Harry
Potter e la pietra sentimentale
di Naika
Il sole splendeva lucente sugli ordinati giardini e sulle piccole case candide
in Privet Drive.
Tranquillità e pace sembravano regnare sovrane, il tiepido silenzio di quel
tardo pomeriggio inframmezzato solo dal lieve cinguettio degli uccelli e dal
rumore di qualche autovettura che accompagnava a casa il proprio padrone, dal
suo rispettabile lavoro.
In una di quelle case, uguale a tutte le altre, tuttavia, la calma era solo
apparente.
Sì, perchè, in quella casa, viveva un mago.
E non un mago qualsiasi!
Al numero quattro di Privet Drive abitava il giovane Harry Potter colui che,
ancor prima di avere l’età per ricordarlo, aveva sconfitto il più potente tra
gli stregoni oscuri, l’uomo che aveva ucciso entrambi i suoi genitori e
terrorizzato tanto, maghi e streghe, da rendere il suo nome un vero e proprio
taboo.
La fronte di Harry portava ancora inciso il marchio di quel giorno lontano in
cui, Colui Che Non Deve Essere Nominato aveva scelto il destino... di entrambi.
Un destino di cui Potter era venuto a conoscenza solo pochi mesi prima,
nell’ufficio di Silente, il preside di Hogwards.
“Ti hanno detto alle cinque, vero?” chiese per la cinquantesima volta il padrone
di casa, un uomo alto, corpulento con dei piccoli baffetti a sottolineargli il
naso porcino.
Harry si riscosse dai suoi cupi pensieri osservando lo zio.
Dopo la morte dei suoi genitori era stato affidato alla sorella di sua madre
Petunia, e a suo marito Vernon, una famiglia di Babbani, ossia di persone che
non possedevano la magia.
“Sono le cinque e dieci..” brontolò la moglie, una donna alta e sottile, dal
naso pronunciato, allungando il collo per osservare la strada da dietro le
tendine di pizzo immacolato.
“Mai che siano puntuali quei.. quei... QUELLI là!” sbottò l’uomo dal faccione
rubicondo.
‘Quelli là’ era il massimo della gentilezza che Vernon poteva usare per definire
persone come Harry.
Avrebbe potuto semplicemente dire: “i maghi”, ma quella parola era bandita,
vietata e assolutamente illegale tra le mura di casa Dursley, ove, qualsiasi
cosa che fosse, anche solo vagamente, fuori dal normale, era assolutamente da
rifuggire.
Il ‘ragazzo che era sopravvissuto’ così come la Gazzetta del Profeta chiamava
Harry, colui che, seppure senza volerlo, era la persona più famosa e conosciuta
in tutto il mondo magico, nemmeno avrebbe saputo di essere un mago se, al
compimento del suo undicesimo anno di età, non gli fosse stata recapitata, via
gufo, come si usava tra maghi, la lettera per l’iscrizione alla scuola di Magia
e Stregoneria di Hogwards.
Da quel giorno, di cinque anni prima, in cui aveva scoperto chi era davvero,
erano successe un infinità di cose.
Aveva trovato degli amici, dei compagni di avventura, aveva vissuto esperienze
straordinarie e terribili.
Harry sospirò leggermente, ricacciando indietro i ricordi.
Ormai era diventato un esperto nel farlo, aveva passato tutta l’estate a
rinchiudere frammenti di memoria nei luoghi più oscuri e reconditi del suo
cervello anche se, Duddley non aveva mancato di punzecchiarlo sul fatto che, la
notte, lo si sentiva piangere e gridare.
Purtroppo i sogni ancora non riusciva a controllarli e certo non lo aiutava il
fatto che la cicatrice, che gli segnalava gli umori e i sentimenti del suo
nemico, continuasse a fargli male ventiquattro ore su ventiquattro.
Nessun dolore lancinante comunque, probabilmente Voldemort stava solo
escogitando un modo per far uscire i suoi seguaci dalla prigione di Azkaban
dove, proprio per colpa di Harry e dei suoi amici, erano stati rinchiusi.
E tra loro c’era anche Lucius Malfoy, rammentò per l’ennesima volta il giovane
mago.
Il regale genitore di Draco Malfoy, il prefetto della casa di Serpeverde, un
ragazzo con cui era stato odio praticamente a prima vista.
Eppure, per uno strano motivo che non era riuscito a spiegarsi, Potter aveva
pensato spesso a lui, durante quei mesi lontano dalla scuola.
Nei momenti più inopportuni, nella sua mente, ritornava il loro ultimo scambio
di battute, nell’ingresso della scuola, e non poteva fare a meno di chiedersi
che genere di vacanze fossero quelle per l’algido biondino.
Era andato a trovare suo padre in prigione?
Che effetto faceva vedere il più altero dei ‘sangue puri’ rinchiuso in una
piccola cella buia?
Come si era sentito a sapere il suo adorato genitore in quel luogo orribile?
Distrattamente si chiese per la milionesima volta perchè l’idea di un Draco
dall’aria abbattuta e spaesata gli causasse una così forte fitta di disagio.
Forse semplicemente perchè quell’immagine poco combaciava con il Malfoy che lui
aveva sempre conosciuto.
Probabilmente l’unica cosa che angustiava davvero il suo avversario scolastico
era la perdita della sua preziosa popolarità, si tranquillizzò mentalmente.
Da quando l’aveva incontrato il biondino non aveva fatto altro che cercare di
mettersi in mostra, di attirare l’ammirazione di tutti su di se.
Corrugò la fronte, sorpreso, da quell’ultima riflessione.
E se fosse stato un modo come un altro di richiedere... affetto?
Malfoy?
I viziatissimo, ricchissimo e coccolatissimo Draco Malfoy?
A richiedere... affetto?
Storse il naso a quel pensiero lasciando che un sorrisetto gli incurvasse le
labbra.
“Assolutamente fuori discussione...” borbottò tra se, tornando ad osservare lo
zio.
Vernon si stava passando un dito dentro il collo della camicia, praticamente
inesistente dato che la sua testa cominciava esattamente un centimetro più su
delle spalle, sbuffando sonoramente mentre passeggiava nervosamente avanti e
indietro per l’ordinatissimo salotto, evitando accuratamente di avvicinarsi
troppo al camino.
Harry nascose un sorriso notandolo, ricordando come due anni prima Arthur Weasly,
il padre del suo migliore amico Ron, avesse fatto saltare quello stesso camino
per andare a prenderlo e portarlo alla finale del torneo di Quiddich.
Il ricordo dell’amato sport gli fece sfiorare con dita leggere il coperchio del
suo grosso baule all’interno del quale era ordinatamente riposta la sua scopa,
una lucente Firebolt.
Il primo e l’ultimo regalo del suo padrino, Sirius.
Strinse le labbra e la piccola gioia che aveva provato nell’immaginarsi
nuovamente a volare sul campo di gioco, si dissolse.
Non era pronto ad accettare del tutto la morte di Sirius.
Non ancora.
Non così com’era avvenuta, sotto i suoi occhi, senza che potesse fare niente per
impedirlo.
Cercò disperatamente di riportare i pensieri alle partite, per allontanare quel
ricordo doloroso e, seguendo chissà quale sentiero contorto, la sua mente gli
ripropose ancora una volta un volto spigoloso, accarezzato da lucenti capelli
biondo platino, dominato da due glaciali occhi grigio azzurro.
Draco Malfoy.
Ancora lui.
Già, perchè Draco oltre a non perdere occasione per insultarlo quando si
scontravano nei corridoi di scuola, o a lezione di Pozioni, era anche riuscito a
infilarsi nel suo tempo libero, diventando il Cercatore della squadra dei
Serpeverde la maggior avversaria, ormai da tempi immemorabili, dei Grifondoro,
nei quali Harry ricopriva lo stesso ruolo.
Il ragazzo sbuffò infastidito, agitandosi un poco sulla superficie del baule ed
Edvige, la sua civetta, lo fissò perplessa dando qualche colpetto con il becco
alle sbarre della sua gabbia.
Quasi distrattamente il moro allungò la mano, sfiorandole delicatamente le piume
candide prima di risprofondare nell’ipnotico avanti e indietro dello zio.
Almeno Duddley aveva avuto la saggia idea di chiudersi a doppia mandata in
camera sua.
Il grosso e prepotente figlio dei Dursley aveva già avuto fin troppe brutte
esperienze con gli ‘amici’ di Harry e, perfino nella sua lentissima mente
ottusa, doveva essere infine nata la convinzione che, se non si faceva vedere da
loro, non avrebbe corso il rischio di trovarsi nuovamente con una coda da
maiale, una lingua chilometrica o, peggio ancora, di fronte ad un Dissennatore.
Harry si passò la mano tra i capelli neri, scompigliati, senza avere tuttavia
l’illusione di poter dar loro un aspetto decente, era una causa persa in
partenza e lo sapeva.
Petunia borbottò qualcosa e lui lasciò che lo sguardo gli corresse all’orologio,
cominciava a condividere il loro nervosismo.
Remus era in ritardo.
Una fitta di panico gli attraversò lo stomaco facendo correre automaticamente la
mano alla sua fronte, a sfiorare la piccola cicatrice a forma di lampo.
No, non poteva essergli successo qualcosa, non aveva avuto nessuna fitta, nessun
dolore forte a parte il solito bruciore, cercò di tranquillizzarsi. Eppure non
poteva fare a meno di essere in pensiero, il suo ex insegnate di Difesa Contro
le Arti Oscure, nonché vecchio amico di suo padre e di Sirius, faceva parte
dell’Ordine della Fenice, un gruppo di maghi impegnato nella lotta contro
Voldemort che al momento era decisamente attivo dato che questi era ritornato
alla vita.
Il ragazzo dagli occhi verdi si morse con forza il labbro inferiore
concentrandosi su quel piccolo dolore per allontanare dalla mente le immagini di
un vecchio cimitero, il corpo senza vita di Cedric Diggory a pochi passi dalla
lapide a cui era stato legato e lui, Lord Voldemort, che emergeva dai fumi della
pozione che gli aveva restituito un corpo umano.
Il suono del campanello trapassò quella memoria mandandola in frantumi, facendo
sussultare i tre occupanti del salotto.
Harry si tirò in piedi mentre zio Vernon scattava ad aprire la porta.
“Scusate il ritardo..” disse una voce conosciuta precedendo l’entrata di Lupin
nella stanza.
Harry sorrise a Remus notando che l’abbigliamento dimesso dell’uomo non era
molto migliorato e che tra i suoi capelli ce n’era qualche altro di grigio.
La vita di un lupo mannaro non era facile, anche con l’aiuto della pozione di
Piton.
L’uomo si avvicinò ad Harry ricambiandogli il sorriso prima di spostare
l’attenzione sui bagagli del ragazzo “Bene vedo che sei pronto per partire..”
disse estraendo di tasca una vecchia lattina di cibo per gatti, vuota e
leggermente accartocciata.
“Il suo taxi se ne sta andando!” disse con una punta di panico zia Petunia, che
aveva continuato a sbirciare fuori della finestra, nella speranza che nessuno
dei suoi vicini avesse visto quel pezzente entrare in casa loro.
“Oh non importa...” la rassicurò tranquillamente il lupo mannaro “Useremo una
Passaporta!” spiegò, indicando la lattina.
“Non voglio sapere niente delle vostre diavolerie innaturali e..” le ultime
parole di Vernon, non arrivarono mai alle orecchie di Harry.
Remus gli aveva porto la passaporta e lui vi aveva posato le dita, tenendo
l’altra mano sul suo baule.
Un familiare strappo, poco dietro l’ombelico, e il mondo attorno a loro aveva
preso a vorticare per qualche momento per poi tornare limpido e chiaro.
La fresca brezza serale accarezzò il volto del ragazzo che si guardò stranito,
attorno.
Erano a pochi metri dai grandi cancelli di Hogwards.
“Silente mi ha chiesto di portarti direttamente a scuola anche se gli altri
arriveranno solo tra qualche giorno...” disse Lupin, rispondendo al suo sguardo
interrogativo.
“Oh..” mormorò soltanto il ragazzo, ringraziando mentalmente il preside.
Aveva sentito Ron ed Hermione, via gufo, durante l’estate ma aveva declinato
tutti i loro inviti a raggiungerli.
Non aveva ancora parlato loro della Profezia e non poteva fare a meno di
sentirsi a disagio per quel motivo senza tuttavia avere davvero il desiderio di
dir loro quanto gli era stato comunicato.
Raccontare ai suoi amici quella predizione sarebbe stato come.. accettarla.
E lui ancora non ci riusciva.
Finchè lui e Silente erano gli unici a sapere, in qualche modo, poteva sfuggire
alla realtà.
Sapeva che non si stava comportando in modo corretto e tanto meno coraggioso ma
c’erano ancora troppi ricordi e troppi sensi di colpa, freschi nella sua
memoria, perchè avesse anche il tempo di angustiarsi per il suo essere così poco
‘Grifondoro’ in quel frangente.
“Vieni..” mormorò il lupo mannaro facendogli cenno di seguirlo e il ragazzo si
accorse che, dal lungo viale che portava alla scuola, stava venendo verso di
loro una carrozza scura, trainata da due Thestral, quei cavalli-drago che solo
le persone che avevano visto la morte potevano scorgere.
Remus caricò il baule sul retro del veicolo, facendolo fluttuare per un momento,
con la sua bacchetta, mentre Harry liberava Edvige perchè volasse verso la
guferia.
Lupin attese che il ragazzo si accomodasse accanto a lui nella carrozza prima di
fissarlo con attenzione “Harry...” cominciò con tono preoccupato.
“Non voglio parlarne...” lo prevenne il moretto fissando ostentatamente fuori
dal finestrino.
Il suo ex insegnante rimase in silenzio per un lungo momento, probabilmente
indeciso se insistere o meno ma poi scosse le spalle con un sospiro mesto “Come
preferisci..” si arrese “...ma sappi..” aggiunse qualche attimo più tardi “..che
non sei solo.”
Ed Harry si voltò a fissarlo chiedendosi come aveva fatto a centrare, così in
fretta, il punto.
Si sentiva solo.
Solo nella consapevolezza del suo destino.
Solo nel desiderio di allontanare gli altri per non coinvolgerli.
Solo nella responsabilità per le morti causate da Voldemort.
Lui avrebbe dovuto fermarlo.
Lui... da solo.
...Perchè nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive...
Remus gli strinse il braccio, gentilmente, un gesto così dolorosamente simile a
quello fatto da Sirius, solo l’anno prima, che il ragazzo non potè fare a meno
di chiudere gli occhi e appoggiarsi alla sua spalla, stancamente.
Il resto del breve tragitto scivolò in un fragile silenzio che si spezzò quando
i Thestral si fermarono di fronte all’uscio di Hogwards.
Harry si riscosse, lievemente imbarazzato, affrettandosi a scendere dalla
carrozza pur sentendosi, per la prima volta dopo mesi, sollevato.
“Harry!” esclamò un vocione gioioso, attirando la sua attenzione, e il ragazzo
si volse per offrire un saluto al guardacaccia di Hogwards, un gigante dalla
barba nera dietro la quale spiccava un sorriso un po’ gonfio a causa del labbro
superiore rotto.
Il moretto sospirò alzando gli occhi al cielo, credeva di sapere chi aveva
picchiato il suo gigantesco amico, tuttavia i lividi visibili erano davvero
pochi dal che ne dedusse con sollievo che, una volta ancora, Hagrid era riuscito
a far affezionare a se un altro mostro pericoloso.
Il gigante lo stritolò in un abbraccio che gli fece scricchiolare la spina
dorsale prima di lasciarlo e scostarsi un po’, permettendogli di incontrare lo
sguardo severo ma tinto d’affetto della direttrice della sua Casa, la
vicepreside Minerva MacGranitt.
“Buona sera professoressa..” la salutò cordialmente mentre la donna gli veniva
incontro con un svolazzo del suo abito verde.
“Buona sera signor Potter..” gli rispose cordiale “...il preside mi ha chiesto
di accompagnarla da lui non appena fosse arrivato..” disse prima di volgere lo
sguardo sugli altri due uomini.
“Ci penso io ai bagagli!” la rassicurò Hagrid sollevando il baule come se fosse
stato privo di peso, la donna annuì prima di fissare il lupo mannaro “Il
professor Piton voleva parlarle professor Lupin..” lo informò “...l’attende nel
suo ufficio, nei sotterranei.”
Remus annuì con un cenno del capo salutando Harry con un: “Ci vediamo più
tardi..” prima che la MacGranitt riprendesse a salire la grande scalinata per
accompagnare il ragazzo nell’ufficio di Silente.
“Ohhhh! Ecco il grande eroe!!” trillò una voce falsamente estatica prima di
esplodere in una risatina volteggiante.
“Pix!” tuonò la professoressa mentre il poltergeist rideva sguaiatamente sopra
le loro teste.
Harry s’impose di ignorarlo seguendo la sua insegnante di Trasfigurazione su per
le scale finchè non giunsero di fronte al gargoile che sorvegliava la porta
d’ingresso dell’ufficio del preside e, con voce decisa, la donna disse:
“Piperille”
La statua di pietra si spostò di lato, per lasciarli passare.
Salirono le scale in silenzio mentre Harry si chiedeva che cosa voleva dirgli
Silente.
Sperava solo che non fossero brutte notizie.
Ogni pensiero tuttavia scomparve dalla sua mente nel momento in cui entrarono
nell’ufficio dell’uomo.
La stanza era esattamente come se la ricordava.
Fanny, la fenice, lo salutò con un piccolo verso, dal suo trespolo, scuotendo le
lucenti ali rosso e oro, i precedenti presidi della scuola sonnecchiavano
tranquillamente nelle loro cornici e Silente li attendeva, gli occhiali a
mezzaluna sul lungo naso, il mento appoggiato alle mani intrecciate, seduto
dietro la sua scrivania.
Tuttavia non furono quelle cose familiari a catturare la sua attenzione, bensì
l’alta, elegante figura, in piedi, accanto alla grande finestra, oltre il cui
vetro le prime ombre della sera si stavano allungando silenziose.
La creatura, quasi avesse avvertito il suo sguardo, si spostò in avanti e gli
ultimi strali di luce del sole morente riverbarono su di lei permettendo ad
Harry di vederla in tutta la sua terrificante interezza.
La sua pelle era candida, lunare fin quasi a sfumare nell’argenteo, i capelli
biondi, una lucente cascata d’oro fuso, erano intrecciati con lunghi nastri di
seta carminio.
Impossibile dire se fosse uomo o donna.
I lineamenti del suo volto erano sottili, delicati e femminili, regali nella
loro perfetta inumanità, ma la sua mascella era leggermente squadrata e il suo
petto era liscio e piatto, come quello di un fanciullo.
Il viso, dominato da due innaturali occhi a mandorla, dall’iride giallo scuro e
dalla pupilla felina, non forniva aiuto nella risoluzione del dilemma dando
invece adito ad altre domande.
Quel suo aspetto delicato e ambiguo lo faceva sembrare molto giovane, ma il suo
sguardo aveva una profondità antica e oscura, accentuata da una lunghissima
linea nera, che sottolineava l’occhio, salendo fino all’attaccatura dei capelli
per poi arcuarsi e scivolare giù, sfumando in un rosso sanguigno, disegnando
intricati arabeschi che sbocciavano sugli alti zigomi, in un paio di sottili
fauci spalancate.
In mezzo alla fronte, incastonata in un complicato tatuaggio scarlatto, una
terza iride, di un sinistro verde elettrico, lo osservò per un momento prima che
la palpebra verticale si chiudesse a celarla, incatenandola dietro il disegno
che la segregava.
Il naso sottile, leggermente aquilino, e la bocca tinta di nero, una linea
elegante, lievemente piegata in un vago, ironico, sorriso, era quanto di più
‘umano’ l’Essere potesse offrire allo sguardo sbarrato del ragazzo.
La ‘cosa’ non indossava abiti ma il suo petto glabro e le braccia sottili erano
ricoperte di piccolissime scaglie candide che alla carezza tremolante delle
candele, già accese qua e là nello studio, si tingevano di sfumature
iridescenti, drappeggiando attorno a lui invisibili vesti arcobaleno.
La linea elegante dei fianchi sprofondava in lunghe spire, di quelle stesse
scaglie lunari, che si srotolavano per almeno una decina di metri sul pavimento
terminando in un appuntito aculeo nero, dall’aria velenosa, che tintinnò
sinistramente quando egli si spostò, per guardarlo, facendo da eco ai piccoli
campanellini appesi alle sue orecchie appuntite, da elfo.
A coronare il tutto, dalla sua schiena spuntavano due grandi ali bianche, dalla
membrana sottile ma forte, come quella dei draghi, adornate sulla sommità da un
paio di aculei scuri, simili a quello della coda.
“Harry lascia che ti presenti Alexander Kazam..” disse il preside con un sorriso
tranquillo “...il nostro nuovo professore di Difesa contro le Arti Oscure!”
Il ragazzo aprì e richiuse la bocca un paio di volte cercando qualcosa da dire
mentre gli occhi sinistri del nuovo insegnante lo osservavano.
Il loro nuovo... CHE COSA!? si chiese sgomento.
“E’ un piacere conoscerla..” mormorò la creatura allungando una mano candida
verso di lui.
Aveva una voce melodiosa e profonda che tuttavia gli usciva dalla gola vagamente
distorta come se in bocca avesse qualcosa che impediva alle parole di scivolare
fuori correttamente.
Harry si riscosse e allungò, titubante, la propria mano per stringere quella
dell’altro balbettando un: “Piacere mio..” che s’interruppe in un sussulto
quando le sue dita vennero strette da quelle dell’altro.
La pelle del professor Kazam era gelata.
“Spiacente..” mormorò Alexander ritirando la mano con un gesto fluido.
“Mi.. dispiace..” mormorò a sua volta Harry, con un filo di voce, rendendosi
conto di essere stato scortese.
“E’ meglio se ti siedi Harry...” lo invitò Silente, facendogli cenno di
accomodarsi, cosa che, il ragazzo, si affrettò a fare, non credeva che le gambe
lo avrebbero retto ancora per molto.
“Spero che tutti gli studenti non reagiscano così..” mormorò Kazam divertito
dallo sconcerto del moretto “..o dovrò passare le prime lezioni a raccoglierli
dal pavimento..”
“Non è proprio cosa da tutti i giorni incontrare uno Slyssish...” gli fece
notare la MacGranitt con una punta di durezza nella voce severa.
Harry si chiese se la professoressa approvasse quell’ennesima scelta, piuttosto
singolare, di Silente mentre cercava invano tra le sue conoscenze accademiche
che cos’era uno ‘slyssish’?
Era quasi sicuro di non averlo mai sentito nominare.
Hermione gli sarebbe stata certamente d’aiuto in quel momento!
Kazam si limitò a regalare un lieve sorriso e un accenno d’inchino alla
professoressa di Trasfigurazione, per il suo commento, e Silente si affrettò a
parlare onde evitare che i due prendessero a fulminarsi con lo sguardo.
“Visto che le tue lezioni di Occlumanzia con il professor Piton si sono
interrotte..” disse Albus rivolgendosi ad Harry che ancora faticava a staccare
lo sguardo dalle spire candide della ‘cosa’ “...ho pensato che potessi
riprenderle con Alexander in questi giorni, prima dell’inizio delle lezioni vere
e proprie..” gli spiegò “Lui è molto abile nell’occultare la mente... ha dovuto
imparare molto in fretta..” disse con uno strano tono, incuriosendo notevolmente
il ragazzo.
In che senso aveva ‘dovuto’ imparare?
Anche quella creatura era stata vittima di Voldemort? si chiese improvvisamente
molto più interessato.
“E ora, per cortesia Alexander, mostra il tuo ufficio ad Harry, così saprà dove
trovarti, e visto che vai nei sotterranei, sii gentile, chiedi al professor
Piton e al professor Lupin di raggiungermi...” lo pregò il Preside.
La creatura annuì dirigendosi alla porta, scivolando sinuosamente sul tappeto,
fermandosi con la mano sulla maniglia per controllare se Harry lo seguiva e il
ragazzo si affrettò a balzare in piedi e a corrergli dietro mentre Silente
soffocava un sorriso divertito.
“Il professor Severus mi ha gentilmente concesso un appartamento nei
sotterranei..” gli spiegò l’insegnante strisciando giù dai gradini, pochi
istanti più tardi.
Le sue scaglie sottili producevano un lieve fruscio, contro la pietra, che
metteva i brividi.
“La luce del sole risulta particolarmente fastidiosa alla mia specie...” mormorò
distrattamente, facendogli strada.
“Oh..” disse soltanto Harry, sentendosi per altro molto stupido, ma faticava a
staccare gli occhi dall’ondeggiare sinuoso della lunga treccia bionda dell’uomo,
aveva un che di ipnotico il modo in cui si muoveva.
“Dove siete arrivati con il programma di studi?” chiese l’altro distogliendolo
dai suoi pensieri “Non ho avuto tempo di controllare che cosa avete già fatto e
che cosa no..” mormorò con quella sua strana voce distorta.
Harry si chiese se Kazam avesse la lingua biforcuta, come quella dei rettili, e
fosse quello il motivo della sua sinistra pronuncia prima di concentrarsi sulla
domanda che gli era stata posta.
“Hmm.. vediamo..” mormorò cercando di ignorare il sinistro tintinnio che
produceva l’aculeo del professore ogni volta che questi scendeva uno scalino
“L’anno scorso.. bhe abbiamo praticamente perso un anno..” disse cupo ripensando
alle lezioni della Umbridge.
Il serpente ebbe una smorfia disgustata “Silente me ne ha accennato..” disse
“..anche se pare che qualcuno..” insinuò sottolineando l’ultima parola “..abbia
comunque trovato il modo di fare lezione...”
Harry arrossì ripensando all’ES e alle loro lezioni nella Stanza delle Necessità
chiedendosi se il professore poteva ritenerlo un arrogante per aver pensato di
poter prendere il posto di un insegnante.
“Davvero notevole...” disse invece la creatura, ammirata “..d’altronde ho
sentito che lei ha preso il voto più alto al G.U.F.O. di Difesa contro le Arti
Oscure...” mormorò fermandosi di fronte ad una porta di mogano.
L’aprì facendogli cenno d’entrare “Mi scuso per il disordine, signor Potter, ma
non ho avuto tempo di disfare i bagagli..” disse spostando una pila di libri da
una poltroncina foderata di velluto rosso.
Il ragazzo si guardò curiosamente attorno cercando di non rabbrividire ogni
volta che l’uomo si spostava, producevano quell’agghiacciante fruscio di scaglie
contro la pietra. Se non si concentrava sulle sue ali, sulle sue spire, o sulla
sua pelle, poteva quasi risultare una persona amabile.
Quasi.
“Mi attenda un momento vado ad avvertire Severus e il signor Lupin che Silente
li vuole vedere..” mormorò il rettile, dileguandosi con un guizzo della lunga
coda candida.
Harry si guardò attorno mentre attendeva che l’altro tornasse.
Un grosso baule era posato contro una libreria, già mezza piena di volumi dalla
rilegatura scura, poco dietro la cattedra, ingombra di strani oggetti, un grande
trespolo di levigato legno nero era stato disposto con cura, in un angolo.
Il ragazzo cercò la presenza di un gufo o di qualche altro uccello ma non ne
vide alcuno.
Forse era fuori per qualche consegna, ipotizzò lasciando scorrere ancora lo
sguardo su un appendiabiti su cui era gettato un lungo mantello nero, con tanto
di cappuccio.
Un guizzo attirò la sua attenzione sui grandi quadri, già disposti sulle pareti
dal professore, spingendolo ad alzarsi per osservarli.
Rappresentavano tutti grandi caverne, illuminate da dorati fuochi fatui, le
ampie pareti scure rifrangevano la luce in morbide volute sfuggenti.
Harry ne osservò una scivolare tra le stalattiti aguzze, prendere vagamente la
consistenza di un lungo corpo longilineo per poi dissolversi così com’era
comparsa.
Che cos’era?
Per un momento gli era parso che quell’evanescente fantasma di luce avesse le
forme del professor Kazam ma era scomparso troppo presto, senza permettergli di
capire se si trattava davvero di lui oppure di qualcun altro della sua specie.
Il ritorno della creatura lo riportò al presente.
“Che luogo è quello?” chiese indicando i dipinti con curiosità.
Il professore osservò le cornici con un lampo di tristezza nelle iridi
innaturali “Era casa mia..” mormorò.
“Era?” non potè fare a meno di mormorare Harry.
“Il mio Clan è stato sterminato dai maghi signor Potter...” sussurrò Kazam
voltando le spalle alle cornici per spostarsi dietro alla propria scrivania.
“Mi dispiace..” disse piano il ragazzo, colpito, ma il serpente sventolò una
mano nell’aria come ad allontanare le sue scuse “Sono passati ormai più di
sessant’anni..” mormorò con una scossa di spalle.
Il silenzio cadde pesante tra loro mentre Harry cercava disperatamente qualcosa
da dire per portare il dialogo su qualche altro argomento.
“Anche lei ha un gufo?” chiese quando il suo sguardo si posò nuovamente sul
trespolo.
Kazam si guardò attorno, perplesso dalla domanda, prima che i suoi occhi
seguissero la direzione di quelli di Harry.
“Oh quello!” esclamò con un sorriso che gli addolcì incredibilmente il volto
spigoloso “E’ per me..”
“Per lei?” balbettò Harry perplesso prima che una lampadina gli si accendesse
nella mente “E’ un animago!”
La creatura annuì con il capo “Ho dovuto diventarlo...” disse “..credo non
sia difficile immaginare in che cosa mi trasformo..” mormorò divertito “..in
effetti è stato davvero poco fantasioso da parte mia...” borbottò corrugando la
fronte.
Harry sorrise, comprendendo: “Un serpente?” ipotizzò.
L’uomo gli porse un cenno di scusa “Ovviamente...” mormorò “...un serpente a
sonagli per la precisione...” spiegò agitando la coda in modo da produrre quel
suo strano avvertimento tintinnate.
“Oh..” mormorò Harry cercando di trattenere il brivido che gli era scivolato
lungo la schiena.
“Bene bando alle chiacchiere...” mormorò Kazam con una scossa delle lunghe ali
perlacee “Ha visto dov’è il mio ufficio e...” rovistò nel baule aperto poco
lontano traendone un piccolo libro rivestito di cuoio nero “..ecco..” disse
consegnandoglielo.
“Principi base di Occlumanzia” lesse Harry a bassa voce.
Kazam annuì “Spiega molto bene come liberare la mente per prepararsi a
difendersi da un Leggimes” disse prima di guardarsi attorno con aria sconsolata
“..credo che ora lei possa andare nel suo dormitorio mentre io cerco di
sistemare questo caos..” borbottò sovra pensiero.
“Posso darle una mano se vuole!” si offrì Harry in fretta, desideroso di
riparare in qualche modo alla gaffe che aveva fatto prima, chiedendo dei quadri.
E poi non voleva tornare ai suoi pensieri, cosa che sarebbe sicuramente successa
se fosse andato al dormitorio.
Quella stanza sconosciuta e quella creatura incredibile non erano legati in
alcun modo ai suoi ricordi e questo gli permetteva di discutere con lui
serenamente senza dover soccombere a pensieri dolorosi.
“Davvero?” chiese con una nota speranzosa nella voce, Alexander.
“Certo!” esclamò Harry felice di avere l’opportunità di sbirciare in mezzo a
tutti quegli oggetti misteriosi.
“Magnifico!” disse sollevato l’insegnante e così, pochi minuti più tardi,
cominciarono a svuotare insieme le grosse valigie.
Stavano sistemando libri da una decina di minuti quando, dietro una pila di tomi
su incantesimi oscuri, Harry scorse una sagoma argentea, familiare.
Era il Pensatoio di Silente.
Kazam notò il suo sguardo e sorrise “Quello mi servirà prima delle nostre
lezioni..” disse prendendolo per deporlo con cura su un alto scaffale “Molti dei
mie ricordi non sono... come dire...” gli porse uno strano sorriso malizioso
“..adatti... ad un ragazzo giovane come lei..” mormorò ed Harry si sentì
arrossire mentre provava ad immaginare di che genere di esperienze stesse
parlando l’altro.
Gli tornò alla mente un documentario che aveva visto, una volta, in tv, prima
che Duddley cambiasse velocemente canale alla ricerca di qualcosa di più
stupido: i serpenti, di cui avevano parlato in quel video, si accoppiavano in
gruppo.
Chissà se la specie del professore usava quella stessa pratica...
Allontanò quel pensiero in fretta, tornando a portare la sua attenzione
sull’altro.
Parlarono un po’ dell’Occlumanzia e Harry gli raccontò quello che avevano
studiato con i precedenti professori risparmiandogli la lettura del dossier che
la MacGrannit gli aveva lasciato.
Il tempo volò nel sotterraneo illuminato dalle candele e Harry rimase basito nel
notare quanto fosse tardi quando Alexander, con un sospiro soddisfatto, ripose
l’ultimo baule in un armadio e sentenziò soddisfatto: “Abbiamo finito!”
Il professore fece dunque comparire un grosso boccale di burrobirra sulla sua
cattedra offrendola ad Harry che la bevve, assetato.
Lo depose ormai vuoto, sul tavolo, quando si accorse che gli occhi gialli lo
stavano osservando attentamente, una strana luce danzava nelle iridi inumane.
“Che cosa c’è?” chiese perplesso.
L’uomo emise un basso sospiro che somigliava decisamente ad un sibilo
sconsolato, arrotolandosi sulle proprie spire, con grazia, poggiando il viso su
una lunga mano candida “Lei è vergine, vero, signor Potter..?” mormorò
tranquillamente.
L’ultimo sorso di burrobirra gli andò per traverso mentre il volto gli diventava
incandescente “Co..come.. prego?” ansimò.
L’altro gli sorrise dolcemente “Sono particolarmente sensibile al lieve profumo
di una creatura innocente...” disse “Vede, guardarla bere così di gusto mi ha
messo sete..” mormorò “..e non c’è niente di più delizioso del sangue caldo di
un maschio vergine..” spiegò tranquillamente.
Harry boccheggiò incredulo ritraendosi, inconsciamente, sulla sedia, e l’altro
ridacchiò divertito.
“Oh non si preoccupi..” lo rassicurò alzandosi per aprire l’anta di una piccola
credenza “...Silente mi ha tassativamente vietato di mangiarmi voi studenti..”
disse con voce rammaricata, prima di prendere dall’armadio quella che sembrava
una bottiglia di vino.
Evocò un bicchiere con un gesto di una sottile bacchetta candida e si versò da
bere.
La sostanza che uscì dalla bottiglia era rossa e densa, Harry non impiegò molto
ad intuire che si trattava di sangue.
Kazam lo sorseggio con una lieve smorfia “Sangue di mucca..” borbottò con lieve
disgusto “...freddo per di più...” sbottò, buttando giù il resto del contenuto
in un solo sorso mentre Harry lo fissava senza parole.
“Credo che per lei sia ora di andare signor Potter...” gli fece notare Alexander,
coprendo uno sbadiglio con la mano.
Dietro le dita pallide Harry ebbe la fugace visione di due affilati canini
candidi e decise che era davvero il caso di andarsene prima che l’altro
dimenticasse la promessa fatta a Silente.
L’incontro con il suo nuovo, quanto mai singolare, professore di Occlumanzia
tenne impegnati tutti i suoi pensieri e, con sua notevole soddisfazione, quella
notte non sognò per l’ennesima volta la morte di Sirius o quella di Cedric, e
tanto meno la rinascita di Voldemort.
Anche se, non dormì comunque bene.
Quella notte, infatti, passò all’insegna di sogni in cui il professor Kazam, in
una strana versione deformed, svolazzava in un cerchio impazzito, ululando come
Leo, il gufetto di Ron, sulla sua testa, continuando a porre ininterrottamente
quella domanda sulla sua verginità, finchè lui non fuggiva, chiudendosi
nell’ufficio dell’insegnante e lì trovava Draco che ridendo del suo rossore lo
tirava fino al tavolo del professore e gli spingeva il viso dentro al Pensatoio
facendolo assistere a scene assurde dove metà delle persone che conosceva si
rotolavano su un enorme letto a baldacchino.
Si svegliò di soprassalto quando tra i tanti intrecci di gambe e braccia
riconobbe se stesso avvinghiato a qualcuno di cui non riusciva a scorgere il
viso.
Si mise a sedere di scatto, tra le lenzuola arruffate, sudato e con una mezza
erezione tra le gambe che lo spinse a ringraziare sentitamente di essere l’unico
ragazzo in tutto il dormitorio.
Arrossendo ad intermittenza ogni volta che un immagine del sogno tornava a
fargli visita, scese le scale diretto alla Sala Grande per la colazione,
camminando così perso nei suoi pensieri che non si accorse, girando un angolo,
della persona che veniva nella direzione opposta facendo capitombolare a terra
entrambi.
Cercò di rimettersi in piedi mormorando delle scuse quando i suoi occhi
afferrarono l’ondeggiare morbido di ciocche bionde.
Per un momento, sebbene senza apparente senso logico, le immagini del sogno
tornarono in lui più vivide che mai, confondendosi con la realtà, prima che la
persona che aveva investito si spostasse, rivelando due occhi grigio ghiaccio.
“Potter...” sibilò la voce strascicata dell’ultimo ragazzo che Harry si
aspettava d’incontrare.
“Ma..malfoy..?” domandò perplesso prima che la sua attenzione registrasse alcuni
particolari insoliti.
Draco aveva il volto scavato e pallido, due grosse occhiaie scure a sottolineare
ancora di più il colore chiaro dei suoi occhi, e le sue membra tremavano,
lievemente, come se avesse freddo.
“Che cosa...” cercò di dire, colpito dall’aspetto sbattuto del suo nemico ma il
biondino si rimise velocemente in piedi spazzolandosi la veste con rabbia,
ringhiando un: “Fatti gli affari tuoi, Potter!” prima di sparire lungo il
corridoio che portava ai dormitori dei Serpeverde.
Harry si alzò lentamente, perplesso.
Che cosa ci faceva Malfoy, a scuola, prima dell’inizio delle lezioni?
E chi l’aveva ridotto in quel modo?
Ma soprattutto... a lui perchè importava così tanto??
Nonostante continuasse a chiedersene il motivo Harry passò la mattinata e metà
del pomeriggio tra la sala comune, il parco e la biblioteca girovagando con
l’aria di chi cerca qualcuno.
Alla fine si arrese ad ignorare la sua curiosità sulla presenza di Malfoy ad
Hogwards e andò a trovare Hagrid per fare due chiacchiere.
Con Thor pigramente accoccolato ai suoi piedi e un enorme tazza di the davanti,
in cui tentò di inzuppare i biscotti granitici che il mezzo gigante gli aveva
offerto, il ragazzo ascoltò l’amico descrivere entusiasta i miglioramenti del
fratellastro Grog nell’apprendimento dell’inglese.
Hagrid non gli chiese nuovamente come stava ed Harry gliene fu riconoscente.
Era stanco di ripetere frasi fatte sull’argomento.
“Ho saputo del vostro nuovo professore..” mormorò quando il ragazzo gli annunciò
che doveva tornare a scuola per le lezioni di Occlumanzia.
Il moretto attese che l’altro si lasciasse sfuggire qualche informazione in più
ma il guardacaccia si limitò a sfuggire il suo sguardo, nervosamente.
“Bhe allora io vado..” si arrese Harry.
“Sì, sì vai..” lo salutò l’omone “..e mi raccomando Harry... stacci attento con
Alexander..” disse prima di richiudersi la porta di casa alle spalle.
Il ragazzo si chiese perplesso che cosa intendesse dire il gigante, mentre
tornava a scuola.
Era strano che Hagrid lo mettesse in guardia verso un altro insegnante, aveva
sempre mostrato grande rispetto per i suoi colleghi, persino per Piton.
Però a ben pensarci anche la MacGranitt non aveva nascosto la sua ostilità nei
confronti di Kazam.
Certo il suo aspetto terrificante e il fatto che, a quanto pareva, se avesse
potuto si sarebbe cibato degli studenti, non erano dei buoni presupposti dai
quali partire per risultare simpatico ma, per quel poco tempo che avevano
passato insieme, Harry aveva trovato la sua compagnia interessante.
E poi era stato scelto per la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure da
Silente in persona, quale migliore garanzia?
Certo anche Moody era stato scelto dal Preside, gli ricordò una vocina nella
testa, e il ragazzo prese a rimuginare nuovamente, più aggrottato di prima.
Accantonò i pensieri solo una volta di fronte all’ufficio di Kazam, reprimendo
un piccolo brivido nel bussare alla porta.
Dalla stanza non provenne nessun suono ed Harry provò quindi a girare la
maniglia, infilando la testa nell’ufficio illuminato da qualche candela che
svolazzava a mezz’aria.
“Professore?” chiamò, titubante, guardandosi attorno.
Per un momento credette che non ci fosse nessuno ma poi il suo sguardo cadde sul
trespolo e allora notò le lunghe spire di un serpente, di un pallido color
dorato, arrotolato al ramo nero, apparentemente addormentato.
“Hemm.. Professore..?” cercò di chiamarlo, allungando con attenzione un dito,
per sfiorare le scaglie lucenti.
Il rettile spalancò gli occhi e le fauci, contemporaneamente, tendendosi verso
di lui, prima di arrestarsi a qualche centimetro dal suo polso “Ah... è lei
Potter..” sibilò ed Harry si accorse incredulo che stava parlando in Serpentese.
Bhe certo... Kazam era un serpente!
La creatura srotolò le spire, lentamente, scivolando con grazia letale a terra,
prima di sollevare il capo a punta e saggiare l’aria con la linguetta biforcuta.
La sua figura si allungò, si tese, e poi si spezzò liberando le due grandi ali
candide che si schiusero come un grosso bozzolo da cui emerse nuovamente il
Kazam che Harry aveva conosciuto.
La creatura si stiracchiò per qualche secondo prima di salutarlo con uno
strascicato: “Buona sera signor Potter.. pronto a cominciare?” che gli uscì,
probabilmente senza che se ne rendesse conto, nella lingua dei rettili.
“Sì..” rispose Harry sentendosi stranamente più tranquillo, senza accorgersi che
aveva parlato a suo volta nel medesimo idioma.
Alexander lo fisso stralunato, per un momento, prima di sorridere lievemente
“Silente me l’aveva accennato..” mormorò “Ma è davvero sorprendente...” si
complimentò “...la sua pronuncia è quasi perfetta tenendo conto che non è dotato
di una lingua biforcuta..”
Harry arrossì sentendosi, tuttavia, per una volta, fiero di quel suo dono, lo
sguardo ammirato che il professore gli aveva concesso lo aveva fatto sentire
davvero bene.
La lezione cominciò senza molto successo.
La terza volta che Harry si ritrovò a terra con il fiatone il rettile scosse il
capo e gli offrì una sedia.
“Per oggi è meglio smettere..” mormorò pensieroso porgendogli una tazza di the.
Ma, prima ancora di cominciare a bere, Harry fissò l’altro che sollevò le mani
candide in segno di resa “Non mi guardi così... non mordo.. davvero..” lo
rassicurò e il ragazzo prese a sorseggiare la bevanda, cercando di recuperare le
energie.
Stava ancora gustando il liquido ambrato quando qualcuno bussò alla porta.
Ricevuto il lieve “Avanti..” dell’insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure
l’uscio si aprì rivelando Severus Piton, l’insegnante che Harry preferiva meno
fra tutti.. per usare un eufemismo.
“Ah Signor Potter..” sibilò l’uomo lanciandogli un’occhiata sdegnosa “...noto
che non fa progressi..” mormorò cattivo, alludendo alla sua evidente stanchezza
prima di volgersi verso Kazam.
“Ti consiglio di tenere il Pensatoio in un luogo dove Potter non possa arrivare,
Alexander..” lo avvertì cupo indicando con un cenno del capo l’oggetto, su una
mensola poco lontano “..il nostro valoroso Griffondoro..” sussurrò senza
nascondere lo sdegno “... si diletta a ficcanasare dove non dovrebbe..” terminò
lanciando un’occhiata velenosa al ragazzo.
Il rettile osservò Potter ricambiare lo sguardo dell’insegnante di Pozioni prima
di scuotere le ali con indifferenza “Peggio per lui...” mormorò lanconicamente.
“Immagino che tu sia venuto per questo..” disse invece aprendo un cassetto e
traendone una fialetta sottile, piena di un denso liquido argenteo che sembrava
sangue di unicorno.
Harry la fissò curioso per il breve attimo in cui gli fu permesso di posarvi gli
occhi sopra.
Piton fu infatti molto rapido a prenderla dalla mano candida di Kazam, e a farla
sparire nella tasca della sua veste scura.
“Ti ringrazio..” lo sentì, incredibilmente, sussurrare, rivolto al suo
insegnante, prima che voltasse le spalle ad entrambi e uscisse velocemente
dall’ufficio, la veste nera che gli svolazzava sulle spalle come le ali scure di
un grosso pipistrello.
“Che cos’era?” chiese Harry, incapace di trattenere la curiosità, pochi istanti
dopo che la porta si era chiusa, con un piccolo tonfo, alle spalle di Piton.
Kazam lo fissò per un momento, con tutti e tre gli occhi, prima che quello in
mezzo alla sua fronte si chiudesse nuovamente “Una medicina.. diciamo..” mormorò
vagamente, facendo poi scomparire la tazza che il ragazzo aveva vuotato.
“Credo che sia ora che lei vada..” lo congedò, lasciandoli facilmente ad
intendere che da lui non avrebbe estorto altro e il moretto giunse fino alla
porta, titubante, chiedendosi se poteva arrischiarsi a chiedere se quella
‘medicina’ sarebbe stata portata a Draco.
Non che gli importasse... era solo curiosità, si disse.
Si voltò verso il professore, la bocca già aperta per fare la domanda, ma l’uomo
scosse il capo in segno di diniego “Non glielo dirò Signor Potter..” lo avvertì
e Harry richiuse la bocca scocciato, spingendo l’uscio per uscire.
“Ah.. dimenticavo.. signor Potter..” lo richiamò l’insegnante, facendolo voltare
“... i suoi sogni sono davvero.. interessanti...” mormorò scatenando un violento
rossore sul suo volto “...ma giusto a titolo d’informazione...” disse “...ci
tengo a farle sapere che la mia razza, a differenza della sua...” insinuò
malizioso “...si accoppia con un solo compagno per volta...”
La porta si chiuse con un leggero tonfo, su quelle sue parole, mentre Harry
sprofondava in un baratro d’imbarazzo.
Doveva davvero imparare l’Occlumanzia, a tutti i costi!
I giorni successivi furono costellati da altri sogni assurdi in cui, per una
ragione o per l’altra, Harry si ritrovava a rotolarsi da qualche parte con la
figura senza volto.
E, anche se il ragazzo continuava a ripetersi che era tutta colpa delle parole
del professore e della sua sessualità ambigua il ragazzo si accorse, notte dopo
notte, con sempre maggior chiarezza, che la creatura a cui si avvinghiava nei
suoi sogni aveva un corpo dalle linee decisamente... maschili.
Sospirò, entrando nell’ufficio del professore di Difesa, almeno cominciava a
fare dei progressi in Occlumanzia, cercò di tirarsi su, e poteva impedire che
Kazam diventasse partecipe di quelle sue fantasie.
Inoltre il giorno successivo sarebbe giunto il treno.
Avrebbe rivisto Ron ed Hermione, magari anche Cho...
Anche se il suo interesse per la ragazza di Corvonero era andato decisamente
affievolendosi reimmergersi nelle lezioni e nelle compagnie abituali gli avrebbe
fatto bene.
E lo avrebbe certamente portato ad abbandonare quei pensieri molesti.
Almeno lo sperava.
“Davvero non male Potter..” si complimentò Kazam al termine della loro lezione,
quella sera, riponendo il Pensatoio per prendere un grosso tomo, dalla stessa
mensola, e posarlo sul tavolo.
“Incantesimi di protezione?” chiese perplesso il ragazzo.
“Mi servono per dopo..” disse l’insegnante vago, facendo rizzare le orecchie del
Grifondoro.
“Ha un altra lezione?” chiese interessato.
A parte i professori non c’era nessuno ad Hogwards, Lupin era ripartito il
giorno dopo il loro arrivo, Harry lo sapeva con certezza perchè, dopo aver
passato un inutile pomeriggio a girovagare cercando di imbattersi ‘per sbaglio’
in Malfoy, aveva controllato con cura sulla mappa lasciatagli dai gemelli Weasly.
E aveva creduto che Draco fosse tornato a casa dato che non compariva affatto
sulla pergamena magica.
Ma ora Kazam affermava di dover dare delle lezioni a qualcuno...
La creatura annuì “Silente mi ha chiesto di fare un corso intensivo di difesa
contro le arti oscure ad un suo compagno di scuola...” mormorò riportandolo al
presente.
La mente di Harry lavorava velocemente.
Si trattava di Malfoy?
Aveva il presentimento che fosse così.
Ma perchè gli serviva un corso accelerato di difesa?
Se Kazam gli teneva delle lezioni regolari Draco doveva aver fatto su e giù dal
castello più volte, possibile che non lo avesse notato?
E poi quando era arrivato?
Aveva guardato la mappa prima di scendere nei sotterranei, per evitare Pix e i
suoi stupidi scherzi, e non vi aveva visto traccia del biondino.
Un bussare lieve interruppe le sue riflessioni silenziose.
“Avanti..” invitò Kazam e la soglia si aprì rivelando una sagoma conosciuta.
“Potter...” sibilò Draco, confermando le intuizioni del Grifondoro.
Harry gli lanciò uno sguardo curioso, il prefetto di Serpeverde sembrava
perfettamente guarito eppure non erano passati che pochi giorni.
La ‘medicina’ di Kazam era dunque davvero per lui?
“Prego si accomodi Signor Malfoy...” disse la creatura facendogli cenno
d’entrare prima di guardarsi attorno, con l’aria di chi cerca qualcosa “Che
sbadato... devo averla lasciata dal professor Piton..” borbottò tra se prima di
avviarsi verso la porta “Signor Potter lei può andare a riposare... arrivo fra
un momento..” mormorò a Draco prima di uscire dalla stanza lasciandoli soli.
Harry fissò il biondino che sembrava stranamente poco propenso al dialogo... o
meglio all’insulto.
Fece per aprire bocca ma l’altro gli lanciò un’occhiata velenosa “Non ti ha
detto di andartene?!” lo aggredì.
“Faccio quello che mi pare!” gli rispose, a tono, il moretto.
“Oh giusto..” miagolò Malfoy “..figurati se il Grande Eroe.. non fa quello che
vuole...”
Potter scosse le spalle infastidito, alzandosi per andarsene.
Si era già stancato di litigare con lui “Non sono poi questo grande eroe..”
borbottò dirigendosi verso la porta.
“Complimenti Potter.. melodrammatico e patetico al punto giusto..” sbottò il
biondo sarcastico.
“Senti..” ringhiò Harry voltandosi di scatto “Che cosa ne sai tu eh? Viziato
figlio di papà che non sei altro!”
“Vuoi fare a pugni Potty?!” gli sibilò Malfoy di rimando.
“Ma come... ne sei capace? Da solo? Sei capace di fare qualcosa... da solo?”
insinuò malevolo.
L’altro lo fissò livido di rabbia prima di fare una cosa che il Grifondoro non
si aspettava: allungata la mano sopra la mensola alla sua destra, prese la prima
cosa che gli capitò di toccare e gliela tirò contro.
Harry rimase basito, per un momento.
Come mai Draco non gli aveva lanciato un incantesimo?
Lui aveva già la mano sulla bacchetta...
In effetti.. dov’era la bacchetta di Malfoy?
La distrazione avrebbe potuto costargli cara, il sasso che l’altro gli aveva
tirato lo stava per colpire in pieno volto quando Harry si riprese dallo
stupore.
Tuttavia il moretto non aveva la fama di essere il miglior cercatore che la
scuola avesse mai avuto, senza motivo, e con un agile flessione del braccio
serrò le dita intorno alla pietra, impedendogli di colpirlo.
“Mancato..” lo sfottè.
“Direi invece che l’ha presa in pieno..” mormorò una voce profonda
facendo sussultare entrambi.
Il professor Kazam era in piedi sulla soglia e li fissava con sguardo
indecifrabile.
Colto da un pensiero improvviso Harry aprì la mano osservando ciò che le sue
dita serravano.
Un comunissimo sasso.
O almeno.. così sembrava.
“Che.. cos’è?” chiese leggermente preoccupato.
“Questa signor Potter..” disse il serpente posando sul tavolo il libro che era
andato a prendere per sfilargli la pietra dalle mani “...è una pietra
sentimentale.”
Continua con: "Harry Potter e
la notte dei segreti..." buona lettura ^_^
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