Premessa: l’idea per questa fiction mi è venuta qualche annetto fa, dopo aver scritto “Caro diario” di Card Captor Sakura (a cui vi rimando se non l’avete letta ^.^), ma ero talmente stanca dopo la “stesura” di quella mia prima fic che non ero riuscita a scriverne subito un’altra di getto ^.^ e mi sono “ridotta” a scriverla diversi anni dopo… della serie meglio tardi che mai! è____é A parte ciò, l’ispirazione mi è venuta dal primo album dei Green Day (mitici!) di cui sono fan da ben 13 anni, dove sono raccolte le loro prime canzoni e che si intitola “1,039 smoothed out slappy hours” (lunghetto, eh? ^.^) : ebbene, proprio leggendo e rileggendo i testi di quelle canzoni, ne ho individuate alcune che messe in un certo ordine mi hanno dato lo spunto per scrivere; ciascun capitoletto dunque riporta all’inizio il testo e la traduzione della canzone a cui è ispirato, e la fiction stessa ha il titolo di una delle canzoni perché nella storia l’episodio che ha questo titolo (1,000 Hours, appunto) secondo me è una delle parti più importanti… vi lascio quindi alla lettura, che spero vi sarà gradita e mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate!!!! Ultimissima cosa, i personaggi sono miei mentre le canzoni sono degli aventi diritto (i miei amati Green Day!) e comunque non sono state utilizzate a scopo di lucro ma solo per il semplice e puro diletto di chi scrive e di chi andrà a leggere (spero in molti! ^.^)
1000 Hours
parte III
di Rumiko
Disappearing boy
Now you see me, now you don't Don't ask me where I'm at 'Cause I'm a million miles away Treated like a forbidden heal Don't say my thoughts are not for real Or you won't see me again
Am I here or am I there Or am I playing on the stairs Am I in my room with my toys I am the disappearing boy
When I walk in crowded rooms I feel as if it is my doom I know that I don't belong In that room I see her I see her and she's with him I turn and then I'm gone
Don't call me up 'cause I'm not home My whereabouts are now unknown I vanished from all your joy I'm the disappearing boy
I have my doubts Of where I belong It's something to think about
Il ragazzo che scompare
Adesso mi vedi, adesso no Non domandarmi dove sono Perché sono lontano milioni di miglia Trattato da vigliacco disdegnato Non dire che i miei pensieri non sono veri O non mi vedrai più
Sono qui o sono là O sto giocando sulle scale Sono nella mia camera coi miei giocattoli Sono il ragazzo che scompare
Quando cammino in stanze affollate Sento che se questo è il mio destino So che non gli apparterrò In quella stanza vedo lei La vedo ed è con lui Mi giro e poi me ne vado
Non telefonarmi perché non sono a casa I miei paraggi ora sono sconosciuti Scompaio da tutta la vostra felicità Io sono il ragazzo che scompare
Ho i miei dubbi Dei luoghi a cui appartengo È qualcosa su cui riflettere
Quella notte Alessandro aveva avuto il sonno un po’ agitato, e quando si svegliò la mattina, si sentì più stanco del solito. Non avrebbe saputo dire quale potesse essere il motivo né ricordava se avesse sognato e se magari la spossatezza che sentiva addosso fosse dovuta a ciò… certo era che la giornata precedente, sera compresa, era stata piuttosto densa di emozioni e novità. Al momento, non gli era sembrato che la confessione di Marco lo avesse scioccato molto e più di tutto si era preoccupato dello stato d’animo del ragazzo… ma se fosse stata proprio quella la causa del suo sonno disturbato? No, non poteva essere: certo, magari un po’ gli aveva fatto effetto, ma di sicuro non così tanto da non consentirgli di dormire tranquillamente… dopotutto, ormai era un uomo maturo, che fortunatamente non aveva sviluppato pregiudizi di alcun genere, figurarsi quindi averne in quella circostanza, e poi nei confronti di un caro amico… Scese un po’ a malincuore dal letto matrimoniale nella camera al piano di sopra che era stata dei suoi genitori e a cui lui aveva apportato solo pochi cambiamenti, giusto un armadio e un comodino nuovi, per sostituire quelli vecchi. Andò poi in bagno, che era attiguo alla camera, si lavò il viso per darsi una rinfrescata, quindi tornò in camera, aprì la persiana del balcone, congelandosi per il freddo che nonostante il sole splendente era più pungente del giorno prima, ed infine rientrò nella stanza. Non avendo impegni fuori casa, optò per un comodo abbigliamento e indossò una tuta blu scuro con delle righe bianche lungo i lati esterni delle maniche e dei pantaloni. Scese quindi al piano terra, in cucina, dove si sarebbe preparato un’abbondante colazione com’era solito, per iniziare al meglio la giornata. Rivolgendo un’occhiata al divano, gli tornarono in mente le immagini della sera precedente, di Marco che si confidava con le lacrime agli occhi, e di lui che senza pensarci due volte lo aveva consolato fra le sue braccia, in silenzio ma cercando di trasmettergli tutto ciò che a parole non avrebbe saputo… Naturalmente, quella sera non si erano detti molto altro, ma chissà che vita aveva condotto Marco fino ad allora? Quanti ragazzi aveva avuto? E che tipi frequentava? Rincontrandolo dopo tanti anni e da adulto per la prima volta, sembrava che fosse diventato un bravo ragazzo, con la testa sulle spalle nonostante i problemi di cui gli aveva parlato. Tale convinzione però non gli impedì di provare di nuovo un certo senso di preoccupazione per il giovane amico… ad ogni modo, lo rincuorava il fatto che si fosse confidato con lui, e che ora l’altro sapesse che su di lui avrebbe potuto sempre contare. Continuando a ricordare quel momento, pensò anche al discorso che Marco gli aveva fatto prima di rivelargli il suo “segreto” , parole piene di speranza e di aspettativa sulla loro rinnovata amicizia… il ragazzo doveva aver valutato con attenzione tutto ciò che aveva deciso di dirgli, e se era giunto a quel tipo di scelta, forse era perché desiderava veramente quell’amicizia di cui a lungo aveva sentito nostalgia, quell’appoggio che da piccolo gli era venuto a mancare. E aveva deciso di manifestargli tutto quel desiderio, tutta la sua fiducia in lui fin da subito, svelandogli la sua omosessualità il giorno stesso del loro primo incontro dopo tanti anni. E lui? Come avrebbe agito? Da quando si era trasferito lì, aveva deciso di dimenticare il passato, si era soltanto concentrato sui lavori di sistemazione della casa e aveva cercato di tenersi occupato il più possibile per non pensare alle sue ultime tristi vicende… certo, ogni tanto gli tornavano in mente, ma lui era sempre riuscito a ricacciarle indietro non appena affioravano… e ora, con Marco cosa avrebbe fatto? Il ragazzo con la sua confessione era come se si fosse voluto nuovamente affidare a lui, mentre lui aveva cercato di sfuggire ed evadere a tutte le possibili domande dell’altro sul perché fosse ritornato lì ad A., deviando il discorso verso altre direzioni: le scuole superiori, l’università, episodi di quando erano più piccoli, i loro genitori… Nel preparare la colazione e nel consumarla non ebbe per la testa altro che pensieri del genere, e ogni volta che ad essi si sovrapponeva l’immagine dell’amico che versava lacrime sincere e gli apriva la sua anima, avvertiva delle piccole fitte allo stomaco. E capì che era perché iniziava a sentirsi in colpa per aver cercato di nascondere all’altro il suo più recente passato e per aver anche solo lontanamente pensato di mentirgli al riguardo. Ad un certo punto il cellulare accanto a lui sul tavolo squillò e lui quasi trasalì a quel suono: tornato alla realtà, premette un tasto e rispose. -Il signor Alessandro B.?- chiese una voce squillante di donna dall’altra parte. -Sì, chi parla?- -Sono Carla G., dell’agenzia assicurativa, la chiamo per comunicarle che se è disponibile, già da dopodomani potrà iniziare a lavorare presso la nostra prima filiale di V., siamo in via Roma quasi all’inizio, al numero 13- gli disse, scandendo bene soprattutto le ultime parole affinché fossero ben chiare. -Va bene, ho capito, ci vediamo dopodomani- rispose Alessandro. -Sì, soltanto un’ultima precisazione per quanto riguarda gli orari: quelli della nostra filiale sono 9.30-13.00 al mattino e 15.30-19.00 il pomeriggio- disse la ragazza. -Bene, la ringrazio, a venerdì dunque- concluse Alessandro. -Arrivederci e buona giornata- lo salutò l’altra. “Bene”, pensò Alessandro, “cominciamo subito… meglio così”. Almeno avrebbe potuto ben presto buttarsi sul lavoro e non pensare a molto altro… Chissà però perché avevano deciso di farlo andare venerdì? Forse lo avevano chiamato a presentarsi proprio quel giorno perché così avrebbe avuto modo di conoscere i suoi colleghi e il suo capo e organizzare con loro fin da subito il lavoro per la settimana dopo. Terminata la colazione, riassettò la cucina, e andò di fuori: doveva finire di sistemare il giardino, era l’unico lavoretto che gli era rimasto indietro, quindi decise che poteva approfittare di quella bella giornata di sole per farlo. Mentre usciva di casa, vide passare l’autobus che andava a V., e all’interno vi scorse la figura di Marco, che si accorse a sua volta dell’altro e gli rivolse un sorriso entusiasta mentre lo salutava con la mano. Alessandro ricambiò il sorriso e il saluto, ed ebbe un’altra piccola fitta allo stomaco: non avrebbe potuto continuare a nascondere il suo passato a lungo all’amico, né tantomeno mentirgli… avrebbe dovuto nuovamente affrontare i suoi fantasmi e parlarne a Marco alla prima opportuna occasione.
-Ciao!- Marco salutò Andrea mentre gli sedeva accanto nell’aula dove avrebbero dovuto affrontare un’altra pesante lezione della stessa materia del giorno prima. -Ciao, come va?- gli chiese Andrea. -Bene… pronto ad un’altra orrenda sessione di tortura?- rispose scherzosamente Marco, mentre preparava carta e penna per prendere gli appunti. -Mica tanto… speriamo almeno che non sia peggio di ieri!- gli disse altrettanto scherzosamente Andrea. -Cavoli, ho dimenticato la penna… ne avresti una in più?- interruppe il discorso Marco. -Sì, un attimo solo che la cerco… dovrei averla nella giacca- rispose Andrea, e nel farlo si spostò per raggiungere il giubbotto che era alla sinistra del compagno, poggiandogli una mano sul ginocchio nel protendersi per cercare l’oggetto. Marco ebbe un piccolo fremito interiore a quel semplice contatto e per un attimo si sentì inebriato dal leggero profumo di Andrea ora così vicino a lui, e catturato da suo profilo e dal suo sguardo tutto concentrato nella ricerca: che si trattasse nuovamente di un’infatuazione? No, non poteva essere, non si conoscevano neanche da un giorno… -Eccola qui! Tieni…- gli disse Andrea, mentre gli porgeva la penna e tornava a sistemarsi al suo posto, e il contatto tra loro cessava. -Grazie!- gli rispose Marco: sì doveva essersi sbagliato, decisamente… Come il giorno precedente, il professore arrivò piuttosto puntuale ed iniziò la sua estenuante lezione che però per fortuna terminò circa mezzora prima. Visto che avevano un po’ più di tempo rispetto al giorno prima, dopo aver fatto le fotocopie dei loro rispettivi appunti, Andrea propose: -Ti va di prendere qualcosa qui al bar dell’università?- -Sì, perché no? Tanto ho ancora un po’ di tempo prima di andare- gli rispose allegro Marco. Attraversarono quindi il corridoio principale accanto all’atrio e giunsero al piccolo bar in fondo, che come sempre era piuttosto affollato di studenti. Al banco Andrea ordinò e pagò un caffè e Marco un succo di frutta, poi una volta pronte presero le bevande e si sedettero ad un tavolo libero accanto ad una delle vetrate alla destra dell’entrata. Marco si era nuovamente perso nell’osservare i gesti del compagno mentre questi con le dita affusolate e movimenti sciolti apriva una bustina di zucchero, la versava nel caffè e lo girava col cucchiaino. -Ti sembra strano che io abbia preso il caffè quasi all’ora di pranzo?- gli domandò divertito Andrea, facendolo riavere dai suoi pensieri. -No, no, scusami, ero solo un po’ distratto- gli rispose leggermente imbarazzato Marco, colto sul fatto: che diavolo gli era preso? -E’ che senza almeno due caffè la mattina non riesco a stare, e l’altro l’ho preso molto prima della lezione, quindi…- gli spiegò Andrea mentre iniziava a sorseggiare la nera bevanda. Marco fu ancora catturato dai movimenti dell’altro, mentre si portava alla bocca la tazzina, apriva leggermente le labbra, chiudeva gli occhi e reclinava indietro il capo, lasciando esposto il collo… proprio una delle parti che Marco riteneva particolarmente sensuale e attraente in un ragazzo. Il solo pensiero e quella semplice visione gli provocarono una breve ondata di calore alla bocca dello stomaco e si sforzò di tornare in sé prima che il compagno lo cogliesse nuovamente a fissarlo; iniziò a bere anche lui il suo succo, poi dopo un primo sorso, giusto per distrarsi e dire qualcosa, domandò: -Domani hai lezione?- -Sì, ho storia di diritto penale nel pomeriggio- rispose Andrea, che intanto aveva terminato il caffè. -Ah, una delle materie opzionali… io invece ho storia di diritto italiano, ma la mattina- gli disse Marco. -Io quella ce l’ho venerdì mattina… di sicuro sarà una passeggiata rispetto a procedura civile!- esclamò Andrea sorridendo. -Già, e speriamo che anche procedura penale non sia così massacrante: io ce l’ho lunedì mattina…- disse Marco. -Mah.. dicono che entrambi i prof di procedura penale siano bravi e non siano tanto male, speriamo sia vero!- aggiunse Andrea, mentre Marco terminava anche lui di bere. -Io lo spero proprio!- ribadì Marco, iniziando a raccogliere le sue cose prima di uscire. Fuori dall’università si salutarono per la settimana successiva, dal momento che avendo confrontato gli orari delle lezioni, avevano visto che a parte quelli di procedura civile, gli altri proprio non coincidevano e al di fuori di quel corso difficilmente si sarebbero incontrati lì in facoltà.
Marco aveva da poco terminato il pranzo, quando sentì suonare il campanello; affacciandosi alla finestra della cucina al piano terra, vide che era Alessandro, lo salutò con un sorriso ed un cenno della mano, quindi chiusa la finestra e prese al volo delle chiavi da un portaoggetti sopra il ripiano della cucina, corse ad aprire il piccolo cancello all’amico. -Ciao, pensavo che oggi fossi impegnato con altre cose…- gli disse Marco mentre lo salutava, lieto di rivederlo, e iniziavano a percorrere i pochi passi che li separavano dall’ingresso dell’abitazione. -No, oggi no… ma da venerdì sì- rispose Alessandro. -Ah, quindi ti hanno fatto sapere?- chiese Marco. -Sì, mi hanno chiamato stamattina, sono stato assegnato alla prima filiale di V. che è in via Roma- disse Alessandro, mentre entrava in casa, invitato da un gesto di Marco che lo aveva preceduto aprendogli il portone di legno. -Ho capito dov’è, è una delle vie più trafficate e conosciute di V., ci sono diverse banche, assicurazioni e parecchi uffici- aggiunse Marco, mentre appoggiava le chiavi su un mobile a sinistra dell’ingresso. -Bene, domani volevo fare un giro di ricognizione, per così dire, per vedere esattamente dov’è… ti andrebbe di accompagnarmi?- propose Alessandro. -Sì, sì, non è un problema… ah, accomodati, vieni, da questa parte- lo invitò Marco facendogli strada attraverso il corridoio. -Dammi la giacca, la appendo- gli disse poi, aiutandolo mentre Alessandro iniziava a sfilarsi l’indumento. -Che gentilezza…- si complimentò Alessandro sorridendo; durante l’operazione poi, le loro dita si sfiorarono e Marco a quel delicato tocco si sentì avvampare leggermente, non seppe se per il commento dell’amico o per quel fugace contatto… Cercò di non fare notare il suo lieve imbarazzo al ragazzo più grande, abbassando il capo e sparendo per un istante in una piccola stanza che dava sul corridoio, tornando dopo aver sistemato la giacca. -Siediti pure… il salone è di là, se vuoi possiamo accomodarci lì- gli propose Marco, mentre Alessandro si sedeva ad una delle sedie del tavolo. -No, non preoccuparti, ero venuto solo così… insomma, per comunicarti le ultime novità…- gli disse Alessandro, con tono forse un po’ incerto ma che probabilmente sfuggì al più giovane: i suoi dubbi erano se parlargli proprio in quel momento della sua storia con Giulia e di tutti i suoi problemi passati, oppure se rimandare il tutto, magari ad un’altra occasione… fino all’ultimo istante prima di uscire da casa non aveva saputo decidere, e tuttora non sapeva cosa fare… -A proposito di ultime novità, tu che mi racconti? Se ricordo bene, oggi hai avuto la seconda lezione di procedura civile… - tagliò così il flusso dei suoi pensieri. -Sì..- rispose Marco mentre iniziava a preparare il caffè, -…caffè?- gli chiese poi prima di continuare il discorso, e dopo che l’altro ebbe annuito, proseguì: -…però la lezione è stata più breve di ieri, per fortuna!- terminò con un sorriso, voltandosi in direzione dell’amico. -Domani invece hai altre lezioni?- domandò Alessandro. -Sì, ma al mattino, quindi potremmo andare a fare questo giro nel pomeriggio- rispose Marco, appoggiando le mani indietro sul ripiano accanto ai fornelli, restando in piedi, in attesa che fosse pronto il caffè. -Va benissimo, dimmi tu l’ora che ti è più comoda, io non ho problemi- -Potremmo fare verso le quattro- propose Marco. -Sì, ok…- concordò Alessandro. -Poi magari ti faccio anche vedere in che zona parcheggiare per evitare i posti che sono a pagamento… ultimamente questi posteggi sono diventati veramente una cosa oscena! Li hanno trasformati quasi tutti a pagamento!- si lamentò Marco, mentre iniziava a levarsi il profumo del caffè e il ragazzo si voltava per spegnere il fuoco e versare il liquido in due tazzine. Alessandro sorrise ed osservò: -Però per fortuna alcuni li hanno lasciati liberi..- -Sì, ma non si sa per quanto ancora…- replicò Marco mentre posava le tazzine sul tavolo e subito dopo apriva uno sportello per prendere la zuccheriera. -Grazie- disse Alessandro, e prese due cucchiaini di zucchero mescolandolo attentamente prima di bere. Marco fece altrettanto, ma mentre anche lui si apprestava a sorseggiare il suo caffè, gli si propose la stessa scena della mattina: essendo seduto esattamente di fronte ad Alessandro, lo vide portarsi alle labbra la tazzina, schiuderle lentamente, reclinare indietro il capo e vide infine sparire dietro le palpebre le sue iridi azzurro cielo, mentre si abbandonava alla degustazione della bevanda come se fosse stato un momento di puro piacere…. Non poteva farci nulla: certi gesti, certi movimenti a volte lo incatenavano… solo, a differenza di Andrea, che aveva ancora la fisionomia ed il fisico di un ragazzo giovane, della sua età, si rese conto per la prima volta che Alessandro invece era ormai un vero e proprio uomo… lo poté intravedere dalla conformazione del collo, che poggiava su delle spalle non eccessivamente robuste ma ben formate, e poi…. Cosa stava pensando??? Si riebbe da quelle riflessioni e passò immediatamente a consumare la sua bevanda, prima che l’altro si accorgesse del suo sguardo indagatore… quei caffè iniziavano ad essere un po’ pericolosi, anzi, decisamente pericolosi per la sua sanità mentale…
Alessandro lo stava aspettando in auto davanti al cancello di casa, e alle quattro in punto Marco uscì, chiudendosi il portone alle spalle e dirigendosi verso l’amico. -Ciao, è molto che aspetti?- chiese Marco salutando al contempo l’altro, mentre apriva la portiera e saliva. -No, sono arrivato solo un paio di minuti fa- rispose Alessandro in direzione del ragazzo, mentre si apprestava ad accendere il motore. -Bene- disse Marco una volta sistematosi sul sedile. Alessandro fece partire l’auto dolcemente e si avviarono verso V. Un attimo dopo, chiese: -Allora, cosa hai fatto oggi?- -Beh, stamattina ho avuto storia di diritto italiano, non mi è sembrata male, anche il professore mi è sembrato bravo…- raccontò Marco. -Quando ho fatto l’università io, ricordo che ho studiato diverse materie di storia del diritto: oltre a quella di diritto italiano, avevo scelto fra le opzionali anche storia di diritto penale e di diritto romano; mi piacevano molto, soprattutto la storia romana…- gli disse Alessandro, poi aggiunse: -…in effetti i romani sono stati gli inventori del nostro diritto, ed erano molto avanti in questo ambito, hanno creato dei sistemi e delle istituzioni molto innovativi all’epoca…- concluse con tono appassionato. -Vedo che l’argomento ancora ti coinvolge- disse con un sorriso Marco, poi continuò: -…comunque è vero, Roma antica e tutta la sua storia sono state grandiose e sono sempre molto affascinanti e per alcuni aspetti a volte sono tuttora anche molto attuali- osservò. -Figurati che un periodo ne ero diventato un tale appassionato che mi sono comprato una serie di libri che parlano di tutta la storia di Roma dagli inizi al declino, poi anche delle loro usanze e delle curiosità meno conosciute… solo che ne sono parecchi e anche se ne leggo uno ogni tanto, ci metterò una vita a finirli tutti!- concluse Alessandro sorridendo e scuotendo leggermente il capo al pensiero di tutti quei volumi che aveva comprato nell’impeto di una passione giovanile, ma che forse mai avrebbe terminato di leggere, pur sperando di riuscirvi prima o poi….
-Questa parte in effetti può essere un po’ faticosa ma almeno si può risparmiare parcheggiando qua sotto- commentò Marco sbuffando lievemente. Come aveva accennato all’amico, gli aveva indicato una zona in una via parallela e sotto via Roma dove si poteva posteggiare gratuitamente; l’unico inconveniente però era che poi per raggiungere via Roma bisognava percorrere un pezzo di strada tutto in salita, che lasciava molti senza fiato. Ma fortunatamente non era il caso di Alessandro. -Per me non è un problema camminare, poi sono abituato a fare sport una o due volte a settimana, quando posso- rispose infatti, non troppo affaticato. -Beato te che ci riesci, io dico sempre di doverlo fare ma poi ogni volta finisce che ci rinuncio…- disse Marco ora ansimando più rumorosamente di prima. -Forse perché non hai il giusto stimolo, o magari dovresti farlo con qualcuno: anche questo potrebbe essere un aiuto… io ad esempio riesco benissimo da solo, ma se qualche volta vuoi unirti a me non sarebbe un problema- propose Alessandro sorridendogli mentre si fermava in cima alla salita, precedendo di poco il ragazzo e aspettandolo. -Va bene, possiamo provare- accettò Marco, mentre anche lui arrivava e raggiungeva l’amico più grande, -Cosa fai di solito?- chiese poi, fermandosi a riprendere un po’ fiato. -In genere mi piace cambiare e fare un po’ di tutto: nuoto, tennis, corse a piedi e in bici… così è meno monotono- affermò Alessandro. -E la palestra?- domandò Marco mentre iniziavano ad incamminarsi: ora erano in via Roma ed era rimasto soltanto di trovare la sede dell’agenzia dove l’indomani Alessandro avrebbe ripreso a lavorare. -Oh, quella non mi piace molto: ho provato più volte, cambiandone anche alcune ma non ci ho mai trovato nulla di speciale… sono proprio un esempio di quello che intendo per monotono- spiegò Alessandro, avviandosi di fianco al ragazzo più giovane con passo tranquillo, lo sguardo davanti a sé e le mani nelle tasche superiori della giacca nera. Marco che invece stava camminando guardando il marciapiede, si voltò verso di lui, e ammirandone inconsciamente per un breve istante il profilo e la limpida luce degli occhi, sorrise all’affermazione, poi tornò a chiedere: -Per questa settimana pensavi di fare qualcosa?- --Sì pensavo domenica di fare una corsa a piedi o in bici, ma se vieni anche tu potremmo andare a giocare a tennis- gli propose l’altro. -Va benissimo, se vuoi prenoto io il campo: non sarò molto praticante ma conosco almeno un paio di impianti qui a V. – disse Marco offendo la sua collaborazione. -Bene, allora se per te non ci sono problemi potremmo fare nel pomeriggio; per quanto io possa sembrare abituato a fare sport, la mattina non ci riesco.. non passerebbe mezzora che sarei già sfiancato!- gli rivelò il moro sorridendo e abbassando il capo, come a voler nascondere quella sua piccola debolezza. -A me va bene qualsiasi ora, quindi ok, prenoterò per il pomeriggio- rispose Marco. Poi non passò molto che giunsero al numero 13, dove era la sede dell’agenzia. -Ah, eccola qui..- notò Alessandro, -..vediamo un po’!- e si accostò all’ingresso per dare un’occhiata alla targa che ne riportava il simbolo, il nome e gli orari di apertura al pubblico. Il ragazzo osservò che gli uffici erano al secondo piano di un edificio non troppo vecchio ma neanche tanto moderno, poi tornando a guardare la targa, constatò: -Sì, gli orari corrispondono a quelli che mi hanno detto…- e voltandosi verso Marco che era rimasto ad attenderlo qualche passo più indietro, aggiunse: -Bene, possiamo anche andare ora…- e cominciò ad incamminarsi verso l’amico e con lui sulla via del ritorno. -Di cosa si occupa questa agenzia?- Marco interruppe poco dopo il silenzio con quella domanda. -Principalmente di assicurazioni sulle auto- gli rispose vagamente Alessandro, mentre iniziavano la discesa per raggiungere la macchina, procedendo con cautela perché stava facendo notte e la strada a brevi tratti era poco illuminata, -Comunque credo che mi faranno fare all’incirca quello che facevo nell’agenzia di M. – aggiunse. Marco poi non chiese altro perché aveva intuito dal comportamento e dall’atteggiamento che in certi momenti aveva tenuto l’amico due sere prima, che questi sembrava non gradire molto certe domande riguardanti la sua precedente vita ad M. Chissà cosa era successo? Marco se lo era chiesto più volte e aveva formulato diverse ipotesi, ma se non fosse stato l’altro a rivelarglielo, ovviamente non avrebbe saputo dire quale potesse essere quella giusta… la cosa lo impensieriva e un po’ gli dispiaceva, ma non poteva di certo forzare Alessandro, non sarebbe stato un comportamento da vero amico, quindi doveva solo attendere pazientemente il momento che il ragazzo più grande avrebbe ritenuto opportuno, o in cui si sarebbe sentito pronto per aprirsi con lui. Immersi ciascuno nelle proprie riflessioni, giunsero ben presto alla macchina, vi salirono e un attimo prima di mettere in moto Alessandro gli offrì una gomma da masticare. -Sì, grazie- accettò Marco. Ma mentre il moro sfilava con un movimento deciso il pacchetto delle gomme dalla tasca inferiore destra della sua giacca, saltò fuori anche un anello color argento che andò a cadere nel portaoggetti tra i due sedili. Marco non seppe capire se fosse d’acciaio, argento o oro bianco, tanto fu fulminea la reazione di Alessandro nel riprenderlo e rimetterlo in tasca. Poi il ragazzo più grande porse le gomme al più piccolo. -Tieni pure- gli disse, abbassando lo sguardo e sforzandosi di nascondere il più possibile l’emozione della voce che altrimenti Marco avrebbe notato. Infatti questi non vi fece caso, ma osservò un lieve tremolio delle dita di Alessandro che reggevano il pacchetto, però passato un attimo non fu più sicuro se la sua intuizione fosse giusta o se fosse stato solo un movimento che l’altro aveva fatto per facilitare la fuoriuscita dei confetti. Ne prese dunque uno e lo ringraziò di nuovo, iniziando ad assaporare il gusto forte e rinfrescante della menta, mentre il silenzio scendeva ancora una volta tra di loro.
Chissà cosa significava quell’anello? Un regalo? Un ricordo prezioso, forse? Si chiedeva Marco mentre si alzava e si vestiva con un paio di pantaloni morbidi e un maglioncino un po’ pesante, il tutto molto comodo ed informale dal momento che quel giorno sarebbe rimasto a casa e avrebbe dedicato buona parte del tempo allo studio. Aveva pensato e ripensato più volte a quel piccolo episodio del pomeriggio precedente, e i dubbi che esso avevano sollevato non avevano fatto altro che aggiungere domande su domande circa la vita precedente e passata di Alessandro. Si era imposto di aspettare con pazienza che fosse l’amico a raccontargli qualcosa, ma ora iniziava a diventare sempre più insofferente all’idea che quel momento non sarebbe forse mai arrivato… E poi, ci rimaneva male quando succedevano episodi del genere e Alessandro si chiudeva in sé stesso, in chissà quale mondo, quali pensieri, col risultato che piombavano in un silenzio molto pesante che non lo faceva stare affatto bene né tranquillo, sentendosi escluso e tenuto a distanza dall’amico. Mentre scendeva le scale che conducevano al salone e di qui attraverso il corridoio giungeva in cucina, decise di tagliare corto con tutte quelle preoccupazioni e di tuffarsi per quella giornata totalmente nello studio e nella sistemazione degli appunti delle lezioni. Per darsi una rinfrescata al volto ma anche alle idee, tornò indietro di qualche passo ed entrò nel bagno che si affacciava sul corridoio. Si lavò abbondantemente il viso con l’acqua fredda, si asciugò e scrollò leggermente il capo, fissando poi i suoi occhi verdi allo specchio e sistemandosi un po’ i capelli. Subito dopo si soffermò ad osservare la sua stessa figura, quindi disse a sé stesso: -Bene, ora al lavoro!- e tornò in cucina per prepararsi la colazione ed iniziare quella nuova giornata.
Che cavolo aveva fatto? Era una delle poche volte in cui ce l’aveva veramente con sé stesso per un suo comportamento… non appena aveva visto quell’anello aveva perso quasi del tutto la ragione e aveva avuto una reazione inaspettata anche per lui stesso, rischiando così di spaventare perfino Marco: aveva notato infatti lo stupore che per un istante aveva attraversato lo sguardo del più giovane, e il silenzio che poi ne era seguito era stato uno dei più intensi fra quelli che c’erano stati tra loro fino a quel momento… E tutto per quell’anello: come fosse andato a finire lì proprio non se lo ricordava… gli era stato regalato da Giulia il giorno del loro fidanzamento ufficiale, in uno dei periodi per loro più felici, e l’aveva tolto soltanto il giorno in cui aveva deciso di dirle definitivamente addio. Quando era andato a casa di lei, avevano avuto una lunga e dolorosa discussione, e di tutto ciò rammentava solo il fatto che lei non aveva voluto credere che quello che lui le diceva fosse vero, e lui per risposta l’aveva avvertita che non si sarebbero più rivisti, di non cercarlo e non chiamarlo più. Poi se ne era andato con una sensazione di amaro in bocca e con una confusione indescrivibile in testa, e mentre varcava la soglia di quella casa per uscirne, con le mani in preda ad un’agitazione incontrollabile si era sfilato l’anello: un momento che era rimasto impresso a fuoco nella sua mente. Cosa aveva pensato di farci con quell’oggetto? Buttarlo? Conservarlo come ricordo, seppur tanto triste e doloroso? Ormai non lo rammentava più, davvero… in quelle ultime settimane si era talmente sforzato di ricacciare indietro tutte quelle cose negative che ora, mentre riaffioravano, si stavano nuovamente abbattendo su di lui con la forza di un ciclone. Aveva tentato di tutto e preso tutte le cautele possibili per evitare che Giulia tornasse a cercarlo e lo trovasse. In una delle ultime telefonate ai suoi genitori poi, li aveva praticamente pregati di dire a Giulia, se si fosse rifatta viva, che anche loro stessi non sapevano dove lui fosse andato. Ma ciò non era servito ad alleviare le sue sofferenze che persistevano profonde, non perché provasse ancora chissà quali sentimenti per Giulia, ma per tutto quello che li aveva portati a lasciarsi in quel modo… Guardò la sveglia sopra il comodino accanto al letto: erano le 8 in punto, era ora di alzarsi e di non pensare più per il momento a tutte quelle cose… lo attendeva il suo primo giorno di lavoro a V. e voleva presentarsi al suo capo e ai suoi colleghi nella miglior condizione possibile, e ci sarebbe riuscito.
Il ragazzo moro era da poco rientrato a casa dal lavoro, quando il suo cellulare squillò, rispose e : -Pronto?- disse. -Ciao, sono io!- annunciò una voce ormai familiare. -Ciao, dimmi!- rispose allegro, riconoscendo immediatamente il suo interlocutore. -Ti chiamavo per dirti che ho prenotato il campo da tennis per domenica, dalle cinque alle sei, va bene?- chiese l’altro. -Benissimo- confermò Alessandro. -Ok allora… oggi invece come è andata al lavoro?- domandò il ragazzo più giovane. -Piuttosto bene, mi sono trovato soddisfatto, sia del capo che dei colleghi, ma magari te ne parlerò meglio quando ci rivedremo… ora non vorrei trattenerti troppo al telefono…- buttò là Alessandro. -Grazie, va bene, tanto credo proprio che sarà molto presto: mia mamma muore dalla voglia di rivederti e vuole assolutamente che tu venga a cena da noi domani sera… o forse sei impegnato?- domandò Marco, con tono leggermente esitante. Alessandro fu tentato di inventare una qualsiasi scusa per non andare ed evitare così quell’ulteriore incontro, ma poi considerò velocemente che avrebbe comunque dovuto presto affrontare anche quella situazione, quindi accettò. -Grazie, mia madre sarà felicissima, ci teneva così tanto!- esclamò Marco allegramente, -Allora, a domani sera, vieni pure quando vuoi!- concluse, con la stessa inflessione. -Sì, a domani sera, sarà un piacere anche per me- terminò con non proprio tutta sincerità Alessandro: non che la cosa gli dispiacesse veramente, ma di certo lo impensieriva un po’… sapendo che tipo era la madre di Marco, come avrebbe reagito, cosa avrebbe risposto alle domande che la donna gli avrebbe rivolto? E agli argomenti che sarebbero saltati fuori? Avrebbe mentito, tradendo così anche la fiducia di Marco? Rimase a fissare per un po’ il cellulare come se l’oggetto avesse potuto fornirgli una qualche soluzione geniale ai suoi dilemmi, poi tornò alla realtà e si preparò per la doccia, che sperava lo avrebbe aiutato almeno in parte a rilassarsi, prima di cenare.
-Allora, come ti sono sembrati i miei?- esordì Marco con accento divertito e curioso, dopo aver terminato la cena ed essersi accomodato con Alessandro sul divano del salone. Con un gesto quasi automatico il padrone di casa aveva anche acceso la tv ma aveva avuto l’accortezza di regolarla ad un volume che consentisse loro di parlare tranquillamente. -Tuo padre non è affatto cambiato, mentre tua madre mi è sembrata un po’ diversa da come la ricordavo- commentò Alessandro. Infatti aveva notato come l’uomo avesse tenuto l’atteggiamento pacato e composto che gli era sempre appartenuto, mentre la donna gli era parsa un po’ cambiata, essendosi comportata in modo troppo tranquillo e troppo normale, secondo lui. E la cosa gli era sembrata un po’ strana: non lo aveva sommerso di domande come lui aveva temuto, neppure quando avevano parlato del suo nuovo lavoro, e lui aveva potuto raccontare loro in tutta calma del capo e dei colleghi che aveva conosciuto il giorno prima, e di cosa si sarebbe occupato. Solo quando avevano parlato dei genitori del ragazzo la signora aveva lasciato riemergere parte della vivacità che Alessandro sapeva esserle propria, ed era partita col chiedere tutto il possibile immaginabile… Marco allora gli confessò: -Beh, ho chiesto io a mia mamma di non essere troppo invadente nei tuoi riguardi… non volevo di certo farti fuggire a gambe levate al primo nuovo incontro con lei!- esclamò poi, sorridendo ma con leggero imbarazzo al tempo stesso per quella piccola rivelazione. Marco aveva infatti rivolto quella richiesta a sua madre perché ormai sapeva che Alessandro non avrebbe gradito certi argomenti e aveva voluto così evitargli situazioni spiacevoli mentre erano tutti insieme. Ora però erano soli e seppur con un po’ di titubanza, il ragazzo azzardò: -Sai… mi sembra di aver capito che qualcosa ti preoccupa…- e abbassò lo sguardo, iniziando a tormentarsi le dita delle mani le une con le altre, chiedendosi se stesse facendo la cosa giusta, poi tenendo ancora gli occhi rivolti a terra riprese: -… però non devi dirmi nulla… ecco io, era solo per…- Ma non proseguì: Alessandro lo aveva interrotto silenziosamente, posandogli una mano dietro la nuca, in una carezza rassicurante. Il ragazzo sollevò lo sguardo verso l’altro e Alessandro vi scorse smarrimento e preoccupazione, e questo bastò a fargli prendere la sua decisione. Rivolse un mesto sorriso al più giovane, e iniziò a raccontare.
L’amico se ne era andato già da un po’, e Marco si era appena infilato a letto, ma già sapeva che il sonno non sarebbe arrivato subito. Non avrebbe saputo dire come si sentisse in quel momento mentre la sua mente riandava a quanto accaduto nemmeno due ore prima. Rivedeva Alessandro mentre iniziava a raccontargli della sua storia con quella Giulia, che tanto lo aveva fatto soffrire, e gli parlava delle vicende più importanti e più brutte di quel periodo. Gliene erano rimaste impresse due in particolare, forse quelle che anche per Alessandro erano le più dolorose. La prima era il momento in cui l’amico aveva scoperto il secondo tradimento di Giulia cogliendola sul fatto mentre era a casa sua con l’amante di allora: Alessandro li aveva visti in salone e senza dire nulla, lo sguardo e la mente ormai vuoti, aveva solo richiuso la porta e se ne era andato… La seconda era quella legata all’anello, al momento in cui se lo era tolto per sempre dopo il loro ultimo incontro con cui lui l’aveva lasciata una volta per tutte. Il ragazzo moro gli aveva raccontato tutto con tono pacato e a tratti sommesso, non aveva pianto né si era disperato al ricordo di quello che aveva passato, però Marco aveva notato come a volte il suo sguardo era sembrato spento e le sue dita erano state percorse da lievi fremiti. Alla fine della lunga confessione, Alessandro aveva sospirato ed era rimasto con lo sguardo fisso davanti a sé, come in un mondo a parte, e tra loro era ancora una volta calato il silenzio. Ma stavolta Marco non era riuscito a rimanere inerte come le altre volte, in cui non aveva saputo cosa fare perché non conosceva ancora cosa tormentasse l’altro. Stavolta aveva voluto fargli presente la propria vicinanza, fargli capire che lui c’era, che ora non doveva sentirsi solo ad affrontare tutto ciò. E semplicemente aveva posato una sua mano sopra quelle congiunte dell’altro, in un tocco leggero e gentile, sentendo un fastidioso pizzicore agli occhi. Alessandro si era voltato a guardarlo, ritornando in sé e mentre Marco timidamente si era avvicinato a lui per abbracciarlo, il moro gli aveva asciugato le lacrime che iniziavano ad affiorare e tornando a sorridergli, lo aveva nuovamente accolto nella sua gentile e confortevole stretta, in un muto gesto di ringraziamento. E fu proprio il ricordo delle piacevoli sensazioni di quel momento a rasserenare Marco dopo tanti brutti ricordi e pensieri, e a trasportarlo in un sonno tranquillo e rilassato.
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