Homo Homini Lupus

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CAP: 6/8

SERIE: X-Men

RATING: NC-17

PAIRING: CharlesXErich

NOTE: i personaggi non sono miei, li amo, ma non ci guadagno nulla a scriverli! Appartengono tutti ai loro legittimi autori

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Era riuscito a calmarsi.

 

Per i primi tre giorni aveva fatto come se nulla fosse successo.

 

Al quarto era entrato, furioso, nello studio del dottor Shomron pretendendo una spiegazione. Aveva poi girato una dozzina di uffici, sezioni, enti, che se lo passavano l'un l'altro e che non sapevano dargli una risposta. Qualunque cosa fosse, era una situazione grave: ogni tanto capitava che Erich se ne andasse. Per lavoro, diceva. E da parte delle autorità ospedaliere era meglio se non fossero sollevati problemi anche se, sotto sotto, nessuno ne sapeva niente. quando partisse, né quando ci si aspettava tornasse, né per fare cosa. Di certo: non per l'ospedale.

 

Shomron si era premurato di consigliargli discrezione, se proprio non riusciva ad evitare di portare avanti certe ricerche, e Charles sapeva che aveva ragione lui. Nonostante questo, però, darsi per vinto non gli sembrava una soluzione.

 

Dopo una settimana fu obbligato ad accettare il fatto che voleva Erich di ritorno, e per quello avrebbe anche sacrificato la sua curiosità.

 

All'ottavo giorno si mostrò tanto intrattabile che Shomron lo obbligò ad una settimana, almeno, di ferie.

 

Il nono lo trascorse nervoso come una tigre in gabbia, chiuso nel suo appartamento, sforzandosi di seguire le tracce psichiche che Erich avrebbe dovuto aver lasciato. Che non trovò, se non spezzate ed incomprensibili..

 

Il decimo era seduto sul divano, stremato, una tazza di caffè ora freddo fra le mani e lo sguardo che vagava fuori dalla finestra.

 

Non voleva prestare attenzione al centinaio di pure banalità che gli passavano per la mente, tipo che ci si accorge di quanto una persona sia importante solo quando non l'abbiamo più con noi. Erano sciocchezze degne di un funerale, e lì non era morto nessuno.

 

Charles chiuse gli occhi. Come aveva potuto lasciarlo andare via?

 

Senza dirglielo!

 

Fortuna che Gabrielle non c'era. Fortuna che l'aveva convinta ad uscire e a lasciarlo in pace per un paio d'ore almeno. Fortuna: o non avrebbe saputo trattenere la disperazione.

 

Non di fronte a lei.

 

Non ora, che aveva compreso. Che sapeva. Che sentiva.

 

Aveva baciato lei perché non poteva baciare lui. Perché aveva accarezzato, assaggiato la sua pelle per illudersi che bastasse quello per immaginare il sapore di Erich. Perché ogni parola, ogni sguardo, nella memoria e nella lontananza aveva assunto un significato mai immaginato.

 

Che non aveva mai voluto immaginare.

 

E ora che sapeva e che voleva, e che doveva dirglielo, non c'era!

 

E chissà dov'era.

 

E chissà quando sarebbe tornato.

 

E come.

 

L'ansia gli morse il cuore. E se non fosse tornato affatto? Se si fosse stufato di lui? Se avesse intuito quel suo morboso desiderio e se ne fosse ritratto disgustato? Se l'avesse disprezzato? Se non..

 

La chiave girò nella serratura. Qualcosa scattò dentro Charles.

 

Si alzò in piedi.

 

A fronteggiare Erich, sulla soglia.

 

La sua paura.

 

Il suo desiderio.

 

Erich era lì.

 

"Cosa fai.."

 

Non gli lasciò terminare la frase.

 

Vide la mano lasciare la presa sulla sacca da viaggio. Il tonfo sordo fu come un rimbombo che Charles sentì direttamente nel cuore.

 

Gli si precipitò fra le braccia.

 

L'unica cosa che, ora, gli sembrava potesse tenerlo in vita: il corpo di Erich, duro, contro il proprio.

 

Il suo calore addosso.

 

Il suo odore in cui affogare.

 

In cui perdersi.

 

In cui morire.

 

Charles sentì i singhiozzi chiudergli la gola, mentre la preoccupazione gli si scioglieva in petto. La paura era evaporata, condensandosi in sollievo all'altezza degli occhi. E la gioia esplose come fuochi d'artificio.

 

Il silenzio confuso e singhiozzante, incoerente, s'immolò in un bacio.

 

Un bacio: labbra sulle labbra.

 

Il coraggio per farlo, Charles, sapeva di non averlo mai avuto. Era stata solo l'avventata euforia del momento. Il liquefatto, puro desiderio che gli scorreva nelle vene.

 

Che gli deliziava l'anima.

 

Che avrebbe potuto alimentare la paura, dandole la forza per divenir concreta.

 

Il corpo di Erich si irrigidì.

 

Brusco ed immobile insieme. Stupito. Incredulo, forse.

 

Charles trattenne il fiato, non staccando le labbra dalle sue: che ora venisse l'accusa, l'odio! Che ora ci fosse il rifiuto, ma non si sarebbe allontanato da lui.

 

Non avrebbe più potuto.

 

Non dopo essersi avvolto nel suo odore. Non dopo aver assaggiato il suo sapore.

 

Fu un secondo. Un unico, misero secondo. In esso Charles si perse, sprofondando, sciogliendosi, perché quel ricordo divenisse una parte di lui. Perché non potesse mai dimenticare. Perché non si potesse negare.

 

La reazione di Erich venne.

 

Inaspettata: come tutto di lui. Meraviglioso. Terrorizzante.

 

E, insieme..

 

Erich rispose al bacio.

 

Lì, contro la porta chiusa. Le mani a premerselo addosso. Le labbra che si muovevano con un'urgenza e una forza che mai nessuna donna avrebbe potuto usare. Le braccia a stringerlo.

 

Charles gli infilò le mani fra i capelli, tremando. Da quando desiderava farlo?

 

Sentì Erich spingerlo indietro, un passo per volta.

 

Da sempre. Erano morbidi e belli, proprio come aveva sognato. Ed essere così vicini, così uniti, era ancora più meraviglioso di qualsiasi sogno.

 

Il tavolo.

 

Charles perse l'equilibrio.

 

Erich non lo lasciò andare.  Lo sollevò appena facendolo sedere sul bordo.

 

Se fino a quel momento tutto aveva mostrato contorni simili a quelli di una specie di sogno confuso ed ovattato, roseo e romantico, ora ogni cosa divenne carne e lava. Desiderio di pelle, di corpo. Di sesso.

 

Le mani di Erich gli sollevarono la camicia. Dallo stupore Charles scostò le labbra e chinò il capo per vedere se davvero le sensazioni che stava provando non fossero che immaginazione. La realtà di ciò che stava avvenendo lo colpì.

 

Lo sguardo di Erich improvvisamente si fece lucente: domanda e pretesa insieme.

 

Di un gesto. Di una parola. Di un cenno.

 

"Erich.."

 

La propria voce così roca non l'aveva mai sentita. Erich sorrise in risposta.

 

Sesso.

 

Qualcosa che rendeva il fiato più denso, che dilatava le pupille. Un desiderio che era bisogno, che era passione, che era vita. Che era tutto.

 

E che nel suo fuoco annientava il mondo stesso.

 

Charles non sentiva alcun bisogno di comprendere. Gli bastava baciare, toccare, ed essere toccato. Spogliato ed accarezzato.

 

Mani addosso, che col loro muoversi plasmavano i confini stessi  del suo corpo. Del suo io. Lo tenevano in vita e insieme lo obbligavano a..

 

La camicia di Erich seguì la sorte della propria. La pelle contro la pelle fu una scossa.

 

Charles spalancò gli occhi. Erich gli morse il collo.

 

Solo il suo corpo. Niente parole. Niente voci, se non sussurri soffocati che ogni tanto sfuggivano dai baci e dai tocchi. Niente sguardi, ché bastava la pelle per vedere l'altro. Niente passato e niente futuro. Niente: solo loro due.

 

Il loro corpi.

 

Il desiderio

 

Erich gli posò le mani fra le gambe. Charles gemette piegando il collo all'indietro, gli occhi chiusi. Perso. Rapito. Sconvolto. Euforico.

 

Solo Erich nella mente. Nel cuore. Solo Erich sulla pelle e dentro la carne.

 

Solo lui.

 

Come poteva conoscere ogni movimento, ogni gesto che lo faceva impazzire? Come sapeva cosa fare, e come farlo e quando?

 

L'ultima parte razionale di sé che era ancora rimasta in vita rispose, terrorizzandolo.

 

Ovvio: è un uomo.

 

Un maschio.

 

Erich è come te. Sa quello che vuoi perché è quello che vuole anche lui. Erich non è simile a nulla di ciò a cui sei abituato, nulla che è giusto desiderare.

 

E come se fosse Erich, dei due, il telepate, proprio in quell'istante gli prese il viso fra le mani. Con quel gesto dolce ed inaspettato lo obbligò a fissarlo negli occhi, e a perdersi in essi.

 

Gli occhi di Erich: ne era rimasto affascinato da subito. Di solito scintillavano perfetti e spietati di una consistenza di ghiaccio, ora erano densi e grigi come le nubi di un temporale nel cui cuore esplodevano fulmini incessanti. Un oceano ribollente d'ira e di spuma. Uno squarcio su un altro mondo.

 

"Charles. - ansimante, appena, le labbra rosse e umide, il corpo teso nell'obbligarsi in quell'attimo immobile - No. Tu non hai mai.."

 

Una specie di sussulto, un gemito di frustrazione istintiva, un lampo di irritazione che fu cancellata dall'abbassarsi delle palpebre.

 

E del capo.

 

Delle spalle.

 

Del corpo.

 

Fra le sue gambe.

 

Charles urlò. Letteralmente.

 

Quando le labbra di Erich si chiusero sul suo sesso.

 

Un sogno impossibile: ma non era un sogno.

 

Erich. Terribile e magnifico.

 

Che lo catapultava in paradiso nello stesso tempo in cui gli stava spalancando sotto i piedi il più carnale degli inferni.

 

Erich. Un uomo.

 

L'uomo che amava.

 

Il suo muoversi. Il suo calore. Le mani sulle cosce. Le labbra. La lingua.

 

Erich e il suo corpo perfetto, piegato su di lui, focalizzato su di lui. Desideroso di lui.

 

Charles gemette di nuovo, e di nuovo, seguendo il ritmo che gl'imponeva Erich.

 

Il desiderio non aveva più nome.

 

Il desiderio era tutto.

 

Charles chiuse gli occhi e ne fu sommerso.

 

Annientato. Distrutto.

 

E reso vivo.