Premessa: l’idea per questa fiction mi è venuta qualche annetto fa, dopo aver scritto “Caro diario” di Card Captor Sakura (a cui vi rimando se non l’avete letta ^.^), ma ero talmente stanca dopo la “stesura” di quella mia prima fic che non ero riuscita a scriverne subito un’altra di getto ^.^  e mi sono “ridotta” a scriverla diversi anni dopo… della serie meglio tardi che mai! è____é

A parte ciò, l’ispirazione mi è venuta dal primo album dei Green Day (mitici!) di cui sono fan da ben 13 anni, dove sono raccolte le loro prime canzoni e che si intitola  “1,039 smoothed out slappy hours”   (lunghetto, eh?  ^.^) : ebbene, proprio leggendo e rileggendo i testi di quelle canzoni, ne ho individuate alcune che messe in un certo ordine mi hanno dato lo spunto per scrivere; ciascun capitoletto dunque riporta all’inizio il testo e la traduzione della canzone a cui è ispirato, e la fiction stessa ha il titolo di una delle canzoni perché nella storia l’episodio che ha questo titolo (1,000 Hours, appunto) secondo me è una delle parti più importanti… vi lascio quindi alla lettura, che spero vi sarà gradita e mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate!!!!

Ultimissima cosa, i personaggi sono miei mentre le canzoni sono degli aventi diritto (i miei amati Green Day!) e comunque non sono state utilizzate a scopo di lucro ma solo per il semplice e puro diletto di chi scrive e di chi andrà a leggere (spero in molti! ^.^)

 





 


 

 

1000 Hours

 

parte IV 

 

di Rumiko

 


 

Going to Pasalacqua

 

Here we go again, infatuation

Touches me just when I

Thought that it would end

Oh, but then again it seems

Much more than that but

I'm not sure exactly what you're thinking

 

 

I toss and turn all night

Thinking of your ways of effection

But to find that it's not different at all

I throw away my past mistakes

And contemplate my future

That's when I say...

What the hey!

 

Would I last forever?

You and I together, hand and hand

We run away (far away)

I'm in for nasty weather

But I'll take whatever you can give

That comes my way (far away)

 

 

Andando a Pasalacqua

 

Ecco che ci siamo di nuovo, infatuazione

Che mi prende proprio quando

Pensavo fosse finita

Oh, ma sembra di nuovo

Molto più di quello ma

Non sono sicuro di quello che stai pensando

 

Mi giro e mi rigiro tutta la notte

Penso ai tuoi modi di farmi effetto

Ma ho capito che non è molto diverso

Butto via i miei errori del passato

E contemplo il mio futuro

Ed è allora che dico...

Ma che diavolo!?!

 

Durerei per sempre?

Tu ed io insieme mano nella mano

Scappiamo (lontano)

Ci sono per il brutto tempo

Ma prenderò qualsiasi cosa tu possa darmi

Che mi capiti a tiro (via lontano)


 

 

-Uff, fortuna che abbiamo fatto solo un’ora!!!- sbuffò Marco visibilmente affaticato, mentre si dirigeva con l’amico verso la panchina dopo la mini partita di tennis che avevano concordato per quella domenica.

-Vero, anche io in realtà era da un po’ che non giocavo…- ammise Alessandro, prendendo dal suo zaino un piccolo asciugamano, concludendo sommessamente: -…sai, dopo la storia di cui ti ho detto, compreso il trasferimento e i lavori di casa, il tennis era l’ultimo dei miei pensieri…-  

Poi sollevò lo sguardo che a quell’ultima frase aveva abbassato e vide Marco che con un sorriso di comprensione gli porgeva una bibita ai sali minerali. Il ragazzo, evidentemente non sapendo come dimostrargli la sua vicinanza a parole, aveva voluto farlo con un semplice gesto. Anche questa volta Alessandro capì, e il “grazie” che gli rivolse sorridendogli in risposta assunse per entrambi un senso più profondo di quello che le altre persone gli avrebbero dato normalmente.

Dopo essersi dissetati e velocemente asciugati il viso passarono a rivestirsi delle tute e si diressero verso gli spogliatoi per fare la doccia. Per raggiungerli però dovevano uscire dal campo coperto e percorrere un breve tratto all’aperto. Non appena fuori, Marco rabbrividì e sibilò, percependo il freddo pungente che gli si infilava sotto i vestiti. Alessandro se ne accorse e dopo essersi velocemente sfilato il giaccone lo mise sulle spalle dell’amico. Il ragazzo infatti ne era sprovvisto, e aveva indosso indumenti leggeri; inoltre essendosi fatto ormai  buio la temperatura si era notevolmente abbassata rispetto a quando avevano iniziato a giocare. Al gesto di Alessandro, il giovane gli rivolse prima uno sguardo sorpreso e poi un sorriso riconoscente, sentendosi avvampare leggermente quando l’altro lo strinse a sé per le spalle mentre continuavano a camminare.

“Come una coppia di  fidanzati…”  pensò Marco, guardando a terra, percependo ancora una volta l’accogliente abbraccio del ragazzo più grande ed insieme una sorta di piacevole calore diffondersi per tutto il corpo.

Il contatto tra loro cessò solo quando entrarono negli spogliatoi, e passarono quasi subito dopo a fare la doccia. Uscirono dalle rispettive cabine contemporaneamente, e per una sorta di muto accordo si volsero le spalle mentre si cambiavano. Marco gettò un’occhiata fugace all’amico e lo vide mentre iniziava a sfilarsi l’accappatoio, contemplandone per come poté le forme: la nuca lasciata esposta dal capo chino, i muscoli delle spalle e delle braccia, e poi più giù quelli lungo la schiena… Distolse lo sguardo sentendosi imbarazzato per quella visione e non osò immaginare cosa avrebbe scorto se solo avesse continuato a “sbirciare”. Gli sembrò di non essere stato molto corretto ad aver “spiato”  l’amico in quel modo e provò un certo senso di vergogna, dal quale cercò di distrarsi passando ad occuparsi delle sue cose. Poco dopo anche l’attenzione di Alessandro fu per brevi attimi involontariamente catturata dal ragazzo più giovane. Infatti il moro, voltandosi verso la panca dove era il suo zaino per prendere una maglia pulita, aveva scorto l’amico che si frizionava i capelli con un asciugamano. E ne aveva notato un altro che gli si appoggiava mollemente ai fianchi, mentre il ragazzo era in una posizione, con le braccia sollevate e la schiena lievemente inarcata, che esponeva totalmente la sua figura allo sguardo dell’altro.

Chissà quanti avevano sfiorato, accarezzato, toccato quel giovane corpo, o anche soltanto pensato di farlo? Si chiese Alessandro, a cui l’idea faceva un certo “effetto”, anche se non avrebbe saputo dire esattamente in che senso. 

 

-Cosa posso prepararvi?- chiese il barista del locale dove erano andati a prendere qualcosa dopo il tennis, per concludere il pomeriggio.

-Per me un tè, grazie- rispose Marco.

-Per me invece un analcolico alla frutta- rispose Alessandro, mentre si sistemavano su un tavolo  vicino al bancone.

Le loro ordinazioni non tardarono ad arrivare e tra una chiacchiera e l’altra, mentre le consumavano, Alessandro ricevette una chiamata al cellulare. Subito dopo aver risposto, si allontanò e nel giro di poco tornò al suo posto, sedendosi di fronte a Marco.

-Era un mio vecchio compagno di scuola- gli spiegò, -mi ha chiamato perché ogni anno o due facciamo un piccolo ritrovo con i ragazzi della nostra vecchia classe delle superiori…pensa che eravamo solo in cinque, per il resto erano tutte ragazze! Per questo siamo diventati molto uniti allora e lo siamo rimasti anche dopo…- aggiunse sorridendo.

-Quindi ti ha chiamato per questo ritrovo…- volle sapere Marco.

-Sì, mi ha detto che hanno pensato di farlo sabato prossimo, il 16… gli avevo detto che mi sarei trasferito, per cui per stavolta hanno pensato loro di venire nei dintorni, sono molto gentili…- osservò il moro, poi aggiunse: -Mi ha chiesto anche se conosco un posto qui dove poter mangiare bene e che sia tranquillo… ma non sono uscito molto finora…- ammise, con tono rammaricato.

Sicuramente, si disse Marco, era stato a causa della storia da cui era da poco uscito… immaginò di nuovo per un attimo come dovesse essere stata dura per lui quel periodo, da solo e senza poter contare su nessuno… era naturale che non avesse avuto voglia di uscire né di vedere o conoscere altra gente in quei momenti.

Volendolo aiutare, gli fece il nome di due - tre posti che avrebbero potuto fare al caso loro e Alessandro lo ringraziò per i suggerimenti, che avrebbe sicuramente rigirato ai suoi amici.

Terminate le consumazioni, uscirono e si diressero verso casa in auto, augurandosi poi un buon inizio di settimana e promettendosi di risentirsi al più presto nei giorni seguenti.

 

<Ciao, allora come sta andando? … e la lezione di ieri?>

Marco lesse il messaggio che Alessandro gli aveva mandato poco dopo essere tornato dall’università. Il giorno precedente, essendo lunedì, non si erano visti e neanche sentiti, ma Alessandro doveva essersi ricordato che lui aveva avuto la sua prima lezione di procedura penale.

<Ciao! Ieri tutto bene, è stato molto meglio di civile, per fortuna! Domani invece vado a casa di un nuovo compagno di corso a studiare… ciao ciao, a prestissimo!>, gli rispose Marco, ripensando brevemente agli eventi di quel giorno. Infatti, come il martedì della settimana precedente, alla lezione di procedura civile aveva rincontrato Andrea, che gentilmente gli aveva tenuto il posto. Marco aveva provato un che di strano nel rivederlo, un qualcosa che gli sembrava di conoscere ma su cui per il momento preferiva non soffermarsi troppo… al tempo stesso però, non aveva potuto rifiutare l’invito dell’altro ad andare il giorno dopo a casa sua, né era riuscito ad ignorare il suo cuore che per un breve istante aveva accelerato i battiti alla proposta del compagno.

Tornando al presente, rilesse velocemente il messaggio, e lo inviò all’amico, per poi iniziare ad occuparsi del pranzo.

 

-Entra pure…- lo invitò Andrea, una volta giunti al suo appartamento, - i miei sono fuori per lavoro, ma mia mamma sapeva che saresti venuto, quindi ci avrà preparato senz’altro qualcosa... – aggiunse poi.

-Grazie…non preoccuparti, anche i miei il giorno sono sempre fuori a pranzo… - gli rispose Marco, mentre leggermente emozionato varcava l’ingresso.

-Vieni, sistemiamo le cose di qua, poi vediamo cosa c’è per pranzo… -

Andrea lo guidò dal piccolo ingresso attraverso un corridoio e poi in una saletta in fondo a destra. Appoggiarono le loro giacche sopra il divano e gli zaini a terra, quindi Andrea gli fece strada verso il bagno e una volta rinfrescati, passarono alla cucina, che dava anch’essa sul corridoio, dalla parte opposta della sala.

-Come vedi, non è molto grande qui, ma in tre ci si sta bene – osservò Andrea riguardo il suo appartamento. Marco, non sapendo cosa dire al momento, sorrise solamente al compagno, che poi passò ad occuparsi del pranzo.

Non dovettero attendere molto perché la pasta al forno e le polpette che avevano come secondo si scaldassero, quindi passarono a consumare il pasto, una volta apparecchiata la tavola.

-Grazie, era tutto buono- disse Marco, terminato di mangiare.

-Di nulla, avendoti invitato io, era il minimo che potessi fare, o meglio, far fare a mia mamma!- scherzò Andrea.

-Spero di non aver disturbato troppo…ringrazia anche lei da parte mia…- si raccomandò Marco, mentre dava una mano a sparecchiare.

-Figurati, quale disturbo? Per noi è stato un piacere!- affermò Andrea, e Marco sorrise abbassando lo sguardo, come se si sentisse imbarazzato per tanta accoglienza e naturalezza nelle parole dell’altro.

-Accomodati in sala intanto che preparo i caffè, così facciamo un attimo di pausa poi magari possiamo iniziare a vedere gli appunti - disse poi Andrea.

-Sì, grazie…- rispose Marco, e seguì l’invito dell’altro. Raggiunse la piccola sala, a cui però non mancava nulla: c’erano un comodo divano, un tavolino basso davanti e un bel televisore di fronte.

Si sedette sul divano e nel giro di pochi istanti anche Andrea lo raggiunse portando i caffè e lo zucchero in un piccolo vassoio. Appoggiatolo sul tavolino, si sedette anche lui accanto a Marco e quando si protese per prendere il caffè per il compagno, gli poggiò una mano sul ginocchio. Marco dovette fare uno sforzo per trattenersi dal sussultare, e pur se forse nemmeno era visibile dall’esterno, si sentì avvampare a quel contatto, tanto che per un breve istante desiderò poter avere di più, ma riuscì a  riprendersi quando l’altro gli porse la tazzina. Ringraziatolo come meglio poté in quella circostanza, bevve non osando sbirciare l’altro nemmeno con la coda dell’occhio, ma non riuscì ad evitare di guardarlo nel momento in cui aveva riposto la propria tazza sul vassoio. Andrea infatti si era appoggiato  con un sospiro allo schienale del divano e  vi si era completamente abbandonato contro, il capo leggermente reclinato all’indietro, le braccia rilassate, le gambe leggermente divaricate e gli occhi chiusi… nell’insieme regalò a Marco una visione che gli sembrò molto attraente. Tornò in sé solo quando Andrea riaprì gli occhi e lo guardò sorridendo, scusandosi per il suo comportamento: - Sai, mi prende sempre così dopo pranzo, inoltre spesso inizio a dormire quasi senza neanche accorgermene!-  scherzò poi.

Marco sorrise anche lui a quella battuta, accettando quasi subito dopo la proposta di Andrea di andare in camera sua a vedere gli appunti e a studiare qualcosa.

L’ambiente non era molto spazioso ma confortevole, e come le altre stanze era fornito di tutto il necessario: oltre al letto, un armadio, una piccola libreria, una scrivania con appoggiato un computer portatile, e un paio di sedie, che facevano giusto al caso loro.

Spostando il pc sopra il letto, Alessandro sistemò le sedie davanti la scrivania, e una volta accomodatisi, iniziarono a leggere ognuno i propri appunti ad alta voce, in modo da rivedere e correggere quello che ciascuno non aveva compreso della scrittura dell’altro.

Mentre era Alessandro a leggere, Marco aveva perso per un istante il segno e lo interruppe chiedendogli di indicargli dove fosse. Alessandro allora gli si avvicinò ulteriormente, tanto da sfiorarlo col proprio corpo, e ancora una volta Marco non osò alzare gli occhi per timore che la sua emozione fosse troppo evidente, limitandosi a ringraziarlo e a sforzarsi per seguire di nuovo la lettura del testo da parte del compagno.

Ad un certo punto, incontrarono un termine utilizzato dal professore il cui significato era loro piuttosto oscuro, e quindi collegando il computer ad internet, sedutisi sul letto, passarono a fare una veloce ricerca; nel mentre Alessandro si scusò un attimo e si allontanò per tornare quasi subito.

In quel preciso momento, Marco gli disse: -Non ho trovato molto, pensi che sia da fare in un altro modo?- 

Alessandro allora gli si mise in ginocchio dietro per vedere meglio anche lui lo schermo e senza far spostare il compagno gli rispose: -Vediamo un po’…- e cercò di migliorare la ricerca. Marco però era già partito per un’altra destinazione, se così poteva dire: infatti, non aveva mai avuto Andrea così a stretto contatto…  il petto che si adagiava quasi alla sua schiena e le  braccia  che sfioravano le sue, il volto così vicino che se solo si fosse girato lo avrebbe potuto baciare, il calore emanato dall’altro e il proprio batticuore erano sensazioni che lo stavano inebriando e facendo vivere in un altro mondo: socchiuse gli occhi e il suo cervello per brevi istanti andò in blackout. Si riavviò soltanto quando la ricerca fu terminata e Andrea si staccò da lui per prendere appunti su ciò che avevano trovato.

Dopo quell’episodio continuarono a studiare ancora per un po’, quindi terminato il confronto degli appunti, Marco disse che sarebbe dovuto andare: aveva il bus che sarebbe passato di lì a poco e quando Andrea si offrì di accompagnarlo, lo ringraziò ma gli disse che non c’era bisogno. Salutandolo, lo ringraziò di nuovo per l’ospitalità, e per tutto il tragitto verso la fermata dell’autobus prima e quello verso casa poi non riuscì ad evitare di pensare a tutto quello che era successo quel giorno, né riuscì più ad ignorare ciò che già aveva capito ma che finora non aveva voluto ammettere nemmeno con sé stesso: ancora una volta si era infatuato di un suo compagno di studi.

 

-Ciao, sono io!- disse il ragazzo non appena l’altro ebbe prontamente riposto al telefono.

-Ohi, ciao Marco, allora come va? – gli chiese Alessandro.

-Bene, diciamo che sono stati dei giorni piuttosto “intensi”, ecco…- gli disse Marco lievemente emozionato.

Alessandro percepì il cambiamento nel tono di voce del più giovane e incuriosito chiese: -Novità?-

-Beh, sì, ecco… vedi, si tratta del mio compagno di studio…- gli accennò imbarazzato Marco, e Alessandro avendo intuito che c’era qualcosa, preferendo parlarne di persona, propose: -Che ne dici se ci vediamo domani sera? Tanto è venerdì, ed ormai inizia il fine settimana, poi io sabato ho la cena e non ci sono… sempre se ti va- aggiunse, comprendendo che magari il ragazzo non avrebbe nemmeno voluto rivelargli più di tanto.

-Va bene – rispose invece questi, con sollievo di Alessandro, e si misero d’accordo per andare a cena in un ristorante di sushi, che a Marco piaceva molto ed Alessandro invece non aveva mai provato.

Alessandro fu felice del fatto che l’altro avesse accettato, perché ciò poteva dire che forse si sarebbe confidato con lui, ma al tempo stesso la cosa un po’ lo preoccupava… era la prima volta che aveva a che fare con “problemi di cuore” di quel genere, che per di più riguardavano il suo più caro amico… poi sorrise tra sé e sé: sembrava in ansia come un padre alla prima cotta del proprio pargoletto!!! Ad ogni modo, sperava soltanto che la cosa non fosse tanto grave da far soffrire troppo Marco, e che il tipo di cui gli aveva parlato fosse un bravo ragazzo e meritasse l’affetto del giovane, altrimenti…. Altrimenti cosa? Si chiese poi… lui che avrebbe potuto fare? E con quale diritto? Forse, era meglio non correre troppo né preoccuparsi eccessivamente: per il momento quindi, avrebbe soltanto ascoltato l’amico e lo avrebbe consigliato, se gli fosse stato chiesto, come meglio poteva, e poi sarebbe  rimasto in disparte a guardare, dandogli silenziosamente tutto il suo sostegno…

 

-Era tutto davvero ottimo, dovrei tornarci più spesso!- esclamò soddisfatto Alessandro, mentre uscivano dal locale.

-Mi fa piacere, io adoro il sushi, e se non fosse che per le mie povere tasche non è proprio economico, ci verrei tutti i giorni!- scherzò Marco.

E mentre si incamminavano verso l’auto di Alessandro, il più giovane ricevette una telefonata.

Rispose e scusandosi con un cenno della mano si allontanò di qualche passo dal moro, che ebbe modo comunque di ascoltare parte della conversazione.

-Sì, pronto?... Ciao Andrea, dimmi… sì, sì, va benissimo… sì, sono libero… no, figurati, mi fa piacere… dove andiamo? Ah, ok, ottima idea…. Sì, per quello poi magari decidiamo al momento, vediamo cosa c’è… allora, a domani sera!-

Poi il giovane chiuse il telefono e ad Alessandro non sfuggì l’emozione che trapelava da tutto il suo essere. Marco si rese conto nuovamente di dove fosse e con chi fosse e ritenne che fosse giunto il momento di dare delle spiegazioni. Infatti, per tutta la cena non aveva accennato alla cosa e Alessandro non aveva chiesto nulla al riguardo, per rispetto nei suoi confronti. Ora però si sentiva in dovere nei confronti del ragazzo più grande… e poi, adesso il fatto che sapeva di poter parlare con lui anche di quei problemi lo faceva sentire bene e libero di essere veramente sé stesso senza doversi nascondere o fingere come troppe volte aveva dovuto fare….

Erano giunti alla macchina e una volta saliti, Marco esordì: -Sai, era Andrea… il mio nuovo compagno di studi….-

Alessandro attese che l’altro proseguisse, notando l’imbarazzo che man mano si faceva strada in lui.

-Ecco… era di lui che ti volevo parlare… sai, era da un po’ che non mi succedeva, e non pensavo sarebbe successo di nuovo… ma l’altro giorno quando sono stato da lui mi sono reso conto di esserci ricascato… sì, insomma… e poi ora mi ha chiesto di uscire domani sera a cena e poi magari per un film…- quindi sollevò lo sguardo emozionato verso Alessandro che lo guardava sorridendogli affettuosamente, poi gli chiese con tono pacato: -Pensi che sia una cosa seria?-

-Beh, non so, ancora non so… ma se uno lo sogna la notte e poi ci pensa e ci ripensa per tutto il tempo credi che sia tanto grave?- gli domandò Marco, un po’ titubante. Aveva avuto diverse infatuazioni in passato ma mai forse nessuna era stata come questa, che a lui sembrava tanto vicina al classico “colpo di fulmine”.

-Potrebbe esserlo come anche no, nel senso che magari all’inizio uno può sentirsi coinvolto talmente tanto per via delle numerose emozioni che prova, però potrebbe essere solo un abbaglio….- rifletté Alessandro come se stesse parlando con sé stesso… di cosa voleva convincersi? E cosa voleva far credere a Marco? Che i suoi sentimenti per quell’Andrea non valessero nulla? Gli stava dicendo che era tutta un’illusione? E perché poi? Gli dava così tanto fastidio il pensiero dell’amico insieme ad un altro?

Si riprese, quindi continuò: -… come potrebbe essere anche una cosa seria… magari è troppo presto per dirlo… potresti aspettare un po’…- ma non gli disse di continuare a vederlo o frequentarlo… rimase piuttosto sul vago, come se in qualche modo temesse che incoraggiandolo esplicitamente, Marco avrebbe potuto allontanarsi troppo da lui… proprio ora che si erano ritrovati…

A quel pensiero Alessandro si sentì un egoista: non poteva pretendere che l’amico, fosse pure l’unico vero che aveva, rimanesse legato a lui per sempre, prima o poi avrebbe comunque preso la sua strada, e lui non avrebbe potuto farci niente….

-Sì, hai ragione… resta da vedere come andranno le cose… - concordò Marco, interrompendo i pensieri del moro, -…grazie – aggiunse poi, volgendo lo sguardo verso di lui con un lieve sorriso imbarazzato.

Alessandro, posando a sua volta i suo occhi in quelli luminosi dell’altro, sentì un leggero senso di colpa per non averlo sostenuto ed aiutato maggiormente, come forse avrebbe dovuto fare, e cercò di lenire quella sensazione, come per scusarsi, accarezzando i capelli del più giovane e sorridendogli a sua volta.