Harry
Potter e l'ordine: "sii felice"
di Naika
A destarlo fu, più che una sensazione, quasi un presentimento.
Harry sbattè le palpebre un paio di volte, cercando di mettere a fuoco e
ricordare dove fosse, e come ci fosse finito, mentre i suoi sensi si
risvegliavano, informandolo d’una molteplice serie di stranezze.
Stranezza numero uno: era nudo, completamente, innegabilmente, nudo.
Lui non andava mai a letto senza il pigiama, un po’ perchè era di natura una
persona pudica, un po’ perchè aveva sempre sofferto il freddo dato che, il
sottoscala dove aveva dormito per i primi dieci anni della sua vita, non era
munito di riscaldamento.
Tuttavia in quel momento stava bene.
Era sorprendente come, la sua nudità, in quello strano contesto, non solo non
fosse motivo di preoccupazione per lui ma, anzi, gli sembrasse naturale e
giusta.
Stranezza numero due: quello non era il dormitorio dei grifondoro.
Ne aveva l’assoluta certezza in quanto non vedeva ne le familiari tende che
circondavano il suo letto a baldacchino, ne i poster che costellavano la parete
accanto a quello di Seamus o le foto sul comodino di Ron.
E, a dirla tutta, quello su cui era sdraiato non era neppure un letto...
sembrava più un divano.
Stranezza numero tre: non era solo.
Nel letto, o meglio sul divano, con lui... c’era qualcun altro. Lo testimoniava
il braccio pallido che gli cingeva possessivamente la vita, i capelli biondi che
gli piovevano leggeri su una spalla e il petto niveo contro cui, la sua schiena,
aveva trovato un così comodo appoggio durante il riposo notturno.
Draco.
Quel nome lampeggiò nella sua mente come se qualcuno ve lo avesse acceso
gridando un “Lumos” particolarmente potente.
E, con quel nome, una sequenza di fatti, ricordi, rivelazioni ed emozioni si
riversarono nella sua testa scacciando gli ultimi residui del sonno per
ricatapultarlo nella realtà presente: aveva fatto l’amore con Draco.
Su quel divano, nella Stanza delle Necessità, gli aveva rivelato la Profezia,
quella verità di cui non era riuscito a parlare nemmeno con Ron ed Hermione, e
poi... poi si erano baciati, accarezzati e alla fine si erano uniti.
Totalmente.
Anima e corpo.
Anche se, a pensarla, sembrava una banale affermazione da romanzetto rosa, era
esattamente ciò che aveva provato: ricordava ancora, nitidamente, quell’emozione
profonda, travolgente, che aveva fuso ogni suo pensiero, ogni sua sensazione,
per lasciarlo spossato, stranito, stravolto.
Si era sentito fragile, ma non debole.
Che cosa gli era successo?
Come un neonato che apriva per la prima volta gli occhi sul mondo si era
scoperto ad assaporare ogni sensazione ritrovandola nuova, pura, intonsa nella
semplice attesa che fosse lui, proprio lui, ad assaporarla: un enorme regalo
ancora avvolto nella sua magnifica carta colorata.
Solo quando si era specchiato in due universi grigio tempesta aveva capito,
trovando in essi la sua stessa, meravigliata, consapevolezza: dalla passione che
li aveva bruciati, come la Fenice, erano risorti in un essere nuovo, unico.
E il processo non era reversibile.
Sarebbero stati legati... per sempre.
A quel pensiero Harry sorrise osservando il suo amante addormentato,
sentendosi... libero.
Finalmente libero, nel momento in cui sapeva di essere indissolubilmente
incatenato a lui.
Non aveva senso... ma non gli importava.
Avvolto in quella morbida spossatezza e dal calore di Draco, così come era già
accaduto nell’ufficio di Kazam, sapeva di essere finalmente nel posto giusto.
Il suo posto.
Lì, tra quelle braccia candide, lui era finalmente intero e... soltanto Harry.
Non il bambino sopravvissuto.
Non colui che avrebbe sconfitto Voldemort.
Solo Harry.
Un’altra cosa senza senso... sentirsi veramente se stesso... soltanto nel sapere
di essere inscindibilmente fuso con Draco.
“Così strano..” sussurrò tra se e se, piano.
“Strano?” lo interrogò una voce conosciuta, facendolo voltare di scatto verso la
grande finestra, velata da pesanti tende di damasco chiaro. “Il signor Malfoy lo
fa in modo poco convenzionale?” gli chiese divertita la sagoma scura che aveva
parlato, scivolando silenziosa sul tappeto che copriva il pavimento. “Mi sembra
comunque in ottima salute signor Potter...” sussurrò Kazam con quella voce
melodiosa e distorta al contempo, portandosi nell’ovattato cono di luce che
tagliava la penombra della stanza, scuotendo piano il capo, divertito. I
campanellini appesi al suo lobo tintinnarono, argentini, tramutando in balugini
i pallidi raggi solari che filtravano da dietro le tende, depositando quei
piccoli baci di luce sugli arabeschi sanguigni che s’intrecciavano sui suoi alti
zigomi affilati mentre egli s’appollaiava pigramente sul suo trono di spire.
“Dormito bene...?” chiese suadente sollevando una mano pallida per portare
dietro l’orecchio appuntito una lunga ciocca bionda, che frusciò leggera,
lucente pioggia dorata sulla sua pelle argentea.
“O forse dovrei chiederle se ha dormito..” insinuò spostando lo sguardo
sul divano disfatto prima di socchiudere con una smorfia infastidita le grandi
ali candide, cercando riparo, nella loro maestosa ombra scura, dalla tiepida
carezza della luce che l’aveva lambito, scivolando liquida sul suo corpo
delicato e regale, a sottolinearne l’altera, androgina, eleganza. Ma, quasi a
fargli dispetto, il sole tese di più i suoi raggi nella stanza per avvolgerlo,
sfaccettandosi sulle sue scaglie lunari in piccoli arcobaleni: una cangiante,
evanescente, aura di colori ipnotici che spirò, senza un suono, quando lo
Slysshis si ritirò un poco, affondando nell’abbraccio delle ombre.
“Ecco noi...” cominciò Harry spostando lo sguardo dal suo insegnante all’amante
ancora addormentato.
La luce baciava delicatamente la sua pelle chiara, intrecciandosi ai suoi
capelli biondo platino, facendolo sembrare in tutto e per tutto un angelo.
Sorrise divertito a quel pensiero... Malfoy un angelo?
Era colpa della luce.
Di quella luce.... Harry corrugò la fronte perplesso: quando si era addormentato
era notte fonda...
“Oh ca**o!” ansimò sollevando il volto di scatto per specchiarsi nelle inumane
iridi gialle, dalla pupilla felina, del suo insegnante di Difesa.
Da dove veniva tutta quella luce?!
“E’ giorno!” sussultò voltandosi verso la finestra.
“Sono felice che lei sia arrivato al punto signor Potter..” ridacchiò il rettile
“Per la precisione sono quasi le sette del mattino ed esattamente tra mezz’ora
tutta Hodgwards si sveglierà e si accorgerà che lei e il signor Malfoy non siete
nei vostri letti...” gli fece candidamente notare.
“Oh porca...!” esclamò balzando a sedere.
“Hmm... smettila di fare rumore..” borbottò Draco, mezzo assonnato, stringendo
il braccio che ancora cingeva la vita del compagno, per riattirarlo a se.
“Draco svegliati! Non è questo il momento...” cercò di farlo ragionare Harry ma
il biondino lo aveva già rovesciato tra i cuscini e il resto della frase si
perse contro le sue labbra.
Nonostante la consapevolezza di quello che sarebbe accaduto, da lì a poco, se
non fossero ritornati nei loro dormitori, nonostante sapesse che Alexander era
lì, a pochi passi da loro, e li stava osservando, probabilmente con un ghigno
divertito sul volto candido, Harry non riuscì ad opporgli resistenza che per
qualche istante, prima che la sapienza di quelle labbra e la malia di quella
lingua avessero la meglio sul suo autocontrollo.
Si lasciò trascinare in quella danza conosciuta e familiare dimentico di ogni
cosa almeno finchè non sentì Draco irrigidirsi violentemente.
Socchiuse allora le palpebre, confuso, una muta domanda nelle iridi verdi, prima
di notare un ombra scura su di loro.
Kazam si era mosso, mortalmente silenzioso sul tappeto morbido, e ora l’aculeo
nero era a pochi centimetri dalla fronte del biondino che fissava quell’arma
letale con pupille dilatate.
“Signor Malfoy...” il sibilo che uscì dalle labbra del rettile aveva un che di
terribilmente spettrale “...fra poco meno di quaranta minuti tutta Hodgwards
comincerà a pensare che io vi abbia mangiato...” sussurrò “..e se non volete
tramutare questa ipotesi in realtà...” disse con un sorriso suadente, scostando
la coda con un guizzo candido “...vi consiglio di affrettarvi...” mormorò. “Nel
malaugurato caso che, per colpa vostra, mi toccasse, ancora una volta, un
rimprovero della vostra professoressa di Trasfigurazione..” avvertì incrociando
le braccia sul petto “...sappiate che ve la farò pagare...” minacciò,
sottolineando l’affermazione con il sinistro tintinnio del pungiglione scuro.
Harry si affrettò ad annuire mentre Draco si scostava da lui per cercare di
darsi un contegno.
Alexander li osservò cupo, per qualche istante, prima di emettere un lieve
sbuffo divertito.
Dobbiamo avere l’aria decisamente arruffata, pensò tra se e se Harry,
arrossendo.
“I vostri abiti..” lo distrasse Kazam, indicando loro due vesti abbandonate sul
basso tavolino di cristallo, davanti al camino.
“Ho usato un controincantesimo..” spiegò quando il grifondoro sgranò gli occhi,
stupito, nell’accorgersi che si trattava degli stessi indumenti che Draco aveva
fatto scomparire la notte prima.
“E’ stato poco saggio usare un ‘evanesco’ per liberarsene, signor Malfoy..”
rimproverò lo Slysshis, con tono didattico, “Il professor Vitius non vi ha forse
insegnato che quell’incantesimo dissolve le cose?” chiese suadente “Ma
immagino che in quel momento non fosse esattamente il cervello l’organo
pensante...” insinuò.
Le guance del biondo si tinsero colpevolmente di rosa mentre Harry abbassava lo
sguardo sui propri piedi, il volto incandescente.
In effetti non era stata una grande idea usare un ‘evanesco’, se Kazam non
l’avesse annullato si sarebbero ritrovati a dover rientrare nei rispettivi
dormitori avvolti nella fodera del divano!
Per fortuna il professore aveva scoperto che magia aveva lanciato Malfoy e qual’era
il controincantesimo altrimenti...
Harry bloccò sul nascere il proprio sollievo, sussultando, colto da un pensiero
improvviso.
“Un momento!” gracchiò alzando il capo di scatto.
“Sì?” domandò dolcemente Kazam, un lieve sorriso che non prometteva nulla di
buono sulle labbra sottili, segno che aveva intuito che cosa stava per
chiedergli il ragazzo e che, stranamente, non vedeva l’ora di rispondergli.
“Lei come faceva a sapere che Draco ha usato un ‘evanesco’!?” domandò pallido,
il moretto.
“Avrà usato un ‘innerva’, no?!” disse il biondino, sicuro, alludendo
all’incantesimo che permetteva di conoscere qual’era l’ultima magia lanciata da
una bacchetta.
“No, no..” mormorò Kazam scuotendo il capo, facendo ondeggiare le chiome dorate
con fanciullesca soddisfazione, un ghigno lucente ad incurvargli le belle labbra
scure mentre sulla sua fronte, con un piccolo suono ovattato, la palpebra
verticale si schiudeva liberando l’iride verde elettrico dalle sue catene
scarlatte.
La Terza Iride.
Grazie ad essa Alexander poteva vedere attraverso il mantello dell’invisibilità
e... nel passato.
Quel pensiero azzerò tutti gli altri, nella mente del moretto.
“Lei.. lei... ha guardato...” fu Draco ad ansimare, dando voce ai suoi
timori.
“Oh sì!” non si premurò di negare lo Slysshis, candido, “E deciderò con calma
una punizione adeguata per il vostro aver dimenticato di riempire la mia
ampollina...” sentenziò assumendo un’aria contrariata.
Malfoy aprì e richiuse la bocca, un paio di volte cercando qualcosa da dire,
senza tuttavia trovarlo, annientato dalla rivelazione del professore, Harry,
invece, si limitò a rimanere con bocca e occhi spalancati, incredulo, fissando
l’insegnante mentre voltava loro le spalle.
Con un ultima, distratta, raccomandazione sull’essere puntuali a lezione, lo
Slyssish uscì dalla Stanza delle Necessità richiudendosi la porta alle spalle,
silenziosamente.
Kazam si concesse qualche momento, rimanendo immobile dietro l’uscio chiuso, la
mano candida posata sulla maniglia dorata, le lebbra piegate in un morbido
sorriso soddisfatto.
Forse avrebbe dovuto raccontar loro di aver trovato la bacchetta di
Potter a terra, dalla parte del divano occupata da Malfoy, e di aver usato un
semplice ‘innerva’ che gli aveva consentito di ipotizzare quanto era accaduto.
Ipotesi che era stata poi avvalorata dalla mancanza, nella stanza, sia degli
abiti dei suoi due studenti, sia della sua ampollina.
Sì, avrebbe dovuto dir loro così, gli fece notare la sua coscienza.
In fondo, quella, era la verità.
Ma la tentazione di vedere le loro espressioni nello scoprire di essere stati ‘visti’
aveva avuto il sopravento.
Prima o poi avrebbe detto loro come stavano davvero le cose, si blandì, tra se e
se.
“Prima o... poi...” sussurrò con un ghigno, scivolando verso il suo
ufficio.
Harry s’infilò tra le lenzuola del proprio letto consentendosi infine di
liberare un sospiro.
Era stata una notte davvero incredibile.
Avrebbe voluto parlare con Draco di quello che era accaduto, di quello che
avevano sentito.
Era tutto così strano, così improvviso ed intenso.
Sospirò piano.
Avrebbe voluto analizzare quell’incredibile situazione con lui ma non ce n’era
stato il tempo, quando Kazam se n’era andato la pendola che occupava un angolo
della Stanza delle Necessità aveva battuto le sette e un quarto.
Fortunatamente avevano trovato sul camino un piccolo contenitore di polvere
volante che aveva permesso loro, dopo un fugace bacio, di sbucare nei camini dei
rispettivi dormitori.
“Già sveglio?”
La voce assonnata di Ron lo fece voltare verso il giaciglio dell’amico.
“Sì..” sussurrò piano, per non disturbare gli ultimi minuti di sonno degli altri
camerati.
Il rossino si passò una mano tra i capelli arruffati, cercando di sistemarseli
ed Harry si chiese fugacemente come avrebbe preso quello che voleva dirgli.
Aveva deciso.
Draco l’aveva aiutato a rinascere.
E, quel nuovo Harry, che era risorto dalle ceneri del vecchio, non voleva più
commettere gli stessi errori del passato.
Avrebbe parlato a Ron ed Hermione della Profezia.
E di Draco.
Erano i suoi migliori amici, gli unici che avesse mai avuto.
Avevano diviso tante esperienze.
Voleva che fossero partecipi anche delle sue preoccupazioni e delle sue gioie.
A colazione il clima sembrava quello di ogni altro giorno, di ogni altro anno,
eppure Harry vedeva tutto attraverso occhi diversi. Tutto attorno a lui assumeva
sfumature nuove, contorni che non aveva notato, significati che aveva perso o
che non aveva mai carpito.
Forse era soltanto la consapevolezza che presto avrebbe dovuto combattere la
battaglia decisiva e che si sarebbe trovato a dover rischiare di non rivedere
mai più quei luoghi, nell’impossibilità di rivivere quei momenti, o forse era
semplice, limpida, felicità.
Fatto era che, quel mattino, il succo di zucca gli sembrava più buono del solito
e la torta gli faceva venire quasi le lacrime agli occhi per la sua dolcezza.
Si ritrovò a sorridere con calore a Ron ed Hermione che lo guardarono perplessi
ma contenti di vederlo così solare.
Rassicurato da quei loro sguardi Harry chiese ad entrambi d’incontrarsi in
biblioteca, poco più tardi, avrebbe optato nuovamente per il lago ma fuori,
nonostante il sole, un forte vento freddo sferzava i malcapitati che avevano
deciso di avventurarsi tra le sue correnti e lui non aveva nessuna intenzione di
gridare quanto doveva dire, solo per farsi sentire, anche perchè, temeva,
sarebbe stata una cosa dannatamente lunga.
“Allora cosa volevi dirci?” gli chiese impaziente Ron, quando si trovarono
seduti ad un tavolo appartato, nella grande biblioteca, i compiti velocemente
abbandonati prima ancora di essere stati iniziati.
“Ci sono tre cose di cui vi devo parlare..” mormorò Harry traendo un
profondo respiro.
Si era autoimposto di specificare il numero degli argomenti in modo da non poter
ritrattare con se stesso la decisione che aveva preso.
“La prima è.. la Profezia” mormorò, deciso a cominciare dalla parte più
difficile, sperando che così, il resto, gli sarebbe risultato più facile da
sputare.
“Profezia?” mormorò Hermione perplessa “Quella che volevano rubare al Ministero
l’anno scorso?” domandò
Il moretto annuì e poi, preso un profondo respiro ripetè per l’ennesima volta le
parole della sua condanna.
“Non capisco...” ammise Ron “Parla di Tu sai chi...?”
“Sì..” confermò Harry “..parla di lui e... di me”
Il rossino sbarrò gli occhi mentre Hermione si copriva le labbra con le mani,
trattenendo un singhiozzo.
“C’era il tuo nome sullo scaffale...” ricordò pallida.
“Ma era andata distrutta!” si oppose Ron.
“Sì è vero..” ammise il moretto “...ma Silente l’aveva già ascoltata, è stato
lui a riferirmela..” spiegò.
“Quindi tu..” sussurrò Hermione piano, senza il coraggio di portare a termine
l’affermazione.
Harry emise un sospiro passandosi stancamente una mano tra i capelli castani
“Io..” disse “...dovrò uccidere Voldemort, o farmi uccidere da lui...” sussurrò
e Ron allungò una mano per poggiarla sul suo braccio, in muto sostegno: “Harry...
qualunque cosa accada... noi saremo con te, lo sai vero?” disse serio come non
lo era mai stato.
Il moretto li fissò entrambi trovando i loro sguardi determinati e sorrise
dolcemente mormorando un flebile, imbarazzato: “Grazie..” mentre il silenzio li
stringeva tra le sue braccia suggellando quel loro patto.
Solo dopo diversi minuti Hermione prese la parola: “Le altre due cose?” gli
chiese piano, incerta se spezzare quel momento o meno.
“Ho fatto diverse scoperte ieri notte...” mormorò Potter, felice di cambiare
argomento, sperando vivamente di non essere arrossito.
“Sei riuscito a guardare nel Pensatoio?” lo interruppe subito Ron, curioso, ma
il moretto negò.
“No, ne ho parlato con loro...” disse.
“Loro?” ansimò Hermione “Indenti Malfoy e il Professor Kazam?!” domandò.
Harry annuì: “Le nostre ipotesi erano completamente sbagliate...” rivelò “Tanto
per cominciare sono gli insegnanti che leggono la nostra posta, per ordine di
Silente stesso!”
“Che cosa?!” chiese il rossino, incredulo alzando un po’ troppo la voce.
Hermione gli lanciò un’occhiataccia facendogli cenno di parlare piano prima di
invitare Harry a dar loro delle spiegazioni.
“Lo fanno per controllare che nessuno riferisca un certo particolare anatomico
di Alexander..” spiegò il ragazzo “...e della presenza di Draco..” cominciò.
“Le ali!” lo interruppe la caposcuola.
“Le ali?” interloquì, perplesso, Ron.
La ragazzina fissò Harry in cerca di conferma “E’ dalla prima volta che ho visto
il professor Kazam che ho avuto l’impressione che in lui ci fosse qualcosa di
sbagliato...” disse “...ma solo adesso ho capito... gli Slysshis non hanno le
ali!” sentenziò.
“Eh?” esalò il rossino perplesso “Allora non è uno Slysshis..?”
“Oh sì che lo è...” lo confuse ancora di più la ragazza “Ma non è un Maschio
come credevamo... è una Madre!” ansimò, resa senza fiato dalla sua stessa
constatazione.
Harry annuì silenziosamente fissando le facce sconvolte dei due.
“Ma allora...” sussurrò Hermione “...i libri di storia mentono!” disse
scandalizzata, quasi ferita personalmente da quella scoperta.
“No... non del tutto..” la corresse Potter “...all’epoca nessuno sapeva che
Kazam era una Madre, e, solo diversi anni più tardi, ha sciolto l’incantesimo
che aveva gettato sul proprio aspetto, rivelando la verità a Silente e ad Hagrid..”
spiegò.
“Ma Hagrid ti ha detto di starci attento..” obbiettò Ron perplesso ma il ragazzo
dagli occhi verdi scosse il capo con una smorfia: “Credo di aver frainteso il
suo avvertimento in quell’occasione...” ammise “Lo sapete la passione che ha
Hagrid per le creature pericolose..” ricordò loro “...credo che volesse dirmi di
stare attento a lui nel senso di ‘non fargli del male’..”
“Non si può fare del male a quell’affare lì...” protestò vivacemente il rossino.
“Quell’affare lì..” ringhiò Harry “...ha visto gli Auror uccidere la persona che
amava al posto suo e fare a pezzi i suoi figli..” disse con uno sguardo
d’acciaio facendo sì che l’altro si mordicchiasse le labbra colpevole e
mormorasse un flebile: “Scusa..”
“Quindi Silente non vuole che si sappia che è una Madre... posso capirne il
motivo...” rifletté Hermione distogliendo l’attenzione dell’amico “Gli Auror lo
ucciderebbero..” ipotizzò.
“Non solo...” sussurrò Harry cupo “Pare che Voldemort stia radunando gli
Slysshis superstiti...”
“Il tuo sogno!” ricordò Ron “Non era il professore.. era uno dei Maschi trovati
da Tu sai chi?!” esclamò “E Silente userà Kazam come ha fatto con Hagrid per
cercare di portarli dalla nostra parte!” intuì ed il moretto annuì, serio.
“Gli Slysshis...” ansimò Hermione impallidendo, sollevando il capo di scatto per
passare forsennatamente lo sguardo sui due amici “...ma allora... oh mio dio,
Harry stanno venendo qui!”
“Qui?!” esalò Ron.
“Hogward è protetta da barriere potentissime, lo sapete...” spiegò lei,
concitatamente, “...solo uno Slysshis potrebbe abbatterle... per questo
Voldemort li ha radunati...” sussurrò ed Harry la fissò con occhi sgranati,
mentre la consapevolezza di quanto fosse fondata la sua ipotesi gli serrava lo
stomaco in un crampo doloroso
Voldemort stava per piombare su Hodgwards e lui... non era sicuro di essere
pronto...
“Fantastico...” mormorò Ron “Kazam è una Madre e Tu Sai Chi sta venendo qui...”
borbottò “Che altro sta succedendo?” chiese ironico, evidentemente convinto che
fosse tutto.
“E’ vero...” ricordò invece Hermione “Hai detto che controllano le lettere per
evitare che si parli di Kazam e di Malfoy... Perchè Malfoy?” chiese.
“Perchè è morto..” disse quasi distrattamente il moretto ancora preso dalle sue
cupe elucubrazioni sul prossimo arrivo del mago oscuro.
“Morto?!” esclamò Ron con gli occhi fuori dalle orbite.
Harry si accorse che i due sembravano sul punto di avere un infarto e decise di
spiegarsi: “Kazam l’ha resuscitato con la pozione, quella che gli ho visto dare
a Piton..”
“Resuscitato?” pigolò il rossino sempre più pallido ed Harry sbuffò decidendosi
a cominciare dall’inizio.
“Lucius non è morto...” rivelò “...ha fatto bere a Draco la pozione Polisucco
per fargli assumere il suo aspetto e poi l’ha strangolato inscenando il
suicidio, così da portesi muovere liberamente per conto di Voldemort...”
“Mio dio..” ansimò Hermione ed Harry annuì cupo: “Fortunatamente Draco è venuto
qui ad Hogdwards, sotto forma di fantasma, e Silente ha chiamato il professor
Alexander sapendo che solo il suo sangue poteva salvarlo...”
“Il suo.. sangue? Intendi la pozione..” intuì la ragazza “Sangue di una
Madre... ma certo!” esclamò senza lasciargli il tempo di parlare “Questo spiega
tutto... e poi la sua pelle è troppo chiara perchè vi scorra del sangue rosso.”
disse battendosi un colpetto sulla fronte, come a rimproverarsi di non averci
pensato prima.
“Ma quindi chi l’ha rubata?” domandò Ron confuso “A questo punto le parole di
Silente sono ovvie.. non può essere stato ne Malfoy e, tanto meno, Kazam..”
ragionò.
“Non lo sappiamo ancora..” ammise Harry.
“Ok...” accettò il rossino accantonando, per il momento, quell’interrogativo
preso da altri, ben più seri pensieri, se anche la terza novità era di quella
portata era autorizzato a svenire?
“Manca solo la terza cosa..” disse facendosi forza “...e poi credo che potrò
andare in infermeria a farmi dare dei sali..” pigolò.
Harry si mordicchiò le labbra, in imbarazzo.
Forse aveva lasciato per ultima la cosa più difficile.
Forse poteva rimandare quella parte... li aveva già sconvolti abbastanza e poi
non ne aveva ancora parlato nemmeno con Draco e..
“Si tratta di Malfoy?” interruppe le sue riflessioni, Hermione, fissandolo seria
Il moretto sgranò gli occhi, una muta domanda nello sguardo e lei gli sorrise
dolcemente: “L’hai chiamato Draco per tutto il tempo, senza nemmeno accorgerti,
mentre parlavi..” gli fece notare e il ragazzo dovette mordersi la lingua
rendendosi conto che aveva ragione.
“Sì, si tratta di.. Draco..” ammise mentre Ron faceva scorrere lo sguardo
tra i due: consapevole quello di Hermione, imbarazzato ma limpido, quello di
Harry.
“Oh no..” sussurrò “Io ho già visto una scena come questa..” gracchiò
sorprendendo l’amico.
“Cosa?” gli chiese il moretto, perplesso.
“Dimmi che mi sbaglio..” sussurrò l’altro senza rispondergli “Dimmi che non sei
gay!?” pregò.
Ma Harry non riuscì a negare, cominciando a boccheggiare come un pesce fuor
d’acqua mentre Hermione scuoteva piano il capo, con un sorriso accondiscendente.
“Come.. come fai a..”cominciò Harry ma l’amico affondò il capo tra le mani con
un lamento: “Anche tu, no!” protestò guadagnandosi un nuovo sguardo confuso.
Fu Hermione a venirgli in soccorso mormorando un solo nome: “Bill.”
“Bill?” domandò il ragazzo, perplesso, mentre nella sua mente si formava
l’immagine del più grande dei fratelli del rossino, “Aspetta intendi Bill Weasly?!”
fu il suo turno di stupirsi.
“Già..” sospirò la caposcuola “I più belli sono tutti gay!” borbottò “Bill,
Draco, tu..” elencò quasi distrattamente.
Harry arrossì per il complimento, per un momento dimentico di Ron che aveva
nuovamente sollevato il viso dalle braccia.
“Da quando tuo fratello è..?” volle sapere, voltandosi verso di lui, curioso.
“Dal quinto anno.. però ce l’ho ha detto solo una volta che si è diplomato..”
gli rispose mesto Ron “...ha il... ragazzo..” deglutì quella parola con un po’
di difficoltà “...da due anni ormai..” borbottò.
“Cavolo..” mormorò Harry.
“Jinny ci rimarrà malissimo sai?” lo accusò l’amico, riacquistando un po’ della
sua verve “Lei adorava Bill, era il suo idolo.. in un certo senso ne era
innamorata... e poi sei arrivato tu... e adesso..” Ron sospirò mentre il
silenzio calava nuovamente su di loro.
Fu proprio il rossino a spezzarlo nuovamente: “Harry.. io sono già passato per
la fase incredulità, odio, accettazione e così via, con Bill..” mormorò “...e mi
ci è voluto un bel po’ per capire che, il fatto che gli piacesse qualcuno di
nome Mark e non Mary, non cambiava la persona che io conoscevo...” ammise “...per
cui, se mi lasci un po’ di tempo per riavermi dallo shock, ti prometto che
cercherò di non commettere lo stesso errore anche con te..” disse serio “...ma...
proprio Malfoy!?” chiese con occhi supplicanti.
Harry ridacchiò imbarazzato: “Temo di sì..”
“E’ già successo qualcosa tra di voi, vero?” chiese Hermione che aveva notato
gli sguardi che si erano scambiati i due, a colazione.
Harry divenne rosso come un peperone e Ron spalancò la bocca allibito prima di
coprirsi le orecchie con le mani: “Non lo voglio sapere!”
“E se invece te ne dessimo una dimostrazione pratica?” chiese una voce
conosciuta facendoli sussultare tutti e tre.
Harry si volse di scatto incontrando lo sguardo grigio ghiaccio del suo
biondino, placidamente appoggiato alla libreria, a qualche passo da loro.
“Da quanto sei lì?” chiese.
“Oh, eravate così immersi nei vostri pettegolezzi che non volevo disturbare..”
mormorò il serpeverde con un sorrisetto sardonico, avvicinandosi.
E, prima che Harry avesse modo di muoversi, si chinò su di lui e gli coprì le
labbra con le proprie in un casto bacio, sotto gli occhi esterrefatti dei due
amici.
“Io e te dobbiamo parlare..” mormorò pochi istanti più tardi, sulle sue labbra.
“Stasera siamo in punizione..” gli ricordò Harry, stranito.
Ma Draco lo sorprese scuotendo il capo: “Kazam è uscito subito dopo colazione e
pare che non rientrerà presto, pertanto la nostra punizione è momentaneamente
sospesa..”
“E’ uscito?” domandò Hermione, indagatrice.
Il biondino sollevò lo sguardo su di lei, senza metterci lo sprezzo che
solitamente le riservava e, sorprendendo Harry e Ron le rispose, freddo, ma
cordiale: “Sì... credo che sia andato dagli Slysshis...”
“Sono arrivati..” sussurrò il rossino.
“O sono molto vicini..” confermò Draco “...e ora, se volete scusarci, ho
esaurito la mia scorta di gentilezza per oggi quindi mi porto via il mio
ragazzo..” disse afferrando Harry per un braccio e trascinandoselo dietro senza
salutare.
Il moretto rimase per diversi minuti così concentrato nel riassaporare
l’immagine di Draco che si riferiva a lui come al ‘suo ragazzo’ che non si
accorse di dov’erano, fino a che il biondino non si arrestò di fronte ad una
porta. Arrossendo subito dopo nel capire che erano nuovamente davanti alla
soglia della Stanza delle Necessità e Draco ghignò.
“Parlare Potter.. parlare...” gli disse spingendolo dentro “...dietro quel tuo
faccino angelico nascondi un animo maniaco, di la verità?”
“Non ho detto niente!” protestò il grifondoro
“Ma l’hai pensato..” ridacchiò Malfoy lasciandosi cadere di peso sul divano,
facendogli cenno di sederglisi accanto.
“Bene Harry...” iniziò senza perdere tempo “...potrei girarci attorno
all’infinito, farmi trattenere dal mio orgoglio di Malfoy, aspettare che sia tu
a cominciare e così via... sprecando così questo tempo che abbiamo discutendo
per ore, soltanto per giungere a quello che invece ti dirò adesso...” disse con
un sorriso, fissandolo dritto negli occhi: “Ti amo”.
“Eh?” ansimò il moretto colto completamente alla sprovvista.
“Mi sembrava una cosa ovvia ma era altrettanto ovvio che tu non ci fossi
arrivato...” sbuffò il biondo sollevando gli occhi al cielo, esasperato
“..pertanto ho preferito dirtelo chiaro e tondo... se serve te lo scrivo..” si
offrì con la sua miglior espressione innocente.
“Senti un po’..” s’infervorò il moretto, colpito nel vivo ma Draco lo rovesciò
sul divano senza permettergli di continuare la frase.
“Che stai facendo...?” ansimò Harry, il cui cuore era già partito al galoppo, il
corpo incredibilmente sensibile, nonostante la barriera offerta dai vestiti, al
calore di quello dell’amante.
“Visto che ti ho detto quanto dovevo e che ora ci resta un sacco di tempo
libero..” insinuò il serpeverde avvicinando le labbra alle sue.
“E poi ero io il maniaco...” sussurrò il moretto pochi istanti prima che le loro
bocche si unissero.
Sprofondarono in quel bacio perdendo nuovamente coscienza di ogni cosa se non
dell’altro, a lungo, duellando per il controllo di quella danza umida,
cercandosi e ritraendosi finchè non rimasero senza fiato e la necessità di
respirare li costrinse a staccarsi.
“Ti amo anch’io..” sussurrò Harry con voce roca e per la prima volta in tutta la
sua vita ebbe la magnifica visione di un Draco dal volto rosso pomodoro.
Il resto del pomeriggio passò senza grossi problemi.
Era sabato ma il mal tempo aveva scoraggiato gli studenti ad uscire e i più
avevano bighellonato svogliatamente prima di decidere di coricarsi per la notte.
Harry tuttavia non riusciva a dormire.
Troppi pensieri si accavallano nella sua mente e il rombo dei tuoni lo
innervosiva, impedendogli di assopirsi.
E poi.. gli mancava Draco.
Era possibile?
Stavano insieme da meno di ventiquattro ore ed era già dipendente da lui.
Sospirò e, arresosi all’evidenza che, nonostante per una volta potesse dormire
tranquillo, non c’era verso di sprofondare nel sonno, decise di munirsi del
mantello dell’invisibilità ed andare a vedere se Kazam era tornato dalla sua
missione.
“Dove vai?” la voce assonnata di Ron lo riscosse dal suo silenzioso prepararsi
per uscire.
“Volevo vedere se è rientrato Alexander..” spiegò.
“Vengo con te..” si offrì Ron ed Harry annuì felice.
Almeno una pena gli era stata risparmiata. Si appuntò mentalmente di ringraziare
Bill per il favore che, seppur senza saperlo, gli aveva fatto, e s’insinuò sotto
il mantello con l’amico, sgattaiolando fuori dal dormitorio.
Scesero silenziosi le scale, dirigendosi verso i sotterranei, procedendo senza
problemi per un po’.
“Aspetta..” sussurrò però ad un tratto Harry, obbligando l’amico ad appiattirsi
contro il muro: la mappa del malandrino indicava l’avvicinarsi di Gazza.
“Che bella nottata, vero Missis Purr?” mormorò l’uomo lanciando un’occhiata al
temporale che imperversava fuori dalle finestre “Con questo tempaccio nessuno
studente farà il furbo..” disse allegro, sorpassandoli senza notarli,
proseguendo per il corridoio seguito dal suo felino.
Harry e Ron tirarono un silenzioso sospiro di sollievo che si gelò, però, sulle
loro labbra quando, nello spostarsi per proseguire, il rossino urtò con un piede
l’alabarda dell’armatura accanto a lui, facendola scivolare dalla mano del
cavaliere.
L’arma di metallo pesante cadde sul pavimento di pietre con un boato assordante
mentre i due ragazzi si affrettavano a ritrarsi, trattenendo il fiato.
“Chi è là!” ringhiò il custode tornando a grandi passi verso di loro.
L’uomo osservò l’armatura con attenzione, trapassando con lo sguardo, senza
vederli, i due studenti rannicchiati sotto il mantello, e poi sbuffò
innervosito, osservando la pesante alabarda a terra.
Harry si aspettava di vederlo chinarsi, per raccoglierla e risistemarla al suo
posto, ma con sua grande sorpresa Gazza estrasse una bacchetta dalla tasca
consunta dei suoi pantaloni e boffoncchiò una parola, facendola levitare.
“Guarda Missis Purr..” disse alla sua gatta con un sorriso felice che Harry non
gli aveva mai visto “Sto imparando ad usare la magia!”
La gatta emise un miagolio indecifrabile mentre Harry e Ron lo osservavano
risistemare l’alabarda per riprendere poi la sua ronda.
“E’ stato lui..” ansimò il moretto quando fu certo che l’altro era ormai fuori
portata d’udito.
“Ce l’avevo sotto il naso!” si auto-rimproverò incredulo “Quella notte ho
guardato sulla mappa prima di tornare al dormitorio e lui era l’unico nei
sotterranei!” esclamò “Il ladro ha forzato la porta dell’ufficio di Kazam senza
usare la magia, non per sfuggire ad un controllo, ma semplicemente perchè non
aveva altro modo!” ragionò a voce alta.
“Il ladro.. è Gazza?!” disse incredulo Ron.
Harry annuì “Ricordi? Dopo la lezione di Difesa tutti noi andavamo in giro a
parlare della pozione e dei suoi poteri miracolosi.. Gazza deve aver sentito...
e ha sempre desiderato essere un mago.. aveva anche comprato un corso per
corrispondenza!” rammentò.
“Incredibile..” sussurrò il rossino.
“Già..” disse tra se e se Harry ricordando che, solo la sera prima, aveva visto
il custode inseguire un’armatura mezza trasfigurata.
Nel corridoio non c’era nessun altro!
E quando Gazza l’aveva visto si era affrettato a dare, a gran voce, la colpa ad
ignoti ragazzini.
Era stato lui, lui stava provando ad usare la magia che la pozione di Kazam gli
aveva donato!
“Hey Harry da che parte?” chiese Ron e il moretto si riscosse dalle sue
elucubrazioni notando che erano ormai nei sotterranei.
“Di là..” stava per dire quando riconobbe il familiare rumore delle scaglie che
strusciavano sulla pietra.
“Mette i brividi..” borbottò Ron, tra se e se, mentre Harry si toglieva il
mantello, comunque inutile con il loro insegnante, e si avvicinava alla lunga
sagoma serpentina che stava uscendo da un cono d’ombra.
“Professor..” mormorò ma le parole gli morirono in gola.
Quello davanti a lui era uno Slysshis... ma non era Kazam.
Il volto era decisamente maschile e, seppure avvenente, molto più squadrato di
quello del loro insegnante.
Aveva lisci capelli di un nero corvino, legati in un alta coda di cavallo, che
gli piovevano in tenebra liquida fino a metà dell’ampia schiena muscolosa. La
sua pelle, poi, era di uno scuro color dorato che lo faceva sembrare abbronzato
anche se Harry sapeva perfettamente che non era possibile, data la loro
avversione per la luce del sole.
Nonostante la mancanza delle ali quello Slysshis era decisamente maestoso e dava
l’impressione di una potenza molto pericolosa.
Il rettile li fissò, ostile, facendo dardeggiare la coda, riempiendo il
corridoio con il suo sinistro tintinnio mentre sulla sua fronte una terza iride,
di un inteso azzurro cupo, si apriva con uno scatto, sondandoli.
“Radek?” la familiare voce del loro insegnante di Difesa spezzò il silenzio
gelido sceso tra i tre.
Da dietro le spalle dello Slysshis dorato emerse la sagoma candida ed elegante
di Kazam che passò lo sguardo dai due ragazzi al compagno.
“Signor Potter... ancora problemi d’insonnia?” domandò con un mezzo sorriso
“Pensavo che finalmente Draco avrebbe supplito a questa sua atavica difficoltà
nel restare tra le coperte di notte..” insinuò facendolo arrossire.
“Signor Weasly... mi stupisco di lei.. non è il prefetto dei grifondoro?” gli
chiese ottenendo un imbarazzato mormorio.
“Tornate a dormire..” li congedò sventolando una mano e i due annuirono
lanciando un ultimo sguardo allo Slysshis dorato che aveva seguito quello
scambio di battute in silenzio, la coda che spazzava minacciosamente il
pavimento di pietra, lo sguardo assassino puntato su di loro.
“Credevo davvero che ci avrebbe ucciso... hai visto come ci guardava quel
Maschio!” ansimò Ron, il mattino dopo, a colazione, mentre Harry raccontava
l’accaduto ad Hermione.
“Li ha trovati!” esclamò la ragazza colpita “E li ha portati qui?!”
chiese incredula.
“A quanto sembra...” mormorò il moretto “Stasera andrò da lui e poi vi farò
sapere..” promise.
Dato che, a differenza del giorno precedente, nessuno aveva detto loro di NON
presentarsi quella sera Harry giunse puntuale nell’ufficio del professore di
Difesa e vi trovò Draco, già seduto al suo posto.
“Secondo te verrà?” chiese al compagno notando l’assenza dell’insegnante ma non
fece in tempo a terminare la domanda che il rettile scivolò in classe, nella sua
forma animale.
Li fissò per un momento, saggiando l’aria con la lingua biforcuta, e poi la luce
lo avvolse racchiudendolo in un bozzolo candido che crebbe fino ad esplodere
quando spalancò le ali, riprendendo le sue reali sembianze.
“Buona sera..” mormorò coprendo uno sbadiglio dietro la mano pallida ed Harry lo
fissò perplesso.
Kazam sbadigliava spesso ma non lo aveva mai visto così stanco e... il termine
esatto era: arruffato.
I capelli dorati erano nuovamente legati con i nastri rossi ma avevano comunque
un’aria vagamente disordinata e il suo viso pallido presentava chiare tracce di
stanchezza.
“Tutto bene?” chiese, lievemente preoccupato.
L’insegnante gli porse un debole sorriso: “Più o meno..” mormorò “Sono venuto
perchè c’è qualcosa che devo riferirvi..” disse cambiando evidentemente
argomento.
“Come avete potuto vedere ho trovato gli Slysshis..” disse “Il loro Capo Clan è
venuto con me per parlare con Silente...” spiegò “...mentre gli altri sono
rimasti per far credere a Voldemort che sono ancora dalla sua parte...” mormorò
“Abbiamo un po’ di tempo per organizzarci dato che i maghi oscuri stanno
aspettando che i Giganti li raggiungano dalle montagne prima di venire qui.”
disse “Quando i Mangiamorte daranno l’ordine gli Slyssshis abbatteranno la
barriera che circonda Hogwards, come da accordi, ma poi si ritireranno qui al
castello.” spiegò osservandoli per essere certo che lo stessero seguendo
“Voldemort non sa che li stiamo aspettando, useremo l’effetto sorpresa, una
volta caduta la barriera sarà possibile smaterializzarsi e allora arriveranno
gli Auror a darvi man forte..” disse loro “Gli Slyssish si sono impegnanti a non
attaccarli..” spiegò “...ma si limiteranno a questo, non daranno loro una
mano...” mormorò “E’ il massimo che sono riuscito ad ottenere.”
“Almeno non ce li avremo contro..” borbottò Harry.
Kazam annuì “E gli studenti saranno al sicuro, gli Slyssish proteggeranno
Hogwards, in quanto nido della loro Madre, e credetemi, difficilmente qualcuno
riuscirà ad entrare finchè sarà sotto la protezione di una ventina di Maschi...”
“Sono rimasti così pochi..?” chiese stupito Draco.
“Sono anche troppi..” borbottò Kazam, con una smorfia, ma Harry non riuscì a
chiedergli cosa intendesse perchè la porta dell’ufficiò venne spalancata con
tanta forza da rischiare di staccarla dai cardini.
“Alexander!”
Radek, piombò nella stanza veloce come un fulmine, gli occhi ridotti a due
fessure di rabbia gelida e la mascella contratta.
“Che diamine ci fai qui!” ringhiò facendo schioccare la lingua, sbattendo la
coda contro il pavimento con tale impeto da scheggiare la pietra ruvida
“Dovresti essere a letto!” sentenziò irato.
Kazam sospirò passandosi una mano sul viso, scuotendo le ali candide “Non vorrei
offendere la tua virilità ma non mi hai stancato così tanto da costringermi a
rimanere a letto tutto il giorno..” gli disse con un sorrisetto strafottente sul
volto delicato.
“Che si stanno dicendo?” chiese Draco curioso, avvicinandosi al compagno per
bisbigliargli quelle parole in un orecchio, e solo allora Harry si accorse che i
due stavano parlando in serpentese.
“Hemm..” mormorò troppo imbarazzato per ripetere quello che aveva appena detto
il loro professore.
“Tu sei una Madre, e come tale, devi restare nel nido a riposare!” sbottò lo
Slysshis dorato ignorando i due ragazzi.
Lo sguardo di Alexander divenne granitico, a quelle parole “Non ho intenzione di
farmi rinchiudere un’altra volta..” gli ringhiò contro facendo trillare
minacciosamente il suo aculeo “E se credi che mi piegherò di nuovo alle vostre
stupide leggi ti sbagli di grosso! E adesso esci da qui, ho una punizione da
controllare!” gli intimò gelido.
“Tu adesso tornerai al nido, immediatamente!” s’impuntò Radek con occhi
fiammeggianti.
I due si sfidarono con lo sguardo ed Harry trattenne il fiato.
Facevano davvero paura.
Radek sembrava l’essenza stessa della potenza, i muscoli della braccia
contratti, i pugni serrati, le spire che scattavano nervose, ma Kazam... Kazam
risplendeva di un’aura candida, lucente della magia che, a malapena, tratteneva.
“Ce ne andiamo?” chiese prudentemente.
“E perderci lo spettacolo?” domandò Draco con occhi accesi d’interesse
“Vuoi essere resuscitato di nuovo...?” gli chiese Harry cupo.
Ma non ebbe risposta perchè Radek era schizzato in avanti mentre Alexander aveva
sollevato il pungiglione e spalancato le ali, soffiando minacciosamente. Per un
momento ci fu un caos di spire e sibili furenti, lampi di magia saettarono
nell’aria ma Harry si accorse con stupore che sembravano non avere effetto.
“La magia di una Madre non funziona sui Maschi..” mormorò Draco, osservando
affascinato lo scontro dei due “..me l’ha detto quando gli ho chiesto perchè non
aveva resuscitato Derek..” spiegò al moretto, ricordando una conversazione avuta
molto tempo prima con il loro insegnante.
“Oh..” mormorò Harry ma non riuscì ad aggiungere altro che, con un tonfo, Radek
sbattè Alexander sulla sua scrivania chiudendogli la bocca con la sua,
attorcigliando le spire dorate con quelle candide, per impedirgli di fuggire.
Kazam tentò di divincolarsi sotto di lui, agitandosi forsennatamente per qualche
minuto, ma poi dovette arrendersi alla forza del compagno. E allora Radek lo
sollevò dalla scomoda posizione in cui l’aveva costretto, stringendoselo
premurosamente contro, cominciando a far scivolare una mano sulla sua schiena
candida, tra le ali, per calmarlo finchè Harry stesso non riuscì ad avvertire
distintamente un flebile lamento provenire dal loro insegnante.
Alexander allungò le braccia per allacciarle alle spalle del compagno che fece
scorrere le spire dorate su quelle candide lentamente, strappandogli un ansito e
un tremito.
“Ok, andiamocene!” decise scarlatto in volto, alzandosi e afferrando Draco per
un braccio.
Il biondino ridacchiò “Ma no... aspetta ero curioso di vedere dove lo
tengono...”
“Draco!” tuonò il girfondoro con il volto incandescente spingendolo fuori dalla
stanza e, con un ultimo sguardo alle due figure allacciate, si richiuse la porta
alle spalle.
I giorni successivi si susseguirono in un clima teso, elettrico.
La tipica ‘calma prima della tempesta’ come aveva mormorato Hermione, cupa.
I prefetti e i caposcuola erano stati avvertiti di quello che stava per
accadere, ed erano stati esentati dalle lezioni per seguire un corso intensivo e
rapido di Difesa Contro le Arti Oscure tenuto da Piton.
Kazam era scomparso.
Harry si chiese se Radek fosse riuscito a rinchiuderlo da qualche parte mentre
Draco, dopo aver strappato al compagno la traduzione di che cosa si erano detti
i due Slysshis, ipotizzò che il Capo Clan fosse finalmente riuscito a ‘stancare’
a sufficienza il loro insegnante di Difesa.
Non ebbero comunque molto tempo per formulare teorie, visto che, più degli
altri, erano impegnati in allenamenti massacranti.
Harry doveva affrontare Voldemort, Draco aveva preteso di sistemare
personalmente il debito che aveva con suo padre e riprendersi la bacchetta che
quest’ultimo gli aveva sottratto, prima di ucciderlo.
Silente aveva riservato loro una stanza per allenarsi, sotto l’occhio vigile di
Lupin, tornato ad Hogwards non appena informato di cosa stava succedendo, e
Potter aveva scoperto, duellando con il biondino, che la pozione di Kazam non si
era limitata a resuscitarlo ma che aveva anche ricostituito la sua potenza
magica.
“All’inizio era davvero deprimente..” mormorò Draco un pomeriggio mentre, seduti
uno accanto all’altro facevano una pausa “Ero ritornato nel mio corpo ma la mia
magia era completamente scomparsa..” ricordò “Ho dovuto ricominciare quasi da
zero..” ricordò “E gli farò pagare anche questa...” disse cupo.
Harry sospirò e Draco lo fissò per un momento: “Dai sputa il rospo..” mormorò
facendogli scivolare un braccio, dolcemente, intorno alla vita.
Il grifondoro scosse il capo: “Io non so se posso farcela..” ammise abbassando
il viso e Malfoy rimase in silenzio per qualche secondo prima di allungare una
mano e mettergli due dita sotto il mento, obbligandolo a sollevare il viso per
guardarlo negli occhi: “Tu sei più forte di quel mago riciclato, Harry!” disse.
“Ma non so se sarò capace di.. toglierli la vita..” spiegò il ragazzo,
angosciato, “Sai, quando l’anno scorso, al Ministero, abbiamo lottato contro i
Mangiamorte... ho inseguito Bellatrix... volevo ucciderla..” confessò “Lei aveva
appena causato la morte di Sirius, davanti ai miei occhi. La odiavo ferocemente
eppure quando le ho lanciato un Crucio non è successo quasi niente...” spiegò.
Draco sospirò “Lo immagino..” mormorò “Le Maledizioni senza Perdono funzionano
soltanto se vuoi provocare dolore, devi goderne, la sola collera non ha molta
efficacia..”
Harry annuì, lanciandogli però un’occhiata interrogativa.
“Mio padre... una delle sue lezioni preferite...” spiegò il serpeverde, cupo.
“Te le ha insegnate?” ansimò il moretto.
Draco annuì “Ma non ero un gran che... torturare un elfo domestico mi faceva
venire la nausea..” rivelò “..ma era questione di sopravvivenza se non
l’eseguivo correttamente lui mi dava una dimostrazione pratica...” ricordò con
un brivido.
“Le usava contro di te?!” gridò il grifondoro balzando in piedi.
Malfoy scosse le spalle con stanca indifferenza “Suo padre aveva fatto lo stesso
con lui...” mormorò prima di sollevare gli occhi grigi e piantarli nei suoi
“Mettiamo la parola fine a tutto questo Harry.. una volta per tutte.. diciamo:
basta.” lo pregò.
Harry annuì e Malfoy sospirò abbracciandolo stretto, facendogli appoggiare il
capo sulla sua spalla: “Ricorda.. lui ha ucciso i tuoi genitori, ha causato la
scomparsa del tuo padrino e il dolore di moltissime altre persone...” mormorò
“...inoltre la sua vittoria vorrebbe dire la tua morte e io non voglio che tu
muoia..” disse.
“Nemmeno io voglio che tu muoia...” gli rispose il compagno “Promettimi che
farai attenzione..” lo supplicò con occhi preoccupati.
“Tranquillo!” lo blandì il biondino “Non ci tengo a farmi resuscitare di nuovo..
Kazam sarebbe capace di pretendere chissà che in cambio!” mormorò con un sorriso
riuscendo a strapparne uno, in risposta, al suo ragazzo.
Erano passati ormai quasi dieci giorni da quando Kazam era tornato ad Hodgwards,
con le notizie sui Mangiamorte, e l’atmosfera cominciava a farsi davvero
insostenibile.
Stavano cenando nell’ampia sala comune, nell’aria un borbottio cupo, teso,
quando un rombo violento fece tremare tutto il castello.
Con un rantolo Harry si portò la mano alla cicatrice, piegandosi in avanti sul
tavolo, mentre Silente scattava in piedi.
“Voldemort..” ansimò il moretto “E’ arrivato!”
“Tutti gli studenti nei loro dormitori! Subito!” tuonò il preside mentre i
prefetti si affrettavano a condurre tutti verso le loro case.
“Harry!” Draco attraversò la folla incurante delle occhiate stupite degli altri
studenti e dei suoi stessi compagni di casa. Il moretto incontrò il suo sguardo
e annuì dirigendosi con lui verso l’ingresso.
“Com’è la situazione?” chiese la vicepreside avvicinandosi alle grandi vetrate
che davano sul prato antistante Hogwards.
Tra le ombre della Foresta Proibita figure incappucciate si muovevano veloci.
“Sembra che sia giunta l’ora..” mormorò Silente fissando uno sguardo sul
grifondoro.
“Harry, Draco!” la voce di Kazam interruppe quello scambio silenzioso, di
sguardi, facendoli voltare di scatto.
Il rettile fece cenno loro di avvicinarsi, rimanendo nell’ombra di un’alta
colonna, attendendo che fossero i due studenti ad andare da lui.
“Professore..” sussurrò Harry, stupito, notando qualcosa di strano nel suo
aspetto.
I capelli dorati non erano legati ma sul suo viso non c’era più traccia di
quella stanchezza che l’aveva segnato l’ultima volta che l’aveva visto e nei
suoi occhi c’era una luce nuova, calda, dolce.
“Bevete questo...” sussurrò l’insegnante senza perdere tempo, tendendo loro due
coppe colme di liquido argenteo “Un po’ di aiuto vi servirà..” mormorò.
“E’ il suo..” sussurrò Draco sorpreso, notando il lungo taglio, fresco, che
solcava il polso dello Slysshis.
“Radek brontolerà per i prossimi sei mesi se lo scopre..” annuì, con un fugace
sorriso, Kazam “Quindi vedete di non farvelo scappare...” mormorò passando un
dito sulla ferita che si richiuse silenziosamente, senza lasciare traccia.
Riprese le coppe quando i due le ebbero svuotate prima di chinarsi e sfiorare la
fronte di entrambi con un bacio: “Buona fortuna..” mormorò e poi volse loro le
spalle, prendendo le sue sembianze animali e sparendo con un guizzo lungo il
corridoio.
“Direi che adesso è davvero ora di andare..” disse Draco prima di afferrare il
compagno per il colletto della veste e tirarselo contro. Si scambiarono un bacio
violento e poi si fissarono per un momento.
“Pronto?” gli chiese Draco ed Harry annuì con il capo, deciso.
Adesso basta, ricordò a se stesso le parole di Draco, avrebbero messo la
parola ‘fine’ a quell’incubo.
Il temporale giungeva da ovest.
Il vento aveva annunciato il suo arrivo precedendolo per correre veloce innanzi,
trascinando nel cielo le prime nuvole, enormi stendardi della stirpe dei cieli.
E, mentre l’azzurro sfumava in plumbee tinte sinistre, in lontananza, il passo
pesante dei tuoni sanciva l’arrivo del grande esercito della tempesta.
Non ci volle molto.
Le nuvole nere piombarono su Hodgward al galoppo, cavalieri senza volto,
schiacciandola sotto i loro zoccoli di pioggia e grandine, le lucenti spade di
luce, sguainate, a fendere il cielo nero.
E il vento danzò folle, facendo ondeggiare l’erba smeraldina, increspandola in
contrasti onde lucenti mentre le chiome della foresta sussurravano forte.
Le porte del castello si spalancarono per lasciar uscire i professori e i
prefetti mentre dalle ombre della foresta emergevano i Mangiamorte, i mantelli
neri, fluttuanti nella tempesta come ali scure.
Il cielo tuonò e un fulmine zizzagò nell’aria illuminando i due schieramenti,
immobili l’uno di fronte all’altro.
Harry si strinse nell’abito cercando di trattenere un brivido di freddo e paura
quando riconobbe l’alta figura di Voldemort al cui fianco spiccava, l’algido,
biondo, Lucius Malfoy.
“Chi si rivede.. papino..” ringhiò Draco al suo fianco, gli occhi grigi più
scuri del cielo sopra di loro.
Gli Slysshis, accanto ai Mangiamorte, sibilarono sollevandosi sulle proprie
spire e poi Lucius alzò un braccio dando l’ordine.
Due di loro sollevarono la coda puntandola contro la scuola.
Un onda di luce liquida, di un sinistro verde dorato scaturì violenta dal loro
aculeo schiantandosi pochi metri più avanti contro un muro invisibile.
La barriera vibrò liberando una cupa nota, simile al rintocco d’una enorme
campana, e poi... divenne visibile.
Una mastodontica cupola d’argento che andò sfaldandosi laddove era stata colpita
dal veleno degli Slysshis disintegrandosi in milioni di stelle, per poi
collassare su se stessa.
Per un momento, solo il canto del vento e l’ondeggiare dell’erba tra i due
schieramenti diedero segno dello scorrere del tempo poi un Mangiamorte sollevò
la bacchetta, i dissennatori si lanciarono in avanti, i giganti batterono i
pugni sui petti enormi e Voldemort grido un ordine.
Lo scontro iniziò.
Nel cielo i fulmini si rincorrevano violenti e mortali, specchio della battaglia
che si stava svolgendo sotto di loro.
Gli Slysshis avevano mantenuto la loro parte di patto.
Con gran orrore da parte dei Mangiamorte essi erano sì, scattati in avanti,
all’ordine di Voldemort, ma non avevano attaccato i maghi, sorpassandoli invece
per schierarsi di fronte alle porte di Hogdwards.
Con una serie di schiocchi, poi, una volta che la barriera era stata abbattuta,
gli Auror si erano materializzati al fianco dei professori, ingaggiando
battaglia con i maghi oscuri.
Tuttavia, nonostante la perdita di un alleato e l’aiuto degli Auror, i
Mangiamorte erano davvero più di quelli che si fossero aspettati e i
dissennatori e i giganti erano nemici ardui da sconfiggere anche per i maghi del
ministero, la battaglia si prospettava dura.
Il moretto comunque non ebbe tempo che di lanciare una fugace occhiata alle sue
spalle prima di scagliarsi in avanti alla ricerca di Voldemort.
Draco, poco distante da lui, stava fronteggiando suo padre e, con suo sommo
sollievo, sembra cavarsela bene, avvantaggiato probabilmente dalla sorpresa che
Lucius aveva provato nel trovarselo di fronte, vivo e vegeto.
Avrebbe voluto controllare che tutto andasse per il meglio anche per gli altri
ma sapeva di non potersi distrarre.
Voldemort era a pochi metri da lui.
Harry si chiese distrattamente quanto tempo sarebbe occorso perchè il sangue di
Kazam facesse il suo effetto prima di fissare gli occhi in quelli rossi del suo
nemico.
Alto, emanciato, avvolto in un manto nero con il cappuccio, l’orrida faccia da
rettile bianca e scarna, gli occhi scarlatti dalle pupille verticali fissi su di
lui, Lord Voltermort era esattamente come lo ricordava.
“Potter... vorrei dire che è un piacere rivederti..” sibilò l’uomo con voce
strascicata.
Harry fece una smorfia cercando disperatamente di non lasciarsi gelare dal
terrore “La cosa è reciproca..” ringhiò cupo.
“Questa volta ti toglierò di mezzo una volta per tutte..” gli ringhiò il mago
oscuro sollevando la bacchetta gemella della sua.
“Provaci!” sputò Harry, balzando di lato per evitare il colpo, gridando a sua
volta un incantesimo.
Voldemort non era un avversario comune.
Era veloce, astuto e spietato.
La mancanza della barriera gli permetteva di smaterializzarsi, cosa che,
purtroppo, il moretto ancora non aveva imparato a fare, piombando contro di lui
da tutte le direzioni.
“Questa volta nessuno verrà in tuoi aiuto!” gli sibilò il mago oscuro
lanciandogli contro l’ennesimo anatema.
Il moretto schivò, ansimando, asciugandosi il sudore che gli imperlava la
fronte, cercando di riprendere fiato.
La situazione era in stallo.
Riusciva a evitare i colpi e a metterne a segno qualcuno ma non poteva
continuare in eterno così, tanto più che aveva l’impressione che l’altro stesse
semplicemente ‘giocando’ con lui.
Inoltre Voldemort aveva un vantaggio su di lui: Harry ancora non era riuscito ad
accettare l’idea di togliergli la vita.
Sapeva che aveva ucciso i suoi genitori, sapeva che aveva causato la morte di
Sirius e lo odiava, lo odiava profondamente, eppure qualcosa, ancora, lo
frenava.
Se non lo avesse abbattuto al più presto però si sarebbe trovato a dover
guardare i suoi amici morire... di nuovo, in quanto, alle sue spalle, sembrava
che i Mangiamorte cominciassero ad avere la meglio sui maghi del ministero.
Scattò indietro, abbandonando i pensieri, evitando un Cruciatus per miracolo ma
il vento, maligno, gli spinse la veste tra le gambe facendolo inciampare.
Sentì Hermione gridare un avvertimento e vide Voldemort sollevare la bacchetta
con un ghigno di trionfo sul viso malvagio.
Sentì Draco chiamare il suo nome e vide Lucius approfittare della sua
distrazione per colpirlo con un Crucio.
Il biondino cadde a terra e Harry avvertì distintamente qualcosa che si rompeva,
dentro di lui, mentre la luce verde lampeggiava dalla bacchetta del suo nemico
dirigendoglisi contro.
Era finita.
Lo capì e rimase gelato da quella constatazione.
Ma esattamente un istante prima che l’Avada Kedavra lo colpisse un guizzo chiaro
sfrecciò accanto a lui, tra l’erba, e con un esplosione di luce, un paio di
braccia candide lo strinsero contro un petto conosciuto.
Harry sgranò gli occhi incredulo, trovandosi ad appoggiare il viso sulla spalla
elegante del suo insegnante di Difesa, le maestose ali bianche, spalancate, a
fargli da scudo.
“Professore...” ansimò.
Kazam gli sorrise dolcemente allontanandolo da se per fissarlo in volto e
assicurarsi che stesse bene “Sono immune alla magia dei maghi, ricordi?” gli
disse scostandosi per fronteggiare l’ira di Voldemort.
“Alexander!” il grido di Radek giunse loro, furioso e preoccupato, dalla soglia
di Hodgward, mentre il mago oscuro, capito chi aveva davanti, richiamava con un
colpo di bacchetta una lucente spada d’argento, senza perdere tempo.
“Guarda con attenzione, Harry..” gli sussurrò Kazam, un indecifrabile sorriso
sul volto androgino “.. la vera potenza degli Slysshis..” sussurrò lanciandosi
verso il mago oscuro.
Ed il ragazzo strinse con forza la mascella osservando Voldemort scagliare la
spada, con la magia, contro il suo professore.
Si aspettava di vedere Kazam sollevare a sua volta la sua lunga bacchetta
bianca...
Si aspettava che puntasse l’aculeo contro il mago per bruciarlo con il suo
veleno..
Si aspettava qualcosa.. qualsiasi cosa...
Invece Alexander... non fece nulla.
Sorrise, semplicemente, al mago oscuro e sibilò: “Hai perso..” prima di
arrestarsi a qualche metro da lui e spalancare le braccia e le ali: un regale,
magnifico, spettro bianco nelle tenebre.
Per un istante eterno Harry trattenne il fiato incapace di credere a ciò che
stava vedendo poi con un secco rumore di carne e ossa lacerate la lama trafisse
il costato di Kazam spuntando dalla sua schiena, gocciolando sull’erba umida il
suo sangue argenteo.
“No...” ansimò mentre vedeva lo Slysshis accasciarsi all’indietro e cadere, con
un lamento, tra l’erba alta, le spire abbandonate disordinatamente, le ali
spalancate, neve candida sul prato verde smeraldo.
Fissò quel corpo pallido, esanime, senza capire.
Era morto.
Alexander aveva lasciato che Voldemort lo uccidesse.
“Guarda con attenzione... la vera potenza degli Slysshis.”
Quale potenza?
Di che cosa parlava?
Non aveva fatto niente...
Niente!
Lo fissò stranito, quasi aspettandosi di vederlo rialzarsi, ma il vento continuò
a sferzare la radura sparpagliando i suoi cappelli dorati sull’erba e Voldemort
si volse verso di lui, puntando la bacchetta: “E adesso tocca a te, Potter!”
ringhiò con una luce esaltata negli occhi rossi.
Ma Hary non lo sentì.
Kazam era morto.
Voldemort aveva fatto un’altra vittima.
Aveva ucciso un’altra persona davanti a lui.
Senza pensarci due volte, senza pietà.
Un ruggito disumano si alzò dalla soglia del castello, alle sue spalle, ma Harry
non ci fece caso.
Non notò gli Slysshis che si scagliavano in avanti, le fauci spalancate, gli
aculei sollevati, folli di rabbia e di dolore.
Non vide i dissennatori venir disintegrati dal loro veleno o i giganti lottare
contro le morse stritolanti delle loro spire lucenti.
Non vide gli Auror farsi avanti a bacchette alzate, forti di quell’aiuto
inaspettato.
Non vide Draco scagliare l’Avada Kedavra che tolse la vita a Lucius.
Sentì soltanto una furia cieca e assassina, devastante, rombargli nelle vece e
il sangue di Kazam ribollirgli in corpo, dotato di vita propria.
“Adesso basta...” mormorò, ripetendo tra se le parole di Draco, tendendo
la bacchetta contro Voldemort.
I due anatemi mortali si scontrarono a mezz’aria, e, com’era accaduto già una
volta, le loro bacchette s’incatenarono mentre le due magie lottavano per avere
il sopravvento, l’una sull’altra, e il mondo intero si fermava a guardare.
Basta, sussurrò tra se e se Harry.
Basta, per coloro che erano morti.
Basta, per coloro che erano rimasti in vita.
Basta, per tutti quelli che avevano lottato e sofferto.
Basta, per Draco.
Basta.. per se stesso.
“Adesso... BASTA!” tuonò stringendo entrambe le mani sulla propria
bacchetta e la sua onda verde si scagliò in avanti con un ruggito terrificante.
Voldemort strabuzzò gli occhi rossi nel viso esangue, incredulo, e i Mangiamorte
gelarono.
Colpito in pieno, annientato dall’Avada Kedavra di Harry, Lord Voldemort cadde a
terra con un tonfo.
Un piccolo suono sordo.
Quasi assurdo.
Quel mago aveva ucciso, torturato, distrutto la vita di migliaia di persone...
eppure la sua morte non produceva che un piccolo tonfo.
Harry si accasciò sulle ginocchia ormai privo di ogni forza fissando il mago
oscuro che aveva tormentato tutta la sua vita.
“E’ tutto finito adesso..” sussurrò una voce conosciuta, affaticata.
“Draco!” ansimò il moretto voltandosi verso il compagno mentre le lacrime
cominciavano a bagnargli le guance.
Il biondo si lasciò cadere sull’erba, accanto a lui, stancamente, e lo strinse a
se: “Sei stato... cavolo.. Harry sei stato incredibile..” gli sussurrò
stringendolo forte e il moretto nascose il viso contro la sua spalla,
singhiozzando.
“Shh... è tutto finito piccolo..” cercò di calmarlo il serpeverde, cullandolo
dolcemente tra le braccia, ma un suono agghiacciante li fece voltare di scatto.
Dal corpo di Voldemort un filo di fumo nero si stava alzando ringhiando e
fischiando, prendendo consistenza.
Lo sta facendo di nuovo, pensò Harry, non finirà mai, non è servito a
niente.
L’anima di Voldemort si sollevò, gridando tutta la sua rabbia “Io tornerò! Non
crediate di avermi sconf...”
Ma le sue parole si spezzarono in un rantolo, straziate da un onda di luce
verde-oro che lo colpì in pieno.
Acido.
L’acido degli Slysshis.
Harry si volse e vide Radek, l’aculeo nero, alto, e gli occhi gialli liquidi di
lacrime.
Ciò che rimaneva Voldemort si dissolse nel suo veleno, con un terrificante urlo
di terrore prima che il silenzio tornasse a lambire la valle.
Era finita.
Davvero finita.
I Mangiamorte rimanenti improvvisamente privi del loro capo lasciarono cadere le
bacchette, arrendendosi agli Auror mentre i dissennatori fuggivano e, i pochi
giganti ancora capaci di restare in piedi, si guardavano attorno, confusi,
cercando di capire perchè nessuno combatteva più.
Avevano vinto.
Ma a caro prezzo.
“Draco.. Kazam è..” mormorò Harry osservando addolorato Radek che si avvicinava
al corpo del loro insegnante.
“Alexander..” sussurrò lo Slysshis dorato, chinandosi sul compagno, sfiorandogli
il viso con mani riverenti.
Estrasse la spada dal suo petto, gettandola lontano, con rabbia impotente, e poi
lo strinse delicatamente tra le braccia affondando il viso contro la sua spalla.
“Al..” sussurrò “...perchè..” singhiozzò “..perchè...?”
“Perchè altrimenti non ci avreste aiutato..” fu la debole risposta che ottenne.
Radek sollevò il capo di scatto osservando il compagno socchiudere le palpebre e
fissare uno sguardo annebbiato nel suo: “Se piangi mi fai sentire in colpa..”
mormorò, sollevando una mano pallida per passargli due dita sulla guancia, ad
asciugarne le lacrime.
Il Capo Clan ansimò sbarrando gli occhi mentre Kazam gli porgeva un sorriso di
scusa sollevandosi a fatica, allungando una mano per posarsela sul petto:
lentamente la ferita si richiuse, smettendo di sanguinare.
“Ma come..?” ansimò Harry incredulo.
“Ho trasformato l’argento in ferro prima che la lama mi trapassasse..” spiegò
loro l’insegnante “E una Madre non muore se non viene trafitta con
dell’argento..” gli ricordò, il respiro leggermente pesante “Fa dannatamente
male comunque..” borbottò cercando di riprendere fiato.
“Tu, lurido bastardo...” lo interruppe Radek furibondo “..ti rendi conto di come
mi sono sentito..?!” ansimò
“Mi dispiace..” si scusò dolcemente Alexander “Era l’unico modo per far sì che
aiutaste gli Auror...” ripetè “E comunque lo imparerete a vostre spese...”
sussurrò “Io sono un bastardo di natura..” gli disse con un ghigno, barcollando
pericolosamente quando tentò di mettersi dritto.
Radek si affrettò a sostenerlo e Alexander gli si posò contro con gratitudine
“Ancora sicuro di volere dei figli da me?” scherzò.
Lo Slysshis dorato scosse il capo, incredulo, ma troppo sollevato per rimanere
arrabbiato: “In effetti sto cambiando idea..” borbottò.
E Kazam ridacchiò, porgendogli un sorrisetto, accoccolandosi meglio nel suo
abbraccio: “Mi spiace Radek..” sussurrò stancamente “...ma ormai è troppo tardi
per ripensarci..” lo informò ed Harry potè assistere all’inverosimile spettacolo
di un Capo Clan con gli occhi sgranati e un’incredibile espressione ebete sul
volto.
“Ve ne andate..?” chiese piano Harry osservando gli Slysshis, sul prato
antistante l’ingresso, pronti per partire.
Faceva impressione vedere una ventina di quegli esseri tutti insieme.
Kazam annuì “Torniamo a casa..” mormorò salutandoli “..il professor Lupin si è
offerto di prendere il mio posto fino alla fine dell’anno..” disse “..io non
avrei potuto, comunque, continuare...” mormorò abbracciandosi il ventre pallido
“Sii felice Harry.. adesso ne hai davvero l’occasione..” sussurrò “E tu trattalo
bene..” disse lanciando uno sguardo a Draco.
“Sì mamma...” lo punzecchiò Malfoy ottenendo un occhiata incendiaria.
“Buon viaggio!” si affrettò a salutare Harry frapponendosi tra i due per evitare
che si azzuffassero, Alexander fece trillare l’aculeo minacciosamente ma poi
scosse il capo e sorrise dolcemente.
“Andiamo..?” gli chiese Radek avvicinandoglisi, mettendogli protettivamente un
braccio intorno alla vita e lo Slysshis bianco annuì con il capo, poggiando la
propria mano sulla sua: “Andiamo a casa..” mormorò e, con uno schiocco,
scomparvero.
“Fa troppo caldo..” si lamentò Draco per la milionesima volta sventolandosi
pigramente con un pezzo di carta.
Harry lo fissò perplesso “Sei sicuro di stare bene? Ultimamente mi sembri
fiacco..” mormorò.
“E’ il caldo..” borbottò il biondino “...odio il caldo..”
Harry sorrise sorseggiando il suo succo di zucca “Ormai è quasi estate..”
constatò.
Malfoy annuì prima di sollevarsi a sedere sulla coperta che avevano steso in
quell’angolo di prato, vicino al lago, all’ombra di un grande albero.
“Che cosa farai?” chiese “Adesso che Voldemort è morto non è necessario che
torni dai tuoi zii.” gli ricordò “E visto che mio padre si è dimenticato di
diseredarmi, dato che mi considerava morto, Malfoy Manhor è mia ora...” mormorò
“E, sai Harry... quel posto è davvero troppo grande per una persona sola..”
insinuò.
“Mi stai offrendo di venire a vivere con te?” gli chiese il moretto, sorpreso.
Ormai erano passati otto mesi dallo scontro con il mago oscuro, otto magnifici
mesi di pace... se pace si poteva chiamare cercare di scampare all’orda di
giornalisti in cui incappava appena metteva piede fuori da Hodgwards, per non
parlare dei ragazzini del primo anno che gli ronzavano attorno in venerazione.
Non che Draco fosse più fortunato, per sua disgrazia l’intera scuola aveva
assistito allo scontro, dalle vetrate del castello, anche se i ragazzini si
erano fatti più discreti nel seguirlo ovunque andasse quando il biondo aveva
minacciato di lanciare maledizioni senza perdono su di loro.
“Ti sto offrendo una stanza in affitto..” puntualizzò Malfoy con un ghigno,
riportandolo al presente “E ti avviso che il prezzo è alto..”
“Davvero?” stette al gioco, Harry.
“Certo..” sussurrò Draco “...ma sono magnanimo e se non hai i galeoni necessari
puoi sempre pagarmi in natura..” insinuò spingendolo sul plaid.
Il moretto assecondò il suo bacio allacciandogli le braccia al collo,
sprofondando in quell’incantesimo che si tesseva tra loro ogni volta che si
toccavano, anche senza l’effetto della pietra sentimentale.
La mano di Draco aveva appena cominciato a scivolare sotto la sua veste quando
la voce di Hermione li richiamò all’ordine.
“Hey ‘eroi’...” li apostrofò “Ci spiace interrompere ma ci siamo anche noi!”
disse raggiungendoli con un Ron dal volto arrossato.
“Avete finito i compiti?” chiese questi, guardando ovunque tranne sul plaid, per
cambiare argomento e speranzoso di copiare.
“Nemmeno cominciati..” disse il moretto con un sorriso di scusa.
“Fa troppo caldo per fare qualsiasi cosa..” borbottò Draco alzandosi “...vado a
fare un bagno..” mormorò avviandosi verso il lago.
“Fra un po’ arrivo anch’io...” gli disse Harry mentre aiutava gli amici a
stendere la loro coperta.
“Ha ancora qualche difficoltà a stare con noi..” constatò Ron.
Hermione ridacchiò “No.. secondo me la difficoltà consisteva nel tenere le mani
lontane da Harry anche se c’erano degli spettatori...” disse ridacchiando,
facendoli arrossire entrambi.
“Hey ma quella non è..” s’interruppe, notando una macchiolina bianca avvicinarsi
a tutta velocità, dal cielo.
“Edvige!” salutò Harry mentre la candida civetta planava su un ramo basso, per
poi tendere la zampetta a cui era legata una piccola busta.
“Di chi è?” chiese Ron curioso “Un’altra fan?” domandò sbuffando, ricordando le
orde di lettere che erano piovute sui due amici dopo che la gazzetta del profeta
aveva pubblicato il racconto, riveduto e corretto, della loro battaglia con i
Mangiamorte.
“E’ di Alexander!” esclamò Harry illuminandosi, scorgendo in fretta le prime
righe.
“Che dice?” gli chiese curiosa Hermione, appollaiandosi sulla sua spalla.
“L’ha scritta in serpentese..” l’avvertì il moretto prima di cominciare a
tradurre ad alta voce: “Harry... Draco (perchè sono sicuro che è lì da qualche
parte... incollato a lei)..” lesse con un sorriso divertito, lanciando un
occhiata al compagno che faceva il morto sulla superficie immobile e limpida del
lago “...vi scrivo per informarvi che il nostro clan ha ora tre nuovi
elementi...” lesse.
“Sono nati!” trillò Hermione.
“Tre?” chiese sorpreso Ron “Povero Alexander!!” borbottò.
“Povero Radek vorrai dire..” lo corresse Harry “Te lo immagini alle prese con
tre piccoli Kazam?”
Il rossino rise sommessamente “In effetti..” mormorò “..vai avanti...” lo
incitò.
“Abbiamo deciso... o meglio io ho deciso e Radek deve acconsentire volente o
nolente..” tradusse con un sorriso “Di chiamarli Cora, Dry e Yrha.” riferì
corrugando la fronte “...se ha lì accanto la signorina Granger si faccia
spiegare perchè....” lesse, prima di sollevare il volto per fissarla in cerca di
spiegazioni.
“Ha anagrammato il tuo nome e quello di Draco...” sussurrò colpita la ragazza.
“Oh..” mormorò Harry sentendosi assurdamente orgoglioso “Se vi nascesse un
figlio potreste sempre ricambiare il favore chiamandolo Alexander...” lesse, in
serpentese, prima di aggrottare la fronte, incapace di tradurre quella frase
agli amici, confuso. Fissò la lettera alla ricerca di una spiegazione a quell’affermazione
senza senso: “Non ricordo se l’avevo già spiegato al signor Malfoy..” scorse
silenziosamente “Ma a causa della massiccia cura,a base di sangue di Madre, che
ha subito, per essere resuscitato, potrebbe aver ereditato da me la facoltà di
procreare. Bhe... divertitevi e passate una bella estate!”
Harry fissò la lettera con gli occhi sgranati, incredulo.
“Allora? Che dice?” gli chiese Ron osservando preoccupato il colorito esangue
dell’amico.
“Draco non sopporta il caldo...” sussurrò tra se e se il moretto, ignorandolo
“E’ solo questo... odia il caldo... tutto qui...” ripetè.
“Harry ti senti bene?” gli domandò Hermione cercando di riscuoterlo.
“Bene?” pigolò lui fissandola senza realmente vederla “Sto benissimo..” sussurrò
e poi...
....colui che aveva sconfitto Voldemort in persona...
...il mago celebrato come l’eroe della loro epoca...
...il più potente signore della magia mai esistito, come lo aveva apostrofato la
Gazzetta del profeta, semplicemente...
...svenne.
“Gliel’hai scritto davvero?”
Alexander si lasciò accarezzare arrotolando meglio le spire attorno ai tre
piccoli Slysshis, addormentati sotto la protezione delle sue ali candide.
“Si..” mormorò assonnato.
“Sei davvero un bastardo..” mormorò Radek con un sorriso lieve.
“Credevo l’avessi capito ormai..” gli rispose divertito Kazam, coprendo uno
sbadiglio stanco.
Lo Slysshis dorato scosse il capo: “Quando gli dirai la verità?” domandò
passando delicatamente una mano sul suo addome, facendolo sospirare piano.
“Quella è la verità..” mormorò pigramente “...potrebbe davvero succedere
sai..”
“C’è una probabilità su un milione che accada..” lo rimproverò Radek continuando
ad accarezzarlo.
“E’ vero..” ammise Alexander, con un sibilo molto simile ad una risata “Pensi
che avrei dovuto dirglielo nella lettera?” chiese sollevando il viso,
regalandogli la sua espressione più candida ed innocente.
“Penso proprio di sì!” borbottò il compagno, scuotendo il capo rassegnato.
“Non hanno riempito l’ampollina..” borbottò Kazam tornando ad acciambellarsi “Ci
tenevo davvero tanto ad assaggiarlo..” cercò di giustificarsi.
Radek gli lanciò un occhiataccia e l’altro sospirò “Bhe scriverò loro un altra
lettera e lo specificherò..” disse con uno sbadiglio “Va bene?” domandò seccato.
“Bravo...” lo lodò il Capo Clan, stringendo delicatamente a se.
“Però chissà...” sussurrò Alexander tra se e se, lasciandosi cullare “...sarebbe
bello un bambino con i capelli biondi e gli occhi verdi...” mormorò “...e, in
fondo, nella vita... non si sa mai cosa può succedere...”
Fine (?)
Draco: cos’è quel (?) che hai scritto? è_é
Naika: bhe... i ‘casi’ della vita... o meglio i ‘casi’ delle fic... non si sa
mai... Il sesto libro s’intitola “Harry Potter e il principe mezzo sangue”... e
se scrivessi un: “Harry Potter e il FIGLIO mezzosangue”?? ^__________^ mega
ultra ghigno malefico
Oh... guarda... una luce verde.... che bella... mi ricorda quasi un....
Harry: è morta?
Draco: Direi di sì... un doppio Avada Kedavra e l’abbiamo presa in pieno
quindi...
Harry: meno male!!
Vabbhe... Questa è davvero la fine -.-‘’’
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