano come la brezza tiepida che accarezza il mare d'estate, gli sussurrò qualcosa all'orecchio.
Hanamichi sgranò gli occhi, si bloccò sul posto.
La guancia gelata di Rukawa era poggiata al suo collo caldo, dandogli i brividi.
Lo sentiva respirare dolcemente, delicatamente... il suo alito sapeva di liquirizia e ad Hanamichi cedettero le ginocchia al pensiero della dolcezza che sicuramente lo attendeva all'interno di quella bocca sempre imbronciata.
Vedendo che il rosso si era imbambolato, Rukawa gli passò le braccia attorno alla vita e lo strinse ancora più vicino, i loro corpi cominciavano a scaldarsi per la vicinanza l'uno dell'altro.
Poi finalmente Hanamichi ritrovò la voce.
-Perché non me l'hai detto ieri, Rukawa?-
Rukawa non rispose, non sapeva cosa dire né gli interessava dire qualcosa.
Voleva solo perdersi nel calore di Hanamichi, affondare dentro di lui, carezzare quelle guance morbide e arrossate per il freddo e l'imbarazzo.
-Taci, carciofo.-
Così dicendo, Rukawa fece voltare Hanamichi in modo tale da poterlo guardare negli occhi. E lo guardò, lo guardò a lungo leggendo in quelle pupille di velluto nero tutti i sentimenti che sgorgavano in quell'istante dal cuore puro del rossino: amore, soprattutto. Poi imbarazzo, incredulità. Aspettativa, forse?
Cosa stava aspettando?
Poi Rukawa capì e si lasciò andare sulle onde soffici di quello che stava scorrendo finalmente libero in lui.
Ascoltò l'istinto. Mise a tacere le sue remore. E dentro di sé, nella parte del suo cuore più sensibile perché piena di cicatrici pregò Hanamichi di fargli scoprire il significato dell'essere amato.
Chiuse gli occhi.
Il respiro di Hanamichi era veloce e leggero, erano talmente vicini che i battiti dei loro cuori si confondevano.
Poi il respiro del rosso divenne parte del suo essere, lo senti entrare nei suoi polmoni e mescolarsi ad ogni cellula del suo corpo.
---sto baciando quel deficiente... ---
La bocca di Hanamichi era calda e sapeva di frutta, sapeva di amore, di ingenuità.
Il suo dolcissimo bacio maldestro diveniva sempre più esigente, le labbra di Rukawa non erano abbastanza.
---baciare quel deficiente è... ---
Rukawa prese l'iniziativa di leccare con la punta della lingua le labbra di Hanamichi.
Il sapore dell'altro ragazzo era inebriante, tanto che Rukawa spinse la lingua a indagare in più profondi recessi.
---... meraviglioso.---
Hanamichi rispose al bacio dapprima con goffaggine, poi la passione ebbe il sopravvento. Attirò il ragazzo di cui si era innamorato in una morsa degna di un grizzly leccandogli le labbra, assaggiando il sapore della sua bocca, accarezzando la lingua dell'altro con la propria in un movimento lento, delicato, ipnotizzante.
Quando i due si separarono per riacquistare il respiro e un minimo di lucidità, Hanamichi balbettò:
-Rukawa, i - io... -
L'alto ragazzo moro gli chiuse la bocca con un altro bacio, un bacio tenero, a fior di labbra.
Poi lo guardò in viso e... sorrise.
Era il secondo sorriso che Hanamichi vedeva disegnarsi sulle labbra di Rukawa e come gli era successo la prima volta, rimase totalmente rapito da quell'espressione angelica.
Ma stavolta quel sorriso era tutto per lui. Un regalo.
Hanamichi non si sciolse dall'abbraccio di Rukawa, ma appoggiò la testa sulla sua spalla, inalando il profumo dei suoi capelli, quel solito, familiare, sensuale odore speziato.
Profumo di buono, di pulito.
Pulito e cristallino, come il cuore di Rukawa.
Che, nonostante tutte le ferite, ora apparteneva a lui.
Finalmente i due ragazzi si separarono, dopo lunghi istanti passati ad ascoltare l'uno il respiro dell'altro, persi in mille pensieri e nessuno, i sensi assaliti da sensazioni primordiali, come la morbidezza dei capelli, la dolcezza della bocca, il calore dell'abbraccio, il profumo della pelle, il tambureggiare del cuore nel petto.
Hanamichi passò una mano sulla guancia di Rukawa, come per essere sicuro che quello fosse proprio lui.
-Mi hai stupito, stasera.-
-E tu hai stupito me ieri. Pari, direi.-
Hanamichi scoppiò a ridere, probabilmente quella volpe sarebbe rimasto freddo e impassibile anche dopo una bollente notte di sesso... ma a lui non interessava.
Non gli interessava davvero!
Anche se era un taciturno, arrogante, egocentrico sbruffone, lui lo amava, amava quello che aveva scoperto in lui, cioè sincerità e lealtà.
Gli bastava.
Sapeva che anche Rukawa in un modo tutto suo, discreto e silenzioso, lo amava davvero, altrimenti non si sarebbe mai spinto così in là.
Hanamichi era felice.
-Hey, ti sei ibernato o cosa?-
Rukawa spinse Hanamichi in direzione del vialetto.
-Dai, ti accompagno un pezzo.-, disse con voce scocciata.
Ma dentro di sé era felice anche lui.
**OWARI**
Kitsune: vi prego siate clementi... so che non è un granchè, ma è la mia prima RuHana e davvero, non sapevo bene come affrontare la cosa!!!! Ne ho lette tante e tutto quello che scrivevo sapeva di già detto... >___<
Volevo ringraziare Choco, che mi ha dato l'idea della tuta (grazie Choco, se non ci fossi tu!!!) e Maria, che con una sua mail particolarmente ispirata mi ha dato un input in un momento di grave impasse!!!!!
Hana-chan: che lecchi a fare!!!! Questa fic fa schifo!!!!
Rukawa: ...
Kitsune: T__________T