Disclaimer: Oltre al solito "i personaggi non sono miei.." questa
volta devo aggiungere anche che pure la storia non è tutta farina del mio
sacco. Mi sono ispirata a "Inu mo
arukeba fallin'love" della Takashima.
B.A.U!
(Baciami Ancora Umano)
di Naika
Hanamichi Sakuragi aveva 24 anni, un’accesa capigliatura rosso fuoco e la pelle
dorata dal sole.
Non era una bellezza classica ma il suo corpo era atletico e scattante, custode
di una forza che sembrava irradiare tutt’intorno a lui, in un alone di
splendente luminosità.
Questo almeno... fino a poche ore prima.
Era uscito da lavoro in anticipo, era passato in pasticceria ed aveva fatto un
improvvisata al suo ragazzo, deciso a festeggiare con lui un bell’anniversario
del loro primo anno insieme.
Sakuragi sapeva che Kei non era l’amore con la ‘A’ maiuscola.
Si erano seduti allo stesso tavolo della mensa aziendale, della grande ditta
pubblicitaria per cui lavorava, per sbaglio e così, giusto per fare un po’ di
conversazione, avevano scoperto di avere diversi punti in comune, amavano gli
stessi sport, gli stessi generi musicali.
Avevano deciso di provare ad uscire insieme ed era andata bene.
Dopo qualche altro appuntamento erano finiti a letto.
Il sesso era stato piacevole, divertente, appagante, come le avventure di una
notte non potevano essere.
Risvegliarsi il giorno dopo, uno accanto all’altro, fare colazione insieme era
stata un dolce novità.
Hanamichi sapeva che il loro non era amore assoluto e totalizzante ma non gli
importava, stavano bene, si divertivano e questo gli bastava.
A dirla tutta il rossino aveva smesso di credere che l’amore dei romanzi
esistesse e trovare una persona con cui dividere la sua esistenza in pace gli
sembrava davvero già un grosso traguardo.
Tutto, dunque, era sembrato andare per il meglio.
Avevano continuato a vedersi, avevano superato un paio di litigate, avevano
fatto qualche progettato in cui cominciava a trasparire la parola ‘noi’ e non
più gli ‘io e te’.
Tutto bene.. finchè Hanamichi usando la chiave di scorta era entrato in casa del
compagno, trovandolo a letto con un altro.
Era rimasto immobile sulla soglia ad osservare le loro espressioni, soltanto
vagamente colpevoli, chiedendosi perchè non provasse assolutamente nulla.
Niente... a parte, certo, un punta di delusione per aver mal riposto la sua
fiducia e un po’ di vergogna per aver fatto male la sua scelta, una volta
ancora.
A differenza di quello che si sarebbe aspetto chiunque conoscesse Hanamichi
Sakuragi, il rossino non aveva rotto niente, non aveva gridato, non aveva
pestato a sangue i due.
Si era limitato a girare sui tacchi, richiudersi la porta della stanza, e poi
quella di casa, alle spalle, regalando il costoso dolce che aveva comprato ad un
gruppo di bambini intenti a giocare, nel parchetto poco lontano.
Poi... non ricordava bene cosa aveva fatto... aveva camminato... camminato..
camminato...
Per vie sconosciute, per strade mai percorse, senza osservare nulla attorno a
se, perso semplicemente nei suoi pensieri, nell’amaro, sorpreso, esame, del
vuoto che gli si allargava dentro.
Possibile che non fosse furioso?
Possibile che non volesse piangere?
Possibile che non provasse... niente?
Era diventato un guscio vuoto?
Yohei gli diceva spesso che troppe delusioni amorose lo avrebbero infine portato
ad un triste cinismo.
Ma lui faceva presto a parlare... era un novello sposino felice.
Sospirò mestamente rabbrividendo, accorgendosi solo quando un tuono lontano
attirò la sua attenzione, borbottando, che stava per prepararsi un acquazzone
con i fiocchi.
Scosse le spalle con indifferenza riprendendo a camminare, diretto verso casa,
ma senza fretta, mentre la gente attorno a lui correva per mettersi al riparo.
Quando le prima gocce gli scivolarono sul viso Hanamichi le accolse con gioia
tramutandole, nei suoi pensieri, in quelle lacrime che non riusciva a versare.
Quando finalmente giunse di fronte al suo appartamento era ormai fradicio e già
si preparava mentalmente alle lamentele della proprietaria quando un lampo
violetto illuminò il cielo, la strada, e la sagoma scura accucciata sotto il
grosso acero, nel suo giardino.
Sussultò, spaventato nel notare la luce del lampo rifrangersi in due intensi
occhi blu, prima di darsi mentalmente dell’idiota.
Era solo un cane che aveva cercato rifugio dalla pioggia.
Gli volse le spalle infilando la chiave nella toppa, entrando nell’atrio ancora
perso nelle sue elucubrazioni quando qualcosa di fradicio, almeno quanto lui,
gli sfiorò le gambe, sorpassandolo per infilarsi con decisione nell’ingresso.
Hanamichi osservò colpito il grosso cane nero che, in tutta risposta, si scrollò
con decisione l’acqua di dosso, inzaccherandolo dalla testa ai piedi.
“Che diamine pensi di fare brutto cagnaccio!” ringhiò sul piede di guerra.
Quel sacco di pulci aveva davvero scelto il giorno sbagliato per farlo
arrabbiare.
“Sakuragi!!” La voce della sua padrona di casa giunse da un punto
pericolosamente vicino.
Doveva sbattere fuori quella bestiaccia prima che Ayako lo vedesse o si sarebbe
fatta una pelliccia con il pelo del botolo e un paio di guanti con la pelle del
rossino che l’aveva fatto entrare!
“Fuori! Sciò! Sciò!” cercò di scacciarlo indicandogli la porta rimasta aperta ma
la bestia, si accucciò sulle zampe posteriori piantandogli in volto gli occhi
blu.
Non aveva mai visto un cane con gli occhi blu, pensò distrattamente Hanamichi,
prima che il passo di marcia con cui Ayako stava giungendo a troncare la sua
giovane vita lo facesse sussultare.
Chiamò l’ascensore per prepararsi la via di fuga, osservando il cane.
La porta era ancora aperta, la bestiaccia si sarebbe decisa ad uscire quando
avrebbe visto il minacciosissimo ventaglio della sua proprietaria, decise, ben
intenzionato a salvare la pelle dandosi alla fuga, ma nel momento in cui le
porte scorrevoli si aprirono con un ‘tlin’ il botolo ci si infilò dentro come un
razzo.
“Hanamichi si può sapere che sta succedendo?” esclamò Ayako, scegliendo quell’esatto
istante per piombare nell’ingresso.
Il rossino ringraziò mentalmente che l’altra non potesse vedere il cane,
nell’ascensore alle sue spalle, e, più velocemente che potè, disse: “Niente
niente..” prima di chiudere con un tonfo la porta d’ingresso e schizzare a sua
volta nell’ascensore, coprendo la vista del cane alla ragazza, schiacciando in
fretta il tasto del suo piano.
Ayako lo stava ancora fissando sospettosa quando le porte scorrevoli si
chiusero e con un lieve scossone l’ascensore partì.
Solo allora Hanamichi si volse a fissare il cane che, nuovamente seduto sulle
zampe posteriori, gli restituì lo sguardo e il rossino, per quanto assurdo
poteva sembrare, avrebbe giurato di notare della soddisfazione nel modo in cui
il botolo fece ondeggiare la coda bianca, avanti e indietro, schizzando di fango
le pareti dell’ascensore.
“E adesso... che credi di fare?” gli chiese battagliero quando il cane scese con
lui dall’ascensore.
Basito Hanamichi lo fissò trotterellare fino alla porta del suo appartamento e
poggiarci sopra una zampa.
C’erano altri due appartamenti sullo stesso piano ma il cane aveva scelto la
porta giusta senza nessuna esitazione.
Il rossino lo fissò senza parole, incredulo, prima che uno starnutò lo
costringesse a ritornare alla realtà.
“Oh e va bene!” si arrese e marciando a grandi passi verso la porta l’aprì.
“Ma guai a te se mi... hey!” non aveva ancora finito di comporre la frase che il
cane si era diretto in cucina.
“Eh no caro mio!” lo rincorse Hanamichi afferrandolo per la collottola “Prima tu
e io ci diamo una lavata!” gli disse e l’animale, che gli aveva minacciosamente
ringhiato contro quand’era stato così malamente afferrato per la collottola, a
quelle parole sollevò il muso nero, diviso a metà da una lunga linea bianca, e
lo fissò con la lingua a penzoloni e un mugolio felice.
Hanamichi rifiutò di analizzare il fatto che quello sguardo blu aveva assunto
strane sfumature maliziose mentre si dirigevano verso il bagno.
Si liberò in fretta dei vestiti arrossendo quando si accorse che il botolo,
seduto compostamente sul tappeto a pochi passi da lui, continuava a fissarlo con
la lingua fuori.
“Forza vieni qui!” gli disse Hanamichi legandosi un asciugamano sui fianchi,
prima di accucciarsi accanto alla vasca e cominciare a riempirla di acqua calda.
Il cane gli si avvicinò sospettoso annusando il sapone che il rossino stava
versando nell’acqua prima di balzarvi dentro, spruzzandolo dalla testa ai piedi.
“Maledetta bestiaccia!” sbottò il rossino portandosi indietro le ciocche
inzaccherate di pioggia e schiuma “Vuoi la guerra eh?”
E guerra fu.
Quando uscirono dal bagno la stanza era pressoché irriconoscibile, probabilmente
uno tsunami avrebbe fatto meno danni.
Ma almeno erano entrambi puliti e profumati.
Hanamichi si diresse in cucina seguito a ruota dal cane.
Dopo aver tolto il fango ed averlo asciugato il suo pelo si era rivelato di un
bellissimo nero corvino, lucente, solo la punta delle zampe, della coda e delle
orecchie era candida, facendolo somigliare un po’ ad una volpe, anche se era
decisamente troppo grande per essere il piccolo mammifero rosso e aveva più le
sembianze di un Husky.
Doveva essere un incrocio.
Un gran bell’incrocio, pensò il rossino, con il primo sorriso del pomeriggio,
porgendogli una ciotola con del riso al curry.
Non aveva molto a disposizione, aveva progettato di mangiare fuori quella sera.
Hanamichi si sedette al tavolo della cucina con un sospiro spingendo
distrattamente il riso per il piatto, con i bastoncini.
“Sai a quest’ora dovrei essere a casa del mio ragazzo, a gustarmi una cenetta
con i fiocchi per il nostro anniversario..” mormorò parlando tra se e se, più
che al cane.
L’animale sollevò il muso fissandolo, inclinando un poco il capo sulla sinistra,
interrogativo.
“Vuoi sapere cos’è successo?” chiese aspettandosi quasi di vederlo annuire.
Il cane invece si limitò a fissarlo con gli occhi blu, senza muoversi, e
Hanamichi gli porse un sorriso triste “L’ho trovato a letto con un altro..”
mormorò affondando il viso tra le mani, perdendosi così il lampo omicida che era
saettato nelle iridi canine.
“Mi è passata la fame..” mugolò, tra le mani, sollevandosi per riporre il
proprio piatto, praticamente intonso, nel lavabo e dirigersi alla camera da
letto.
Il cane lo seguì velocemente trotterellandogli appresso.
“Dove credi di andare tu?” gli chiese Hanamichi quando si accorse che l’animale
gli era alle costole.
Ottenne un mugolio vagamente triste che lo intenerì “Sei solo anche tu come me..
eh?” mormorò il rossino allungando una mano per accarezzargli le orecchie.
Il cane socchiuse le palpebre felice e Hanamichi entrò in camera, sedendosi a
terra, appoggiando la schiena contro il letto all’occidentale, battendo un
colpetto della mano, sul tatami accanto a se.
Il cane lo raggiunse e gli si sedette vicino, appoggiando il muso sulle sue
gambe nude.
Il rossino non si era preoccupato di vestirsi dopo la doccia, in casa faceva
caldo e non c’era nessuno che avrebbe potuto criticare i semplici boxer neri che
costituivano tutto il suo abbigliamento.
Sorrise mentre prendeva dolcemente a far scorrere la destra tra il suo pelo
morbido.
“Ti ci vorrebbe un nome..” ragionò tra se e se “Non posso continuare a chiamarti
bestiaccia..” disse divertito dall’idea, ricevendo un piccolo morso “Anche se
SEI una bestiaccia!” brontolò il rossino strofinandosi la mano lesa, prima di
farsi pensieroso “Visto che ti ho trovato sotto un acero che ne dici di: Kaede?”
gli chiese illuminandosi.
Il cane probabilmente non aveva capito un accidenti di quello che Hanamichi gli
stava dicendo ma lo vide felice e scodinzolò, soddisfatto.
“Bene allora vada per Kaede!” decise il rossino allegro, prima che il suo
sorriso si spegnesse d’un tratto.
“Ayako non mi permetterà di tenerti in casa...” mormorò cupo “..e così resterò
solo di nuovo..” sussurrò perso nuovamente nei suoi pensieri, senza accorgersi
dello sguardo blu che lo fissava attentamente.
“Dove ho sbagliato questa volta?” chiese piano “Sembrava che andasse tutto
bene.. mi sembrava che potesse funzionare e invece...” scosse il capo e il cane
uggiolò sollevando il muso per fissarlo.
Hanamichi gli porse un bel sorriso “Vorrei solo qualcuno con cui dividere il
futuro..” mormorò “Ti sembra chiedere troppo?” gli chiese.
Il cane si sollevò, posandogli una zampa sul petto emettendo un deciso “Wof!” e
Hanamichi rise dolcemente.
“No, mi spiace ma tu non vai bene..” gli fece notare “Ayako non vuole che
teniamo animali in casa e poi ci sono cose che tu non puoi darmi..” mormorò
chiudendo gli occhi con un sospiro.
L’animale protestò con un altro mugolio che il rossino tuttavia ignorò, almeno
finché l’altro non allungò il muso posandogli una lappatina cocciuta, sulla
guancia.
E poi sul mento.
E poi sulle labbra.
Hanamichi sorrise e scosse il capo, allungando le mani alla cieca per
allontanarlo, ma Kaede gli sfuggì.
Non sembrava intenzionato a farsi scansare.
Sentì la sua lingua sfiorargli il collo e poi il suo naso infilarsi tra
nell’incavo della sua spalla.
“Mi fai il solletico..” mormorò prima di immobilizzarsi.
Quella cosa che si stava dolcemente strusciando contro il suo orecchio non aveva
niente di canino.
Sbarrò gli occhi incredulo, con un sussulto che catturo l’attenzione della
creatura semi sdraiata su di lui, facendogli sollevare il viso.
Sì.. quello non era un muso... era un viso.
Un viso umano.
Il più bel viso che il rossino avesse mai visto.
La pelle lunare, così pallida da sembrare quasi candida sotto la carezza sfumata
della piccola lampada sul comodino, gli occhi di un blu intenso, liquido, lo
scrutarono attentamente.
Hanamichi lo guardò inclinare lievemente il capo, sulla spalla nuda, lasciando
che i capelli corvini scivolassero in morbide ciocche, scomposte, ad accentuare
il contrasto tra il loro buio e la nivea luce della sua pelle.
Aprì bocca, cercando qualcosa da dire, ma rimase semplicemente così, con le
labbra socchiuse e gli occhi sbarrati a fissare le orecchie candide, appuntite,
che spuntavano tra le ciocche nere e la lunga, vaporosa coda, dello stesso
colore, che carezzava l’aria, dolcemente, in un lento, ritmico, scodinzolio.
A parte quei due particolari era una ragazzo normale.
Nudo, bellissimo, ma normale.
Kaede lo fissò, perplesso dal suo silenzio, sondandogli lo sguardo per poi far
scivolare gli occhi sulla sua bocca.
E allora... sorrise.
Un piccolo, malizioso, movimento delle labbra che le spinse dolcemente ad
inarcarsi verso l’alto.
Un cambiamento quasi invisibile che tramutò il suo viso in qualcosa di
diabolicamente angelico.
Decisamente bellissimo.
Fu tutto quello che Hanamichi riuscì a pensare prima che l’altro coprisse il
poco spazio che li separava.
E mentre la lingua, sapiente, del moro, sfiorava le sue labbra per scivolare
umida e suadente ad accarezzare la sua, stuzzicandola ad abbandonare la
timidezza ed approfondire la loro conoscenza, mentre la sua bocca si strofinava
tumida, sulla quella del rossino, con brevi pressioni dal movimento ipnotico,
mentre quelle mani candide gli tiravano l’elastico dei boxer, facendoli
scivolare giù, Hanamichi si chiese distrattamente perchè quando si criticava il
lavoro di qualcuno di diceva che l’aveva fatto ‘da cani’.
Perchè se quello era baciare ‘da cani’... lui avrebbe davvero voluto essere
baciato ‘male’ più spesso!
Ma le sue disquisizioni filosofiche naufragarono pigramente, seguendo il lento
ondeggiare del piacere che aveva cominciato a fluire in lui, in morbide,
vellutate, carezze, sotto l’abile guida delle mani candide del suo sconosciuto
amante.
Si chiese quando aveva alzato i fianchi per permettergli di togliergli i boxer e
gettarli lontano, ma non ebbe il tempo di cercare la risposta perchè sentì le
dita candide del moro tracciare le linee del suo addome, salire sui fianchi,
impossessarsi delle sue anche e attrarlo imperiosamente a se mentre quella bocca
calda ed esigente che gli stava strappando il respiro dai polmoni si faceva più
audace, costringendolo a reclinare il capo all’indietro, fino ad appoggiarlo sul
materasso, dietro di lui.
Inarcò la schiena, per accompagnare quel movimento altrimenti doloroso,
incontrando per la prima volta, con il proprio corpo, quello dell’altro.
Se era un sogno era davvero consistente.
E caldo.
Sì, la sua pelle candida era calda.
Un contrasto affascinante tra la sua algida, eterea, perfezione e quel calore
che sembrava tendersi per fondersi al suo, in un amplesso silenzioso, nei pochi
centimetri d’aria che separavano le loro cosce.
Sollevò le braccia lentamente, passandole sulle sue braccia tese, salendo sulle
sue spalle per poi sprofondare tra le ciocche nere mentre un mugolio
s’intrecciava ai loro respiri sciogliendosi tra le carezze delle loro lingue.
Dolcemente il moro allontanò il viso, lentamente, rincorso dal lieve sollevarsi
del capo, del rossino, poco intenzionato ad abbandonare il possesso di quella
bocca che gli stava succhiando l’anima.
Ma dovette arrendersi quando l’altro si scostò ancora, impercettibilmente ma con
determinazione.
Sbatté le palpebre accecato dalla luce soffusa della stanza, rendendosi conto
solo in quel momento che aveva chiuso gli occhi, per ritrovarsi ad affondare
nello sguardo azzurro del suo ospite.
Quelle iridi ammalianti si infilarono nelle sue sondandole, insinuandosi nelle
loro intimità, come una mano insolente che scivola dove non deve e Hanamichi
gemette sotto quello sguardo, socchiudendo di nuovo le palpebre, gettando
indietro il capo, le labbra alla ricerca d’aria, in un’inconsapevole fuga dal
loro dominio.
E lui... lui, dai capelli neri, sorrise di nuovo.
Un sorriso tinto di umida malizia che si schiuse per permettere alla sua lingua
di bagnare le proprie labbra, ammorbidendole, prima di posarle sulla gola, che
con il suo gesto, il rossino gli aveva offerto in sacrificio.
Saggiò la sua pelle con una piccola, curiosa lappata, lasciando che la punta
della lingua ne catturasse il sapore e che il suo naso ne respirasse l’odore.
Deve piacergli il mio bagnoschiuma... penso incoerentemente Hanamichi quando
avvertì quelle labbra appoggiarsi di nuovo su di lui, esattamente laddove
l’avevano sfiorato prima.
E in effetti a Kaede piaceva, piaceva infinitamente il profumo di quel ragazzo
dall’anima dorata.
Sapeva di sole, di libertà, di calore, di corse nell’erba e di sorrisi luminosi.
La sue labbra presero a venerare quella pelle profumata mentre la lingua si
allungava, golosa, ad imprimersi quel sapore in ogni sua papilla.
Lentamente, seguendo la linea della gola scese sul petto, facendo scivolare la
mani dalle anche alle sue cosce, accompagnandole a schiudersi per lui,
permettendogli di sistemarsi meglio tra loro, mentre spingeva la schiena
indietro, la coda candida che frustava indolente l’aria fattasi affannosa come i
loro respiri.
Hanamichi ansimò tendendosi quando la bocca del moro si chiuse su un capezzolo,
baciandolo così come aveva fatto con le sue labbra, accarezzandolo con la
lingua, spingendolo ad ergersi per offrirgli una consistenza da mordere.
Giocò con lui mentre le mani del rossino si serravano tra le sue ciocche nere e
i suoi gemiti salivano ad infrangersi contro il soffitto muto, nell’osservarli
attonito.
Il rossino sollevò il bacino, alla ricerca del suo, troppo lontano per essere
soddisfatto, inchiodato alla sua posizione dalla bocca sul suo petto e da quelle
dita candide sulle sue cosce.
Ma l’altro dovette avvertire il bisogno che vibrava nel lieve tremore del suo
corpo teso e si spezzava nei suoi respiri ansanti perchè spinse entrambe le
mani, lentamente, nell’interno coscia.
Come due lupi, che con grazia letale accerchiano la loro preda, impedendole ogni
via di fuga, le sue mani candide scivolarono sulla sua pelle sensibile fino a
raggiungere il loro obbiettivo.
Hanamichi gridò spingendo il bacino nella presa di quelle dita che si erano
chiuse su di lui, la destra serrata alla base della sua asta, la sinistra
appoggiata sulla sua punta.
E mentre la sua bocca veniva violentata dai denti, nel tentativo di sopprimere i
gemiti, mentre le labbra incandescenti del suo carceriere scivolavano attraverso
il suo petto a cercare l’altro capezzolo, trovandolo già teso, ansioso di essere
seviziato com’era accaduto al suo gemello, il palmo di quella mano candida,
ferma sulla sommità del suo membro, si posò sulla sua punta umida, strofinandola
lentamente, in piccoli cerchi bagnati, che strapparono al rossino suoni che egli
stesso stentava a riconoscere come propri.
Il “Ti prego..” che gli scivolò dalle labbra somigliava più al verso di una
creatura morente che alla voce di un essere umano.
E allora lo avvertì.
Avvertì il suo sorriso malizioso, il lieve incurvarsi delle labbra di lui contro
la sua pelle.
Avvertì il suo respiro caldo infrangersi contro la propria carne umida,
spingendolo a rabbrividire mentre l’altro ricominciava a scendere.
Lo sentì tracciare le linee degli addominali usando la lingua come un morbido
pennello sapiente.
Lo sentì violare il suo ombelico, insinuandosi dentro di lui, forzandone le
strette pareti con piccole, lente, spinte.
Lo sentì baciare la pelle tesa del suo ventre e far scivolare il suo respiro
laddove l’inferno imperversava sotto forma di ricciolute fiamme scarlatte.
La sua mano destra rimase stretta sul suo membro, impedendo al suo bacino di
sollevarsi come avrebbe voluto, mentre la sinistra riprendeva a stuzzicare quei
pochi centimetri di pelle, sulla sua sommità.
Hanamichi si azzardò a sollevare, a fatica, il capo per fissarlo, trovandolo
intento a passare lo sguardo dalla sua mano sinistra al suo pene, lo vide
portarne il palmo al volto per lappare le piccole tracce di piacere che ne
avevano bagnato la candida superficie, per poi fissare nuovamente, la fonte che
le aveva generate.
Avrebbe voluto mormorare un “no..” ma tutto quello che riuscì a fare fu tendersi
e lanciare un grido quando l’indice candido si posò laddove quelle gocce
perlacee si stavano nuovamente concentrando, forzando delicatamente quel punto
con l’unghia, desideroso di ottenerne di più.
Hanamichi gli strinse con forza i cappelli, dimentico persino di dove teneva le
mani, semplicemente alla ricerca di qualcosa a cui aggrapparsi ma quel suo gesto
parve dare un’idea alla volpe che abbassò il volto, sostituendo al dito la punta
della lingua mentre la sinistra, perso il suo ruolo, tornava a posarsi sul suo
fianco e la destra lo tirava delicatamente, per fargli spostare un po’ il bacino
in modo da concedergli movimenti più ampi.
E Hanamichi fu ben felice di accontentarlo, lasciandosi ai gemiti quando la
destra, raggiunto il suo scopo lo abbandonò spingendosi più in basso, curiosa, a
saggiare la consistenza del suo piacere che si stava gonfiando.
Kaede lo leccò, assaporandone la punta per poi tracciarne i contorni, scivolando
a saggiare con le labbra la consistenza della sua asta per poi salire a cercare
la sua ricompensa, laddove il premio veniva elargito in piccole sfere perlacee.
Il rossino gemette spingendo i fianchi verso le sue labbra e il moro allungò di
nuovo la lingua, regalandogli una lunga lappata che gli fece trattenere il fiato
prima di obbligarlo a rilasciarlo tutto insieme, con un grido, quando, senza
preavviso, calò su di lui accogliendolo in bocca.
Hanamichi serrò la presa sui suoi capelli quasi temesse che l’altro si ritirasse
ma il moro sembrava aver ormai preso una decisione perchè cominciò a salire,
stringendo le labbra sul suo sesso, e a scendere, allargando le labbra per
accoglierlo dentro di se, da prima lentamente poi sempre più in fretta, quasi
con violenza.
Senza nemmeno rendersene conto Hanamichi cominciò ad assecondare i suoi
movimenti con il ventre finchè un tremito gli scosse le viscere, avvisandolo che
non avrebbe resistito ancora a lungo.
E l’altro dovette capirlo perchè lo lasciò andare improvvisamente.
Hanamichi lo fissò smarrito, senza sapere che fare, troppo spossato ed eccitato
per riuscire a connettere.
Il volpino tuttavia non sembrava certo dell’avviso di lasciarlo così.
Lo afferrò per i fianchi e lo costrinse a sollevarsi e a voltarsi, facendogli
appoggiare le braccia sul materasso, il petto che premeva contro il letto, i
glutei offerti al suo viso.
Sakuragi non ebbe tempo di dire nulla.
Non ebbe il tempo nemmeno di pensare che la mano del moro si era spinta tra il
letto e il suo corpo, infilandosi tra le gambe divaricate, per riprendere
laddove la sua bocca aveva interrotto, mentre quest’ultima si chinava a
leccargli il coccige per poi precipitare giù, senza preavviso.
Con un rantolo incredulo Hanamichi sentì la sua lingua farsi strada nel suo
corpo, bagnando la sua apertura, ammorbidendo la pelle tesa, violandola con la
punta fin dove poteva arrivare.
Gemette senza ritegno spingendo il ventre indietro, verso di lui, e il moro
rafforzò la presa sul suo sesso prima di abbandonare la sua apertura, umida ed
arrossata, per spingere il proprio sesso contro i suoi glutei, in attesa.
E Hanamichi serrò le lenzuola tra le mani, appoggiando la fronte al materasso,
prima di spingere il ventre all’indietro, verso di lui, in un muto consenso.
Con un unico movimento, deciso, dei fianchi, la volpe lo aprì, affondando nel
suo corpo caldo, spingendolo ad inarcare la schiena e a sollevare il volto, le
labbra spalancate in un grido.
La mano sul suo sesso si serrò e Hanamichi strinse con più forza le lenzuola tra
le dita, diviso tra quel piacere e il dolore.
Non aveva tuttavia ne la possibilità, ne tanto meno la voglia di ritrarsi.
La destra candida riprese la sua carezza mentre la sinistra gli serrava il
fianco e il moro si scostava, un poco, indietro.
Lo sentì strofinare dentro di se e gemette, spingendosi verso di lui per
impedirgli di allontanarsi, causandogli dolore, e, al contempo, desideroso di
non essere lasciato.
Il moro lo sentì inseguirlo e si spinse in avanti, sommando la contrarietà delle
loro direzioni per giungere più in profondità, per forzare un po’ di più quell’antro
stretto.
E Hanamichi gemette, gemette sonoramente, immobilizzandoli nell’avvertire la
violenta scossa di piacere che quel movimento aveva scatenato nel suo corpo.
Come non attendesse altro Kaede cominciò a muoversi con decisione e al rossino
non restò che gemere e gridare mentre il suo sesso si tendeva nelle mani della
volpe e il suo corpo veniva violato da quella forza calda e dura che affondava e
si ritraeva, si ritraeva e affondava, sempre più a fondo, sempre più dentro di
lui.
Serrò le lenzuola tra i denti, affondando il viso tra le coperte, i sensi
completamente appannati, il corpo stravolto, totalmente insensibile, come se
tutti i suoi nervi si fossero concentrati in quei due punti dove il piacere si
spezzava sempre più forte, fino ad essere insostenibile, facendolo ansimare e
piangere finchè Kaede non si ritrasse un ultima volta per spingersi poi in lui,
così forte da far sbattere il suo ventre contro il materasso, tenendovelo
premuto con violenza mentre si svuotava dentro di lui, liberando un lungo gemito
animale contro il collo del rossino che aveva dovuto sollevare il viso dalla sua
prigione di stoffe, per gridare con tutto il fiato che aveva in gola, lasciando
che il suo orgasmo si infrangesse nella mano candida del compagno e contro il
suo stesso letto.
Rimasero così per un lungo momento, Hanamichi ancora con la schiena inarcata, il
capo gettato all’indietro e gli occhi chiusi, il ventre premuto nella mano
dell’amante e contro il materasso, il sesso del compagno, a fondo dentro il suo
corpo, il ventre candido premuto sui suoi glutei, le cosce atletiche a
sorreggere ed intrappolare le sue.
Poi, delicatamente Kaede si ritrasse, scivolando fuori da quello scrigno
incandescente, accompagnando l’accasciarsi del compagno, tra le sue braccia,
prima di sollevarlo sul letto e sdraiarsi al suo fianco, avvolgendo entrambi
nelle lenzuola.
“Tutto questo è assurdo..” mormorò Hanamichi appoggiando il volto contro il suo
petto “...ma..” sussurrò chiudendo gli occhi mentre un bel sorriso gli incurvava
le labbra “...non me ne importa niente!” decise prima di addormentarsi.
Il sole del mattino solleticò le palpebre del rossino costringendolo ad aprire
gli occhi.
Si mosse nel letto, scoprendosi piacevolmente indolenzito prima di ricordare
cos’era successo la sera prima e schizzare a sedere.
Un rapido sguardo attorno a se gli fece sfuggire un sospiro dalle labbra.
Nessuna traccia di cani e tanto meno di ragazzi bellissimi.
Aveva sognato?
Certo che hai sognato! Gli disse una vocina nella sua mente, quello che era
accaduto non poteva essere reale.
Hanamichi si alzò dal letto chiedendosi se aveva la febbre, probabilmente tutta
la pioggia che aveva preso gliel’aveva fatta salire nella notte e lui aveva
avuto le allucinazioni.
Sorrise maliziosamente tra se, avrebbe voluto averle più spesso allucinazioni
simili, pensò passandosi una mano tra i capelli arruffati, entrando in bagno.
Per fortuna che era sabato.. non aveva nessuna voglia di andare a lavoro e
magari di vedere Kei.
L’ultimo pensiero gli causò una live fitta allo stomaco che tuttavia scomparve
nel momento in cui mise piede in bagno.
La stanza era nel caos assoluto.
Esattamente come l’aveva lasciata la sera prima.
O meglio... come si era sognato di averla lasciata la sera prima.
“Ma allora..” mormorò incredulo.
“BAU!”
Hanamichi si volse di scatto incontrando due splendenti occhi blu e il bel muso
nero e candido di Kaede, a pochi passi da lui.
“Oh kami..” ansimò Hanamichi senza fiato “...non.. non era un sogno?” chiese
incredulo.
“Bau...” mormorò una bella voce profonda.. sconosciuta.
Hanamichi osservò incredulo la forma nera allungarsi e tendersi fino a
riprendere le sembianze del suo amante, gloriosamente nudo.
“Oh kami..” ansimò nuovamente il rossino, lasciandosi cadere sullo sgabello
accanto alla vasca da bagno.
Kaede gli andò accanto, accucciandosi sui talloni per fissarlo, con il capo
reclinato su una spalla, prima di allungarsi un po’ e leccargli una guancia,
come aveva fatto la sera prima la sua versione canina.
Il rossino osservò incredulo la coda candida del compagno ondeggiare
morbidamente avanti e indietro mentre quegli occhi blu lo sondavano
attentamente.
Arrossì sotto il suo esame e, senza sapere bene perchè, si allungò su di lui e
gli ripetè il gesto, regalandogli una lappatina sulla pelle candida.
Le labbra del moro si tesero in uno splendido sorriso e questi si spinse in
avanti deciso a baciarlo quando il suono del campanello tagliò l’aria facendo
schizzare in piedi il rossino.
Il moro perse l’appoggio cadendo a terra con un tonfo e un ringhiò mentre il
rossino volava alla porta.
E se era Ayako, pensava nel panico il rossino.
Se passando nel corridoio avesse sentito l’abbaiare del cane?
Spalancò l’uscio cercando una scusa plausibile ma non fu Ayako a sorridergli da
dietro la porta, bensì Kei.
“Hana..” mormorò il moretto, facendo un passo avanti, verso di lui, ma dovette
immobilizzarsi con la mano tesa a mezz’aria perchè con un balzo la versione
canina di Kaede si era piantata tra loro, le orecchie piatte contro la testa, le
zanne sguainate e una luce omicida negli occhi scuri.
“Da.. da quando hai un cane..” ansimò il moro sulla soglia, gelato.
“Da ieri sera..” mormorò Hanamichi freddamente, allungando una mano per
accarezzare la schiena tesa del cane.
Kaede si tranquillizzò un po’ ma non smise di sbranare il nuovo venuto con lo
sguardo.
“Senti a proposito di ieri sera..” cominciò Kei lievemente imbarazzato ma
nuovamente dovette interrompersi, facendo addirittura un salto indietro, quando
a quelle parole Kaede era saettato in avanti con un ringhio, chiudendo la
mandibola, a vuoto, dove poco prima c’erano state le parti intime dell’ex amante
del suo padrone.
“Quella bestia è pericolosa!” ansimò spaventato ma tutto ciò che ottenne in
risposta fu un sorriso soddisfatto da parte di Hanamichi e vedere la zampa di
Kaede che si sollevava, posandosi sulla porta, sbattendogliela in faccia.
Sakuragi scoppiò a ridere lasciandosi cadere sul gradino d’ingresso e Kaede gli
trotterellò incontro scodinzolando, riprendendo sembianze umane quando solo
pochi centimetri li separavano, chinandosi a soffiargli sulle labbra un altro
morbido: “Bau...”
Hanamichi si chiese che cosa volesse dire quella parola in linguaggio canino, il
volpino sembrava dargli un significato particolare, ma non ebbe molto tempo per
le domande perchè l’altro gli aveva chiuso la bocca con la sua, spingendolo a
terra.
Kei ritornò alla carica nel pomeriggio e Kaede riuscì a strappargli un pezzo di
pantalone e mezza manica della camicia prima che il moretto si arrendesse al
fatto che, se voleva parlare con Hanamichi, doveva tenere una distanza di
sicurezza di almeno un paio di metri.
Il cane ringhiò per tutto il tempo del suo discorso lanciandogli occhiate
malevole, mostrandogli le zanne ogni qual volta l’uomo provava anche soltanto a
fare un gesto in direzione di Hanamichi.
Il rossino con Kaede accoccolato ai suoi piedi, in versione guardia del corpo,
si scoprì a fissare quell’uomo con cui era uscito per un anno intero senza
rimpiangere quello che era stato tra loro.
E glielo disse.
Avevano passato dei bei momenti insieme ma la loro storia era finita.
Così, semplicemente, com’era iniziata.
Kei non sembrava dello stesso avviso e Hanamichi se ne stupì.
Tra loro era sempre stato lui quello che lo cercava o che organizzava gli
appuntamenti, non si aspettava che Kei si rivelasse così attaccato al loro
rapporto.
Alla fine gli disse che non potevano tornare indietro e che lui intendeva
cominciare una nuova vita e il moro se ne andò con un: “Come vuoi tu!” stizzito,
sbattendosi la porta alle spalle.
Hanamichi si ritrovò a sorridere di sollievo voltandosi verso il compagno quando
il campanello suonò nuovamente.
Si chiese sospirando che cosa doveva dire a Kei per mandarlo al diavolo,
ponderando di rifilargli una testata, quando si ritrovò davanti Ayako.
E purtroppo Kaede gli era zampettato appresso.
“Hanamichi Sakuragi mi hanno detto che tieni un cane!” disse arrabbiatissima la
mora, lo sguardo che saettava da lui al cane e mentre Hanamichi veniva preso dal
terrore di essere sbattuto fuori di casa, aprendo bocca per cercare
disperatamente qualcosa da dire, il volto della ragazza sbocciò in un sorriso e
in un: “Ed è un cane bellissimo!!” che lasciò totalmente basito il rossino.
“Co..cosa?” chiese stupidamente.
“Sono molto arrabbiata che tu non me l’abbia fatto conoscere prima!” disse lei,
allungando una mano per accarezzare il muso di Kaede che scodinzolò
tranquillamente, lasciandola fare sotto lo sguardo stralunato del rossino.
Hanamichi non si interrogò mai su come aveva fatto.
Con il tempo scoprì che Kaede riusciva sempre ad ottenere quello che voleva, in
un modo o nell’altro.
Non si chiese come faceva a trasformarsi, non si chiese da dove arrivava o
perchè.
Ci aveva provato ma non aveva ottenuto molto e la sua battaglia quotidiana per
insegnargli il giapponese lo teneva troppo impegnato per permettergli di avere
il tempo di porsi domande a cui non avrebbe comunque avuto risposta.
La vita con Kaede era, a volte, comica, a volte, davvero impegnativa!
Aveva imparato prendere le ferie quando il suo amico a quattro zampe andava in
calore e a fargli nascondere orecchie e coda se andavano in giro in forma umana.
Aveva scoperto che non poteva portarlo con se quando voleva comprarsi dei
vestiti, l’ultima volta che, uscendo dal camerino con indosso il nuovo costume
da bagno che voleva comprare, al moretto erano ri-spuntate orecchie e coda.
C’era mancato poco che ululasse, mentre con la lingua a penzoloni, scodinzolava
freneticamente la sua approvazione.
Per fortuna che non l’aveva visto nessuno!
L’aveva presentato a Yohei, anche se, per il momento solo in versione canina.
Kaede ancora non parlava bene la loro lingua e tendeva ancora a ringhiare quando
un maschio gli si avvicinava, indipendentemente dal fatto che in quel momento
non fosse nelle sue sembianze canine!!
Con lui, decisamente non si annoiava, mai.
E sebbene molte delle sue domande sul compagno sarebbero rimaste, probabilmente,
senza risposta aveva almeno soddisfatto una piccola curiosità.
“Bau!” esclamò Kaede gettandogli la braccia al collo, quando Hanamichi aprì la
porta di casa annunciando un gioioso: “Sono a casa!” ritrovandosi un istante più
tardi sdraiato a terra con la bocca del compagno premuta sulla sua.
Sì... una piccola curiosità se l’era tolta... aveva capito che cosa voleva dire
‘BAU’!
fineeee ^_-
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