Nota:
Ed ecco perché odio
scrivere su opere non ancora giunte a termine.
Non importa quanto sonno ci perderai sopra, quanti contorcimenti mentali ti
farai per scrivere qualcosa che abbia una logica rispetto a ciò che fino a
quel momento hai letto... quando *LEI* pubblicherà il nuovo libro tutto ciò
che tu hai fatto sarà da buttare - per dirla elegantemente - nel cesso.
Questa è la prima di tre fanfic tutte iniziate prima della pubblicazione del
sesto libro (e mi riferisco a quella inglese di luglio -.-), quindi è lì che
dovete collocarle. I nomi sono un po' un miscuglio fra italiani e inglesi
(con netta prevalenza di questi ultimi), ma nulla che renda impossibile la
comprensione del tutto.
Questo è quanto. Se la leggerete, spero vi piaccia ^^
In fondo ci saranno un paio di note.
It's over
di
Afsaneh
Appena posato il libro al suo posto, raccolse il mantello dal pavimento e lo
indossò per tornare alla sua Casa e mettersi finalmente a dormire. Un'ultima
occhiata alla mappa per controllare che Filch o la sua malefica gatta non
fossero nei paraggi e iniziò a correre lungo le scale, sotto gli occhi
addormentati dei personaggi dei quadri.
Lungo la strada sentì Pix ridere tra sé e sé e non volle saperne nulla. Gli
ultimi giorni di ottobre erano i più pericolosi per gli studenti di Hogwarts,
quando si imbattevano nello spirito.
Raggiunta la Fat Lady, le sussurrò la parola d'ordine e lei borbottando per
il fatto di essere stata svegliata a quell'ora improbabile aprì il passaggio
consentendo l'accesso alla Sala Comune dei Gryffindor.
La luce dell'aurora cominciava appena a filtrare tra le tende leggere quando
Harry entrò nel proprio dormitorio, iniziando a spogliarsi e gettando gli
abiti su una sedia alla rinfusa. Prima di coricarsi, però, prese il quaderno
su cui annotava i suoi studi notturni e lo toccò con la punta della
bacchetta: le scritte lentamente scomparirono, ritirandosi su sé stesse.
Era riuscito a replicare l'incantesimo che i Marauders avevano praticato
sulla mappa, e benché fosse ragionevolmente certo che nessuno sarebbe
riuscito a scoprire cosa ci fosse scritto sopra, più tardi, quando fosse
stato solo nel dormitorio, lo avrebbe nascosto nel doppio fondo magico del
nuovo baule che aveva comprato quell'anno a Diagon Alley per sostituire
l'altro oramai vecchio e malridotto.
Quando ancora si trovava nel dormiveglia, poco prima di addormentarsi del
tutto, sentì Ron alzarsi e prepararsi per i suoi allenamenti di Quiddicht.
Accocolandosi meglio contro il cuscino e sotto le coperte, gli augurò buona
fortuna.
Di lì ad un paio d'ore, comunque, dovette alzarsi e se non si fosse sbrigato
non sarebbe riuscito a fare colazione. Cominciava a pensare che fosse meglio
diminuire un po' le ore di studio notturno in biblioteca, o non sarebbe più
riuscito a seguire le lezioni diurne.
"'Giorno Ron... Hermione..."
Per prima cosa si servì di un'enorme tazza di caffè per svegliarsi,
desiderando come mai prima d'allora un paio di occhiali da sole Babbani
dietro cui nascondere le occhiaie. I suoi amici non aprirono bocca,
sapendolo inutile.
Per tentare di alleggerire l'atmosfera non proprio allegra, Hermione sorrise
e si rivolse a Ron: "Com'è andato l'allenamento?"
Il ragazzo sollevò le spalle mentre si serviva di una seconda porzione di
uova strapazzate e bacon con una mano e con l'altra recuperava un paio di
fette di pane tostato "E' andato. Anche se non mi va di ammetterlo con gli
altri, se quest'anno vinciamo la Coppa sarà solo grazie a un miracolo.
Certo..." si mise una forchettata di uova in bocca e lanciò un'occhiata
torva al suo miglior amico "...se qualcuno non avesse lasciato la squadra
senza motivazioni..."
"Scusate!" Harry lasciò cadere la posata nel piatto e si alzò "Ho
dimenticato il libro di Trasfigurazione su in camera. Ci vediamo a lezione"
e lasciò la Great Hall proprio nel momento in cui le finestre si
spalancavano per far entrare i gufi del mattino.
Si sedette su una scalinata respirando profondamente, cercando di non
arrabbiarsi. Cosa credeva, Ron, che fosse stato facile lasciare la squadra?
Non c'era giorno in cui non sentisse la mancanza del Quiddicht, della
possibilità di volare con la sua preziosa Firebolt, o dell'esaltante
sensazione che lo attraversava ogni volta che stringeva le dita attorno al
Golden Snitch, ma oramai tutto questo se lo sarebbe dovuto dimenticare.
Per lui non era più tempo - se mai davvero era esistito quel tempo, aveva
ogni giorno di più la sensazione di averlo rubato alla clessidra della sua
vita - per giocare e divertirsi.
Crouch Junior, sotto le vesti di Moody, gli aveva dato l'unico insegnamento
che gli sarebbe servito per il resto della vita:
sapere.
Bisogna conoscere le armi del proprio nemico per poterlo battere. Imparare
tutto ciò che fosse possibile apprendere sulle Arti Oscure, qualsiasi
incantesimo, pozione o maledizione che fosse riuscito a trovare sarebbe
stata un'arma in più da rivolgere contro Voldemort.
E questo perché era stanco. Stanco di vedere le persone che amava cadere
sotto gli attacchi del suo nemico e nessuno che facesse nulla per
contrastarlo.
Certo, era stato annunciato con squilli di tromba e grancassa il ritorno di
Colui-che-non-deve-essere-nominato, ma poi? Nessuna squadra attivamente
impegnata nella sua ricerca, come se il lasciarlo in pace lo avrebbe
dissuaso dai suoi propositi.
Ma lui no. Lui sarebbe stato pronto ad affrontarlo quando fosse giunto il
momento, e con le sue stesse armi.
Chiuse gli occhi e si tirò in piedi, abbandonando i cupi pensieri. Il suono
della campanella aveva già fatto svuotare buona parte della Sala e Harry
iniziò a salire per raggiungere l'aula di Trasfigurazione.
Quando entrò qualcuno era già seduto al proprio posto, ma Ron e Hermione lo
raggiunsero solo pochi minuti più tardi sedendoglisi accanto.
La professoressa McGonagall diede alla classe una borsa di pelle col compito
di trasfigurarla in un cucciolo di cane e superfluo sarebbe dire che a metà
lezione Hermione già stava giocando con un perfetto cucciolo di cocker
spaniel, che Harry avrebbe fatto un buon lavoro se non fosse stato per
quelle orecchie un po’ troppo somiglianti a dei manici, e Ron... beh, lui
dubitava sinceramente che sulla schiena un qualsiasi tipo di cane ci fosse
una chiusura lampo.
Non appena uscirono dalla classe, un'ora più tardi, Harry assunse l'andatura
da condannato ad Azkaban, come
l'aveva ribattezzata Ron. E persino Hermione non era entusiasta al pensiero
delle successive due ore di lezione; ma d'altronde nessuno avrebbe mai
potuto dare loro torto.
L'insegnante di DADA di quell'anno era in assoluto il peggiore che avesse
mai varcato i cancelli di Hogwarts. Al suo confronto, persino Lockhart
sembrava un esperto.
Hermione aveva avanzato l'ipotesi che quell'incompetente fosse riuscito ad
ottenere la cattedra solo perché coloro che davvero ne capivano di Arti
Oscure erano là fuori a cercare il Dark Lord. Ma ad Harry questa spiegazione
non aveva mai convinto.
Nel momento in cui tutta la scuola e i suoi studenti avevano bisogno di
qualcuno come Lupin, Moody o un Auror del Ministero, per imparare a
difendersi nella guerra che si profilava all'orizzonte, la scuola rifilava
loro un mago di infima categoria che la settimana precedente aveva quasi
ammazzato una ragazza di Ravenclaw col suo incantesimo di disarmo.
Si sedette al suo banco sospirando e cercando di non ripensare con nostalgia
alle lezioni con Lupin.
La porta si aprì con un fragoroso SLAM
e un più che mai tenebroso professor Dryburgh fece il proprio ingresso
nell'aula. Il lungo mantello nero sfiorava il pavimento, svolazzando fra le
gambe dell'uomo.
"Miei cari ragazzi" si avvicinò alla scrivania "Ho appreso con piacere da
Madame Pomfrey che la signorina Taylor si è del tutto rimessa e che domani
potrà essere dimessa" un sospiro sconsolato, mentre osservava "Purtroppo
però, questo incidente mi ha anche fatto capire quanto io abbia
sopravvalutato le vostre capacità e di come in realtà una nuova fase di
studio teorico in questo momento vi sarebbe quanto mai più utile della
pratica"
Harry non credeva alle sue orecchie. Quell'idiota dava a loro degli
incompetenti incapaci?!
Cercò di controllarsi per non alzarsi e uscire da quell'aula per non
entrarvi più come avrebbe voluto fare, ma riponendo la bacchetta e
afferrando il libro come se si fosse trattato della cosa più schifosa cui si
fosse mai trovato davanti, Harry iniziò a leggere di malavoglia il primo
paragrafo del primo capitolo.
Soffocando uno sbadiglio e alzando lo sguardo un momento fuori dalla
finestra, si perse nei suoi pensieri. Anche se in verità si concentrò su uno
di loro in particolare, che da qualche tempo a questa parte lo assillava.
Si chiedeva quanto ci sarebbe voluto, se fosse doloroso o meno, ma non
dubitava che vi sarebbe infine riuscito, perché diventare un
animagus era sempre stato un suo
desiderio sin dal terzo anno. Ed ora più che mai il progetto gli si
affacciava alla mente, suggerendogli i mille modi che avrebbe potuto
utilizzare per spiare gli altri. Ammesso e non concesso che la sua forma
glielo permettesse, naturalmente.
Se fosse stato un animale della stazza di un cervo, come suo padre, non gli
sarebbe servito quasi a nulla. Ma un cane, o ancor meglio un gatto. Chi mai
dubiterebbe di un innocuo gattino sonnacchioso e desideroso di coccole?
Si rifiutava di prendere in considerazione l'idea di potersi trasfigurare in
un insetto, al solo pensiero gli venivano i brividi.
Si riscosse dai suoi pensieri, temendo che il professore avesse scoperto la
sua disattenzione, ma questi era apparentemente troppo preso dall'esame
della raffigurazione di uno scheletro di Troll per prestare attenzione a uno
qualsiasi dei suoi studenti.
Guardandosi a sinistra vide Hermione sfogliare il libro svogliata.
D'altronde, era lo stesso dell'anno precedente e lei se l'era praticamente
imparato a memoria in sfregio alla Umbridge.
Ron, alla sua destra, aveva invece il libro spalancato davanti a sé, ma
sulle pagine era posato un foglio di pergamena su cui descriveva nuovi
esercizi per gli allenamenti e idee per nuovi schemi di gioco.
Da quando aveva lasciato la squadra, le sue occasioni per volare si erano
ridotte all'osso, e la Firebolt giaceva inutilizzata su nel dormitorio.
Aveva provato ad offrirla a Ron - solo per
le partite, gli aveva detto - ma lui aveva rifiutato dicendosi sicuro
che Harry sarebbe tornato ad essere il loro cercatore.
Cosa che, per quanto lo desiderasse, era fermamente determinato a non fare.
Aveva scelto la sua strada e doveva seguirla senza ripensamenti.
Quando infine le due ore di supplizio terminarono, Harry aveva già stilato
nella propria testa un piano di studio per diventare animagus.
"Dio, non è possibile!" Ron stava scendendo le scale, le spalle basse
"Un'altra lezione così e giuro che potrei buttarmi dalla finestra"
"Ma se per tutto il tempo non hai fatto altro che disegnare scarabocchi!"
Ron sorrise mellifluo, per una volta nella sua vita col coltello dalla parte
del manico "Beh, almeno io qualcosa ho fatto e non me sono stato a sfogliare
indolente le pagine di un libro di cui conosco la posizione di ogni singola
virgola"
Hermione diventò bordeaux, bloccandosi e poi riprendendo a scendere più
velocemente, incitandoli per il pranzo mentre Harry e Ron ridacchiavano alle
sue spalle.
Seduti al lungo tavolo dei Grifondoro, i tre mangiavano circondati dalle
voci eccitate degli altri studenti al pensiero della festa da ballo della
sera per festeggiare Halloween.
Dopo aver spazzolato la seconda fetta di torta di mele calda con gelato Ron
decise che per il momento avrebbe potuto dichiararsi soddisfatto.
Harry sorrise ai due amici e si alzò "Vado a fare una ricerca. Ci vediamo a
lezione?" i due gli annuirono, salutandolo.
Avevano oramai rinunciato a fare domande, a capire; perché ogni volta Harry
si chiudeva in un ostinato mutismo e a nulla valeva giocare la carta della
sincerità fra amici; anzi, sembrava che proprio quel tipo di discorso lo
rendesse ancor più ipersensibile.
Andare in biblioteca a quell'ora era fuori discussione. I libri che a lui
servivano si trovavano nella Sezione Proibita, e Madama Pince era fin troppo
attenta a che nessuno studente non autorizzato vi accedesse.
Salì le scale fino al settimo piano, camminando avanti e indietro lungo un
corridoio finché non apparì una porta sino a quel momento invisibile.
Guardandosi con attenzione intorno, entrò nella Stanza delle Necessità.
L'arredamento era lo stesso di quando il Dumbledore’s Army esisteva ancora,
eppure l'atmosfera sembrava molto diversa. Chissà, forse per quell'angolo,
lì lontano dalla luce delle finestre, dove mensole stracolme di barattoli
con ingredienti per cui Snape avrebbe potuto uccidere e che Harry utilizzava
per preparare alcune delle pozioni che aveva scovato nei libri giù in
biblioteca, come quel Veritaserum che consente di mentire, ma a costo di
profonde ferite sul proprio corpo?
Oppure, per quel mobile che sarebbe potuto essere la realizzazione di tutti
i peggiori incubi di Ron? Centinaia di ragni, migliaia di zampette, liberi
di andare dove volessero.
Ma Harry ignorò tutto questo, dirigendosi a passo sicuro verso la più
completa collezione di libri sulle Arti Oscure che un mago avesse mai
posseduto, e lì, una targhetta dorata che evidenziava l'argomento trattato
dai volumi sopra di lei: Come diventare
Animagus.
Ne prese uno in mano, scorrendone lentamente l'indice e sorridendo. Quello
era un ottimo punto di partenza. C'erano le risposte a tutte le sue domande
e la spiegazione su come iniziare un percorso volto al diventare
animagus.
Lo richiuse con un tonfo sordo, posandolo su un tavolino accanto a lui,
avvicinandosi poi alla finestra.
Nonostante i venti freddi fossero già arrivati e la neve promettesse la sua
venuta più presto del solito per quell'anno, ancora qualche coraggioso si
avventurava vicino il lago - dove l'aria è sempre più fredda - per studiare
sotto un albero o giocare a stuzzicare la piovra gigante.
"...stupidi ragazzini..."
Voltò le spalle a quel quadro - di cui una volta aveva fatto parte anche lui
- e si diresse verso i ragni. Li osservò per alcuni minuti, scegliendo il
più grosso, afferrandolo e posandolo sull'enorme tavolo di rovere al centro
della Stanza, allontanandosi di pochi passi, recuperando la bacchetta dalla
tasca del mantello.
Fissò a lungo l'animale che tentava di fuggire, ma un incantesimo gli
impediva di farlo. Alzò la bacchetta e un piccolo fiotto di luce scaturì
dalla punta.
Il suo era stato solo un sussurro, ma sufficiente. Il ragno iniziò a
contorcersi, rovesciandosi sulla schiena, le otto zampe del tutto
scoordinate fra di loro. Annullò l'incantesimo e aspettò qualche secondo
prima di riunirlo ai suoi compagni.
Ironicamente, pensò che Bellatrix sarebbe stata orgogliosa di lui e della
sua Cruciatus. C'erano volute interminabili settimane, ma alla fine c'era
riuscito. Ora, finalmente, era in grado di provare il desiderio di voler
fare del male. Lo voleva e... se immaginava quei ragni come Voldemort,
riusciva persino a goderne.
Proprio come lei le aveva detto di dover fare, e non vedeva l'ora di
poterglielo mostrare.
Ma l'Avada Kedavra... quello no, ancora non ci riusciva. Tutti i ragni su
cui l'aveva lanciato non avevano riportato danni. Tentava, eppure mancava
qualcosa. Sentiva che mancava
qualcosa.
Avrebbe voluto un libro che gli insegnasse, ma per quanto lo avesse
desiderato, la Stanza sembrava non poter - o voler - soddisfare la sua
richiesta. E anche in biblioteca non aveva avuto maggiore fortuna. Avrebbe
voluto che Crouch avesse spiegato loro come si utilizzava l'Anatema che
uccide.
Il suono della campanella lo rubò alle sue elucubrazioni e di corsa recuperò
la borsa coi libri, scapicollandosi lungo le scale fino ai sotterranei. Gli
studenti erano già tutti al proprio posto, ma fortunatamente Snape non era
ancora arrivato.
Si posizionò davanti il proprio calderone, accanto a lui Ron gli sorrideva
sollevato dal suo arrivo, mentre Hermione gli lanciava occhiate di
rimprovero.
I pochi temerari che stavano intrattenendosi in chiacchiere si zittirono di
colpo quando il professore titolare della cattedra di Pozioni fece il suo
ingresso ed al cui unico colpo di bacchetta i calderoni di tutti loro si
riempirono di un liquido scuro e denso.
"E' trascorsa una settimana, sulla lavagna troverete gli ultimi passaggi da
eseguire per ottenere un efficace Distillato di morte apparente" lanciò
un'occhiata alla classe, soffermandosi con profondo odio su Harry
"Naturalmente, solo se avrete correttamente seguito le precedenti
indicazioni"
Certe vecchie abitudini è davvero difficile perderle, e così Snape ancora
non perdeva occasione per lanciargli offensive frecciatine; e questo
nonostante un Eccezionale agli esami
dell'anno precedente e una media attuale mai al di sotto di
Eccellente.
Con una calma quali non ne aveva mai avute negli anni passati, Harry si
apprestò ad aggiungere quegli ultimi ingredienti che avrebbero reso la
pozione di un brillante color violetto grazie all'Artemisia, ultimo
ingrediente da aggiungere.
Ron sembrava un po' in difficoltà, ma tutto sommato se la stava cavando
egregiamente, mentre Hermione era a proprio agio come suo solito.
"Un buon lavoro, signor Malfoy"
Ma Draco ignorò il commento del Professore. Da quando l'anno precedente suo
padre aveva trascorso un periodo ad Azkaban, i rapporti del ragazzo si erano
raffreddati un po' con tutti e, per quanto Harry avesse avuto modo di
vedere, specialmente con Snape.
L'uomo però passò avanti, apparentemente ignorando la maleducazione che lo
studente aveva avuto nei suoi confronti.
"Potter..." alcune paia d'occhi puntarono su di loro, pregustandosi lo
spettacolino odierno "Noto con piacere che ha iniziato a leggere le mie
istruzioni e a non voler fare di testa sua..."
"A quanto pare..." ironico, senza distogliere lo sguardo dalle radici di
Asfodelo che stava sminuzzando.
All'improvviso nell'aula scese un silenzio tombale, dove anche il sobbollire
delle pozioni sembrava essersi interrotto.
"Potter..." la voce di Snape era un sibilo appena udibile, pieno di odio
"Cento punti in meno per Gryffindor!" esclamò.
Harry annuì "Naturale... perché mai sistemare le cose solo con me quando può
falsificare i punteggi della Coppa delle Case?"
Lo vedeva, il sedicente ex Death Eater avrebbe voluto fargli inghiottire il
suo veleno più potente, ma non poteva "Perché, Potter, questo le insegnerà
che le sue azioni hanno sempre delle ripercussioni su coloro che la
circondano"
"Beh..." incrociò le braccia sul petto "Se non c'è riuscito in cinque anni,
dubito ci riuscirà adesso"
Ciò che l'aula all'inizio aveva preso come uno dei tanti diverbi nati tra
loro, stava mutandosi in qualcosa di ben più grosso cui non erano sicuri di
voler continuare ad assistere. Neanche gli Slytherin, i primi sempre pronti
a ridacchiare delle umiliazioni cui Potter veniva sottoposto, sembravano
divertirsi. Mentre i Gryffindor, dal canto loro, erano raggelati. Cento
punti sfumati come niente e Harry continuava a provocarlo.
"Per una volta, Potter, temo di dovermi dire d'accordo con lei" tornò
lentamente alla propria scrivania "E allora? Avete per caso tutti finito la
vostra pozione?" l'intera classe riprese a lavorare alacremente, la testa
bassa.
Non poteva essere finita così semplicemente, Harry lo sapeva; e sapeva anche
di aver esagerato, ma improvvisamente - senza nessun controllo - le parole
gli erano salite spontaneamente alle labbra, in testa i cinque anni di
soprusi che aveva subìto da colui che non aveva alcun motivo per avercela
con lui.
Riprese a sminuzzare le radici di Asfodelo - imperturbabile - e alla fine,
quando la pozione fu pronta, ne riempì una fiala che consegnò al Professore
il quale la mise insieme a quella di tutti gli altri.
Dopo aver riordinato il proprio tavolo da lavoro stava per andarsene, i suoi
amici davanti a lui, quando si sentì richiamare.
"Rimanga, Potter, desidero parlarle"
Ron e Hermione lo guardarono interrogativamente, ma il ragazzo sorrise loro
invitandoli a precederlo. Quando si fu voltato sentì la porta chiudersi
fragorosamente a chiave.
"Dunque... mi spieghi, signor Potter... m'illumini sul perché non dovrei
chiedere la sua espulsione immediata da questa scuola"
Si strinse nelle spalle "Non so, forse perché sa che sarebbe una battaglia
persa in partenza?" lo vide diventare verde dalla rabbia e avvicinarglisi,
ma s'impedì con tutte le sue forze di indietreggiare.
"Non tollererò ancora questo comportamento da parte sua! L'atteggiamento
arrogante e superbo lo riservi agli altri, ma non si azzardi mai più ad
usarlo con me!"
"E allora lei la smetta!" aveva urlato, incapace di farne a meno, la rabbia
che scorreva in ogni singola vena del suo corpo "La finisca di darmi addosso
solo perché sono il figlio di James e lui da giovani la prendeva di mira" i
pugni stretti sino a rendere bianche le nocche "Cresca, si renda conto che
così non fa che abbassarsi al livello di mio padre... non incolpi me per le
sue disgrazie e apra gli occhi! Lei deride la mia gloria e la mia fama, ma
che gloria c'è nell'essere la causa della morte dei propri genitori?" prese
fiato, tirando su col naso "Parla della mia vita come fosse stata rose e
fiori, e invece non si rende conto che assomiglia molto più alla su..."
s'interruppe di colpo, conscio di aver parlato troppo e osservò l'uomo
davanti a sé aspettandosi un essere pieno di furia e odio.
Ma non era così. Snape lo fissava stranito, osservandolo come fosse la prima
volta che lo vedeva. Sentì la serratura aprirsi ed era convinto che fosse
l'ordine di uscir fuori, ma il Professore gli passò accanto, voltandosi a
guardarlo una volta sulla soglia "Si muova Potter, non posso perdere
l'intera giornata dietro a lei"
Afferrò la borsa e lo seguì lungo i corridoi, su per le scale, sino a
fermarsi di fronte alla statua di una splendida fenice.
"Lecca-lecca evanescenti" pronunciò la parola d'ordine senza nascondere il
proprio dissenso per quella scelta, e davanti a loro apparì una scalinata a
chiocciola che percorsero finché non si ritrovarono nell'ufficio del
Preside.
"Aspetti qui" Snape scomparve in un'altra stanza, lasciandolo solo.
Non aveva intenzione di dire ciò che aveva detto, ma non ne era pentito. La
rabbia ancora dentro di lui. Un verso gli fece concentrare la propria
attenzione su Fawkes che, più bella che mai, se ne stava sul trespolo
fissandolo coi suoi occhietti scuri.
"...ciao..." allungò una mano per carezzarla e lei si fece avanti con il
collo per riceverne ancora. Sorrise, era la prima volta che incontrava il
lato coccolone della fenice.
"Potter" il professor Snape era dietro di lui e lo fissava inespressivo "Il
professor Dumbledore vuole parlarle"
Senza dire nulla entrò nell'altra stanza, sotto l'attento sguardo dei vecchi
presidi di Hogwarts. Dumbledore era seduto dietro la sua scrivania e
sorrideva dolcemente a Harry, pronto per la punizione al suo comportamento,
che si sedette su una comoda sedia di velluto rosso imbottito.
"Severus mi ha detto ciò che è successo..." il ragazzo abbassò lo sguardo,
stringendo i pugni. Essere consapevoli dei propri sbagli non significa
essere pronti a scusarsi per essi.
L'anziano si alzò, sedendosi sulla sedia di fronte al suo allievo, la veste
che frusciava silenziosa sul pavimento. I suoi occhi erano colmi di dolore.
"Davvero... davvero credi di essere la causa della morte di James e Lily?"
Arrischiò un'occhiata all'uomo che, nonostante quanto ne pensasse l'altro,
considerava davvero la cosa più vicina ad un padre che avesse mai avuto.
L'uomo che gli aveva sempre creduto - in ogni circostanza, l'uomo che
l'aveva salvato da Voldemort, l'uomo che lo aveva aiutato a crescere.
Lo guardò ancora, questa volta più a lungo, mentre pensieri sconosciuti gli
riempivano la testa. Dumbledore era colui che l'aveva affidato ai Dursley,
colui che per cinque anni non aveva fatto altro che nascondergli la verità,
colui che l'aveva ritenuto un bambino incapace di difendersi troppo a lungo;
e la risposta gli arrivò alle labbra senza alcuna esitazione.
"No"
Il Preside sembrò profondamente sollevato, ma ogni traccia di tale
sentimento scomparve alle successive parole di Harry.
"La colpa è sua" sibilò.
Occhi increduli e sgranati erano rivolti a quell'impudente studente che
osava rivolgersi con quel tono e con quelle accuse al suo Preside. Ma
Dumbledore annuì, come se un giorno o l'altro si fosse aspettato qualcosa
del genere.
"Capisco..." sussurrò.
"No!" la rabbia montò nuovamente in lui, ma questa volta era fredda,
consapevole... la rabbia più dolorosa e sincera.
"Lei per cinque anni mi ha mentito e se anche fossi in grado di perdonarla
perché ha detto di averlo fatto per il mio bene, sappia che nella maniera
più assoluta lei mai avrà perdono alcuno per tutto ciò che ha fatto prima"
Dumbledore ascoltava in silenzio, apparentemente inattaccabile a qualsiasi
accusa.
"Se solo lei non fosse così... così irrimediabilmente buono! E generoso!"
gli sputava addosso le parole con tutto l'odio di cui era capace "E' colpa
sua se i miei genitori sono morti! Sua e della sua vigliaccheria! Non ha mai
voluto uccidere Voldemort, non gli ha mai fatto del male - neanche l'anno
scorso!" si alzò in piedi, incapace di stare fermo "E sa perché? Perché sa
che ucciderlo sancirebbe il suo più grande fallimento, non è vero? Lei
voleva salvarlo, riportarlo al bene,
ma non c'è mai riuscito!" respirava affannosamente "Se non fosse stato
accecato dal suo orgoglio, se avesse avuto il
coraggio di fare ciò che qualunque
persona dotata di cervello sapeva andare fatta, i miei genitori sarebbero
ancora vivi! Io vivrei con loro e non con quello schifo di famiglia Dursley!
Avrei un padrino da adorare, tredici Babbani non sarebbero morti e chissà
quante altre persone uccise da Voldemort e dai suoi Death Eater ora
potrebbero essere ancora vive!" si fece più vicino all'uomo, fissandolo con
disprezzo "Mi dica: ci pensa mai a questo? O preferisce" fece un vago gesto
con la mano "restare qui dentro a chiacchierare coi suoi amichetti?"
Improvvisamente Dumbledore sembrava essere invecchiato di dieci anni, gli
occhi fissi in quelli di Harry "Continuamente" rispose con tutta la forza di
cui ancora disponeva "Ma non pretendo che tu possa comprendere le ragioni
del mio operato"
"Perché non c'è un bel niente da capire!"
"Ora basta!"
"Dumbledore, fa qualcosa... dì qualcosa..."
"L'impudenza dei giovani!"
"Dovresti rinchiuderlo da qualche parte e
buttare via la chiave, Albus"
"Ah! Ai miei tempi nessuno avrebbe osato
rivolgersi in questo modo al Preside di Hogwarts"
"Fate silenzio" quello di Dumbledore era stato solo un sussurro, ma più
nessuno aprì bocca.
"Sa qual è la novità, signor Preside?" Harry era sulla porta, la mano sulla
maniglia "Che se lei è tanto vigliacco da rifiutarsi di uccidere Voldemort,
allora lo farò io! E se facendolo, dovessi morire anch'io... allora che così
sia! Meglio un mondo senza nessuno di noi che con Voldemort libero di fare i
suoi comodi grazie a lei!"
Spalancò la porta, uscendo e travolgendo il professor Snape che ancora lo
aspettava e che volente o nolente aveva ascoltato buona parte dello sfogo
del ragazzo "Potter..! Torni..."
"Lascia, Severus..." Dumbledore era sulla soglia, Fawkes su una spalla che
cercava di consolarlo "E' meglio che rimanga da solo per il momento" e
sospirando si richiuse nel suo ufficio.
Harry correva lungo le scale, ignorando gli altri studenti cui andava
addosso o che cercavano di fermarlo, preoccupati. Corse sino all'atrio ed
uscì fuori nella gelida sera di quell'ultimo giorno di ottobre, fermandosi
solo quando fu vicino il lago.
"AAAAAAAAHHHHHHHHH" urlò, urlò con tutto il fiato di cui disponeva, sino a
sentire i polmoni bruciare mentre picchiava il terreno con i pugni,
bagnandolo con le sue lacrime. Non riusciva a credere che ciò che aveva
detto... fosse la più profonda verità, cresciuta dentro di lui in tutti quei
mesi.
Ora non aveva più niente... più nessuno... per quanto lo riguardava rompere
con Dumbledore significava dire addio alla sua vita di marionetta nelle mani
degli altri e cominciare a vivere come voleva lui, secondo le sue regole.
Niente più Ragazzo-che-è-sopravvissuto, ma finalmente qualcuno in grado di
decidere per se stesso senza intromissioni esterne.
Si calmò, il petto non più scosso dai singhiozzi e si sciacquò il viso con
l'acqua gelida. Si sedette tra le radici di un alberò, le mani penzoloni fra
le gambe piegate.
Molto bene. Nessun altro giorno da perdere dietro le baggianate di
Dumbledore, e dunque? Totale impegno nei suoi studi delle Arti Oscure, e mai
come in quel momento gli sarebbe piaciuto potersi trasferire a Durmstrang,
ma sapeva si sarebbe dovuto accontentare di ciò che Hogwarts poteva
offrirgli.
Ron e Hermione... non voleva raccontare loro i suoi piani, troppo pericoloso
sarebbe stato per loro seguirlo nel cammino che aveva deciso di
intraprendere. Forse avrebbe dovuto fare in modo di staccarsene, farsi
odiare...
Anche se... Ron che si sacrificava per loro nella più importante partita a
scacchi disputata da un mago; Ron cui - sorrise triste al ricordo - Sirius
aveva rotto una gamba per catturare Scabbers; Ron che, seppure quasi
invisibili, portava ancora i segni dei tentacoli dei cervelli che si erano
avvolti alle sue braccia. E Hermione, senza il cui profondo amore per i
libri e la conoscenza, lui e il suo migliore amico poco avrebbero potuto
fare; Hermione che, come nessun altro, l'aveva aiutato per affrontare il
Torneo Tremaghi; Hermione che aveva temuto di perdere giù nell'Ufficio
Misteri.
Sorrise rendendosi conto di quanto fosse stato sciocco. Qualunque strada
avrebbe preso la sua vita, che le sue scelte si rivelassero giuste o
sbagliate... avrebbe sempre avuto i suoi migliori amici a cui far ritorno.
Fece dei profondi respiri per cercare di calmare il battito del cuore,
ancora troppo veloce. Il buio oramai lo circondava, e probabilmente l'ora
della cena era passata da un pezzo.
S'incamminò lentamente verso la scuola, e solo quando posò il piede sul
primo gradino si ricordò del ballo di Halloween. Sentiva la musica
raggiungerlo già da lì e non faticò a immaginare quale casino ci sarebbe
stato dentro.
Ma... non c'era un'altra porta da cui potesse entrare - o comunque lui non
la conosceva - quindi varcò il portone e nell'ingresso trovò molti meno
ragazzi di quanti se ne aspettasse. Che fosse ancor più tardi di quanto non
avesse pensato?
"Harry!"
Si girò verso le scale e vide Hermione, avvolta in un abito da dama della
corte inglese del '600, precipitarsi verso di lui accompagnata da Ron,
entrambi il ritratto della preoccupazione.
"Cos'è successo, Harry?"
"Il professor Snape non voleva dirci nulla, neanche dove fossi!"
"Eravamo preoccupati..."
"Dove sei stato?"
Scosse la testa, sorridendo ai suoi amici "Sto bene. Sul serio!" aggiunse
alle facce non proprio convinte dei due "Ho... ho parlato con Dumbledore e
dopo sono voluto stare un po' per conto mio"
"Va tutto bene?" Hermione si avvicinò di un passo, abbassando la voce "Si
tratta di Voldemort?"
Negò, e notò con piacere che Ron non aveva sussultato al nome dell'Oscuro
Signore "No..." la voce s'indurì un poco "...ancora niente in realtà"
Rimasero in silenzio per alcuni minuti, prima che Harry sorridesse "State
bene vestiti così..."
Ron si fissò interessatissimo la punta delle scarpe mentre Hermione si
sistemava, imbarazzata, una ciocca di capelli.
"Io... ho lasciato un abito per te sul tuo letto, anche se non hai detto
nulla ho pensato che ci saremmo potuti andare tutti insieme..."
Stava per rifiutare gentilmente l'invito dell'amica quando scorse, in fondo
alla Great Hall il tavolo dei professori e seduto al centro, Dumbledore.
"D'accordo, vengo! Prima però devo fare una cosa. Ci vediamo dentro!" e salì
di corsa le scale mentre i suoi amici facevano il loro ingresso alla festa.
Una volta sbattutosi la porta alle spalle, accese tutte le lanterne. Si
tolse il mantello e gettò la cartella su un tappeto, stringendo con forza la
bacchetta.
Quando aveva scorto Dumbledore aveva sentito qualcosa di nuovo dentro di
sé... eppure vecchio. Come se si fosse accorto per la prima volta di una
nuova sfaccettatura in una pietra che era sempre stata nelle sue mani.
Prese un ragno e lo posò sul tavolo, girandogli intorno come un cacciatore
che gioca con la sua preda.
Ora sapeva perché Moody aveva detto che se l'intera classe gli avesse
lanciato contro l'Avada Kedavra, non sarebbero riusciti a fargli nulla.
Perché non lo volevano.
Cruciatus e Avada Kedavra si basavano sullo stesso desiderio di voler fare
del male al prossimo. Ma mentre questo per la prima era sufficiente, per il
secondo non lo era. Bisognava aggiungere qualcos'altro che non aveva mai
capito, sino a quella sera.
Aveva ricordato di quando tre anni prima i Gryffindor avevano vinto la Coppa
di Quiddicht e lui l'aveva stretta dopo che Dumbledore gliela aveva porta.
In quel momento aveva pensato che se un Dementor l'avesse attaccato, lui
sarebbe stato in grado di creare il Patronus più spettacolare della storia,
e ancora oggi quello era uno dei ricordi più felici che avesse e che
utilizzasse.
Expecto Patronum e
Avada Kedavra erano due incantesimi
l'uno speculare all'altro. Per il primo serviva un ricordo nascente dalla
più grande gioia mai provata, per il secondo un ricordo scaturente dall'odio
più puro.
Alzò la bacchetta, sicuro che questa volta ci sarebbe riuscito. La sua mente
fu invasa da immagini dell’uomo di cui si era sempre fidato "Avada..."
Dumbledore che aveva praticamente condannato a morte tutti coloro che aveva
amato per il suo stupido desiderio di salvare colui che, nonostante tutto,
continuava a pensare essere Tom e che non si rendeva conto
non voleva essere salvato "...Kedavra!"
Un fiotto di luce verde dolorosamente familiare e il ragno ancora lì sul
tavolo... finalmente morto.
Sorrise prendendolo in mano e chiudendolo in un barattolo accanto a quello
in cui aveva conservato il primo su cui fosse riuscito a praticare la
Cruciatus.
Finalmente c'era riuscito, aveva compiuto il più grande passo che lo
avvicinava allo scontro con Voldemort.
Quasi nessuno fece caso al suo ingresso nella Sala Grande. E di loro
pochissimi si chiesero il perché del suo costume... che tale non era.
Ma Harry fissava Dumbledore che, unico, aveva compreso.
La divisa di Hogwarts era il modello usato cinquant'anni prima, quando
proprio lì, in quella scuola, era nato il mago probabilmente più potente e
malvagio della storia della magia.
Negli occhi di Harry lo stesso sguardo del ragazzo che tanto tempo prima non
era riuscito a salvare.
***
Nota finale:
Grazie a chiunque sia riuscito ad arrivare sin qui *inchino*
Le due note:
1. A chi se lo chiedesse: no, la scena di Harry che risponde in malo modo a
Snape durante la lezione non l'ho scritta dopo aver letto il libro (visto
che mi è stato chiesto, metto le mani avanti ^^)
2. E' ovvio che, non avendo lei mai detto nulla a tal proposito, per la
realizzazione dell'Avada Kedavra ho dovuto inventare... a me però - tutto
sommato - pare credibile, a voi? ^^;
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